Beato Giacomo Alberione

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INTRODUZIONE

I. GLI SCRITTI ALLE FIGLIE DI SAN PAOLO

Il presente lavoro fu avviato alcuni anni fa e poi sospeso anche per la complessità che presentava. Il VI Capitolo generale delle Figlie di San Paolo celebrato ad Ariccia (Roma) tra il 20 agosto e il 30 settembre 1989 ci ha stimolato a riprendere la ricerca. Esso infatti ha assunto come obiettivo generale di «continuare il processo di approfondimento, attualizzazione e assimilazione vitale del carisma»1. Tale obiettivo richiede un «ritorno» serio al Fondatore (cf PC 2) per rimeditare con amore e spirito di discernimento ciò che egli ha vissuto, scritto, detto, fatto per le sue istituzioni.
Inoltre nel 1990 la Congregazione celebra il 75.mo anniversario della fondazione che la porta a una rilettura della propria storia di salvezza per un servizio rinnovato alla Chiesa.
Ci è sembrato allora che la ricerca iniziata potesse offrire qualche contributo al cammino della Congregazione. Dell'amplissima produzione di don Alberione2 essa prende in considerazione un settore limitato: gli scritti rivolti alle Figlie di San Paolo nella Circolare interna o aventi valore di «circolare»3.
Insieme alle Lettere a Maestra Tecla4 e alle circolari5 di Maestra Tecla, Vi porto nel cuore, questi scritti formano una
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triade che permette alle Figlie di San Paolo di risalire alle proprie sorgenti e trovarvi un orientamento preciso per il proprio cammino.
La ricerca, pur condotta con serietà e rigore critico, ha uno scopo essenzialmente didattico: aiutare le Figlie di San Paolo a scoprire quelle costanti che rivelano la ricchezza del carisma e descrivono la loro fisionomia nella Chiesa.

1. L'AUTORE

L'autore di questi scritti è appunto don Giacomo Alberione (1884-1971) nella figura di Fondatore delle Figlie di San Paolo6. Nato in Piemonte a San Lorenzo di Fossano il 4 aprile 1884 da una famiglia contadina in una cornice di povertà e laboriosa semplicità, assorbì le esigenze di novità e di trasformazione di cui era gravido l'ultimo '8007. Tali esigenze nella notte del 31 dicembre 1900 costituirono il terreno in cui irruppe la luce divina che chiamava il giovane chierico a una specifica missione nella Chiesa: essere apostoli di oggi adoperando i mezzi di oggi (cf AD 15). E il mezzo che allora egli considerò più attuale per l'evangelizzazione fu la «Buona stampa».
Fece propria inoltre l'idea, sviluppata soprattutto dall'Opera dei Congressi, di operare «in organizzazione». Dentro questo clima maturò la sua visuale secondo la quale: donazione totale a Dio nella vita religiosa, attività apostolica, organizzazione sono profondamente integrate (cf AD 23-24).
Il 20 agosto 1914 iniziò con due ragazzi la Scuola Tipografica Piccolo Operaio, la futura Pia Società San Paolo. Il 15
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giugno 1915 aprì un Laboratorio femminile, con Angela M. Boffi8, Teresa Merlo9, Clelia Calliano che si unisce alle prime due il 15 settembre dello stesso anno.
Gradualmente don Alberione orienta questo primo nucleo delle future Figlie di San Paolo verso la vita religiosa e l'apostolato specifico; esse procedono nella fede, nella gioia, nella povertà e tra sacrifici eroici. Il 22 luglio 1922 le prime otto emettono nelle sue mani la professione perpetua privata e don Alberione nomina Teresa Merlo (che ha assunto il nome di Tecla) superiora generale. Con quell'atto si costituisce l'istituto delle Figlie di San Paolo.
Tutti i passi successivi - iter per l'approvazione canonica, redazione delle Costituzioni, apertura delle case, iniziative, nuovi mezzi apostolici, vita spirituale, ecc. - sono guidati da lui, che nell'atto della approvazione diocesana concessa alla Pia Società San Paolo il 12 marzo 1927 assume ufficialmente l'appellativo di Primo Maestro. Egli rispetta il ritmo di questa vita che cresce nella gioia e nella fatica, nell'intraprendenza creativa e nell'espansione, nell'assunzione graduale della propria fisionomia e nel consolidamento istituzionale e giuridico; l'accompagna con una presenza attentissima e ininterrotta: una guida quotidiana, realizzata attraverso i colloqui personali, la direzione spirituale, la partecipazione frequente alle adunanze del Consiglio generale10, disposizioni, lettere, predicazione appuntata e registrata, esercizi spirituali, articoli, lettere circolari, atti ufficiali.

2. STORIA E DESCRIZIONE DEI TESTI

La denominazione «circolare» è da prendersi in senso lato. Intendiamo con questo termine quanto il Fondatore comunica
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per scritto a tutte le Figlie di San Paolo, servendosi di un organo particolare: il Bollettino interno o Circolare interna.
Considerando la situazione della fonte si possono distinguere due fasi:

a) La fase dei manoscritti e dattiloscritti (1921-1933)
Non si possiedono circolari prima del 191811. La piccola comunità, che non supera mai il numero di tre e a volte di cinque persone, ha la sua sede ad Alba in via Accademia 5, dove don Alberione si reca ogni giorno per dettare la meditazione e seguire i lavori del Laboratorio12.
Il 18 dicembre 1918 il gruppetto (due adulte e tre adolescenti)13 si trasferisce a Susa con l'impegno di stampare, diffondere il giornale diocesano La Valsusa e gestire la libreria Gatti, denominata «libreria San Paolo». Di quel periodo è pervenuto un solo biglietto di don Alberione indirizzato a tutta la comunità che data 28 marzo 1921.
Il 23 marzo 1923 la comunità di Susa si unisce a quella che nel frattempo si era andata costituendo ad Alba presso la nuova sede della Pia Società San Paolo nell'attuale piazza san Paolo. Di questo periodo (1923-1928) non si hanno indirizzi scritti veri e propri. La comunità vive della predicazione e degli incontri quotidiani con il Fondatore, si alimenta di una vita liturgica e apostolica da lui animata e spesso condivisa con la comunità maschile. Sono pervenute però alcune direttive mensili che venivano affisse alla porta della cappella, come foglio murale, dal titolo San Paolo. Esse vengono assunte dalle Figlie di San Paolo come specifico indirizzo per la propria formazione. Il verbale di Consiglio del 16.5.1926 porta infatti questa annotazione: «Copiare anche noi il bollettino mensile, esporlo in un quadro in un luogo visibile e spiegarlo un punto per sera alle figlie»14.
Il 15 gennaio 1926 si apre la sede di Roma con una comunità maschile e una femminile. Della prima è responsabile don
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(beato) Timoteo Giaccardo, della seconda M. Amalia Peyrolo (1900-1980). Si intreccia un fittissimo carteggio tra l'Alberione e il Giaccardo che in pratica si occupa e preoccupa di ambedue le comunità, ma sono scarse le missive del Fondatore al gruppo femminile. Sono pervenuti solo due biglietti indirizzati alla comunità maschile e femminile (cf nn. 2, 7).
Il 5 novembre 1928 inizia per le Figlie di San Paolo l'apertura delle case filiali in Italia. La prima è Salerno; seguono a pochi giorni di distanza Bari, Verona, Udine; e poi altre, a ritmo serrato. Nel dicembre del 1929 le comunità filiali sono undici. Maestra Tecla accompagna personalmente la fatica delle fondazioni, ma don Alberione non è assente: nel maggio del 1929 visita le nuove case per orientare spiritualmente e discernere meglio su quali vie procedere (cf n. 10). Da allora, oltre le frequenti visite, il suo rapporto scritto con le comunità è costante. Testimonianza di questa attenzione diretta sono trenta circolari (quelle a noi pervenute) quasi tutte con l'intestazione «Buone Figlie S. Paolo» (cf nn. 8-38).
Generalmente si tratta di lettera occasionale che risponde a problemi che sorgono, orienta il cammino apostolico, spirituale, formativo, disciplinare con indicazioni dettagliate, adatte a chi muove i primi passi in un campo tutto nuovo sia religioso che apostolico. Essa giunge nelle case d'Italia e dell'estero15 insieme ad altri fogli dattiloscritti che riportano le meditazioni del Fondatore tenute alla comunità albese o tracce per l'ora di adorazione. Tutto ha lo scopo di far circolare la medesima vita, mantenere l'unità e favorire la comunione. Don Alberione scrive infatti: «Dovete prendere le cose che vengono da Casa madre, nelle meditazioni, ritiri, adorazioni, come tante lettere che vi indirizziamo: poiché sono le stesse cose che noi meditiamo e che noi usiamo per la nostra vita spirituale» (n. 31).
Accanto alla sua direttiva vi è quasi sempre quella di Maestra Tecla che stimola ad accogliere e realizzare o traduce nel quotidiano l'orientamento del Fondatore16.
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b) La fase degli stampati (1934-1969)17

Nel novembre del 1933 le Figlie di San Paolo lasciano piazza san Paolo (Alba) e si trasferiscono nella loro nuova sede in Borgo Piave (zona detta di San Cassiano), che diventa la Casa Madre. Nel gennaio 1934 inizia la pubblicazione di un bollettino interno proprio, di frequenza mensile, dal titolo L'Eco di Casa Madre (1934-1937). Esso diventa il canale privilegiato che fa giungere a tutte la parola e lo scritto del Fondatore e di M. Tecla. Ogni numero, oltre l'informazione sulla vita delle comunità e le varie iniziative, porta una lettera circolare, una meditazione o una direttiva del Fondatore riguardante qualche dimensione della vocazione paolina. Nel tempo il Bollettino ha assunto nomi diversi: Circolare Interna (1937-1942), sospesa durante la seconda fase della guerra mondiale (1940-1945), Vita Nostra (1945-1947), Regina Apostolorum (1948-1972). A volte la lettera circolare del Fondatore è stampata su foglio semplice dai formati più diversi.
Con l'espansione e il consolidamento dell'Istituto si vanno precisando meglio le componenti della vocazione paolina e prendono vita altri organi di formazione e informazione che ne favoriscono lo sviluppo e l'unità: Cose Nostre (1951-1968), circolare informativa che continua con il titolo Notiziario Paolino (1968-1971); Il Raggio (1957-1969), guida pratica per l'apostolato; Scuola e Vita Paolina (1962-1968), rivista sugli studi interni. Anche queste testate contengono di tanto in tanto brevi indirizzi del Fondatore.
Il presente lavoro attinge a tutte queste fonti: raccoglie 284 testi i quali coprono un arco di tempo che va dal 28 marzo 1921 all'11 luglio 1969, cioè quarantotto anni di storia delle Figlie di San Paolo. Il primo biglietto si rivolge a una comunità composta da due persone adulte e da qualche adolescente che non prevedevano certamente il futuro sviluppo; l'ultimo biglietto a un Istituto in cui quella prima comunità si è trasformata in Congregazione di diritto pontificio, con oltre 2500 membri, sparsi nei cinque continenti.
Il Bollettino interno ufficiale pone parecchi problemi quando si tratta di individuare ciò che il Fondatore ha realmente
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scritto. Esso è tutto impregnato della presenza alberioniana che si esprime a livelli diversi: pubblicazione delle meditazioni o istruzioni prese con appunti, esultanza per la sua visita, prontezza e coraggio per concretizzare le direttive in attività apostoliche, nostalgia per una assenza prolungata. Lo scritto è solo una parte del suo pensiero e della sua vigile cura che completa o conferma un dialogo quotidiano intessuto con il governo della Congregazione, le responsabili dei settori o con tutte, attraverso l'abbondante predicazione.
Inoltre fin dall'inizio il Bollettino attinge in modo libero a quello della Pia Società San Paolo dal titolo San Paolo. A volte, dello scritto alberioniano, riporta solo i passi di contenuto generale, tralasciando gli elementi che si riferiscono al sacerdozio o le note disciplinari riguardanti la comunità maschile, più frequentemente trascrive l'intero testo al femminile adattando così le direttive alle Figlie di San Paolo, altre volte ancora traduce i testi latini in italiano per facilitarne la comprensione a tutte. Don Alberione autorizza questo adattamento che non intacca mai il contenuto di cui era geloso18.
Questo modo di procedere crea qualche problema sulla integralità dello scritto, ma allarga la fonte di formazione delle Figlie di San Paolo ed evidenzia quanto l'Istituto maschile e quello femminile fossero alimentati da un medesimo spirito e insegnamento e quanto le iniziative apostoliche dei due istituti fossero convergenti.
Nella raccolta dei testi non si è quindi potuto ignorare questa realtà storica.

