Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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37.
IL PARADISO

«Sappiamo infatti che quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un’abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani di uomo, nei cieli. Perciò sospiriamo in questo nostro stato, desiderosi di rivestirci del nostro corpo celeste: a condizione però di esser trovati già vestiti, non nudi. In realtà quanti siamo in questo corpo, sospiriamo come sotto un peso, non volendo venire spogliati ma sopravvestiti, perché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita» (2Cor 5,1-4).

1° Il Paradiso è il luogo e lo stato della suprema beatitudine, nella quale gli Angeli buoni, e gli uomini giusti godono del possesso soprannaturale di Dio.
Si dice stato: poiché solo in esso è soddisfatto pienamente ogni nostro desiderio e ogni nostra sete di verità, di bene, di gioia. Tutto insieme il creato non appagherebbe mai questa nostra brama. In esso l’anima, investita dalla divina grazia, acquista forza e potenza divina, per cui soprannaturalmente conoscerà Dio, amerà Dio e godrà Dio come Dio naturalmente conosce Se stesso, ama Se stesso e gode Se stesso.
Si dice luogo: poiché è ormai il pensiero dei | teologi, conformemente ai Padri ed all’insegnamento della Chiesa, che il Paradiso sia un luogo.97 Dove sia e quale sia non conosciamo; ma è quel luogo ove insieme abitano la sacra umanità di Gesù Cristo, la Beata Vergine, i Santi, gli Angeli buoni.

2° La beatitudine celeste consiste nella visione, nell’amore98 e nel gaudio eterno.
Si dice «riposo eterno», poiché è il termine della fatica e del lavoro. Si dice «vita eterna» perché è la vita più vera, la spirituale; la vera vita, quella divina; è eterna, poiché più non si conoscerà fine né morte. Si dice «mercede» poiché è la ricompensa che Dio dà ai suoi servi fedeli.
Viene ancora chiamata «convito con Dio» ad indicare l’intimità col Signore secondo le parole: «Ecco, sto alla porta e picchio; se uno ascolterà la mia voce e mi aprirà la porta, io entrerò da lui, e cenerò con lui, ed egli cenerà con me» (Ap 3,20). Oppure «corona di giustizia» secondo la divina promessa data a chi avrà ben combattuto sulla terra. Si dice: gloria, onore, splendore, regno dei cieli, visione, Gerusalemme celeste, gaudio, luce eterna, felicità, beatitudine, patria celeste, l’eterno peso di gloria, cielo.

3° «Credo nella vita eterna». Divino Maestro, mandate il vostro Spirito sopra di me, affinché io creda sempre di più. Lassù sono atteso da Dio, da Gesù Cristo, dalla Vergine, dai | Santi. Io sono cittadino del cielo; qui mi trovo temporaneamente, come in esilio; viaggio verso il Paradiso. Là avrò dimora stabile.

Esame. –
Tutto mi è dato in uso, come ho l’uso di un posto nello scompartimento di un treno. Mi considero pellegrino? Uso delle cose del mondo solo come di mezzi? con indifferenza? senza attaccarvi il cuore?

Proposito. –
In alto il cuore! Lo terrò sempre rivolto al cielo.

Preghiera. – Imprimete in me, o Divino Spirito, le parole dell’Apostolo S. Paolo: «Vi dico, o fratelli: il tempo è breve; bisogna quindi che quelli che hanno moglie vivano come se non l’avessero; e quelli che piangono come se non piangessero; e quelli che sono contenti, come non fossero nell’allegrezza; e quelli che comprano come se nulla possedessero; e quelli che usano di questo mondo, come se non ne usassero, perché passa la scena di questo mondo».99
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97 Evidentemente ciò è corretto soltanto se al sostantivo “luogo” si dà un significato simbolico anziché spaziale.

98 Probabile lapsus: in luogo di “amore” occorre leggere “possesso”. Infatti, nella corretta visione di Don Alberione, il trinomio è: visione di Dio (compimento mente-fede), possesso di Dio (compimento volontà-speranza) e gaudio di Dio (compimento cuore-carità). Anche se, come si vedrà in seguito, egli associa frequentemente possesso con amore.

99 Cf 1Cor 7,29-31.