Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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19.
LA MORTE DEL GIUSTO

«Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero; la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza è piena di immortalità» (Sap 3,1-4).

1° La morte del giusto è preziosa: «È preziosa al cospetto del Signore la morte dei suoi santi» (Sal 116/115,15). La ragione è chiara: con essa ha fine la vita di prova45 e incomincia la beata eternità. Sulla terra si è sempre in pericolo di peccare e quindi di dannarsi; in cielo l’anima è confermata in grazia, non potrà più peccare, né perdere il paradiso. La vita presente, poi, ha tante spine, difficoltà, dolori morali e fisici; in paradiso invece un eterno godere. Poiché il Signore asciugherà le lacrime e metterà fine alle pene dei suoi figli. Quanto perciò sarà consolante per l’anima fedele il cambiar la terra col cielo per mezzo della morte!

2° Tre cose consolano il giusto in morte:
Il ricordo di una vita passata nel | conoscere, amare e servire Dio; combattendo il peccato; e cercando di compiere i propri doveri nella volontà di Dio.
Il pensiero del presente: perché l’anima si allieta nell’accettare i dolori e le pene della morte, che saranno gli ultimi e più grandi meriti, e sarà assistita da Gesù, da Maria SS. e da San Giuseppe. Si adempirà la promessa di Dio: «Il giusto, anche se muore avanti tempo, godrà riposo» (Sap 4,7), perciò sarà molto confortato.

3° La speranza del premio vicino: come il buon operaio è lieto, dopo il faticoso lavoro fedelmente compiuto, di andare nel giorno stabilito a ricevere la mercede; come un figlio esule è felice di avvicinarsi alla casa del suo buon padre.

Esame. –
Gesù Maestro, vi prego a darmi la vostra luce. Fatemi conoscere: se oggi dovessi lasciare la terra per l’eternità, la mia sarebbe la morte del giusto? Che cosa mi dice il passato? Amo davvero il Signore con tutto il cuore e sopra ogni cosa? Molto mi fa pensare la sentenza del vostro fedele servo S. Alfonso de’ Liguori: Quanti si dannano vanno all’inferno o solo per l’impurità, o non senza l’impurità.
Rimettimi, o Signore, i miei peccati; perché io sia assolto da essi prima che venga l’ora di partire.

Proposito. –
Terrò presente questa massima: Sarò lieto di quest’opera, di questo discorso, ecc., allorché mi troverò in punto di morte?

Preghiera. – Signore, ecco che tu hai reso mirabili i miei giorni; ed il mio essere è come un nulla dinanzi a Te. Davvero è mera vanità ogni uomo che vive. Infatti l’uomo passa come ombra; e senza ragione si preoccupa del presente; ammassa tesori, e non sa per chi li mette da parte. Ed ora qual è la mia attesa se non il Signore? Ogni mio bene è in Te, Signore, liberami da tutti i miei peccati; esaudisci, o Signore, le mie suppliche; non restare insensibile a tutte le mie lacrime.
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45 Cf DF, pp. 30-31. Don Alberione intende la vita come un viaggio di prova: «Uscito dalle mani di Dio per glorificarlo nell’eternità, l’uomo deve fare un viaggio di prova che si chiama vita» (DF, p. 35). Coerentemente con tale visione, considera anche i Novissimi a partire dalla categoria della “prova”. La morte è «la fine della prova, di fedeltà» (DF, p. 30); quanto al giudizio: «data la prova, si corregge il compito» (DF, p. 33); l’inferno è «rovina eterna, consumazione della rovina del peccato... fallimento della vita» (DFms 37), cioè fallimento nella prova data; mentre il paradiso «soddisfa interamente» (DF, p. 24) chi avrà dato buona prova in tutto!