3. NATURA E COMPOSIZIONE

I testi non appartengono tutti al medesimo genere. Si possono raggruppare nel modo seguente:
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a) Testi rivolti direttamente alle Figlie di San Paolo. Comprendono:
- le circolari vere e proprie. Sono i testi con l'intestazione «Buone Figlie di San Paolo»;
- trafiletti e indirizzi vari pubblicati senza titolo, ma con stile epistolare;
- argomenti specifici preceduti da un apposito titolo, trattati a volte brevemente, a volte a forma di articolo;
- relazioni di viaggi e di visite alle comunità, con stile epistolare;
- meditazioni o istruzioni tenute alla comunità di Alba o di Roma, frammenti vari.
Questi testi sono prevalentemente concentrati nel periodo che va dal 1934 all'inizio del 1953, in cui l'insegnamento alberioniano è più personalizzato e si estende a tutti gli aspetti della vita delle Figlie di San Paolo: spirito, studio, apostolato, povertà, formazione, governo, ecc.
b) Testi indirettamente rivolti alle Figlie di San Paolo. Sono quelli tratti dal San Paolo: rari all'inizio e poi sempre più frequenti, specialmente dopo il 1952.
Il 15 marzo 1953 l’Istituto viene eretto in Congregazione di diritto pontificio con l'approvazione definitiva delle Costituzioni. Nel 1954 la Pia Società San Paolo - e con essa tutta la Famiglia Paolina - celebra il quarantennio di fondazione. Sono eventi che segnano un passaggio verso la maturità e si riflettono sul Bollettino interno: diminuiscono fortemente i testi rivolti solo alle Figlie di San Paolo; gli scritti del Fondatore assumono piuttosto il carattere di articoli e vertono ora su temi formativi generali, ora su una rilettura della vita paolina. Regina Apostolorum ospita tutti gli articoli del Fondatore di carattere generale pubblicati nel San Paolo; le due testate si presentano spesso con la medesima impaginazione (da notare che il San Paolo veniva impaginato e stampato nella tipografia delle Figlie di San Paolo di Roma). A volte lo scritto alberioniano appare in Regina Apostolorum il mese successivo, altre volte la pubblicazione è contemporanea. Si sente che l'insegnamento del Fondatore è sempre più a livello di Famiglia Paolina o almeno, per quanto riguarda l'apostolato, a livello di Società San Paolo e Figlie di San Paolo. Gli scritti particolari rivolti
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alle Figlie di San Paolo si inseriscono in questo insegnamento di famiglia e si limitano ad auguri, brevi indirizzi, a sottolineature liete o tristi della loro storia: i capitoli generali, in memoria della morte di Maestra Tecla Merlo, il cinquantesimo di fondazione, l'anno della povertà, dell'obbedienza, ecc.

4. TEMI, STILE, STRUTTURA

Le circolari non scaturiscono da un piano prefabbricato, ma alle varie situazioni della vita concreta e dall'esigenza di far crescere la Congregazione nel suo spirito e nella sua missione. Gli argomenti trattati sono quindi molteplici ed è pressoché impossibile farne un inventario: vanno da temi circoscritti e legati al momento quali elenchi di libri, indicazioni per abbonamenti, norme di comportamento, ecc. a temi fondamentali che definiscono la natura stessa della vita religiosa, della spiritualità e dell'apostolato specifico. Contingente e permanente si integrano e fanno storia insieme. Il rischio che si può correre è uno solo, davanti al quale lo stesso don Alberione mette in guardia: considerare «le accidentalità mutabili, dimenticando un po’ la sostanza delle cose»19. Lo stile è conciso. In genere l'autore procede per sintesi, dove l'argomento è appena enunciato, ma espresso con forza e precisione. Solo negli articoli e nelle relazioni dei viaggi indugia nel descrivere i bisogni dei popoli visitati e l'urgenza dell'evangelizzazione. Si nota tuttavia una certa evoluzione. Negli scritti precedenti la seconda guerra mondiale lo stile, ad eccezione di qualche testo più elaborato, non rivela alcuna preoccupazione letteraria: si adatta in pieno alla cultura delle destinatarie. Dai pochi manoscritti pervenuti si nota però il travaglio per trovare l'espressione giusta, rispondente allo scopo.
Il metodo usato è quello del padre, che comunica in modo colloquiale, convincente e propositivo con un linguaggio ora forte, ora tenero fino alla commozione: «Vi mando l'angelo custode ad assistervi» (n. 15); «Vi benedico: ogni mattina prego gli angeli che raccolgano tutte le vostre intenzioni ed i bisogni
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vostri per metterli ai piedi di Gesù. Ogni sera vi do la benedizione verso le ore nove: prendetela e restituitemela con un Gesù Maestro Via, Verità e Vita, abbiate pietà di noi» (n.31); «Vogliamoci bene, molto bene; come ogni giorno e notte vi tengo presenti nelle preghiere tutti, tutte» (n. 184). Talora usa invece il linguaggio autorevole di chi ha la consapevolezza di essere mediatore di un piano divino: «Prendete quelle parole come dette da Dio per bocca del vostro Primo Maestro» (n. 34).
Quando l'Istituto si avvia verso la maturità, don Alberione si rivolge alle sue comunità con un linguaggio sempre familiare, ma più distaccato: sul padre prevale il mediatore che orienta, guida con mano ferma e sollecita il coraggio, l'intraprendenza creativa, la fedeltà e sempre sprona a protendersi in avanti» (cf Fil 3,13).

5. RISTAMPE E RACCOLTE PARALLELE

Quando un indirizzo scritto era ritenuto importante o di utilità immediata, Maestra Tecla provvedeva a farlo stampare anche a forma di pagellina o di quartino per farlo pervenire a ogni sorella (cf nn. 86, 179, 184). Altre volte un articolo veniva ristampato nello stesso Bollettino interno a distanza di anni (cf nn. 86, 118, 195, 197). Inoltre vi sono alcune raccolte più impegnative curate dalle Figlie di San Paolo come: Alle Famiglie Paoline, Roma 1954: contiene cinque articoli (cf Tavola cronologica e sinottica); Santificazione della mente, Roma 1956: contiene gli articoli dal titolo Amerai il Signore con tutta la tua mente (cf Tavola cron. e sinottica); Maria Discepola e Maestra, Roma 1959 (cf Tavola cron. e sinottica).
Un lavoro di maggiore portata e più tardivo è Carissimi in San Paolo, a cura di R. Esposito, Roma 1971. Raccoglie tutte le annate del San Paolo, e quindi parecchi testi della presente raccolta (cf Tavola cron. e sinottica) e molti inediti. Ristampe o raccolte successive sono i quaderni, pubblicati a cura dell’archivio storico della Famiglia Paolina20.
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6 CRITERI SEGUITI PER LA PRESENTE RACCOLTA

I criteri usati sottostanno all'obiettivo che ci ha guidato in tutto il lavoro: focalizzare l'identità delle Figlie di San Paolo nella Chiesa e nella Famiglia Paolina, identificando ciò che don Alberione ha realmente scritto e direttamente o indirettamente ha rivolto a loro.
Il primo criterio è stato di individuare gli scritti distinguendoli dalla predicazione, che perciò non fa parte della presente raccolta (cf Tavola cron. e sinottica). Di qualche testo tuttavia non si è potuto accertare se si tratti di uno scritto o sia frammento di meditazione (cf n. 153). La situazione della fonte scritta considerata in questa raccolta appare nella forma seguente (cf note ai singoli testi): dei 284 testi, 11 manoscritti inediti; 19 manoscritti passati a stampa o dattilografati; 38 dattiloscritti; 3 riproduzioni fotostatiche; gli altri sono stampati.
Il secondo criterio è stato di verificare l'autenticità degli scritti. Data la scarsità dei manoscritti, si è dovuto considerare come originale il primo dattiloscritto, a volte pervenuto solo in copia o la prima edizione a stampa. Tutti i testi sono contrassegnati con il nome di don Alberione, compresi quelli ripresi dal San Paolo in modo non integrale o trascritti al femminile. I dattiloscritti in genere portano la firma autografa (cf le note ai singoli testi). La firma è varia: «T. (Teologo) Alberione», «T.M. Alberione», «M. (Maestro) Alberione», «Primo Maestro», «Sac. G. Alberione».
Alcuni testi, puramente organizzativi (cf nn. 77, 88, 187, 258, 282), la sintesi sulla spiritualità (n. 149) hanno stile diverso e lasciano intravedere altra mano nella redazione (cf note ai singoli testi).
Il terzo criterio è stato di rispettare la realtà storica: fare cioè una raccolta che rispecchi l'insegnamento di don Alberione così come è stato impartito: personalizzato, per arricchire gli aspetti caratteristici dei singoli istituti; comune, per una crescita come Famiglia Paolina. Perciò fino al 15 marzo del 1953 (approvazione pontificia definitiva delle Figlie di San Paolo) si sono assunti tutti gli interventi scritti, ad eccezione delle relazioni tenute nel novembre 1950 al Congresso dei Religiosi. Dal 1953 in poi si è fatto una distinzione tra i testi che hanno il tono piuttosto di circolari e che accompagnano l'evolversi della vita
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nella sua storia concreta, e gli articoli espressamente destinati a tutta la Famiglia Paolina. Questi ultimi non sono stati inseriti nella presente raccolta per non moltiplicare le fonti. L'indicazione di essi però è stata riportata nella tavola sinottica, sotto la voce «Opuscoli» (cf Tavola cron. e sinottica). Sono inoltre facilmente reperibili perché già pubblicati nella quinta sezione di Carissimi in San Paolo, p. 997ss.

