FASCICOLI - 1963 - Roma, 23 settembre 1963 L'OBBEDIENZA1Celebriamo con gioia la festa di S. Tecla. Santa Tecla è come la prima Figlia di S. Paolo, non figlia unica. Dalla storia viene messa bene in luce sia per la sua virtù, sia per il suo ossequio a San Paolo e sia per i miracoli e le molte grazie che si attribuiscono a lei.
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Quest'anno in tutte le Case dove sono stato, ho sempre celebrato la Messa per quella Casa e per la santificazione dei suoi membri. Così oggi ho celebrato per questa Casa e per la santificazione di tutte voi qui presenti. Certamente piacerà alla Prima Maestra che ogni sua figlia sia santa e che si santifichi la Casa stessa, nella vita religiosa quotidiana ordinata e attiva, santa e lieta.
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E' utile ricordare in questo giorno quello che è il voto più importante tra i tre voti, che dona il timbro alla vita religiosa e che serve per l'osservanza degli altri due: l'obbedienza. Gli altri due voti possono dirsi compresi nell'obbedienza.
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L'obbedienza è una virtù morale, quando le si aggiunge il voto, diventa un grande mezzo di santificazione, un grande mezzo per arrivare alla perfezione, a cui sono giunti i santi. Cercare soltanto la gloria di Dio, e attendere alla propria santificazione come mezzo per glorificare Iddio.
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Per arrivare a questo grande amore, bisogna che si sia già tolto da noi l'amor proprio e tolto totalmente: allora si potrà amare davvero Iddio. L'amore perfetto a Dio è cercare la sua gloria "omnia in gloriam Dei Patris", è avere i pensieri della Trinità, è avere i fini, le intenzioni con cui Dio ha operato e opera nella creazione, nella redenzione e nella santificazione nostra.
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La perfetta obbedienza prepara questo apice dell'amor di Dio che ci renderà felici nell'altra vita. La nostra felicità, difatti, consisterà in questo: nel glorificare Dio; e se l'anima vi si prepara mirando sempre alla gloria di Dio, dopo la morte può essere subito introdotta, senza nessuna attesa, nel gaudio eterno. Sono però pochissime le anime che arrivano a questo punto: voi cercate di arrivarvi in tante, non soltanto in poche. Arrivate a questa vera santità.
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Solo Maria e Gesù hanno cominciato la loro vita in questo perfetto amor di Dio, cioè nel cercare unicamente la gloria di Dio: "Gloria in excelsis Deo"; tutti gli altri Santi, invece, vi sono arrivati dopo aver tolto da sé tutto l'amor proprio e sforzandosi di cercare Dio solo.
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Non vi è autorità se non da Dio. Dio solo, solo la sua volontà. Gli uomini possono essere incaricati di comunicare la volontà di Dio: l'obbedienza, perciò non va alla persona tale, anzi alle volte sarebbe meglio non conoscere neppure il nome di chi comanda; si conosce il nome di Dio! "Che il nome di Dio sia santificato!" allora si cerca la gloria di Dio, si onora Dio mediante la sottomissione della nostra volontà e la nostra uniformità al suo volere. E questa è la via della santifìcazione: la via più celere perché ci porta all'uniformità del nostro volere con quello di Dio.
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In che cosa consiste la santità? La santità unica e sicura è la nostra conformità al volere di Dio. E' l'unica santità. Ma questa conformità al volere di Dio dev'essere provata con l'adempimento esatto e continuato al volere di Dio. Nella vita religiosa, perciò, si è nella via più adatta, più facile, più sicura della santificazione.
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Quando si parla di obbedienza, non si intende soltanto riferirsi a chi è a capo della Congregazione - sebbene chi è a capo della Congregazione debba obbedire più degli altri e di una obbedienza continua - ma vogliamo riferirci anche a coloro che dipendono da chi guida la Congregazione, per es. la Maestra di scuola, chi è a capo di un reparto, chi in un ufficio o in un altro ha persone di dipendono in qualche maniera. L'obbedienza abbraccia tutti, sicché la giornata finisce con l'essere tutta un'obbedienza.
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L'obbedienza perfetta comprende tutta la mente, tutta la volontà e tutto il cuore.
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La mente deve accettare con riverenza quanto è disposto, e accettarlo pienamente. "Piace a Dio, quindi piace anche a me; e piace a me perché piace a Dio".
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Poi assoggetare la volontà: inchinarsi davanti a Dio. Davanti a Dio, nostro Creatore e nostro ultimo fine! Davanti a Dio che regge tutto il mondo mentre noi siamo una piccola cosa! Eppure ci sono certuni che pospongono la volontà di Dio alla propria. Il peccato è sempre una disobbedienza alla legge di Dio, ai Comandamenti e a tutto quello che conduce alla perfezione, per esempio alle Costituzioni e agli uffici che vengono assegnati. La disobbedienza è alla base di ogni peccato. Eva ha disobbedito e ha rovinato tutto; ha rovinato se stessa e il genere umano e tutti noi ne portiamo le conseguenze. Il peccato di disobbedienza si riflette nelle Congregazioni perché porta sempre un certo disordine che può essere più o meno grande. Perché una Congregazione sia ordinata e viva nell'ordine e si santifichino i propri membri occorre, in primo luogo, che ci sia la sottomissione della volontà.
