Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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121.
OBBEDIENZA - III

«Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21).

1° L’obbedienza ci unisce al Signore; come in una continua abituale comunione con lui. Con l’obbedienza sottomettiamo ed uniamo tutta la nostra volontà a quella di Dio: anzi mettiamo a servizio di Dio tutte le nostre facoltà e tutte le potenze dell’anima.
La rinuncia alla nostra volontà è sacrificio accetto a Dio, anzi il più accetto: «È migliore l’obbedienza che il sacrificio» (1Sam 15,22). Essa è una specie di martirio e di immolazione continua: «Per l’obbedienza si distrugge la propria volontà», dice S. Gregorio Magno. Così, se la comunione sacramentale ci unisce a Gesù Cristo qualche po’ di tempo, l’obbedienza prolunga questa unione spiritualmente: noi in Gesù, Gesù in noi: «un solo volere e un solo non volere».

2° Sant’Agostino dice che l’obbedienza è madre e custode della virtù; l’obbedienza è la carità | pratica: «Se mi amate, osservate i miei comandamenti» (Gv 14,15).
Inoltre: vivere nella Divina volontà significa praticare ogni virtù: tutte si riducono all’obbedienza; come tutti i peccati sono, in fondo, una disobbedienza. Chi compie la volontà di Dio è paziente, caritatevole, fermo nei doveri del suo stato, giusto, forte, temperante, mortificato, ecc.
L’obbedienza porta una grande pace. L’anima sa di piacere a Dio; vive serena sotto lo sguardo compiacente e benedicente del Signore. Riposa sulla nave sapendo che essa è condotta da Dio, buon Padre. Egli dispone sempre in amore e per il maggior bene: di che, dunque, turbarci?
L’obbediente sa che il Signore punisce soltanto chi non compie il suo volere: dunque sa di non andare incontro alla dannazione, ma al paradiso. Anzi l’obbediente conosce che tutto, anche le minime ed insignificanti azioni, vengono trasformate in prezioso merito per il cielo.

3° L’obbedienza ha tre gradi.
Primo: l’obbediente osserva i comandamenti di Dio e della Chiesa, eseguisce83 gli ordini dei superiori; ed in questo è diligente, puntuale ed opera per fine soprannaturale.
Secondo: l’obbediente si modella su l’esempio di Gesù Cristo; lo contempla nella vita di Nazaret e sul Calvario; si sottomette al volere divino anche nelle circostanze penose, e con tutto l’interiore.
Terzo: l’obbediente, progredendo ancora, sottomette il proprio giudizio; uniformandolo a quello del superiore.

Esame. –
Conosco quanti tesori vi sono nell’obbedienza? A che grado sono arrivato? mi sforzo per progredire?

Proposito. –
L’obbedienza è la cosa più ragionevole: essa mi porta a fare ciò che è più giusto in sé; e più utile a me nel tempo e nell’eternità.

Preghiera. – Signore, alla mia natura suona dura la parola «Obbedienza»: come un bastone, come un cadavere.84 Ma io so che in cielo sarò tanto esaltato quanto sopra la terra mi sarò sottomesso. «Fiat voluntas tua, sicut in coelo et in terra».85 Sia fatta, lodata ed in eterno esaltata la santissima, giustissima ed amabilissima volontà di Dio in ogni cosa. Fatemi conoscere: oggi che cosa vi piace? Parlate, il vostro servo vi ascolta. Sì: sottometterò la volontà, il cuore, il giudizio generosamente. Accettate a merito il mio servizio.
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83 Esegue.

84 Don Alberione si richiama alla nota espressione di sant’Ignazio di Loyola: “Perinde ac cadaver (allo stesso modo di un cadavere)”. Sant’Ignazio volle che i religiosi della Compagnia di Gesù, oltre ai voti solenni di povertà, obbedienza e castità, pronunciassero anche un quarto voto di obbedienza totale alla persona del Papa, “perinde ac cadaver”.

85 Mt 6,10.