II. AMBIENTE E FONTI CULTURALI

La natura degli scritti in esame non permette di cogliere in modo esauriente quanto e come don Alberione sia debitore al contesto culturale, teologico e spirituale del proprio tempo o a particolari Maestri21. Essi coprono un arco di tempo vasto; in genere sono dettati da esigenze immediate, vitali, carismatiche e solo pochi scaturiscono da una riflessione sistematica. Tuttavia sono pervasi da alcune costanti che suppongono un retroterra culturale e un particolare ambiente di vita.

1. L'ORIZZONTE CULTURALE DELL’INIZIO SECOLO RIGUARDANTE LA DONNA

Il contesto culturale della fine ottocento e inizio del novecento ha una grande importanza per don Alberione. Egli stesso ne fa una lettura a posteriori ma puntuale, nella storia carismatica; e fa di quella intricata situazione religiosa, politica, sociale - dominata da lotte, contrasti, sforzo organizzativo - punto di riferimento per individuare gli elementi caratterizzanti la missione paolina (cf AD 49-63).
Riportandoci all'inizio del secolo, e precisamente al 1911- 1912, emerge un don Alberione particolarmente attento al rinnovamento della pastorale e ai mezzi attuali. Di tale sensibilità
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è frutto il libro Appunti di teologia pastorale22. In esso è compendiata la sua visione teologica, antropologica e pastorale; e sono già presenti vari elementi spirituali e apostolici che confluiranno nella vita paolina e che pervadono anche gli scritti in esame.
Un altro aspetto di quel tempo che si proietta decisamente su questi scritti è la visione della donna23. Tale visione giunge a don Alberione attraverso l'Opera dei Congressi Cattolici - fondata nel 1874 il cui presidente fu il Conte G. Paganuzzi e sciolta da Pio X nel 1904 - e la successiva riorganizzazione delle forze cattoliche nell'Unione Popolare (1905). Nell’ambito di tale Unione il 21 aprile 1909 viene fondata L'Unione fra le donne cattoliche d'ltalia ad opera di Cristina Giustiniani Bandini sotto la presidenza di Giuseppe Toniolo.
L'Unione fra le donne cattoliche è la conclusione di lunghi contrasti e polemiche fra due correnti cattoliche24: l'una più intransigente restringe l'azione della donna al campo domestico e della carità; l'altra, guidata da mons. Giacomo Radini- Tedeschi (1857-1914), auspica un inserimento della donna nel lavoro per i Comitati diocesani e parrocchiali e rivendica il suo diritto e dovere a partecipare all'azione apostolica organizzata25. L'Unione, pur restringendo il campo del movimento femminista, prevede un'attività della donna nel campo della carità e nel campo sociale, e soprattutto un'attività organizzata attraverso l'istituzione di comitati diocesani e parrocchiali26. Nell'Appello alle donne cattoliche italiane
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dell'8 dicembre 1908, il Toniolo presenta la donna «compagna e coadiutrice dell'uomo»27, anche nel campo dell'apostolato. Lo Statuto, approvato da Pio X e l'appello del Toniolo vengono inviati ai vescovi, perché promuovano l'Unione femminile nelle rispettive Diocesi.
Il 22 aprile 1909 la Direzione Diocesana dell'Unione Popolare di Alba si riunisce e all'ordine del giorno ci sono alcuni elementi significativi: prendere atto della nomina del nuovo assistente ecclesiastico nella persona del teologo Francesco Chiesa; «l'organizzazione cattolica femminile come valido coefficiente di azione cattolica sociale»; la «scelta di adatti conferenzieri ecclesiastici e laici per la propaganda nei singoli paesi». Uno di questi conferenzieri è don Giacomo Alberione come egli stesso attesta (cf AD 61).
E’ in questo contesto che nasce per don Alberione la riflessione sulla donna il cui frutto è il libro La donna associata allo zelo sacerdotale28, iniziato appunto nel 1911 con l'intento di «illustrare quanto possa la donna collaborando col sacerdote
... nel campo dell'apostolato stampa, dell'apostolato sociale e pastorale» (AD 109).
Sebbene opera giovanile, debitrice al tempo per linguaggio, mentalità, contenuti, don Alberione la considerò un punto chiave per la sua visuale circa l'apostolato della donna nella Chiesa. E a questo libro rimanda le Figlie di San Paolo come a fonte genetica. Scrive nel gennaio 1938: «Potete leggere: La donna associata allo zelo sacerdotale, capo V. Dal 1910, giorno in cui sulla meditazione avevo considerato queste cose, come pure l'opera che alla SS. Vergine fu affidata da Dio nel fatto dell'Incarnazione, Redenzione, Mediazione e Distribuzione della Grazia, voi, Figlie di San Paolo, siete state pensate, desiderate, preparate, nate, cresciute sino al giorno di oggi» (n. 67).
Nel libro egli considera la donna «in aiuto dell'uomo» leggendo Gn 2,18 secondo l'interpretazione del tempo, già presente
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nell'Appello del Toniolo; e nel campo apostolico «associata» all'apostolato gerarchico. Tale principio, tante volte da lui superato nella prassi, resta invariato e all'interno della Famiglia Paolina è stato la base dei rapporti tra ramo maschile e rami femminili con una oscillazione tra unione, distinzione, coordinamento, dipendenza (cf nn. 103, 130, 196, 224, 268).
Ma egli pone particolare enfasi su un elemento pure presente nell'Appello del Toniolo: l'oggi, inserendo decisamente la donna nel mondo moderno. Scrive nel libro citato: «La donna d'oggi deve formare l'uomo d'oggi. Deve sovvenire ai bisogni dell'uomo d'oggi; deve servirsi dei mezzi di oggi» (p. 38). «Dobbiamo essere di questo secolo, cioè cercare di comprendere i bisogni e provvedervi» (p. 248).
Questo principio dinamico e attualizzante pervade tutte le circolari. Attraverso esse don Alberione guida le Figlie di San Paolo ad affrontare le iniziative più ardue per portare a tutti la Parola di Dio e usare con coraggio tutti i mezzi, man mano che vengono offerti dal progresso (cf nn. 120, 132, 145, 148, 152, ecc.).

2. LA VITA INTERNA DELLA FAMIGLIA PAOLINA NEL SUO SVILUPPO

Altro elemento che influisce su don Alberione per la stesura di questi scritti, sono gli stessi membri delle sue istituzioni che, con la loro vita e la loro azione, sono la risonanza vivente del carisma. Circola in ogni scritto il riflesso della situazione concreta delle Figlie di San Paolo e della Famiglia Paolina: l'incertezza e l'entusiasmo delle prime conquiste apostoliche, la povertà di mezzi e di possibilità economiche, lo stile di vita delle comunità, il coraggio e l'adattamento dei missionari e delle missionarie, il volto delle librerie, gli atteggiamenti di gioia e di timore di fronte a nuove iniziative, le difficoltà e l'esigenza della collaborazione all'interno della Famiglia Paolina, il contributo umano per le varie costruzioni, ecc. Questa vita concreta è l'occasione da cui sgorgano le circolari e spesso ne determina il contenuto. Don Alberione raccoglie la vita che si sprigiona dalle sue comunità, l'assume con gratitudine la conferma, l'orienta, la spinge ad andare sempre oltre (cf nn. 214, 216, 238, 260, 268, 273). Sotto questo aspetto le circolari
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sono anche un segno del contributo dei primi membri allo sviluppo del carisma. Le costruzioni stesse sono occasione per allargare gli orizzonti su determinate componenti della vita paolina: la costruzione del tempio a san Paolo, del santuario «Regina Apostolorum», ad esempio, diventano stimolo per l'approfondimento della devozione all'Apostolo, della devozione e dell'apostolato mariano della Famiglia Paolina (cf nn. 5, 7, 121, 126, 134, 137).

3. LA VITA DELLA CHIESA E IL MAGISTERO PONTIFICIO

Un punto di riferimento costante è la vita e il magistero della Chiesa: l'anno liturgico, le solennità, le preghiere, le letture e i salmi dell'ufficio divino. Don Alberione attinge a questa fonte spirituale con libertà lasciandola salire dalla memoria del cuore e quindi con citazioni a volte approssimative.
In Abundantes Divitiae c'è un'espressione significativa: «L'Osservatore Romano, Atti della Santa Sede, Encicliche, da Leone XIII furono un nutrimento continuo» (AD 67). Questo nutrimento personale si riflette di frequente nelle circolari - anche se le encicliche a volte sono appena citate - sia come fonte contenutistica (cf nn. 58, 78, 178, 203, 207,215), sia come stimolo e orientamento per l'apostolato. Egli è particolarmente colpito, ad esempio, dalla enciclica Vigilanti cura (1936), che apre la via all'apostolato del cinema (cf n. 80), dalla Provida Mater Ecclesia sugli Istituti Secolari (cf Tavola cron. e sinottica), ecc. L'attenzione filiale al magistero scaturisce da un profondo attaccamento a Pietro che egli inculca con energia: «Amare il Papa è amare Gesù Cristo... far conoscere il Papa è far conoscere Gesù Cristo... Il primo studio di ogni cristiano è quello della vita e dottrina di Gesù Cristo, segue subito come secondo la vita e la dottrina del Papa» (n. 72). Nel 1938 don Alberione insegna anche teologia alle Figlie di San Paolo: esige che esse concludano i loro studi con una dissertazione sulla vita di un Papa. Le «vite dei Papi» figurano così tra i primi scritti delle Figlie di San Paolo (cf n. 72).
Negli scritti alberioniani sembra non sentirsi l'influsso del Concilio, di cui previene tuttavia molte intuizioni; vi appare però l'invito costante alla preghiera per la buona riuscita
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dell'assise ecumenica (cf n. 253), l'esultanza per il decreto Inter Mirifica (cf n.261),l'impegno ad attuare le deliberazioni conciliari, specialmente per quanto riguarda il rinnovamento della vita religiosa (cf nn. 277, 278).
Nella fedeltà alla Chiesa e al suo magistero egli cresce le sue Congregazioni; e l'ultimo suo gesto è ancora un atto di grande fedeltà nell'accoglienza piena dell'Ecclesiae Sanctae: «La nostra Famiglia Religiosa è nata da poco tempo; e sta crescendo in persone, nello spirito e nell'apostolato: si devono, tuttavia, secondo il Concilio, rivedere (le Costituzioni): Pia Società San Paolo, Figlie di San Paolo, Pie Discepole del Divin Maestro, Suore Pastorelle, Istituto Regina Apostolorum» (n. 278). Tutto era iniziato con l'intento di «servire la Chiesa» (AD 15) e tutto viene ora rimesso alla Chiesa. E’ un atto di amore e di distacco di portata incalcolabile.

