Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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47.
LA COSCIENZA: seguire la coscienza

«Prima di parlare, impara; curati ancor prima di ammalarti. Prima del giudizio esamina te stesso, così al momento del verdetto troverai perdono. Umìliati, prima di cadere malato, e quando hai peccato, mostra il pentimento » (Sir 18,19-21).

1° Uomo di coscienza è colui che la interroga, l’ascolta, la segue. Seguire i dettami della propria coscienza è il mezzo sicuro per vivere in pace con Dio, col prossimo, con noi stessi.
Con Dio. Dio ci ha dato una legge e ha impresso nell’anima la regola per applicarla caso per caso. Dio ci giudicherà in base alla corrispondenza ai dettami della coscienza, non tanto in base ad un semplice elenco di comandamenti che potremmo aver trasgredito involontariamente. Gli errori di ignoranza invincibile non sono imputabili: ma io so quello che sta sulle tavole della mia coscienza; le mie trasgressioni sono colpevoli perché coscienti. La coscienza è il mio codice.
Le azioni possono sfuggire all’occhio umano; mai all’occhio di Dio. Se io avessi fede viva, il santo timore di Dio, continua presenza di Dio, delicatezza di coscienza... mi governerei molto meglio! Il Divin Giudice scruta le contraddizioni che io metto tra la legge di Dio e gli atti; io dovrei costituire la mia coscienza regola sovrana della mia condotta.

Col prossimo: L’uomo di coscienza è stimato, attira la confidenza, allaccia relazioni cordiali. L’uomo senza coscienza è fuggito, disprezzato, elemento di disgregazione sociale. Nessuno può fidarsi di chi opera solo per il timore di essere colto in fallo e non secondo coscienza. Ciò in famiglia, nella società, nella Chiesa. Solo in un uomo di coscienza retta, intemerata, limpida si pone ogni fiducia, si depongono i segreti, l’anima stessa. In uno sposo, in un padre, in un capitano, in un maestro, in un giudice la buona coscienza è cosa capitale. Nessun precetto è più grave di quello che proibisce di calpestare la voce della coscienza.

Con se stesso: devo avere una buona coscienza. Non vi è pace per l’empio: ed empio è chi opera contro coscienza. Il rimorso, o mio Dio, è la voce che si faceva udire nel cuore di Caino, di Giuda, di Pietro, della Maddalena. Ma Caino e Giuda per il rimorso disperarono; Pietro e la Maddalena confidarono e divennero santi.
Oh! quale pace gode chi ascolta gli inviti di Dio che vengono attraverso la coscienza! Io gemo sotto gli inevitabili danni di una falsa coscienza; mi manca la ineffabile consolazione di chi, pur nell’insuccesso, sa di aver operato per Dio e per il Paradiso.

Esame. –
Prima di qualunque azione chiedo consiglio alla mia coscienza? Mi conformo ad essa? So riconoscere certi castighi, | dimenticanze, opposizioni come conseguenze d’aver operato contro coscienza?

Proposito. –
Mia massima sarà questa: Dio vede il mio cuore e la mia mente.

Preghiera. – Voi, o Maestro Divino, avete detto che la pace vostra non è come quella che dà il mondo: essa infatti dipende dall’essere davvero in regola con il prossimo, con me stesso, con voi. O Signore, da cui provengono i santi desideri, i buoni consigli, le sante opere, concedeteci quella pace che il mondo non può dare; quella pace che proviene dal testimonio di una coscienza buona.
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