Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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208.
IL TRANSITO DI MARIA

«Ora parla il mio diletto e mi dice: Alzati, amica mia, mia bella, e vieni! Perché, ecco, l’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è andata; i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato...» (Ct 2,10-12).

1° Il Signore esaudì gli ardenti desideri della SS. Vergine di unirsi eternamente a lui.
L’accettazione della morte è grande merito: come fu per Gesù Cristo; come lo è per ogni anima. Non poteva mancare a Maria. Anche qui ella fu assomigliata al Figlio suo.
Ma la sua morte fu molto diversa da la comune. Maria non morì per malattia o senilità; ma morì per amor di Dio.
La morte di Maria è chiamata sonno cioè dormizione; cioè un sonno divino sopravvenuto nel | luogo e nel tempo voluto da Dio; e che nella realtà di Dio era un destarsi, un risveglio nell’altra vita, in una visione beata. Significa: aprire gli occhi agli splendori della Patria, per cessare di veder le tristezze dell’esilio.
Quindi si tratta di un passaggio compiuto nell’amore. Ella aveva negli ultimi anni, specialmente, visioni e conversazioni celestiali; sempre più frequenti e più lunghe col suo Gesù e con il Paradiso. In quei momenti era più di là che di qua e della terra più nulla si occupava... finché, venuto il momento designato da Dio, non si risvegliò più... era lassù.

2° Tre cose resero felice il transito di Maria.
La vita passata nel compiere in tutto il divino volere; con grande amore. Ella non poteva sentire il rimorso di chi ha offeso il Signore.
La sicurezza di incontrare benigno ed accogliente il volto del Signore. Il suo fu un giudizio soltanto di approvazione, non un giudizio di discussione.
La gioia di essere arrivata al termine del suo esilio e di trovarsi su le soglie del Paradiso. Le consolazioni ineffabili dal Signore infuse nella sua anima: per l’intima unione con lui.

3° Ci avviciniamo a grandi passi alla morte, che già ci sta in vista. Le pene di un morente che fu a Dio infedele saranno: i rimorsi per i peccati commessi; il timore per il divino giudizio; il disgusto nel dover lasciare quello che ha cercato ed amato disordinatamente.
Le consolazioni dell’anima a Dio fedele, invece, in morte saranno: il ricordo delle opere buone fatte in vita, la speranza del premio; il conforto dei SS. Sacramenti e delle divine consolazioni.

Esame. –
Quale morte mi preparo? Quella del servo infedele? O quella del servo fedele?317

Proposito. –
Voglio imitare sempre meglio la SS. Vergine in vita, per rassomigliarle, almeno in qualche maniera, in morte.

Preghiera. – Vergine benedetta, il vostro transito fu davvero il giorno del guadagno. Gli Angeli vi circondavano, Gesù veniva ad accogliervi, il Paradiso tutto vi attendeva.
Datemi la grazia di prepararmi alla morte santamente, ogni giorno. Ottenetemi uno spazio di penitenza; una grande purificazione ed una grande unione col mio Dio.
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317 Ci può illuminare la descrizione che Don Alberione propone circa il momento della nostra morte, o del nostro incontro con Gesù: «Quando l’anima si presenterà a Gesù Giudice, Egli scorgerà in essa come un altro Se stesso: “conformes fieri imagini Filii sui”; la presenterà a Dio che vi vedrà la somiglianza con l’Augusta Trinità, somiglianza ristabilita da Gesù Cristo medesimo. Se ne compiacerà e l’anima canterà in eterno: Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto» (Introduzione, in: Stefano Lamera, Gesù Maestro Via, Verità e Vita, Appunti, E.P., Alba 1949).