4. INFLUSSO DEI MAESTRI SPIRITUALI

Il catalogo delle Edizioni Paoline del 1925 elenca già alcuni classici della spiritualità. Queste stesse pubblicazioni si trasformano anche in fonte formativa delle Figlie di San Paolo.
Sebbene quasi mai citato, le circolari sono pervase da contenuti e orientamenti spirituali che risalgono al can. Francesco Chiesa29. Ciò vale soprattutto per la visione integrale dell'uomo e per gli articoli a puntate dal titolo «Amerai il Signore con tutto il cuore» (cf Tavola cron. e sinottica).
Don Alberione indica con frequenza i libri da usarsi per la meditazione e la lettura spirituale. Hanno posto di grande rilievo le opere di sant'Alfonso de Liguori, specialmente: Le glorie di Maria (cf nn. 9, 43, 95), La vera sposa di Gesù Cristo (cf nn. 40, 91), Pratica di amar Gesù Cristo (cf nn. 40, 43), La via della salute, Apparecchio alla morte (cf n. 91), ecc. Ma altrettanto rilievo hanno altre opere e altri autori: L'imitazione di Cristo (cf n. 41, 215), La Filotea di san Francesco di Sales (cf n. 40), Combattimento spirituale dello Scupoli (cf n. 91), Gli esercizi della Perfezione del Rodriguez (cf n. 91), L'anima di ogni apostolato
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dell'abate Chautard (cf n. 97), Il Trattato della vera devozione di Luigi Grignion de Montfort (cf n. 122), ecc.
Non si tratta solo di indicazioni, ma i contenuti stessi di varie circolari scaturiscono da questi autori. Una particolare incidenza sulla vita spirituale è da attribuirsi allo spirito ignaziano. I cinque punti dell'esame di coscienza (cf n. 163) ricalcano lo schema di Sant'Ignazio (ES 43). Gli esercizi spirituali che mirano a «un riordinamento e orientamento della vita» (cf n. 154) si ispirano al numero 189 degli Esercizi Spirituali. A riguardo don Alberione nel 1935 scrive espressamente: «Ci sarà tanto di aiuto seguire il complesso degli Esercizi Spirituali di S. Ignazio, in quella forma, misura, completamento che viene a noi... Molto di aiuto saranno i libri del Bellecio e del Pincelli» (n. 50). Il testo del Bellecio è consigliato alle Figlie di San Paolo ancora nel 1940 (cf n. 91). Il metodo per verificare il progresso (cf n. 106) richiama i nn. 29-30 degli Esercizi Spirituali; e l'indicazione del cammino di perfezione ricalca il «Principio e Fondamento» (ES 23). Ecco il testo alberioniano: «Se dovessi compendiare in poche parole la via della perfezione ve la descriverei così: 1) Meditare il fine per cui siamo creati; considerando spesso il paradiso. 2) Farci indifferenti a guadagnare il cielo come sani o come ammalati, in un ufficio o in un altro, nella stima degli uomini oppure nel disprezzo, nella povertà o nell'agiatezza, in un posto o nell'altro...» (n. 81)30
Si può riscontrare che fino al 1940 il riferimento a sant'Ignazio è esplicito, anche se avviene attraverso commentari. In seguito l'orientamento spirituale è illuminato da autori di manuali di spiritualità come il Tanquerey (cf n. 196) e più tardi Royo Marin (cf n. 272).

III. UNA CHIAVE DI LETTURA:
LA CONCRETIZZAZIONE DEL CARISMA

Nelle circolari c'è una tale gamma di argomenti che si potrebbero esaminare da più punti di vista, ma emerge un filo
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conduttore che dà unità ai quarantotto anni di storia che esse rispecchiano; tale filo è la ricerca costante di realizzare il piano di Dio sull'istituto31. Si fondono e si integrano continuamente le varie componenti del carisma: la componente storica e apostolica, che s'arricchisce con la riflessione sui bisogni della Chiesa e del mondo che vanno emergendo; la componente spirituale, che si esprime nella docilità allo Spirito attraverso un discernimento costante della sua azione e nella configurazione al particolare mistero di Cristo, nucleo centrale del carisma; la componente strutturale, che si esprime nella ricerca di uno stile di preghiera, di apostolato, di vita religiosa e comunitaria, di formazione, di governo32. Una lettura corretta del carisma alberioniano esige che teniamo presenti tutti e tre questi elementi; essi però non sono un dato iniziale consolidato, ma una conquista lenta che nasce dall'azione divina e dalla risposta umana, data nel tempo attraverso circostanze che ora manifestano, ora velano il progetto divino. Don Alberione è la guida per questo cammino. Le circolari lo rivelano come Fondatore nel suo significato più profondo, cioè mediatore del carisma e guida spirituale perché le Figlie di San Paolo portino a pienezza la loro vocazione. Sarà questa la pista che seguiremo nella nostra lettura dei testi in esame. Una lettura solo storica velerebbe l'aspetto più profondo del carisma: l'iniziativa dello Spirito e la risposta umana sfuggono alla dimostrabilità e a un metodo puramente scientifico, ma sono entrambe realissime33.

1. DON ALBERIONE MEDIATORE DEL PIANO DI DIO SULLA CONGREGAZIONE

In ogni circolare, anche la più semplice, si avverte che don Alberione opera ed è cosciente di operare come strumento del Signore e mediatore della sua volontà che vuole portare a compimento: «Non ho né oro, né argento, ma vi do quello che
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ho ricevuto... cercando condurre a compimento la divina volontà sopra di voi» (n. 68). «Il Signore ci ha voluto unire perché ci accompagnassimo nel cammino verso la perfezione religiosa e l'apostolato nostro, ed ha incaricato me, il più misero di tutti, di comunicarvi la sua sapientissima e amabilissima volontà... Avrete benedizioni e consolazioni e figli spirituali nella misura che seguirete... Sarete ascoltati nella misura che ascoltate» (n. 184).
Si avverte la ricerca, l'impegno, il discernimento del Fondatore per «portare a compimento la divina volontà» e comunicare la pienezza del carisma. Da questo cammino, a volte faticoso, emergono delle costanti che delineano il graduale delinearsi della fisionomia delle Figlie di San Paolo, la cura della loro formazione, la loro crescita nel quadro della Famiglia Paolina.

a) La formazione graduale della fisionomia specifica
La trasmissione carismatica e la mediazione del Fondatore avvengono nel tempo e nel contesto culturale; si possono cogliere nella loro concretezza se si tiene conto del cammino della Congregazione nella storia. Faremo perciò la lettura dei testi tenendo conto di tre periodi:

1) Sviluppo iniziale (1921-1943). E’ il periodo che va dal 1921 al Decretum Laudis (13 dicembre 1943). E’ il più ricco di intuizioni e di sviluppi.
Ci troviamo di fronte a una Congregazione nel suo sorgere in cui tutto è da inventare e da sperimentare: spirito, studio, iniziative apostoliche, stile di vita e di governo, formazione. Le persone che devono avviare tale sperimentazione sono molto semplici e inesperte. Il Patto, preghiera delle origini, rende al vivo questa realtà: «Gesù Maestro... noi dobbiamo corrispondere a tutta la vostra altissima volontà, arrivare al grado di perfezione e gloria celeste cui ci avete destinati; e umilmente e santamente esercitare il nostro divino apostolato. Ma ci vediamo debolissimi, ignoranti, incapaci, insufficienti in tutto»34.
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Le circolari rivelano un don Alberione che segue fino al dettaglio ogni espressione di vita delle Figlie di San Paolo: visita le case (cf n. 10), conferma, corregge, interpreta, orienta il cammino, allarga gli orizzonti apostolici (cf nn. 12, 14, 34, 56), propone iniziative e mezzi (cf n. 80), sostiene ed esige una solida vita spirituale (cf nn. 34, 61, 65, 78), una formazione intensa (cf nn. 2, 56) e integrale (cf nn. 50, 60).
Nelle sue espressioni si avverte la ricerca del cammino che, all'inizio, non è sempre chiaro e a volte dà origine a direttive circostanziali superate poi da altre. Ciò riguarda soprattutto i libri da stampare e diffondere (cf nn. 12, 17, 20, 30, 36, 37, 40, 41, 43, 69), i settori e le iniziative apostoliche (cf nn. 8, 9, 11, 15, 16, 27, 39, 73, ecc.), i rapporti con la Società San Paolo e con le altre Istituzioni femminili della Famiglia Paolina (cf nn. 57, 58, 75), con le case editrici (cf n. 27), ecc.
Ma, attraverso «esperimenti ed ondeggiamenti» (AD 132), realizzati spesso nel «travaglio» e nella «pena» (cf AD 132, 133), attraverso periodi di elaborazione spirituale, intellettuale, interiore» (n. 56), don Alberione va chiarendo il piano di Dio sulla Congregazione e sulla Famiglia Paolina (cf nn.56, 68, 76). Con costanza e pazienza, ripetendo varie volte i medesimi indirizzi, inculca quegli elementi che mirano a delineare la specifica fisionomia delle Figlie di San Paolo nella Chiesa e che nel tempo si precisano sempre meglio:
- la centralità della Parola di Dio, da penetrare, intendere, onorare, vivere, annunciare ovunque (cf nn. 11, 14, 23, 27);
- le modalità apostoliche: il significato e l'importanza della propaganda capillare (cf nn. 12, 15); la fisionomia della libreria, luogo di predicazione e quindi considerata come una «chiesa» (cf nn. 16, 28, 34, 39, 85, 86);
- l'ampiezza dell'apostolato che si estende a tre momenti fondamentali: «Le Figlie di San Paolo, voglio dire un buon numero di esse, non devono fermarsi alla stampa e alla propaganda, ma mirare a scrivere» (n. 72); «Il Signore ha dato la penna a scrittrici di valore nella storia» (n. 56);
- la natura soprannaturale dell'apostolato, che attraverso i mezzi moderni mira a un solo obiettivo: «dare Dio alle anime e portare le anime a Dio. Esso non cerca il denaro, ma le anime degli uomini» (n. 70);
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- la precisazione più esplicita del fine specifico dell'Istituto che consiste nella «spiegazione e divulgazione in modo popolare della dottrina cristiana col mezzo della stampa» (cf n. 76);
- il senso di universalità che fa superare i confini e nello stesso tempo esige l'adattamento a tutti i popoli: «Siate Figlie di San Paolo! Egli aveva un cuore ed una mentalità ed una virtù tanto simili a Gesù Cristo: perciò universalità d'amore; ... Comprendere tutte le mentalità, assecondare i disegni del Cuore di Gesù su tutti gli uomini; dare a tutti Gesù Cristo Via, Verità, Vita per lo Spirito Santo ... Inoltre: adattiamoci a lingua, a costumi, esigenze, leggi, usanze, abitudini, tendenze, ambizioni nazionali in sé‚ buone o indifferenti sotto l'aspetto morale, pur di far accettare lo spirito di fede, le virtù, i mezzi di santificazione, come avrebbe fatto san Paolo» (n. 71);
- l’approfondimento delle devozioni specifiche: Cristo Maestro Via, Verità e Vita attraverso un rigoroso lavoro spirituale, la vita evangelica, lo studio (cf nn. 61, 81), la pratica della prima domenica del mese (cf n. 60), l'adesione all'azione divina (cf n. 34), la preghiera intensa e costante (cf n. 65), Maria Regina degli Apostoli (cf n. 49), san Paolo (cf n. 62);
- una vita spirituale fortemente teologale, radicata nella fede, nella speranza, nella carità: «Le virtù teologali sono come la sostanza della perfezione: da esse e sopra di esse si edificano tutte le altre virtù che saranno tanto più numerose e perfette quanto più profonde e larghe sono le virtù teologali» (n. 52). E su di esse don Alberione fonda le virtù apostoliche che hanno una connotazione prettamente eucaristica: la modestia, il silenzio, il sacrificio, il dono di sé (cf n. 34), la larghezza di vedute e di cuore (cf n. 71), il coraggio, lo spirito di veracità, semplicità, operosità.
In questa prospettiva gli scritti del periodo iniziale sono fondamentali. Al momento del Decretum Laudis gli elementi fisionomici essenziali sono già definiti.

