Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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26. LA TERZA PARTE DELLA VISITA1

È una grande grazia, immensa grazia che il Signore Gesù abiti tra gli uomini, in mezzo a noi: «Cum hominibus conversatus est»2, visse con gli uomini la sua vita terrena e vive tra gli uomini la sua vita eucaristica, fino al termine dei secoli. E quale grazia è per noi poter incontrare ogni volta che lo vogliamo il nostro Dio, incontrare lo Sposo dell’anima nostra! Incontrare colui da cui siamo stati creati, sotto il quale e secondo il quale dobbiamo vivere e al quale daremo conto, il resoconto della nostra vita, e sarà la felicità eterna! Quanto più si fanno bene le Visite, tanto più si entrerà in gaudio nell’intimità, nella visione di Dio in cielo. Ora Gesù è nascosto sotto i veli eucaristici, le sacre specie, allora lo si contemplerà faccia a faccia e la sua compagnia sarà per noi beatificante. Se sapessimo capire il gran bene che è l’adorazione! Il gran bene, il grande dono che ci ha fatto il Signore stabilendo tra di noi l’ora di adorazione! Però sempre comprenderla bene.
L’ora di adorazione non è un’istruzione, cioè una lettura. E non è neppure un complesso di formule, di preghiere che si recitano così, a volte anche senza comprenderle. La Visita è un incontro con il Signore, come se si fosse andati con i pastori a visitare Gesù nel presepio. Come se andassimo, cioè meglio, fossimo andati a vedere Gesù e Maria e Giuseppe nella casa di Nazaret. Come se andassimo a vedere Gesù quando predicava, per esempio, il discorso del monte. Quando guariva i malati, quando consolava gli afflitti, quando invitava il giovane a seguirlo nella via di perfezione, quando era nel Getsemani, quando era flagellato a sangue; quando era crocifisso sul Calvario: vedere Gesù!
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La Visita ha tre fini: la santificazione della mente con il primo punto. Accrescimento della fede, penetrazione delle verità della fede per quanto è possibile, e quindi portarci a pensare secondo Dio. Sentire in noi secondo Dio: «Vita vestra abscondita est cum Christo in Deo»3, dice S. Paolo, la vita nascosta con Cristo in Dio.
Santificare la volontà aumentando la speranza. la speranza nei meriti di Gesù Cristo. Ma la speranza che ci porti ad operare, ad acquistare i meriti mediante le buone opere che io debbo e voglio fare4. Allora l’aumento di grazia. E le opere buone, per l’aggiunta della grazia da parte di Gesù, diventano soprannaturali, meritorie per la vita eterna. Quindi, secondo fine: accrescere in noi, confermare in noi, fortificare in noi la speranza.
E terzo, l’amore, la carità, perché tutta la vita religiosa si fonda sulle tre virtù teologali. Dalle tre virtù teologali dipendono le tre virtù religiose che si praticano più perfettamente con l’aiuto dei voti. I voti sono un mezzo per vivere la virtù, non sono un fine. Terzo dunque, accrescere in noi la carità. La carità come virtù teologale. La carità nel suo doppio senso o nella sua doppia applicazione verso Dio e verso gli uomini. La Visita allora deve finire con lo stabilire il nostro essere in Dio: «Vita vestra abscondita est cum Christo in Deo» e perciò sempre terminare con la Comunione spirituale. La conclusione: l’unione del nostro essere con Gesù, in maniera che: «Vivit vero in me Christus»5.
Il terzo punto della Visita quindi è per chiedere le grazie. Chiedere le grazie: si comincia con il pensare alle grazie di cui abbiamo bisogno come individui e come Istituto religioso, ciascuna secondo il proprio Istituto, e come persone che abbiamo da compiere un apostolato, che può essere di preghiera o di sofferenza, e può essere invece di edizione o di azione. Può essere anche l’apostolato missionario. Considerarci poi membri della Chiesa, perciò chiedere tutte le grazie per la Chiesa, dal Papa fino ai bambinetti, perché conservino l’innocenza. Con-
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siderarci anche membri di una nazione, quindi pregare per la patria. Considerarci membri dell’umanità, quindi tutti gli uomini creati da Dio sono per noi fratelli, poiché Iddio è il nostro Padre: «Padre nostro, che sei nei cieli»6.
Ecco allora, noi estendiamo le nostre intenzioni ai bisogni maggiori, ai bisogni anche del momento. In modo particolare hanno bisogno di aiuto i morenti, perché in quel momento si decide la sorte dell’eternità, secondo se si esce dal mondo riconciliati con Dio o non riconciliati con Dio. E poi per le anime del purgatorio che non possono soccorrere se stesse, ma possono pregare per noi. Allora noi abbiamo da pregare per i bisogni generali.
