Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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III
S. PAOLO, MARIA ADDOLORATA, GESÙ MAESTRO:
ESEMPI DI MORTIFICAZIONE1


2\Le due meditazioni precedenti parlavano della penitenza e della mortificazione. [Esse sono necessarie] per allontanare il male e per raggiungere il bene, il sommo Bene, Dio, eterna felicità. E non si arriva alla felicità se non passando per la via della croce, del Calvario. E non si arriva a fare il vero bene alle anime se non ci siamo immolati al Signore e abbiamo immolato a lui i desideri delle passioni. Le passioni non sono né bene né male. Noi però possiamo utilizzarle nel bene, come l’acqua/ nelle campagne. Quando c’è il temporale l’acqua cade e \danneggia/, se invece è incanalata, può servire a tanti usi.
Usare il desiderio della stima: Voglio raggiungere i primi posti in cielo, non la stima umana, passeggera, che finisce con l’essere coperta con un po’ di terra nel camposanto, oppure chiusa in una tomba sia pure di marmo. Ma là è silenzio, la voce inutile degli uomini non arriva. Utilizzare la passione della comodità, degli averi, delle ricchezze per arricchirci di veri beni, dei beni spirituali che sono i meriti che possiamo guadagnare ogni momento. E in che maniera utilizzare la nostra volontà e il desiderio di libertà? Pensando al paradiso: gloria eterna, felicità eterna. Non lasciamoci ingannare dalle cose passeggere della terra, miriamo a ciò che è eterno e che nessuno può sottrarci: «Thesaurizate vobis thesauros in coelo»3. Quindi la penitenza e la mortificazione.
Domandare questo spirito di mortificazione secondo la nostra pietà a S. Paolo, a Maria Addolorata, al divino Maestro.
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Le nostre devozioni devono praticarsi tutto l’anno, ma secondo i tempi liturgici viene considerato un aspetto speciale. Ad esempio nel tempo pasquale: S. Paolo apostolo e martire lo consideriamo specialmente con questo titolo: martire; per la Regina degli Apostoli ai piedi della croce, sottolineiamo quando viene fatta Regina degli Apostoli con la parola di Gesù: «Donna, ecco il tuo figliuolo»4 e indicava Giovanni, un apostolo. La devozione a Gesù Maestro, nel tempo quaresimale, è specialmente considerata come Gesù Maestro nella sua passione, Gesù sulla croce. Questo ci ottiene la grazia di avere la forza per fare penitenza, anzi per indurci alla virtù della penitenza e nello stesso tempo ci ottiene i frutti della penitenza e della mortificazione. I frutti sono: la convinzione che saremo glorificati se sapremo soffrire con Paolo apostolo, con Maria addolorata, con il Maestro crocifisso.
S. Paolo in primo luogo. Penso che sia utile rileggere quello che già è stato considerato nella domenica di Sessagesima5, quando S. Paolo scrivendo ai Corinti descrive le pene fino allora sofferte. E possiamo pensare anche alle altre più dure che sono seguite dopo questa lettera ai Corinti. Egli scrive: «Volentieri tollerate gli stolti essendo voi saggi: infatti sopportate chi vi pone in schiavitù»6. Dopo questa lettera seguirono tante altre pene, fino a che, dopo anni di prigionia, si trovò a Roma condannato a morte.
E prima della condanna, stando in carcere, si sentì abbandonato da tutti come Gesù fu abbandonato durante la sua passione, tanto abbandonato che chiedeva al suo discepolo che gli portasse un mantello dall’oriente, non avendo di che coprirsi e difendersi dal freddo7. E, condannato a morte, dopo aver pregato per il mondo, si inginocchiò, piegò il capo e offrì la sua vita al Signore. Aveva detto: «Chi mi separerà dall’amore a Gesù Cristo? La tribolazione, l’angustia, ecc., la spada? No, sono certo: niente mi separerà dall’amore a Gesù Cristo!»8. E
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la spada non lo ha separato. Egli per amore di Gesù Cristo offrì la sua vita. E noi siamo vicini al posto del suo martirio. Ricordarlo particolarmente nella Quaresima.
La vita del cristiano, ma soprattutto la vita del religioso, dell’apostolo deve essere una vita di mortificazione! Immolazione! Riparazione! Non che si debbano fare nuovi voti o nuove promesse di vittima. Vivere piuttosto la nostra vita religiosa, la nostra professione che è già un’offerta totale a Dio e offrirsi in unione con il Salvatore che si immola quotidianamente sugli altari.
In secondo luogo: considerare la Regina Apostolorum nel tempo della passione del Figlio. Noi troviamo Maria là sulla via del Calvario, quando si incontra con Gesù che porta la croce. La dobbiamo accompagnare con il nostro pensiero fino a quando accompagnò coloro che portavano la salma del Figlio nel sepolcro. La vita di Maria fu sempre accompagnata da pene. S. Alfonso9 dimostra tre cose e lungamente: il martirio di Maria fu il martirio più lungo, il più intenso, il più penoso; e terzo, il martirio di Maria fu il più fruttuoso per la sua santità e per la redenzione degli uomini10. Quindi, Regina Martirum. Regina dei Martiri, là ai piedi della croce: Stabat Mater dolorosa, juxta crucem lacrimosa, dum pendebat Filius11. Quanto siamo costati noi a questa Madre! La sua anima fu trapassata dalla spada del dolore. Ed è proprio là che ella ci fu data per Madre, ci fu data per Regina, perché Madre di tutti, in modo particolare degli apostoli essendo allora l’umanità rappresentata ai piedi della croce da un apostolo. Leone XIII insiste in una sua Enciclica12 che chiamiamo spesso Maria Madre della Chiesa, e che la chiamiamo Mariam Magistram et Reginam