2) Espansione (1945-1953). E’ il periodo che segue alla seconda guerra mondiale, e va fino all'approvazione definitiva delle Costituzioni. Don Alberione rilancia le Figlie di San Paolo con un verbo chiave «progredire»: «Progredire ogni giorno, ogni settimana, ogni mese, ogni anno» (n. 106). Tale progresso non è solo personale, ma collettivo: «Dovete progredire nelle quattro ruote su cui cammina la Congregazione:
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1) nella vita spirituale: vivere e intendere meglio la vita eucaristica di Gesù Maestro Via, Verità e Vita, la vita interiore; vivere meglio l'amore di Dio che poi si identifica con la castità, la divozione a san Paolo;
2) nello studio: studiare e comprendere sempre meglio il catechismo, i voti, il vangelo .... Voi non dovete dare al mondo la cultura civile, ma dovete dare Gesù Cristo Via, Verità e Vita;
3) nell'apostolato: l'apostolato vostro dev'essere la continuazione della vita divina di Gesù Cristo che è stato il primo missionario del Padre. Il Divin Maestro a sua volta mandò gli apostoli. La Chiesa ora manda voi .... L'apostolato vostro è quasi infinito, nessuno l'esaurirà mai, fatelo progredire ogni giorno;
4) nella parte economica: questa quarta ruota non deve mai mancare di progresso. Tanto faremo buona impressione e opereremo il bene, in quanto osserveremo la povertà. Nessuno deve essere più povero di voi riguardo ai beni terreni, ma nessuno deve essere più socievole in quanto al comportamento.... Intendete bene la povertà.... L'Istituto vostro deve essere povero e ricco nello stesso tempo: povero per la osservanza individuale della povertà, ricco per i mezzi di apostolato» (n. 108).
Don Alberione dà a tale progresso due risvolti. Il primo si esprime nel dinamismo apostolico attraverso l'assunzione di nuovi mezzi e iniziative: incremento delle biblioteche (cf n. 111), delle librerie, intese come centro di tutte le iniziative (cf n. 113), dell'attività catechistica (cf n. 144), ma è soprattutto la decisa apertura al nuovo mezzo di apostolato, offerto dal progresso: il cinema (cf nn.120, 132, 145, 151, ecc.), e i primi tentativi con la radio (cf nn. 148, 152).
Nel 1946 visita le comunità dell'America Latina e dell'America del Nord; nel 1949 quelle dell'Oriente. E’ il primo incontro con le comunità dopo la lunga separazione causata dalla guerra. Queste visite, compiute con Maestra Tecla Merlo, significano incontro fraterno e affettuoso con fratelli e sorelle non più rivisti da anni, rilancio apostolico, incremento vocazionale, nuove fondazioni. Ma sono anche l'occasione di una presa di coscienza di nuove realtà, di nuove e grandi urgenze pastorali, che sollecitano una coscienza apostolica più acuta, una visione sempre più universale, uno slancio nuovo senza tentennamenti: «Il mondo va rapidamente evolvendosi: i centri abitati,
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la cultura, il commercio si spostano. Rivoluzioni pacifiche e rapide avvengono attraverso la stampa, la radio, il cine, la televisione, l'aviazione, i movimenti politici, sociali, industriali, l'energia atomica... Occorre che la religiosa sia sempre presente, si valga di ogni mezzo nuovo come difesa e come conquista. Tutto di Dio, tutto per un miglior tenore di vita in terra e la gloria in cielo. Chi si ferma o rallenta è sorpassato; lavorerà un campo ove il nemico ha già raccolto» (n. 154). E’ una visuale che si matura nei lunghi viaggi intorno al mondo (1949) di cui don Alberione dà un'ampia e dettagliata relazione (cf nn. 154, 155, 156, 157, 158). Il suo sguardo si posa soprattutto sull'Oriente «così lontano da Gesù Cristo... così buono, sano, pacifico, promettente,... bagnato dal sangue di tanti martiri» (n. 154).
Il mondo orientale gli fa sentire fino alla sofferenza il problema delle vocazioni (cf nn. 154, 158, 160), l'urgenza di una mentalità e azione pastorale organizzata sullo stile di san Paolo (cf n.155) per una diffusione rapida e calda del Vangelo: «La luce del Vangelo potesse acquistare la velocità della luce materiale! e il calore dello spirito riscaldare tanto quanto la luce solare (n. 154).
La seconda forma di progresso è rivolta all'interno. Don Alberione chiarisce, ribadisce ulteriormente gli elementi fondamentali e mira a dare stabilità all'Istituto. Il suo insegnamento si concentra su tre punti nodali:
- la natura dell'apostolato. «La Congregazione non dovrà mai abbassarsi al livello di una industria, di un commercio, ma sempre rimanere all'altezza umano divina dell'apostolato, esercitato con i mezzi più celeri e fecondi, in spirito pastorale» (n. 179). Di qui la costante insistenza su due elementi: le edizioni proprie (cf nn. 124, 156); la redazione considerata uno degli aspetti più preziosi dell'apostolato (cf n. 114): «Quello che assicura di camminare nella nostra via» (n. 179);
- la spiritualità e lo stile di vita. Vivere la spiritualità propria «orientando a Gesù Cristo l'intelletto, la volontà, il cuore» (n. 149); crescere nell'equilibrio, stando a ciò che è approvato dalla Chiesa (cf n. 147), senza cedere ai devozionismi (cf n. 147), a forme di lassismo o di rigorismo (cf n. 168). Un grande incremento, legato anche alla costruzione del santuario, viene dato
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alla devozione a Maria Regina degli Apostoli: come viverla e come diffonderla. E il tema principale delle circolari del 1947-1948 (cf nn. 117, 121, 126, 127, 129, 137). Il riferimento mariano ha il suo apice nell'annuncio di un opuscolo portato nel cuore per 25 anni: la Via humanitatis (cf n. 134); l'assunzione e l'osservanza della regola. Il cammino di scoperta della volontà di Dio ha ormai un punto stabile, confermato dall'autorità della Chiesa: le Costituzioni; e don Alberione esorta ad osservarle nella lettera e soprattutto nello spirito (cf n. 103). Nel 1948 ne celebra il valore con tono ispirato: «La via della vostra santificazione è nelle Costituzioni. La vostra intima pace dipende dall'osservanza delle Costituzioni. La vostra spiritualità è nelle Costituzioni. La volontà di Dio a vostro riguardo è quella scritta, e chiaramente, nelle Costituzioni» (n. 146).
Queste linee di fondo sono fuse con aspetti di carattere disciplinare, legati al tempo o alla sua visuale storica - teologica (cf nn. 108, 166).
3) Consolidamento (1953-1969). E’ il periodo che segue l'approvazione pontificia (15 marzo 1953). La maggioranza dei testi sono comuni alla Pia Società San Paolo e alla Famiglia Paolina e rivelano un don Alberione più «distaccato», intento a portare le Figlie di San Paolo e la Famiglia Paolina a penetrare e a conservare l'identità profonda che egli ha trasmesso. L'occasione è data da avvenimenti vari: la celebrazione del quarantennio di fondazione (1954), del cinquantesimo di sacerdozio di don Alberione stesso (1957), dei capitoli generali (1957), del cinquantesimo di fondazione delle Figlie di San Paolo (1965), ecc. A questi eventi di Congregazione si aggiungono quelli ecclesiali e in modo particolare: il Concilio Ecumenico Vaticano II.
Si possono individuare alcuni filoni:
- la rilettura del vissuto. E’ costituita dai testi scritti in occasione degli anniversari congregazionali (cf nn. 210, 212, 237, 238, 267, 272). Emerge in essi soprattutto la consapevolezza dell'azione divina e della collaborazione umana: «Sempre si mossero natura e grazia in un'azione così sapientemente e soavemente combinate dal Signore da non poter spesso distinguere le due parti» (n. 212);
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- il rinnovamento e l'approfondimento. Ne sono voce le lettere circolari sugli esercizi spirituali prolungati del 1960-1961 (cf nn. 239, 247, 255); quelle che orientano un intero anno per approfondire e attualizzare una particolare componente della vita paolina: Anno mariano (cf n. 207), Anno a Gesù Maestro (cf n.215), Anno a San Paolo (cf n.233), Anno biblico (cf n. 251), Anno delle Biblioteche (cf n. 258), Anno di particolare santificazione (cf Tavola cron. e sinottica), Anno della carità (cf nn. 176, 259), della povertà e dell'obbedienza (cf n. 274), Anno della fede (cf n. 277). In lunghi articoli (cf Tavola cron. e sinottica) si attarda a illustrare determinati aspetti della vocazione paolina: il lavoro, la formazione umana, il valore del corpo, la santificazione della mente, la Provvidenza, ecc;
- la Famiglia Paolina. Emerge la preoccupazione di meglio definire l'identità della Famiglia; di rendere più saldi in tutte le istituzioni la vita spirituale, la natura dell'apostolato, la fedeltà allo spirito nativo (cf n. 185; Tavola cron. e sinottica); di chiarire la compenetrazione di autonomia e collaborazione tra i singoli istituti (cf n. 196), di assicurare e proteggere l'unità interna (cf n. 272);
- la figura della Prima Maestra Tecla. Don Alberione ne evidenzia sempre la figura vedendo in lei la Madre: «Ella vi nutre con la costanza e l'affetto della Madre, prendendo dal Signore e dando a voi» (n. 67). Ma in questo periodo egli offre profili più consistenti, sia in occasione del quarantennio di fondazione, sia in occasione della morte di lei: ne descrive il ruolo per le Figlie di San Paolo e per la intera Famiglia Paolina, ne sottolinea lo spessore spirituale e apostolico; la propone come guida e modello delle Figlie di San Paolo (cf nn. 210, 263, 264, 270).