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Poi l'obbedienza deve piegare il cuore. Il che significa che si deve obbedire non perché la Superiora è simpatica, o perché ci piace quello che è disposto, o per farsi voler bene... ma perché piace a Dio. Deve essere ordinata soltanto a Dio. Intenzione retta: obbedire perché questo lo vuole il Signore. Amare l'obbedienza perché è il principale mezzo per arrivare alla santità e da essa dipende la nostra santificazione. Dall'obbedienza dipendono anche le virtù della castità e della povertà.
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Il centro delle virtù religiose è proprio l'obbedienza. Come pensare allora l'obbedienza? Essa è il vero olocausto della persona che fa i voti e che li osserva. E' un olocausto a Dio, un atto di adorazione per il quale si riconosce Dio padrone e signore di tutto. Dio perfettissimo, autorità somma: noi piccoli esseri. Ecco, riconosciamo tutto questo e adoriamo la sua volontà. Tutta la giornata, allora, trascorre in adorazione, sia che si faccia un'azione, sia che se ne faccia un'altra: dalla levata del mattino fino al segnale del riposo alla sera. Anche il riposo viene preso per obbedienza.
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Maria è contrapposta a Eva: essa ripara la disobbedienza di Eva. "Ecce ancilla Domini! Fiat mihi secundum verbum tuum: Sono la serva del Signore, sia fatto come hai detto, cioè come vuole il Signore".
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Ogni volta che viene data una disposizione, non c'è molto da ragionare, anzi non c'è nulla da obiettare: senza rispondere, chiniamo la testa e andiamo. Allora vi è davvero l'adorazione continua dell'essere nostro a Dio. Gesù ce ne ha dato l'esempio: il Figlio di Dio si è incarnato per volontà del Padre, compì sulla terra tutta e solo la missione affidatagli dal Padre (dal primo momento dell'incarnazione fino a quando emise l'ultimo respiro), e in segno di sottomissione piegò il capo e morì.
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L'obbedienza è un grande bene. Ci dona sicurezza che la vita nostra piace a Dio. Molte anime si chiedono: "la mia vita piacerà a Dio? le mie giornate, il mio ufficio piacciono al Signore?". Al Signore piace l'obbedienza; piaci a Dio quando hai fatto l'obbedienza. Invece quando le nostre azioni, le nostre iniziative non procedono dall'obbedienza, sono nostre, manifestano la nostra volontà anche se si nasconde sotto il pretesto di voler far di più e meglio.
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L'obbedienza ci dona la sicurezza di essere nella santità, di compiere la volontà di Dio fino alla fine, fino a quando piegheremo il capo per morire, dopo che lo abbiamo piegato per tutta la vita. In questa maniera è facile farci santi!
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L'obbedienza ci dona la sicurezza della grazia nel compiere le azioni. Quando Dio vuole che facciamo una determinata cosa, ci dona pure la grazia di farla: così chi cerca di osservare le Costituzioni, ha la grazia di osservarle per davvero; ma quando uno sceglie da solo, resta solo anche a fare le cose. E le cose riescono in proporzione che l'atto si compie nell'obbedienza, perché allora c'è la grazia di Dio. Ricevuta un'obbedienza si metta subito la fiducia in Dio: "O Signore, domani i mezzi che mi sono necessari!". D'altra parte l'anima che obbedisce godrà una grande pace. Vi può essere sempre un intimo tormento: "la mia vita piacerà al Signore? Questo che io faccio è proprio ben fatto? E' nell'obbedienza?": ma se la coscienza risponde di sì, allora l'anima si mette in pace, ha tranquillità e serenità. Neppure ha preoccupazioni di cercare il meglio, di trovare cose nuove: "sì, faccio l'obbedienza!".
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Da notarsi questo: trattandosi di una Congregazione la cui vita si trova in fase di sviluppo è molto importante l'opera esteriore, ma più importante prendere lo spirito della Congregazione, lo spirito Paolino. Questo spirito paolino abbraccia tutta la nostra vita, interna ed esterna, e mediante la grazia forma della Congregazione un corpo solo, un corpo mistico, il quale opera tutto nel volere di Dio, santifica ogni membro, ha fecondità nell'apostolato. Tutta la Congregazione è una forza, una potenza: allora potete arrivare a dare un forte contributo alla Chiesa, alle anime, al mondo. Ma la condizione è che si viva lo spirito delle Figlie di S. Paolo, si viva nell'obbedienza alle Costituzioni e allo spirito delle Costituzioni.
