Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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138.
ZELO - IV

«Soltanto però comportatevi da cittadini degni del vangelo, perché nel caso che io venga e vi veda o che di lontano senta parlare di voi, sappia che state saldi in un solo spirito e che combattete unanimi per la fede del vangelo, senza lasciarvi intimidire in nulla dagli avversari. Questo è per loro un presagio di perdizione, per voi invece di salvezza, e ciò da parte di Dio; perché a voi è stata concessa la grazia non solo di credere in Cristo; ma anche di soffrire per lui, sostenendo la stessa lotta che mi avete veduto sostenere e che ora sentite dire che io sostengo» (Fil 1,27-30).

1° Non ogni zelo viene da Dio. I caratteri dello zelo santo sono: disinteresse, disciplina, conquista.
Vi è chi cerca Dio e vi è chi cerca se stesso, anche nel lavoro di apostolato. L’amor proprio può nutrirsi tanto di beni materiali quanto di predicazione. Iddio, presso il profeta Ezechiele, rimproverava i pastori dell’Antico Testamento, perché nei loro ministeri cercavano solo se stessi: «Guai ai pastori di Israele che pascono se stessi: non hanno essi la missione di pascere i loro greggi?» (Ez 34,2). S. Paolo pure si lamenta dei ministri di Dio che cercano il loro tornaconto: «Tutti cercano i propri interessi; e non quelli di Gesù Cristo» (Fil 2,21). La vera carità, all’incontro,140 non cerca il proprio interesse (1Cor 13,5). Parlando poi di sé | scriveva: «Io mi studio di piacere a tutti in tutte le cose: non cercando quello che è utile per me ma quello che è utile per molti, affinché si salvino» (1Cor 10,33). L’apostolo di Gesù Cristo non cerca mai se stesso.

2° Non cerca il denaro: anzi lo spende per le anime. Certo del suo lavoro, l’apostolo aspetta il necessario; ma questo gli basta, non mira a rendite o a farsi ricco; non vive in affanno per la vecchiaia. Non sceglie il campo di lavoro col solo criterio della retribuzione; non è appassionato difensore dei suoi diritti. Le anime sono il suo massimo guadagno; egli è tutto per loro; le serve senza far calcoli: è felice se si salvano.
Non cerca la consolazione del cuore, la gratitudine, la devozione, l’attenzione, la riconoscenza: sono una specie di sensualità spirituale. Quindi non si scoraggia quando tali cose vengono a mancare. Se, anzi, il dolce tepore delle simpatie viene a mancare, l’ingratitudine e le critiche si fanno sentire, pare acquisti nuova virtù e fermezza, correggendo se stesso e lavorando soltanto per il Signore. Se gli insuccessi sono l’amara conclusione, egli è pago di aver lavorato per Dio, di aver amato, di una serena fiducia che nessuna pena dell’apostolato sarà senza l’irrorazione della grazia.

3° Signore, che io non cerchi gli onori umani. Voi mi avete troppo onorato con una vocazione divina, coll’adoperarmi come | collaboratore vostro, col farmi ministro vostro: «Troppo, o Dio, i tuoi amici sono stati onorati. Così ci consideri ognuno come servitori di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio» (1Cor 4,1); e potrei ancora io desiderare le lodi umane? Vorrei ancora cercare un posto tra gli uomini, mentre Dio mi farà sedere tra i principi: «ut collocet eum in princibus, in princibus populi sui»?141 (Sal 113/112,8).

Esame.
– Mi elevo in alto, al di sopra di questi pensieri ed interessi umani? delle preferenze umane? posizioni, guadagni?

Proposito. –
Voi, o Signore, siete un bene infinito; voi mi bastate, perciò. Che cercherò io sulla terra? Dio è la mia parte. Farò volentieri al Signore il sacrificio di un affetto.

Preghiera. – Io condanno, o Signore, ogni mia ambizione, ogni egoismo, interesse umano nel mio zelo. Umiliatemi là dove io cerco me stesso. A voi solo ogni onore e gloria. Intendo di riparare con le umiliazioni ogni vanità della mia vita.
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140 Al contrario.

141 «Per farlo sedere tra i principi, tra i principi del suo popolo» (Sal 113/112,8). Da notare il refuso “princibus”, che sta per “principibus”.