b) Crescita nel quadro della Famiglia Paolina

Don Alberione guida le Figlie di San Paolo non in modo isolato ma nel quadro della Famiglia Paolina e secondo la visuale che ha espresso nel libro La donna associata allo zelo sacerdotale; quindi guida la loro crescita in modo particolare accanto e talvolta in dipendenza dalla Pia Società San Paolo di cui esse condividono lo spirito e la missione a livello ideale e concreto. Le invita a fare delle librerie «centri di distribuzione della stampa della Società S. Paolo» (cf nn. 28, 113, 150) e a promuoverne
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nella propaganda libri, bollettini e periodici. Ogni edizione sia dei Paolini che delle Paoline va sotto il nome «i nostri libri», «proprie edizioni» (cf nn. 92, 124, 156, 175). Avvia contemporaneamente le due Congregazioni ad assumere i nuovi mezzi ed esse si sostengono nella realizzazione dei piani apostolici.
Nel gennaio 1944 don Alberione, mentre esulta per l'approvazione pontificia delle Figlie di San Paolo (Decretum Laudis) e quindi della proclamazione della loro autonomia, presenta l'unione con la Società San Paolo come elemento genetico: «Altro mezzo si è l'unione con la Pia Società S. Paolo. Da essa voi avete avuto inizio: e la vita degli esseri si mantiene secondo le leggi con cui avvenne la nascita... Le Figlie di San Paolo avranno o un gran mezzo nei Sacerdoti della Pia Società S. Paolo: per la redazione, per tutto l'apostolato; ma più per la formazione spirituale» (n. 103).
Il Bollettino interno, come si è notato, rafforza questo vincolo di unione riprendendo dal San Paolo gli articoli formativi che alimentano un sentire comune; dando ampio riconoscimento ai Paolini defunti che hanno sostenuto il cammino di crescita delle Figlie di San Paolo: il Maestro don Timoteo Giaccardo (cf n.136), don Sebastiano Trosso (cf n. 198), don Federico Muzzarelli (cf n. 227).
Si stabilisce così un aiuto reciproco tra le due Congregazioni non solo a livello apostolico e giuridico, ma in tante forme, dalle borse di studio al «reclutamento» delle vocazioni (cf nn. 8, 12, 279), dallo spirito allo studio (cf n. 56), ecc.
Don Alberione rende le Figlie di San Paolo anche compartecipi del sorgere e dello sviluppo delle altre Congregazioni femminili. Pubblica ad esempio, nel loro Bollettino interno l'annuncio della fondazione delle Suore Pastorelle (cf n. 63).
Le circolari riflettono inoltre il contenuto del Decreto dell'approvazione diocesana (15 marzo 1929), che ha incluso le Pie Discepole tra le Figlie di San Paolo. Don Alberione sembra aver accolto - almeno in teoria - tale disposizione. Con la fondazione delle Suore Pastorelle tenta di proseguire sul cammino aperto dall'autorità ecclesiastica e considera le tre istituzioni come tre sezioni del medesimo apostolato: «della stampa, liturgico, pastorale» (n. 75). Per lui le tre sezioni dovrebbero camminare «a fianco come tre sorelline che si tengono
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spiritualmente la mano (ibid.), tutte unite «nella divozione al Divin Maestro Via, Verità, Vita; e nella gioiosa obbedienza alla Prima Maestra» (ibid.).
Dentro questa visione circoscrive allora il fine delle Figlie di San Paolo modificando il secondo articolo delle Costituzioni, redatte nel 1932 (cf n. 76)35.
Caduto il tentativo unitario, nel 1946 comunica a tutte la pena del mancato riconoscimento giuridico delle Pie Discepole con una frase che manifesta il martirio del cuore: «Nulla ci è più dolce, sicuro, meritorio che l'obbedienza e questa volta si tratta di una grande obbedienza» (n.112). Ma quando tale riconoscimento viene concesso, egli esprime gioia e fretta di proclamarne la distinzione e l'autonomia: «... Le tre istituzioni: Figlie di San Paolo, Pie Discepole, Pastorelle sono ben distinte nel fine, nei mezzi, nello spirito: destinate a compiere tre mirabili missioni nella Chiesa: nella quale hanno mezzi di vita e di santificazione. Il modo con cui sono nate ed i primi passi fatti hanno portato incertezze e qualche comunione di apostolato. Ma al punto in cui sono arrivate, è tempo che si distinguano del tutto nell'attività, nel modo di presentarsi, nello spirito: innanzi a Dio, alla Chiesa, ai fedeli» (n. 130).
Egli matura lentamente un rapporto armonico tra le varie istituzioni della Famiglia Paolina, che nel 1952 sintetizza nel modo seguente: «La Famiglia Paolina consta di quattro Congregazioni, ben distinte per governo, amministrazione e fine. Ma vi è tra esse un coordinamento, un'unione di spirito e di vicendevole aiuto che possono dare copiosi frutti. Tanta separazione da assicurare la libertà di azione, il rispetto, lo spirito di iniziativa; tanta unione di spirito da portarsi vicendevole contributo di preghiera e di edificazione. Nella vita pratica: una certa unione ed intesa tra chi sta a capo, separazione invece tra le persone soggette» (n. 196).
Accanto alle istituzioni religiose che crescono e prendono volto nel tempo, le circolari rivelano la cura costante di don Alberione per i Cooperatori che Dio «ha suscitato fin dai primi anni» (n.58). Essi sono coloro che collaborano alle finalità della
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la Famiglia Paolina: «a) attendendo ad una maggior santificazione, secondo il proprio stato; b) aiutando con l'opera, con la preghiera, con l'offerta la diffusione della dottrina cristiana» (n. 182).
Invita le Figlie di San Paolo a lavorare per l'iscrizione dei laici impegnati all'Associazione dei Cooperatori (cf nn. 11, 91, 94) e soprattutto insiste perché‚ essi «siano illuminati e partecipino, secondo le possibilità, alla vita e alle opere paoline; comprendano sempre più la vera cooperazione e la compiano generosamente» (n. 182). Desidera che in ogni parrocchia si costituisca un nucleo (almeno due persone) di Cooperatori (cf n. 87).
Si va delineando così una vera e propria vocazione di laici che si ispirano a una famiglia religiosa, intuizione in cui si può già cogliere uno spirito conciliare e post conciliare36.

2. DON ALBERIONE GUIDA E «PADRE SPIRITUALE»

La paternità spirituale è un ruolo sempre svolto da don Alberione attraverso il ministero della riconciliazione, la direzione spirituale - di cui le prime generazioni hanno largamente usufruito, - i colloqui occasionali, la corrispondenza. Le circolari riflettono un accompagnamento a livello collettivo. Egli continuamente sollecita le Figlie di San Paolo a una crescita globale verso la pienezza della vocazione apostolica, cioè verso la santità con «aspirazione decisa, risoluta e fattiva»; e «la santità è e consiste nel vivere Gesù Cristo come è presentato nel Vangelo: Via, Verità, Vita» (n. 168; cf n. 272)37.
Cerchiamo di far emergere alcuni punti fermi intorno ai quali ruota la sua guida a livello formativo e spirituale. Si distinguono in modo sommo gli elementi che compongono lo stesso carisma: il mistero di Cristo, la missione, il progresso spirituale nell'adesione vitale al progetto di Dio.

a) La cura delle vocazioni e della loro formazione

Nel ruolo di «padre» prende particolare consistenza la preoccupazione costante di don Alberione per l'opera vocazionale,
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poiché‚ è convinto che «le vocazioni sono di volontà di Dio che chiama a un particolare stato» (n. 116), cioè a partecipare a un carisma specifico.
Specialmente nel suo insegnamento iniziale egli insiste a superare la tentazione del numero e a verificare l'esistenza dei requisiti necessari alla vocazione paolina: «soda pietà, spirito di mortificazione, intelligenza almeno mediocre, spirito di povertà, zelo per la salute delle anime» (n. 32), larghezza di vedute (cf n. 71), capacità di far fruttificare la propria vita per la Chiesa; quindi occorre che le candidate siano «attive e conclusive» per lo studio, lo spirito, l'apostolato (cf n. 56).
Su questa idoneità di fondo imposta una formazione integrale orientata a sviluppare «le energie di mente, di volontà, di cuore» (n. 62) in vista della «formazione di una mentalità paolina, di una volontà paolina, di uno spirito veramente paolino» (n. 169)38. «E’ formazione di tutto un essere nuovo» (n. 169), abilitato a vivere una specifica vocazione nella Chiesa.
Perché ciò sia possibile egli insiste, seguendo le Costituzioni39: a) su una formazione personalizzata che tiene conto sempre e ovunque delle circostanze di tempo, di luogo, di persone (cf nn. 168, 196, ecc.); b) su una formazione che cura la «profondità negli studi, nel lavoro spirituale, nel modo di educare, nell'esame di coscienza, nelle opere di apostolato, nelle opere di zelo, in tutta la vita» (n. 196). In questa profondità prendono forma i contenuti apostolici che devono essere prima «elaborati nell'anima» (cf n. 70) e poi proposti ai destinatari.

b) Cristo Maestro Via, Verità e Vita, centro della vita e della missione

Ciò che don Alberione comunica con maggiore forza ed evidenza è il mistero di Cristo da vivere e da annunciare: «L'apostolo delle edizioni è un altro Gesù Cristo che ripete agli uomini di ogni tempo quanto Gesù Cristo predicò nella sua vita temporale» (n. 113). Egli non fa sviluppi teologici, ma affermazioni sintetiche che, se ben comprese, contengono un grande dinamismo.
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Propone il Cristo della sua esperienza spirituale40, percepito soprattutto come il Maestro unico, che «Paolo ha seguito con dedizione piena e costante fino alla morte» (n. 168); il Maestro che insegna in ogni fase della sua vita attraverso una scuola che egli: «ha aperto nella grotta di Betlemme, l'ha continuata a Nazaret, nella vita pubblica, nella vita dolorosa, nella vita gloriosa; la continua nel Tabernacolo» (n. 240). Questo Maestro la Figlia di San Paolo deve viverlo e proclamarlo al mondo: «Ovunque il Maestro Divino, poiché il Padre celeste proclama dal cielo: ‘Questi è il mio Figlio Diletto, ascoltatelo’. Se Paolo vivesse oggi farebbe questo: ovunque e sempre e soprattutto Gesù» (n. 14).
Ma egli percepisce il Maestro Divino anche come la «Via, la Verità e la Vita», centro unificatore della vita e della storia (cf n. 215). L'espressione «Via, Verità e Vita» ritorna continuamente: nei saluti, negli auguri, nelle esortazioni; è un indirizzo estremamente sintetico che accompagna tutto l'arco della storia paolina come elemento essenziale ed unificante: «Abbiamo: sempre e solo un Dio che è Padre; sempre e solo un Gesù che è Via, Verità e Vita; sempre e solo una vocazione con cui ci prepariamo al Paradiso» (n. 34).

