Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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124.
PUREZZA - III

«Fuggite la fornicazione! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà alla fornicazione, pecca contro il proprio corpo. O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi?» (1Cor 6,18-19).

1° La fuga delle occasioni pericolose è il secondo mezzo per conservare intatto il giglio della purezza: oppure per riparare un’innocenza perduta. Sono occasioni quelle cose o persone o fatti che ci espongono o spingono al peccato. | «Chi ama il pericolo in esso perirà» (Sir 3,27), dice lo Spirito Santo.
La mutua simpatia tra persone di diverso sesso può portare al peccato: occorre evitare ogni inutile incontro. Il cuore è nobilissima, ma pericolosissima facoltà dell’uomo. Anche quando lo si è offerto a Dio resta aperto agli affetti. Occorrono grazie e forze per disciplinarlo e tenerlo a freno. Si incomincia spesso da cose utili, forse anche ottime, per finire dove non si voleva arrivare. Se una certa tenerezza si impadronisce del cuore, il pericolo è già in atto; se troppo si cerca una persona senza motivo giustificato, il pericolo è già assecondato: occorre arrestarsi, assolutamente.

L’ozio: «L’ozio è padre dei vizi» (Sir 33,29).94 Chi si applica con generosità all’adempimento dei doveri ed uffici, si libera da molti pericoli. A tentare chi è occupato non bastano cento diavoli; a tentare chi è ozioso basta uno solo. Infatti l’ozioso facilmente fantastica, legge libri e giornali leggeri, fa lunghe visite, conversa con persone pericolose; il cuore dell’ozioso si abbandona ad affetti sensibili, l’anima sua è aperta a tutte le impressioni, e i suoi sensi acquistano prepotenza. Nel lavoro invece la mente è occupata da pensieri seri, il cuore è rivolto ad ottenere quanto occorre, le energie sono spese in cose buone; mentre la moltiplicità delle occupazioni assorbe tutto il tempo.
Le tentazioni assalgono tutti. S. Girolamo se | ne lamentava quando diceva che nella stessa solitudine, sotto la sferza di un sole ardente, nella povertà della spelonca, si sentiva trasportare con la fantasia nelle delizie di Roma. Egli raccomanda di cacciar subito queste immaginazioni al loro sorgere:
«Uccidi il nemico finché è piccolo; nequitia, ne zizania crescat, elidatur in semine».95 Diversamente essa prende possesso di tutta l’anima; e questa, prima tempio della SS. Trinità, diviene covo di demoni: «Affinché dove ha albergato la Trinità non saltino i demoni e nidifichino le sirene».96

3° Vi sono occasioni molteplici e improvvise: libri, giornali, cinema, radio, persone con cui si convive, talvolta anche le migliori. Il demonio le prepara con astutissima arte, il mondo intero ne è pieno; il corpo, la memoria, il cuore, ecc., sono sempre con noi. Chi ci libererà da tanti nemici ed occasioni? Solo la grazia di Dio.

Esame. –
Conosco le più frequenti occasioni a cui vado incontro? Approfitto degli avvisi del confessore e dei superiori che mi mettono in guardia? Le evito con energia?

Proposito. –
Mediterò: «Ciò che dico a voi, lo dico a tutti: vigilate».97 L’avviso è rivolto a tutti: perciò anche a me.

Preghiera. – Conosco, o Gesù mio, la mia fragilità, almeno in parte. Sarebbe temerità, se mentre sono una barca tanto fragile, mi | esponessi a tutti i venti, a tutti i mari, a tutte le tempeste. Sarebbe un’imperdonabile audacia se facessi come Pietro che non si arrese ai vostri avvisi: «Prima che il gallo canti, mi avrai negato».98 Quanti sono i consigli ricevuti, le raccomandazioni sentite, e le persone che vidi cadere! Signore, rendetemi saggio. Che io non debba piangere dopo aver perduto i tesori della vostra grazia. Signore, vi griderò sempre: Salvatemi perché sto per perire.99
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94 Più esattamente Sir 33,28. La Bibbia CEI traduce: «L’ozio insegna molte cattiverie».

95 «La cattiveria sia sradicata nel seme, affinché non cresca la zizzania» (San Girolamo, Epist. XXII, n. 7, P.L., XXII, 398).

96 «Ne post Trinitatis hospitium, ibi dæmones saltent et sirenæ nidificent» (San Girolamo, Epist. XXII, n. 6, P.L., XXII, 398). Per la precisione, il verbo latino “saltare” significa “ballare”.

97 Mc 13,37.

98 Cf Mt 26,34.

99 Cf Mt 14,30.