Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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132.
MORTIFICAZIONE - VI

«Non essere precipitoso con la bocca e il tuo cuore non si affretti a proferir parola davanti a Dio, perché Dio è in cielo e tu sei sulla terra; perciò le tue parole siano parche» (Qo 5,1).

1° Fare e sentire discorsi buoni sono mortificazioni della lingua e dell’udito.
La lingua si mortifica parlando a tempo. Se una esagerata loquacità è cosa cattiva, lo è pure una morbosa taciturnità, che rende pesante la vita sociale e di comunità.
Occorre pregare anche vocalmente: Rosari, orazioni del mattino e della sera, canti sacri, ecc.
Tenere buoni discorsi edifica il prossimo e colui stesso che li fa. «Come le membra del corpo si sviluppano col moto, così l’anima con discorsi buoni e pii». I buoni discorsi rendono più raccolti: «Non ci ardeva forse il cuore in petto mentre per istrada ci parlava e ci spiegava le Scritture?» (Lc 24,32). Un buon discorso fa talora più bene di una predica.
Far parlar la lingua sufficientemente nell’accusa al confessionale; riconoscere lealmente un errore commesso; esporre i propri dubbi, tentazioni, difficoltà al Direttore Spirituale ed a chi può illuminarci e confortarci: ecco preziose mortificazioni di lingua.
Si mortifica pure tacendo quando è bene tacere. «Se uno crede di essere religioso e non tiene a freno la lingua... la sua religione è vana... Anche la lingua è un fuoco, un mondo di iniquità» (Gc 1,26; 3,6). Evitare assolutamente ogni discorso e canzone pericolosa; potrebbe anche essere vero scandalo: «La loro gola è un sepolcro aperto» (Sal 5,11).
Evitare le mormorazioni: esse rompono la carità se contro gli eguali e gli inferiori; rompono anche l’obbedienza se contro i superiori. Spesso sono i più carichi di difetti quelli che non esaminano se stessi, che fanno critiche, mormorazioni, calunnie contro gli altri. Evitare l’immoderazione di chi vuol sempre parlare lui: «L’uomo linguacciuto non prosperi sulla terra» | (Sal 140/139,12). «Dove molto si ciarla, la colpa non mancherà» (Pr 1,19).
Evitare di lodarsi, di parlare precipitosamente, di riferire ciò che sconforta, divaga, disgusta il prossimo.

2° L’udito si mortifica ascoltando a tempo, ed anche quanto spiace, per amor di Dio. Udire la parola di Dio è dovere: «Le mie pecorelle ascoltano la mia voce» (Gv 10,27). «La fede viene dal sentir parlare, e il sentir parlare si fa per mezzo della parola di Cristo» (Rm 10,17).
Ascoltare gli avvisi del confessore, dei genitori, delle persone sagge, del medico, ecc., è sapienza e mortificazione. Così l’ascoltare gli ordini dati, le spiegazioni dei maestri, i buoni discorsi. Di S. Giovanni Berckmans e S. Luigi si diceva che per diventare loro amici bisognava correggerli! Le correzioni si devono amare come una medicina salutare. Non ascoltare cose cattive ancorché piacciano: non fermarsi ad ascoltare le mormorazioni sul conto del prossimo; oppure parole in lode nostra. Evitare di sentire discorsi cattivi, notizie che distraggono dai doveri e dalle virtù. Vi sono persone molto curiose: e per questo perdono un tempo prezioso in sentire discorsi, notizie, canzoni che danneggiano lo spirito.

Esame. –
Chi è muto o sordo non dovrà rendere a Dio conto dell’uso della lingua e dell’udito. Ma io sono riconoscente al Signore per | avermi dati questi due sensi? Li uso bene? So frenarmi, disciplinarli?

Proposito. –
Vigilerò assiduamente sulla mia lingua e sul mio udito, sapendo quanti e quali beni e mali possano operare.

Preghiera. – Vi ringrazio, o mio Dio, perché non sono nato né cieco né sordo. Riconosco, però, che il peccato originale ha depravati i gusti ed ha reso difficile disciplinare i sensi. Soccorretemi con la vostra grazia, o Gesù; la vostra redenzione ha portato rimedio ai mali causati dal peccato. «Poni, o Signore, una custodia alla mia bocca e un sigillo alle mie labbra».123 «Apri, o Signore, la mia bocca per benedire il tuo santo nome».124 Le vostre pecorelle si riconoscono da questo: che ascoltano la vostra voce. Parlatemi dunque, perché io, vostro servo, vi ascolterò.
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123 Sal 141/140,2.

124 Cf Sal 51/50,17.