c) Il senso della missione

Leggendo le circolari, una dopo l'altra, ci si trova di fronte allo snodarsi di una realtà estremamente concreta, intessuta di problemi organizzativi e formativi, di ricerca travagliata, di attività intensa. Ma questa concretezza è tutta filtrata da un forte senso della missione. Don Alberione sembra parlare al cuore di ogni Figlia di San Paolo per spingerla a trascendere ogni situazione e convincerla che la missione non è un fatto umano, ma viene dall'Alto: «... Interviene nella vocazione l'Augusta Trinità... A noi spetta assecondare il volere di Dio» (n. 224). «Come il Padre mandò il suo diletto Figlio apostolo al mondo, così nel giorno della nostra professione e consacrazione a Dio, abbiamo ricevuto in consegna da lui un apostolato»
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(n. 152). Tale apostolato «ha il carattere distintivo di quello di Gesù: Ai poveri si annuncia il Vangelo» (n. 11). E Gesù «chiudendo la sua vita ha lasciato a noi l'ufficio: Predicate il Vangelo ovunque» (n. 19). Tutta la missione sembra essere inclusa nei due comandi del Signore tra loro dialettici: attrazione e invio: «Venite ad me omnes... Docete omnes gentes» (n. 154).
Egli eleva così la Figlia di San Paolo a esercitare l'ufficio sacro della predicazione del Vangelo (cf Rm 15,16) mediante i mezzi più celeri ed efficaci (cf Costituzioni, art. 2). In questa prospettiva apre alla donna tutti i campi dell'evangelizzazione e l'utilizzo di tutti i mezzi: «L'apostolato vostro è quasi infinito, nessuno l'esaurirà mai» (n. 108). «Far conoscere Gesù Cristo nella sua dottrina, nella sua morale, nei suoi mezzi di salute e di grazia è compito delle Figlie di San Paolo, il loro fine speciale. I mezzi sono le edizioni: stampa, cinema, radio, ecc. secondo i tempi, secondo le possibilità, secondo le attitudini» (n. 145). «L'apostolato del cinema è compreso anche nell’apostolato delle Figlie di San Paolo come vi è compreso l'apostolato della radio. Poiché il vostro è apostolato delle edizioni che vengono date con i mezzi più celeri e fecondi. Ha tre parti come la stampa: redazione ... tecnica ... diffusione» (n. 120).
Esprime la finalità di questa opera di salvezza in termini di luce: «Gesù vuole illuminare» (n.7) «gli uomini tutti per mezzo dell'apostolato, attraverso i mezzi più celeri ed efficaci» (n. 205). Le nostre persone devono riflettere la sua luce (cf n. 205); i nostri centri apostolici devono essere «luce che si espande» (n. 27; cf n. 34).
Don Alberione insiste allora sulla integralità e sull'universalità: «santificare tutto l'uomo» (n. 220) e arrivare a tutti gli uomini nel loro contesto. Universalità e adattamento o inculturazione si devono coniugare in profonda armonia: «mirare a tutti secondo le viste di Dio, amare tutti nelle braccia del Salvatore; dare a tutti quello Spirito Santo che produrrà frutti in ognuno... inoltre adattiamoci a lingua, a costumi, esigenze, leggi, abitudini» (n. 71). E nella relazione dopo il terzo viaggio in Oriente scrive: «Il più terribile nemico della Chiesa oggi è il falso nazionalismo... Perché l'apostolato in Oriente... abbia buon frutto, occorre tener presente la storia di quelle nazioni, le tradizioni, gli usi, spesso le antiche civiltà... Scoprire quanto vi è di vero, di buono, di sano nel culto; ripulire tutto
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quello che è contro la verità, il bene ... aggiungervi ciò che manca, cioè il ricco complesso di beni portatici dal Cielo nella Redenzione di Gesù Cristo, Maestro unico ed universale. Non si tratta di portare usi, lingua, nazionalismi, ma di accogliere quello che è onesto» (n. 220).
Illumina inoltre il quadro della missione con i due modelli: Maria Regina degli Apostoli, colei che indica e dà sempre Gesù (cf n. 49); san Paolo, l'apostolo che incarna una «universalità d'amore» e adatta il messaggio a ogni popolo e categoria (cf n. 71).

d) Progresso spirituale

Nell'accompagnare il cammino di adesione a Cristo Maestro Via, Verità e Vita nella concretezza della vita e della missione, don Alberione sollecita costantemente le Figlie di San Paolo all'evoluzione spirituale mirando alla piena comunione con Cristo secondo Gal 2,20: «Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me».
Attraverso interventi puntuali indica loro le varie tappe della vita spirituale. Le orienta a un cammino attivo fondato su una trasparenza di vita che richiede fuga dal peccato (cf n. 168), su un progetto personale organico (cf n. 61), sulla preghiera (cf n. 65), su un esercizio ascetico per farsi indifferenti alle cose e alle situazioni e per considerare ciò che Gesù scelse nella sua vita (cf n. 81).
Ma presenta e favorisce anche un cammino più passivo in cui «Gesù chiede di venire in noi. Vuole essere il principio ispiratore e vitale dei nostri pensieri, progetti, desideri, parole, azioni... Egli vuole comunicarci i suoi gusti come le sue ripugnanze; il suo slancio come il suo portamento... Non è privilegio di qualche anima; è vocazione e dovere di ogni cristiano tanto più dei religiosi» (n. 107). Avverte anche sulle situazioni in cui l'anima può trovarsi in questo cammino verso l'unione piena: «Il Signore sempre buono e misericordioso a volte incoraggia l'anima, sua sposa, con le attrattive e le consolazioni, i buoni successi; qualche volta la prova con aridità, difficoltà esteriori, prove di spirito e di corpo. L'anima amante non bada al bello o cattivo tempo, all'aridità o all'abbondanza; serve sempre il Signore con fedeltà e amore» (n. 34).
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Per penetrare, vivere e annunciare il Mistero del Maestro Divino egli orienta le Figlie di San Paolo a vivere della Parola di Dio e dell'Eucarestia: «... soprattutto voglio darvi il Calice pieno! il Vangelo integro! l'Ostia Santa!» (n. 13).

1) Interiorizzazione del Vangelo e delle Lettere di san Paolo41. Se si fa una lettura delle circolari dal punto di vista biblico, si avverte che molte sono costruite con la Parola di Dio. Don Alberione cita il testo sacro non per confermare con autorità una tesi, ma è Parola assimilata che sale dalla «memoria cordis e la presenta come la «Sapienza» che indica il cammino per la sequela del Maestro, per la vita apostolica, per la profondità spirituale.
Sebbene non manchino riferimenti all'Antico Testamento, don Alberione propone in modo particolare i Vangeli e le Lettere di san Paolo. Emerge il riferimento costante al discorso della montagna e ai passi che immergono nella sequela di Cristo a Betlemme, a Nazaret, nella vita pubblica, sul Calvario, nella gloria. Si tratta di entrare in tutta la visione evangelica, penetrarla ed accoglierla: «L'anima che si nutre del Vangelo, si nutre di Gesù Cristo, vera vita dell'anima; attinge direttamente alla fonte della verità divina; si modella sugli esempi mirabili di Gesù» (n. 176). Cita particolarmente i testi evangelici che radicano la missione delle Figlie di San Paolo nella missione di Cristo e la prolungano nel duplice movimento, come abbiamo già notato, del permanere e dell'andare: «Io sono la luce del mondo» (Gv 8,12)... «Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,16); «Venite a me tutti... Andate e predicate» (n. 154).
Ma la memoria del cuore pascola con piena libertà nel patrimonio ritenuto di famiglia: la vita e le lettere di san Paolo. Per don Alberione san Paolo è il modello in tutto: nella dedizione totale al Signore e alla missione, nel metodo e nei contenuti da annunciare, aggiungendo al kerigma «tutte le cose vere, pure, sante, amabili» (n. 113). E’ modello nella carità di famiglia (cf nn. 154, 184), nella povertà, nell'unione mistica con il Signore secondo Gal 2,20: «Non è più l'io, l'uomo vecchio che vive, pensa, opera; è Gesù Cristo stesso, è il suo spirito che vive in noi
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e vivifica il nostro: Vivo, ma non più io, vive in me Cristo» (n. 232). Il passo di Gal 2,20 risulta così l'obiettivo onnicomprensivo dell'evoluzione spirituale della vocazione paolina.

2) L'eucarestia. Continuamente don Alberione propone l'eucarestia come sorgente della vita spirituale e della missione: «Le Figlie di San Paolo sentano e progrediscano per la grazia della visita e adorazione al SS. Sacramento» (n. 45). «Le buone opere iniziate si adempiranno se sarete anime eucaristiche» (n. 64). Si tratta quindi di «vivere e intendere meglio la vita eucaristica di Gesù Maestro Via, Verità e Vita» (n. 108), di innestare le iniziative apostoliche «lungo la corrente delle acque sorgenti dal Tabernacolo» (n. 158); di «ancorare tutta la vita al Tabernacolo» (n. 164), perché‚ solo in questo modo «le nostre opere avranno un'anima e frutti stabili e vero valore per l'eternità» (n. 164).
Il Maestro Divino, fonte della missione, «è nel Tabernacolo: da esso noi riceviamo e diamo» (n. 205). Sotto questo aspetto il modello eucaristico per eccellenza è Maria Regina degli Apostoli: «Ella nel nostro quadro riassume l'idea dell'eucarestia fatta col suo sangue verginale; offre il suo frutto benedetto, Gesù; lo presenta come tenendo con soavissimo amore un'Ostia vivente, santa, gradita a Dio...» (n. 49).
Dall'eucarestia promana luce, orientamento, certezza dell'assistenza divina: «Grande programma è quello del Tabernacolo: Di qui voglio illuminare. Non temete, io sono con Voi; abbiate il dolore dei peccati (n. 57). Nel 1954 don Alberione commenta questa frase programmatica e la intende come un «invito a tutto prendere da lui, Maestro Divino abitante nel Tabernacolo» (n. 212).
L'eucarestia è il segreto dell'unione con Gesù e della crescita spirituale: «Chi vuole può ogni giorno ricevere Gesù Ostia, il Figlio di Maria, il frutto benedetto del suo seno. Nell'anima monda dal peccato, Gesù si adagia come in un presepio, e fa con noi un'unione fisica e spirituale, un'unione trasformante e di sua natura permanente» (n. 232).
Don Alberione perciò propone pratiche essenzialmente eucaristiche: Messa, Comunione, Ora di adorazione, prima domenica del mese. Esse «sono luce pel cammino della giornata, sono forza divina per la vostra volontà, sono la grazia del cuore»
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(n. 40). Modello per procedere sulla via dell'unione con Dio, vissuta come cooperazione alla Redenzione, attiva e nascosta, silenziosa ed efficace, è san Giuseppe. Nelle circolari la sua presenza è costante e meriterebbe un'ampia considerazione.

e) Affidamento a Maria e apostolato mariano

Un'altra dimensione della guida spirituale di don Alberione è la formazione mariana. Le circolari sono pervase della presenza di Maria. A lei costruisce il grande tempio della «Regina degli Apostoli» in Roma per il quale sollecita il contributo di tutti, figli e figlie. Ma accanto al tempio in muratura esorta a edificare «per la Madre» un tempio nel cuore (cf n. 121), perché‚ «la devozione a Maria deve penetrare tutto il nostro essere in modo che la nostra vita sia la vita stessa di lei e ogni nostro pensiero, opera, apostolato siano compiuti in lei, per lei, con lei» (ibid.). «Introdurre e sviluppare ovunque la devozione alla Regina Apostolorum è una nostra carissima missione... E’ il grande beneficio che portiamo agli uomini siano cattolici o non lo siano» (n. 126).
La Regina degli Apostoli è figura dell'apostola, perché‚ è colei che sempre offre Gesù (cf n. 49), è formatrice degli apostoli e guida nell'apostolato (cf nn. 9, 176,225), è la Via Humanitatis (cf n. 173). Egli invita ad esaltarla e compone un cantico che ricalca il magnificat (cf n. 49); ad affidare a lei se stessi e ogni famiglia (cf n. 160).

