Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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10. TEMPO PASQUALE, TEMPO DI GIOIA1

Gesù è risorto! Anche il tempo che stiamo vivendo indica la primavera, quando risorge la natura a nuova vita. Gesù, nella Epistola della Messa2, e anche nel Vangelo3, ci insegna che egli doveva patire e morire, affinché si adempissero le profezie che erano state scritte su di lui da Mosè e dagli altri profeti. Questo per compiere la redenzione degli uomini. Tutta la nostra fortuna e tutto il nostro bene vero, eterno è in Gesù Cristo, che ha patito ed è morto ed è risuscitato. Egli da una parte ha insegnato con la sua parola, la sua sapientissima dottrina, ha insegnato con gli esempi, con le sue perfettissime virtù. Poi ha confermato il suo insegnamento con i miracoli, ma tra i miracoli, il più grande è certamente la sua risurrezione, perché non si trattava soltanto di risuscitare un morto, come quando era venuto alla tomba di Lazzaro, ma si trattava di questo: risuscitare se stesso.
Quindi il tempo pasquale è un tempo di gioia: siamo confermati nella nostra fede, sappiamo di sicuro che seguendo Gesù arriviamo a Dio, arriviamo alla nostra salvezza. Siamo sicuri che appoggiandoci ai meriti della sua croce sono perdonati i nostri peccati, e abbiamo la continuità della sua grazia per mezzo della Messa, per mezzo della Comunione, per mezzo della Visita al santissimo sacramento. Tempo quindi di grande gioia! E la parola che nel tempo pasquale si pronuncia più frequentemente nella liturgia è proprio questa: alleluia, gioia! Questo alleluia prelude l’alleluia che canteremo entrando in paradiso, quando andremo incontro a Maria, che si è allietata della risurrezione del Figlio, e andremo incontro a Gesù per adorare e lodare in eterno la santissima Trinità.
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Ora, non si dice più: Buona Pasqua, ma si dice: Buon tempo pasquale. Tutto il tempo pasquale deve portare in noi dei frutti che sono particolarmente questi: la fede, aumento di fede nei meriti di Gesù Cristo, e aumento di fede in quello che è il nostro fine. Il Signore ci ha creati per sé, chiamati per sé, per il paradiso e chiamati con una vocazione particolare. Ora la via è Gesù Cristo.
In questo tempo deve rimanere ben impresso il nostro fine, la fede nel nostro fine. Sulla terra si passa attraverso tante cose, si passa attraverso a consolazioni e pene, pene interne e pene fisiche, esterne; si passa attraverso diverse età: fanciulli, giovani, poi adulti. Si passa in diversi luoghi, in diversi posti e si passa a contatto con tanta gente e si compiono tante azioni, tante cose, quelle che riguardano noi e quelle che riguardano gli altri, una serie di vicende. Ma in sostanza, in fondo in fondo è una cosa sola che facciamo, cioè la strada per il paradiso, facciamo la strada verso il cielo. È necessario patire e morire, ma segue la risurrezione. Dopo la vita presente, la vita futura, risorgeremo con Cristo. Ecco, il tempo pasquale deve portarci a considerare bene il nostro fine e stabilire bene in noi questi pensieri: Sono creato per il paradiso, il mio posto, il posto dove dovrò star sempre è il paradiso. La mia felicità sarà il paradiso, e la via è Gesù Cristo.
Fede nella risurrezione della carne e fede nella vita eterna. Quando riusciamo a sentire e possedere bene la fede nel paradiso e comprendiamo bene che la vita deve passare attraverso tante circostanze, tante vicende, ma ci deve portare al cielo, allora tutto l’anno passa bene. La disgrazia degli uomini è soprattutto questa: dimenticano il cielo. È la disgrazia anche dei religiosi, voglio dire di quelli che si abbandonano un po’ alla vita tiepida o che trovano poi la vita religiosa pesante. \È quando hanno la/ fede nel paradiso, ma languida. C’è il languore della fede.
Se consideriamo bene che tutto ciò che avviene, sia nel nostro interno sia nell’esterno, è sempre e solo per il paradiso, è sempre e solo disposto dall’amorosissima misericordia e bontà di Dio, dalla sapienza del Padre celeste, perché guadagniamo un paradiso più bello, allora niente ci sembrerà pesante. E per
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tutto baceremo la mano del Padre celeste, anche quando ci percuote e quando ci sottomette alla prova.
La prova, le prove stesse sono le tentazioni che subiamo. Tentazioni di vario genere, tentazioni che porterebbero a qualche peccato veniale o a qualche peccato capitale o mortale, sono tutte prove. Prove per cui noi guadagniamo i meriti, perché non guadagniamo i meriti facendo la nostra volontà, ma facendo la volontà del Signore. Egli premia tutto ciò che è fatto nella sua volontà, mai quel che è fatto secondo i nostri capricci, le nostre combinazioni, i nostri modi di vedere, i nostri ragionamenti e neppure secondo i nostri sotterfugi per non essere incolpati dagli uomini. No, solo quello che è fatto secondo il volere di Dio. Ah, quando c’è questa volontà di Dio bene sentita in noi, e capiamo che questo è solo per il paradiso, allora si vive in letizia! Dunque, in tutto il tempo pasquale, voglio dire fino ad arrivare alla novena della Pentecoste, all’Ascensione di Gesù Cristo al cielo, chiedere che il Signore ravvivi in noi questa fede nella vita eterna, nella risurrezione della carne.