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Apostolorum: Maestra e Regina degli Apostoli. E nell’Enciclica dimostra quale fu l’apostolato di Maria, quindi quanto si abbia ragione di chiamarla Maestra e Regina degli Apostoli.
Vogliamo rassomigliare a questa Madre? Accettiamo allora le croci e le sofferenze quotidiane, anche la fatica quotidiana nel compiere il nostro dovere, rinnegando quello che vuole la natura corrotta e seguendo lo Spirito, l’istinto della grazia, le ispirazioni interiori. Successivamente fare un altro passo: unire le nostre sofferenze a quelle di Maria, a quelle di Paolo, a quelle di Gesù in spirito redentivo per redimere le anime. Chi è apostolo soffre da apostolo, cioè per sé in primo luogo e in secondo luogo per tutto il mondo. Offriamo qualcosa al Signore nelle nostre giornate per la salvezza di tante anime. Se sapessimo il prezzo di un’anima!
In terzo luogo: la nostra devozione a Gesù Maestro crocifisso. Tutta la vita di Gesù Cristo è stata una continua sofferenza. Dice l’Imitazione di Cristo che la vita del Salvatore fu un continuo martirio13, dal momento in cui nacque, là in una povera capanna, in povertà assoluta, a quando egli andò esule in Egitto, alla vita nascosta a Nazaret dove lavorava, un lavoro pesante, scelto del Figlio di Dio per sé. Il lavoro è onore, il lavoro è necessario e il lavoro è fatica. E qualunque fatica che facciamo nella giornata può essere offerta al Signore. Dobbiamo offrirla in spirito di umiltà per noi e in spirito di carità per le anime, per le vocazioni, per l’apostolato, per la Famiglia Paolina, secondo le intenzioni del Sommo Pontefice e secondo le intenzioni con cui Gesù si immola sugli altari ogni giorno.
Gesù soffrì specialmente negli ultimi tempi del suo ministero pubblico, quando i suoi nemici andavano preparando e prendendo un pretesto per condannarlo. Considerare Gesù, il nostro Maestro, nel Getsemani. Considerarlo nella flagellazione, nell’incoronazione di spine, considerarlo nel momento in cui viene deriso, insultato, schiaffeggiato, sputacchiato, incoronato di spine e poi condannato al supplizio più duro, più umiliante: la croce. E considerare come egli accettò la croce e come la portò al Calvario. Ogni stazione della Via Crucis è motivo per una me-
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ditazione. Considerare particolarmente quando viene spogliato dei suoi abiti, viene inchiodato a quel legno sotto gli occhi di Maria e poi innalzato sulla croce alla vista di tutti. Considerarlo quando agonizza per tre ore e: «Nelle tue mani raccomando, o Padre, il mio spirito»14. Abbassa il capo e muore. Ecco! Se siamo discepoli di questo Maestro non possiamo rinnegare la croce, anzi dobbiamo capire: «Chi vuole venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua»15. E si segue Gesù sul Calvario per seguirlo in cielo. «Si compatimur et conglorificemur: Se soffriamo con lui, saremo glorificati con lui»16.
Ecco allora il frutto della Quaresima, il frutto del ritiro mensile e può essere il frutto di un corso di Esercizi. Saper amare il Signore davvero, fino al sacrificio di sé. Saper amare Maria non solo nell’apostolato e nella sua vita santa, ma nella sua continua tribolazione, nelle sue pene. E saper essere figli di S. Paolo, non solamente nell’azione esterna dell’apostolato, ma nella sofferenza. Paolo apostolo sì, ma martire. È scritto sul suo sepolcro17. Martire! Ecco di chi siamo figli, dobbiamo rassomigliare al nostro padre.
E non sogniamo che i giorni a venire siano più lieti, siano senza alcuna pena e siano giorni solo di gioia e di tranquillità, questo sarà in paradiso e il gaudio del cielo supererà ogni nostro desiderio, il gaudio del cielo riempirà ogni nostra facoltà. Ma la terra è terra, la vita è vita. E la vita del cristiano, la vita particolarmente del religioso, devono rassomigliare alla vita di Paolo, di Maria addolorata, di Gesù crocifisso.
Particolarmente nei giorni della passione mettiamo sempre insieme la considerazione dei dolori di Gesù con un altro pensiero: Chi ha fatto soffrire Gesù? Siamo noi. Dunque penitenza. E per quale via è passato Gesù per arrivare alla sua gloria? È passato per la via della croce.
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1 Meditazione tenuta a Roma il 10 marzo 1958. Trascrizione da nastro: A6/an 44a = ac 76a. Terza meditazione del ritiro mensile alla comunità ed Esercizi spirituali alle suore che avevano partecipato al Convegno della San Paolo Film. Nel titolo si specificava: “Le nostre devozioni vissute nello spirito della liturgia quaresimale”.
2 L’introduzione non si è potuta registrare perché, dice l’operatrice, è mancata la luce. Riportiamo il testo come la sorella l’ha ricostruito con i suoi appunti.
3 Cf Mt 6,20: «Accumulate per voi tesori in cielo».