Nella loro freschezza e immediatezza le circolari contengono un iter formativo-spirituale che merita ben ulteriore approfondimento. Rimandiamo quindi alla lettura delle medesime, fatta con cuore di figlie che leggono la lettera del proprio padre.
Un grazie particolare va a tutte le persone che hanno permesso di realizzare questa raccolta con il contributo di lavoro tecnico, di ricerca e di revisione.

CATERINA A. MARTINI
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1 FSP 2000. In cammino, Figlie di San Paolo, VI Capitolo generale, Ariccia 20 agosto - 30 settembre 1989, p 42

2 Cf DAMINO A., Bibliografia di don Giacomo Alberione, Roma 1984.

3 Rivelano notevole interesse anche le direttive inviate alle incaricate di settore riguardanti l'apostolato, la formazione, lo studio, la vita spirituale, ma esse richiedono uno studio a parte.

4 ALBERIONE G., Lettere a Maestra Tecla Merlo, a cura di C. MARTINI e N. SPADA, Roma 1986.

5 MERLO T., Vi porto nel cuore. Lettere circolari, a cura di C. MARTINI, Roma 1989.

6 Cf ROCCA G., Elementi per la fisionomia di un Fondatore. Don Alberione e i suoi Istituti, in AA.VV., L 'eredità cristocentrica di don Alberione, Ed. Paoline 1989, pp. 65-137; cf anche: CIARDI F., I fondatori uomini dello Spirito, Roma 1982; GHIRLANDA G., Ecclesialità della vita consacrata, in Il Codice del Vaticano II. La vita consacrata, Bologna 1983, pp. 13-52, con bibliografia; LOZANO J.M., El Fundador su Familia religiosa, Madrid 1978; VIENS F., Charismes et vie consacrée, Roma 1983; AA.VV., Carisma e istituzione, Roma 1983; RUIZ JURADO M., Vita consacrata e carismi dei Fondatori, in Vaticano II. Bilanci e prospettive, Assisi 1987, vol. II, pp. 1063-1083.

7 Cf GIOVANNINI L, Ambiente storico socio-culturale dell'opera di don Alberione, in L 'eredità cristocentrica di don Alberione, pp. 19-64; AA.VV., Chiesa e Società nella seconda metà del secolo XIX in Piemonte, Torino 1982, soprattutto la quarta parte dal titolo: I movimenti, pp. 275-393.

8 Angela M. Boffi (1886-1926) era vice direttrice della «Lega Catechistica», sorta nella Parrocchia dei SS. Cosma e Damiano nel dicembre del 1913. Accolse Teresa Merlo (Maestra Tecla) quando (27 giugno 1915) disse il suo sì al progetto alberioniano. Portò, affiancata da Teresa, il peso degli inizi in qualità di direttrice. Visse l'esperienza di Susa; emise i voti perpetui privati il 22 luglio 1922 con il primo gruppo; lasciò dopo pochi mesi l'istituto nascente. Morì a Novi Ligure (Piemonte) il 26 ottobre 1926 (cf anche Le nostre origini nel racconto della Prima Maestra Tecla e del Maestro Timoteo Giaccardo, Casa Generalizia, Figlie di San Paolo, Roma 1989, p. 7ss).

9 Cf Le nostre origini p. 7ss.

10 E’ noto, lo rivelano anche i Verbali, che durante il governo di Maestra Tecla don Alberione era quasi sempre presente alle riunioni di Consiglio.

11 Le direttive alberioniane le ritroviamo negli appunti di Maestra Tecla e nella narrazione del Cooperatore Paolino (cf Le nostre origini).

12 Cf Le nostre origini p. 9.

13 Sono: Angela M. Boffi, Teresa Merlo, Emilia Bianco, Caterina Petean, Maria Prinotti. Clelia Calliano era morta il 22 ottobre 1918.

14 Quaderno I (Arch. stor. gen. FSP, Roma).

15 Nell'ottobre del 1931 si è aperta la casa di Buenos Aires (Argentina), di Sao Paulo (Brasile), e nel 1932 di New York (USA).

16 MERLO T., Vi porto nel cuore, Roma 1989.

17 Cf DAMINO A., Bibliografia di don Giacomo Alberione, Roma 1984, pp. 180-190.

18 Lo testimonia la tipografa del tempo sr. Clementina Laudanno espressamente consultata e ne è prova questo biglietto inviato in data 27.8.1940 a colei che allora era responsabile dell'apostolato: «...Vi prego vivamente a mandarmi sempre, tutte le bozze, ma unite agli originali per il libro delle preghiere. Le bozze siano in doppia copia, e nulla si stampi senza che vengano ricevute le mie correzioni. Ciò mi sta molto a cuore» (fot. Arch. stor. gen. FSP, Roma).

19 Relazione al Congresso dei Superiori generali tenuto a Roma dal 26 novembre all'8 dicembre 1950. E’ una pagina della relazione rimasta inedita.

20 Cf i quaderni editi dall’archivio storico generale della Famiglia Paolina: Maria Discepola e Maestra 10, Roma 1985, San Paolo 12, Roma 1986, Il Lavoro e la Provvidenza 13, Roma 1987.

21 Per un lavoro sulle fonti è necessario accostare gli scritti di maggiore consistenza, come ha fatto con impegno critico Antonio da Silva (Cf A. DA SILVA, Il cammino degli Esercizi Spirituali nel pensiero di don G. Alberione, Ariccia 1981; cf anche AA.VV., L'eredità cristocentrica di don Alberione).

22 ALBERIONE G., Appunti di teologia pastorale, Alba 1912

1 (ed. dattilografata), Torino 1915

2 (ed. a stampa).

23 Per una informazione più dettagliata sul tema cf Dizionario storico del Movimento Cattolico in Italia 5 voll., alle voci: Movimento cattolico e questione femminile, Unione Popolare (vol. I/2); Paganuzzi G., Toniolo G. (vol. II) Torino 1982; RISTORTO M., Il movimento cattolico a Cuneo. Storia dell’Azione Cattolica cuneese (1870-1970), Cuneo 1980, pp. 115-147.

24 Esponente della linea intransigente è Elena da Persico che dirige il giornale «L'azione muliebre»; esponente della linea progressista è Adelaide Coari. Operano entrambe a Milano.

25 Relazione di mons. Giacomo Radini-Tedeschi al Congresso di Roma, citata da Capalbo B. in Ministero dell'unità nella Famiglia Paolina, Ediz. dell'Arch. Storico Gen. della Famiglia Paolina 17, Roma 1987, p. 91.

26 Lo Statuto citato più volte da don Alberione nel libro La donna associata allo zelo sacerdotale, dice espressamente: «... L'Unione fra le donne cattoliche d'ltalia... ha per iscopo: a) di collegare le donne italiane nel proposito di raffermarsi nella professione della fede cattolica e nell'adempimento dei loro doveri individuali, familiari, sociali; b) di agevolare alle stesse il conseguimento di una sana cultura, adatta alla missione cristiana della donna; c) di coordinare con mutui accordi le opere pratiche nel campo della carità e dell'azione sociale» (art. 2).

27 Cf L'Unione fra le donne cattoliche d'Italia, Ufficio Centrale dell'Unione Popolare fra i Cattolici d'Italia, Firenze 1909; cf anche TONIOLO G., Iniziative culturali e di azione cattolica, edizione del Comitato Opera Omnia di G. Toniolo, Città del Vaticano 1951, serie IV, vol. III, pp. 267-271, in particolare p. 270.

28 ALBERIONE G., La donna associata allo zelo sacerdotale, Scuola Tipografica Piccolo Operaio, Alba 1915

1 . Furono stampate varie edizioni; qui citiamo la prima, quella del 1915.

29 In modo particolare è da tener presente il volume La chiave della vita, Alba 1927.

30 Il testo ignaziano recita: «L'uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio nostro Signore e per salvare in questo modo la sua anima;... Per questa ragione è necessario renderci indifferenti verso tutte le cose create... in modo da non desiderare da parte nostra più la salute che la malattia, più la ricchezza che la povertà, più l'onore che il disonore, più la vita lunga che quella breve, e così in tutto il resto» (ES 23).

31 Cf GILMONT J.F., Paternité et médiation du Fondateur d’Ordre, in Revue d'ascetique et de mystique, 40 (1964) 396-426.

32 Cf GHIRLANDA G., Ecclesialità della vita consacrata, in op. cit., pp. 40-48.

33 Cf GADAMER H.G., Verità e metodo, Milano 1989, introduzione del prof. Gianni Vattimo.

34 Si cita la formulazione usata tra il 1927 e il 1944 (cf Segreto di riuscita, a cura di A. COLACRAI, Ediz. dell'Arch. Storico Gen. della Famiglia Paolina 2, Roma 1985, pp. 12-13).

35 Cf ROCCA G., Elementi per la fisionomia di un Fondatore, in L'eredità cristocentrica di don Alberione, pp. 73-94.

36 Cf Religiosi e promozione umana 6, Congregazione dei Religiosi, Roma 1980.

37 In questo testo del 1950 è evidente la perfetta consonanza con la dottrina conciliare (cf LG 39, 50).

38 Cf Costituzioni delle Figlie di San Paolo, Roma 1953, art. 238.

39 Cf ed. cit. art. 240.

40 Cf AA.VV., L'eredità cristocentrica di don Alberione, specialmente gli studi di ROATTA G., Cristologia di don Alberione, pp. 177-213; DA SILVA A., Cristo, Via, Verità e Vita, centro della vita, dell'opera e del pensiero di don Alberione, pp. 214-339.

41 Cf CASTAÑEDA R., La parola di Dio e don Giacomo Alberione, in L'eredità cristocentrica di don Alberione, pp. 138-173.