E la via è Gesù Cristo. E la sua via comincia dal giorno in cui il Figliuolo di Dio disse al Padre: «Se vuoi, manda me!» a salvare gli uomini, a salvare l’umanità, fino al giorno in cui egli ascese al cielo e andò alla destra del Padre: ecco la via. La via comincia con la volontà di Dio: «Se vuoi, manda me». E poi: «In capite libri scriptum est de me ut faciam voluntatem eius»4. Vi è una vita che si può intitolare: la vita di uno che ha fatto sempre la volontà di Dio, la vita di Gesù Cristo. Lui, perfettamente, senza macchia. Quindi è piaciuta al Padre: «Ecco il mio Figlio diletto in cui mi sono compiaciuto»5. Sì, questa volontà di Dio che il Figlio ha sempre compiuto: «Quae placita sunt ei facio semper»6, fino a quando piegò la testa: «Et inclinato capite emisit spiritum»7, e spirò sulla croce. Allora chiediamo questo aumento di fede nella vita eterna.
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Fra le grazie da chiedere adesso, ricordare queste. Primo: che in questa Casa di cura, sotto la protezione della Regina degli Apostoli e di S. Paolo, vi sia fra tutte una gara per progredire spiritualmente, non considerando la malattia o le circostanze esterne come una disgrazia. Ma sentire attraverso il dolore la voce del Signore che parla nella quiete dello spirito, e che ciò che ha permesso e ciò che ha disposto è solo per farci entrare maggiormente in noi: «Requiescite pusillum»8, «loquar ad cor eius»9, sempre le cose considerate nello spirito soprannaturale. Chiedere queste grazie.
Secondo: che la casa Regina Apostolorum, la Casa di cura, si allarghi e divenga centro di restaurazione fisica e spirituale, centro fortunato. Tutte attorno al tabernacolo, vivendo la vera devozione eucaristica, pietà eucaristica, pietà mariana, pietà paolina.
Terzo: che medici e infermiere siano illuminati e guidati secondo la scienza e secondo la fede. Chissà che cosa vuole operare il Signore in questa Casa! Noi non capiamo, e dobbiamo sempre aver un po’ di dubbio: Ho abbastanza fede?. Gesù non poté operare in certe zone, in certi posti quello che voleva, perché non trovò la fede. Non credevano. E siccome è la fede che ottiene i miracoli, bisogna che mettiamo fede e che non impediamo al Signore nulla di ciò che egli vuole operare nella Casa di cura, sia per la salute fisica e sia per la salute morale. Quindi essere sempre guidati e illuminati e dalla scienza umana e dalla fede in Dio.
Quarto: che dalla Casa di cura salga un’onda continua di riparazione per i peccati che si commettono con i mezzi moderni; i gravi peccati che si commettono con tante organizzazioni, con la stampa, con il cinema, con la radio, con la televisione ed altri mezzi. E ancora che salga un’ondata di grazia e si diffonda su tutte le persone che lavorano nell’apostolato, affinché Gesù Cristo Maestro, Via, Verità e Vita entri nella società, entri nel mondo, e la civiltà moderna sia tutta ispirata dalla dottrina che Gesù Cristo ha diffuso, e che ci ha portato dal Padre.
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Quinto: composta la Casa di cura in serenità, raccolta, pia, delicata, si otterrà quello che non è possibile in comuni ospedali, cioè santità, sanità, apostolato redentivo; e per chi è chiamato, un tranquillo passaggio al cielo, quando suona la sua ora.
Queste grazie le ho chieste nella Messa e sono persuaso che già sono venute su questa Casa di cura in parte, possiamo dire, abbondante. Ma ci può essere di più, ci può essere ancora molto di più. Quindi, sempre avanti. Ad esempio la casa potrà accogliere altre infermità, e così allargare la sua missione, sarà merito di tutte: merito di chi ha pregato, merito di chi ha sofferto, merito soprattutto di chi ha compiuto giornalmente il proprio lavoro, il proprio dovere. Perché la preghiera più importante è poi sempre il fiat voluntas tua, dappertutto. E sia fatta la tua volontà come in cielo, così in terra10è nel centro del Padre nostro. Questa è una preghiera che sale gradita a Dio.
A volte vi sono santi che parevano non avessero quella certa abbondanza di preghiera che avevano altre anime, magari più abbondanti nell’orazione, cioè nello stare in chiesa, ecc., ma la loro vita era trasformata in preghiera continua: la volontà di Dio! «Il mio cibo è fare la volontà di Dio»11, così diceva Gesù, la volontà del Padre. Quindi non vi è da affannarsi se qualche volta, perché non si può soddisfare tutto il desiderio che si avrebbe di pregare o perché non si sta bene o perché non c’è il tempo, ecc., purché si faccia il volere di Dio: questa è la massima preghiera. Dunque, passate una giornata santa e lieta che sia di ristoro sia per lo spirito sia per la salute.
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1 Meditazione tenuta a Tor S. Lorenzo (Roma) l’8 aprile 1958. Trascrizione da nastro: A6/an 46b = ac 80b. Dal Diario Sp. risulta che il martedì dopo la Pasqua il Primo Maestro celebra nella nuova cappella presso la casa del mare delle Figlie di San Paolo, di recente costruzione. Sono presenti Maestra Tecla Merlo, sr Ignazia Balla (1909-2003) e altre suore di Albano, tra cui la superiora della Casa di cura.
2 Cf At 13,16.26-33.
3 Cf Lc 24,36-47.

4 Cf Eb 10,7: «Ecco, io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - per fare, o Dio, la tua volontà».
5 Cf Mt 17,5.
6 Cf Gv 8,29: «Faccio sempre le cose che gli sono gradite».
7 Cf Gv 19,30: «E, chinato il capo, consegnò lo spirito».

8 Cf Mc 6,31: «Riposatevi un po’».
9 Cf Os 2,16: «Parlerò al suo cuore».

10 Cf Mt 6,10.
11 Cf Gv 4,34.