In modo particolare ci fissiamo su di noi: Che cosa mi manca? Che cosa ho già?. Possiamo passare in rassegna i nostri bisogni, i più intimi, perché ogni anima sa come sta con Dio, ogni anima sa quale necessità ha in generale. In generale dico, perché molte volte noi non conosciamo i nostri bisogni maggiori: chiediamo una grazia, mentre ne abbiamo bisogno di un’altra. Chiedi, per esempio, lo spirito di sacrificio mentre hai bisogno dell’umiltà. Noi abbiamo da pregare, e lasciare al Signore che esaudisca le preghiere non secondo la nostra scienza, ma secondo la sua sapienza e secondo il suo amore. Così tante volte si chiedono grazie materiali, ecc. Si possono chiedere se sono volontà di Dio, ma bisogna lasciare che il Signore, che è infinitamente sapiente e ci ama con amore divino, dia a noi ciò che a noi è più conveniente. Allora, fissate un po’ le grazie, e specialmente considerati i propositi che ci sono e quelli che non ci sono, quelli che abbiamo fatto e quelli che magari ci vengono suggeriti dal confessore o da chi ci guida o da chi ci ammonisce, ci corregge, ci istruisce.
Allora, messi davanti tutti questi bisogni, preghiamo il rosario. Per mezzo della Madonna preghiamo Gesù. Pensare, ad esempio, quando Maria era ai piedi della croce: noi presentiamo a Maria le nostre domande, perché ella le presenti a Gesù, e con la sua intercessione le renda accette a Gesù. Ella è la mediatrice della grazia: Rivolgi a noi quegli occhi tuoi mise-
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ricordiosi, e le chiediamo sempre quella che è la grazia finale: Mostraci dopo questo esilio Gesù, il frutto benedetto del tuo seno. Allora, bene i misteri del rosario, meditandoli, dirli adagio, che non siano una recitazione, così in forma meccanica, quasi come un grammofono che ripete ciò che è inciso. Recita ciò che è inciso. No! Anime vive! Persone dotate di intelligenza e di volontà e di cuore. Siamo totalmente davanti al nostro Dio! E dai misteri ci sono sempre insegnamenti da prendere, verità da considerare, e ci vengono suggerite le grazie che dobbiamo chiedere al Signore. Allora adagino, adagino.
E poi aggiungere le preghiere. Ma la fine di questa terza parte della Visita è solo per suggerimento, non è che vi sia l’obbligo di coscienza: rinnovazione della professione religiosa e Comunione spirituale. Di nuovo donarsi al Signore con tutto l’essere. La formula è pressappoco, nella sostanza, sempre uguale per tutte le consacrazioni, per tutte le professioni, qualunque formula si adoperi: Tutto mi dono, offro e consacro, promettendo di vivere la vita comune, di vivere cioè una vita conformata alle Costituzioni e abbandonata in Dio.
Andiamo a fondo. Non contentarsi della rassegnazione, ma arrivare all’abbandono in Dio, in maniera che niente si chieda e niente si rifiuti, anche se è in opposizione e ripugni alla nostra natura. Ripugnava anche a Gesù dire: «Padre, non sia fatta la mia volontà, ma la tua»7. E la diciamo con Gesù. Ma non la sento tanto. Sento più il bisogno della grazia materiale, supponiamo della guarigione. Ma se la punta della volontà è ben unita a Dio dopo, con la grazia della preghiera si otterrà l’abbandono in Dio. Quindi, la rinnovazione dei santi voti, la professione religiosa, fatta anche brevemente, e la Comunione spirituale con cui ci stabiliamo in Dio.
Allora si saluta Gesù, lo si ringrazia di averci ricevuti in udienza, e gli domandiamo perdono delle negligenze o delle distrazioni che per lo più non sono volontarie, ma sono debolezze. Gli domandiamo, per un’altra volta, di sapere incontrarci meglio con lui, con l’anima più pulita, con la mente più serena, con il cuore più aperto, e quindi partiamo con la fiducia
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di essere da lui accompagnate in tutto. Gesù nel cuore, così che la tua anima è come un tabernacolo che porta Gesù, che porta Gesù dove si va. Sì, perché con la Comunione spirituale si è di nuovo ristabilita l’unione con il Signore, l’unione più intima. Ecco, come perduti in Gesù! «Vita vestra abscondita est cum Christo in Deo», così. Che grande tesoro è l’adorazione!
Quindi, il primo punto è la santificazione della mente con la fede. Il secondo punto è la santificazione della volontà con l’impegno delle buone opere che vogliamo fare sperando, per i meriti di Gesù Cristo, gli aiuti e il paradiso. E terzo, con la santificazione del nostro cuore. Che tenda alla gloria di Dio! Che non cerchiamo l’io, che tante volte è in opposizione a Dio. Ma voglio Dio, Dio, il suo amore, la sua gloria! Che il nostro cuore voglia il paradiso, cioè Gesù.
E poi l’amore al prossimo nell’apostolato, pensando ai grandi bisogni delle anime. Gesù è morto per tutti e ha redento tutti con il suo sangue. Che noi possiamo fare nella nostra vita, nella nostra giornata terrena, almeno, almeno quel po’ di apostolato! Allora la Visita resta come un refrigerio per l’anima, resta come una fortificazione dell’anima, resta una saldatura del nostro essere con Dio.
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1 Meditazione tenuta ad Albano l’[11] novembre 1958. Trascrizione da nastro: A6/an 57a = ac 97a. Dal Diario Sp. risulta che in questo giorno Don Alberione fu in visita e tenne la meditazione alla comunità. Poi partì per l’Italia settentrionale.
2 Cf Bar 3,38:«Ha vissuto con gli uomini».

3 Cf Col 3,3.
4 Dall’Atto di speranza.
5 Cf Gal 2,20: «…ma Cristo vive in me».

6 Cf Mt 6,9.

7 Cf Lc 22,42.