4 Cf Gv 19,26.
5 Domenica che precedeva di due settimane la prima domenica di Quaresima.
6 Cf 2Cor 11,19.
7 Cf 2Tm 4,9-13.
8 Cf Rm 8,35.38-39.

9 S. Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787), napoletano, vescovo, fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore, Dottore della Chiesa. È autore di numerose opere di morale, di spiritualità e di celebri melodie natalizie. Suo capolavoro è Theologia moralis.
10 Cf S. Alfonso M. de’ Liguori, Glorie di Maria, vol. II, Discorso IX, Pia Società San Paolo, Alba 1932, pp. 204-229.
11 Stava la Madre addolorata in lacrime vicino alla croce, da cui pendeva il figlio. Dalla sequenza Stabat Mater, attribuita a Jacopone da Todi (1228 ca.-1306), frate francescano, autore di 93 Laudi.
12 Cf med. 13, nota 2.

13 Cf Imitazione di Cristo, II, XII, 3.

14 Cf Lc 23,46.
15 Cf Mt 16,24.
16 Cf Rm 8,17.
17 Nella basilica di San Paolo fuori le Mura, sotto l’altare papale c’è una lastra marmorea formata da due pezzi diversi uniti tra loro che reca incise le parole “PAULO APOSTOLO MART”.