Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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164.
ZELO DI GESÙ - V

«Gesù allora gridò a gran voce: Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre» (Gv 12,44-46).

1° Il ministero di Gesù diede frutti ammirabili. Egli adoperò mezzi nei quali possiamo qualche volta imitarlo, qualche altra ammirarlo.
a) La dottrina divina. Gesù è la stessa Verità. In lui vi è ogni tesoro di sapienza e di scienza (Col 2,3). Parlava quindi con competenza perfetta. La sua parola si adattava ad ogni intelligenza. Egli parlava come Colui che ha diritto di esigere l’assenso degli uomini. Insegnava con tale amabilità e forza che il popolo lo seguiva dimenticando il cibo, con irruenza: «La turba si accalcava attorno a Gesù per udire la parola di Dio» (Lc 5,1). Si diceva di lui: «Nessun uomo ha mai parlato come lui» (Gv 7,46). Ogni apostolo deve prima studiare, se desidera insegnare.

2° b) La santità della vita. Nulla Gesù insegnava che prima non avesse praticato. E tanto è legge la sua parola quanto la sua vita. Poteva ben sfidare i suoi avversari: «Chi potrà convincermi di peccato?» (Gv 8,46), e dichiarare: «Imparate da me» (Mt 11,29). E se insegnava ad amare il prossimo, egli ce ne dà l’esempio: «Come io vi ho amati» (Gv 13,34).
c) La virtù divina: si mostrò specialmente con leggere nei cuori, con i molti miracoli, con le profezie. «Egli compie molti prodigi» (Gv 11,47), dovettero ammettere, loro malgrado, i suoi nemici. Perciò poteva conchiudere: «Se non volete credere alle mie parole, credete almeno alle mie opere» (Gv 10,38).
d) La costanza. Ebbe una resistenza unica alla fatica. Dedicava il giorno alla predicazione e la notte, spesso, all’orazione. Tre anni di vita pubblica: ma sono densissimi di opere come risulta dagli evangeli; e per di più moltissime cose non furono scritte, come nota S. Giovanni. Si affaticava: «fatigatus»;220 a lui e agli apostoli ricorrevano le turbe tanto che «non avevano neppure il posto per mangiare» (Mc 6,31).

[3°] Perseverò: nonostante l’ignoranza del popolo e degli stessi apostoli. Nonostante l’opposizione dei parenti che lo credettero pazzo. Nonostante l’invidia dei dottori e sacerdoti dell’antica legge, come la riscontrò lo stesso Pietro:221 «Sapeva infatti che lo avevano accusato per invidia» (Mt 21,18).
e) La preghiera. La sua orazione era umile, fiduciosa, perseverante. Il Padre lo esaudiva sempre per i grandi suoi meriti: «Io sapevo che sempre mi ascolti...» (Gv 11,42).

Esame. –
Ricorro alla preghiera per ottenere frutto nell’apostolato? La mia vita è di edificazione al prossimo? Sono perseverante nelle opere di zelo?

Proposito. –
Non molte opere di zelo: ma ben scelte, ben compiute; e con esattezza.

Preghiera. – Il Signore è mio pastore: non mi mancherà nulla.
Egli mi ha posto in luogo di abbondanti pascoli, mi ha condotto ad acqua ristoratrice.
Richiamata a sé l’anima mia, mi guida per i sentieri della giustizia per amore del suo nome.
Ed ora, anche se dovessi camminare tra le ombre di morte, non temerò alcun male, perché tu sei meco. La tua verga e il tuo bastone sono i miei conforti.
Hai imbandita dinanzi a me una mensa in faccia a quelli che mi perseguitano; hai impinguato nell’olio il mio capo.
Quanto è bello il mio calice inebriante!
E la tua misericordia mi seguirà tutti i giorni della mia vita. E così abiterò nella casa del Signore per molti anni.
222
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220 Gv 4,6.

221 “Pietro”: evidente lapsus. Si tratta di Pilato.

222 Cf Sal 23/22.