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I difetti contro l'obbedienza sono l'obbedienza di abitudine. Si va quasi ciecamente, come se si caricasse un orologio: l'orologio va avanti, segna le ore senza rendersene conto. Dobbiamo essere vivi e fare l'atto di adorazione almeno al mattino: "Signore, vi offro le azioni della giornata; le accetto tutte da Voi"; allora le nostre azioni piacciono al Signore, non sono una cosa insipida o di chi non ha la ragione o la fede. Vi sono operai che lavorano tutto il giorno per guadagnarsi il pane e non pensano per niente alla volontà di Dio. Non così la nostra obbedienza. Dobbiamo compiere un'obbedienza intelligente e illuminata. "Fiat voluntas tua sicut in coelo et in terra. Sia fatta la volontà di Dio qui sulla terra come viene fatta dagli Angeli in cielo". Con quale sapienza essi compiono l'ufficio che Dio ha loro assegnato! Anche sulla terra Dio ha dato a ciascuno un ufficio, uno stato, una vocazione. Obbedire intelligentemente.
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Poi l'obbedienza deve essere perfetta. Vi sono le disobbedienze di chi crede di saperla più lunga e fa osservazioni: nell'intimo o anche esteriormente disobbedisce; poi passa ai pensieri, alle parole: pretende di dimostrare la sua sapienza, e la poca sapienza di chi ha dato l'ordine: questo è un grave difetto.
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Vi è anche un'obbedienza critica che giudica e condanna e diffonde malumore contro chi comanda ricordando i difetti che ha. Certamente chi comanda non è sempre più perfetto e neanche del tutto perfetto: ma è così disposto da Dio per la santificazione. Tutto è disposto da Dio. Non fermarsi alla persona, ma attraverso la persona vedere Dio. Vedere l'eternità, cioè ciò che giova per l'eternità. Se chi dispone, sbaglia, avrà responsabilità davanti a Dio; ma chi obbedisce si fa sempre dei meriti, a meno che, si capisce, l'ordine sia stato dato contro i Comandamenti di Dio, p. es.: se comandassero di rinnegare la fede.
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Vi è poi un'obbedienza mescolata ad altre intenzioni: si vuole ottenere stima, entrare in simpatia; oppure si obbedisce perché si vede giusto il comando. Vediamo che nella nostra obbedienza l'intenzione sia pura.
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C'è ancora un'obbedienza di "sabotaggio", cioè l'obbedienza si fa male, si arriva tardi, si cercano molte regioni per persuadersi che i superiori devono dare quella disposizione, e se accetta l'obbedienza bisogna promuoverla ad altro incarico... In questa maniera si finisce col legare i superiori che non sono più liberi a dare disposizioni. Si arriva anche a creare attorno alla superiora un'atmosfera di opposizione: questa è una responsabilità grave.
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Molte volte il nemico dell'obbedienza è la pigrizia: perché costa un po' fare quel che è disposto e non si ha voglia, si trovano tante ragioni per dispensarsi. Così, il cercare sempre occasioni per ottenere quel che si vuole, secondo quanto diceva S. Teresa: "Noi suore siamo capaci di mettere avanti tante ragioni per fare la nostra volontà". Perché dovrei stare con una suora che non mi piace, si dice: "non posso, sto male...".
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Qualche volta si può dire una difficoltà, ma dopo che si è detta, se la Superiora conferma l'obbedienza, si deve obbedire. A volte si deve dire sì anche al martirio, perché certe obbedienze costano la vita. Vi è un martirio che riguarda la fede, un martirio che riguarda la carità e un martirio che riguarda l'obbedienza.
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Allora, non un'obbedienza pessimista, ma una obbedienza che cerca anche ragioni persuasive, ma soprattutto la ragione delle ragioni: "piace a Dio? piace anche a me".
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L'obbedienza è una virtù difficile e certamente richiede molti sacrifici: ma è la virtù che prepara a noi il maggior premio, perché abbraccia l'umiltà e la fede: l'umiltà di sottomissione e la fede che piace a Dio. L'ultima obbedienza sarà poi quella di accettare la morte. Ma accettiamola fin d'adesso, facciamo ogni mese l'atto di accettazione nel ritiro mensile affinché ci prepariamo all'ultima obbedienza quando piacerà al Signore.
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Ecco allora, in ossequio alla Prima Maestra, promettete un lavoro intenso sopra la santificazione personale e della Casa.
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Secondo ossequio: riconoscere nella persona che guida così sapientemente la Congregazione il rappresentante di Dio. Oh! quando vi è l'obbedienza in un Istituto, vi è una grande ricchezza; quando manca l'obbedienza l'Istituto è povero, disordinato, disorganizzato, non si conseguono più i fini che erano nell'intenzione della Chiesa.
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Offrire poi tutta la Congregazione a Gesù Maestro come un grande ossequio. Gesù quando ci ha insegnato a pregare col Padre nostro, ci ha detto di chiedere: "sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra". Sia fatta la tua volontà nella Congregazione, in me e in ognuno dei suoi membri come lo fanno gli angeli in cielo!
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Se nella Congregazione si vive l'obbedienza, molto merito ce l'ha la Prima Maestra la quale è stata sempre obbediente. E chi ha un ufficio particolare da compiere, se obbedisce nella sua posizione, otterrà più facilmente che siano obbedienti anche coloro che dipendono da lei.
Tip.: Figlie di S. Paolo - Roma - Novembre 1953
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1 Sedicesimo, p. 3-13. Nella penultima pagina il tipo: "Tip.: Figlie di S. Paolo - Roma - Novembre 1953". C'è la registrazione.