Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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I
LA CONFESSIONE1


Il divino Maestro, quando gli apostoli e i discepoli mandati nelle varie città furono di ritorno, li ascoltò e dopo aggiunse: «Non vogliate insuperbirvi se anche i demoni vi hanno ascoltato e sono usciti dagli ossessi; soprattutto godete perché il vostro nome è scritto in cielo»2. Avete fatto tanta propaganda, la vostra consolazione maggiore è questa: il bene è già andato alle porte dell’eternità per accompagnarvi al premio.
Gesù poi invitò i suoi discepoli: «Venite in desertum locum et requiescite pusillum: Venite in luogo solitario e riposatevi un poco»3. Quel riposo era un riposo fisico e soprattutto un riposo dello spirito. E voi avete bisogno anche di riposo fisico: siete state tanto fedeli al vostro compito della propaganda, siete affaticate. E riposo spirituale, riposo in Gesù, con Gesù, per Gesù.
Non bisogna certamente disgiungere la parte di aggiornamento dalla parte propriamente di Esercizi, perché in realtà quello che si fa per la santificazione e quello che si fa per l’apostolato è tutto un lavoro spirituale. Allora questa sera ho pensato di dirvi qualcosa su questo punto, che non vi aspettate: confessarsi bene. Non sembrerebbe ancora venuta l’ora, ma penso che abbiamo sempre da tenere presente quello che si è meditato parecchio tempo fa e che si è meditato tante e tante volte: Cor poenitens tenete: Abbiate sempre il dolore dei peccati4. Camminare in santa umiltà, ricordando che noi faccia-
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mo un po’ di bene e abbiamo tanti difetti, e ricordando i nostri difetti, le imperfezioni e anche peccati, stare sempre nell’umiltà. In quell’umiltà che viene da un sentimento di dolore per i peccati commessi e da un sentimento di fiducia nel perdono di Gesù; da un sentimento di maggior pietà e di maggior speranza così che il Signore ci aiuti a non offenderlo mai. E concludere: Perdonatemi il male commesso, e se qualche bene ho compiuto, accettatelo, o Signore. Pregare così nell’anno: Perdonatemi il male commesso e se qualche bene ho compiuto, Signore, accettatelo5.
Confessarsi bene. Voglio dire una Confessione completa, perché vi sono tante Confessioni che sono mezze Confessioni. Fare una Confessione piena. Il nostro libro di preghiere non contiene solamente delle formule da recitare, ma contiene delle istruzioni e delle introduzioni per spiegare le varie pratiche di pietà. La nostra Confessione settimanale, mensile o annuale deve essere fatta nello spirito della devozione a Gesù Maestro. Vedo che qua e là istituti e diocesi chiedono di poter celebrare la Messa a Gesù Maestro. Va bene. Noi intendiamo vivere la devozione nei nostri sentimenti, viverla nei nostri pensieri, nelle nostre parole, nelle nostre azioni, nell’apostolato.
Fare la Confessione piena significa: l’esame che abbracci tutti i punti, ma prima e soprattutto i pensieri e i sentimenti, poi le parole e le azioni. Tutto il nostro essere è stato consacrato a Dio per mezzo della professione: la mente, il cuore, la volontà, il corpo. Tutto dobbiamo santificare. Dobbiamo santificare tutto il nostro essere, ma quello che più ci sfugge è particolarmente ciò che riguarda il pensiero e ciò che riguarda il cuore. Dobbiamo esaminare se i nostri pensieri sono santi. La nostra mente o deve pensare a Dio o deve pensare alle cose di servizio di Dio. Allora quando noi pensiamo a cose inutili, neppure convenienti, non adatte al nostro stato, noi sprechiamo il più bel dono che il Signore ci ha fatto, cioè l’intelligenza. Sprecare dei denari, bruciare magari dei biglietti da mille, diciamo: È una sciocchezza, è un peccato. Ma quando noi sciupiamo la mente in pensieri, in cose inutili, allora dobbiamo dire che
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sprechiamo molto di più che i biglietti da mille o da diecimila lire, molto di più.
Di conseguenza: il primo esame è sulla mente, se utilizziamo bene la nostra mente, non soltanto per ciò che riguarda lo studio, che riguarda la pietà, ma nella ricerca dei mezzi migliori per compiere il volere di Dio, cioè il vostro apostolato. Siete propagandiste, in massima parte, e allora la mente rivolta alle cose di Dio: o a Dio o al servizio di Dio.
L’esame sui pensieri. Vi sono persone che hanno idee false. Noi non ci convertiamo se non abbiamo le idee giuste. Cos’è la Confessione? La Confessione ha come due parti: nella Confessione dobbiamo detestare il peccato. Se noi guardiamo il passato, detestare i peccati commessi, se guardiamo al futuro proporre di non commetterne più, fuggire le occasioni anche prossime del peccato. Fuggire le occasioni prossime del peccato, perché tutte le occasioni non si possono fuggire. Allora non si andrebbe più sui tram e non si andrebbe più in propaganda, perché bisognerebbe, come dice S. Paolo, uscire dal mondo6. Ma noi siamo proprio destinate a far del bene a questo mondo, ma non essere dello spirito del mondo.
La Confessione dev’essere quindi una conversione. Non che dobbiamo andare soltanto a tranquillizzare la coscienza per il passato. Lì ci può essere anche un grande errore. Se insieme non c’è anche il proposito fermo di evitare il peccato e le occasioni del peccato, non vale l’assoluzione. S’intende quando si tratta di cose gravi, perché quando si tratta di cose veniali, allora ci può essere almeno il dolore per qualche venialità o commessa ultimamente o commessa nella vita passata.
La Confessione dev’essere una conversione. La conversione parte sempre dalla mente. Supponiamo che uno abbia le idee poco giuste riguardo alla vita religiosa: deve mettere le sue idee a posto, perché la sua mente è lontana da Dio. Se la vita religiosa è stabilita per la perfezione, per la santificazione, allora tutte quelle persone che continuano a vivacchiare nella vita religiosa e non progrediscono, e non hanno proprio l’impegno di progredire. Questo è l’errore fondamentale. Che
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conversione ci può essere? Occorre che ci sia la coscienza di questo dovere. Se passando gli anni noi acquistiamo solamente delle pretese oppure ci contentiamo di fare così come abbiamo fatto, e se dopo dieci anni il nostro apostolato, oppure la nostra preghiera, la nostra osservanza religiosa è ancora quella di dieci anni fa, le idee non sono giuste. Bisogna confessare prima i pensieri. Diversamente si manca al dovere essenziale e riassuntivo: «Se vuoi essere perfetto»7. Questa è la condizione: «Se vuoi essere perfetto». Vi sono persone, invece, che pur dedicandosi alla vita religiosa, man mano che passano gli anni, sono sempre meno osservanti, meno attaccate alla loro vocazione, meno generose nei loro lavori. Altre, invece, che si vede che camminano un po’ avanti settimana per settimana e mese per mese constatano, se fanno bene l’esame di coscienza, il progresso avuto.
Dunque: il pensiero fondamentale della vita religiosa c’è nella mente o non c’è? Se non c’è, è inutile fare dei propositi. Devo proprio dire: la vita religiosa è per glorificare Iddio progredendo, cioè attendendo alla perfezione nell’osservanza dei voti di povertà, castità e obbedienza. Bisogna forse che lo dica, ma lo direi più facilmente se non avessi queste spie8 qua davanti, dunque qui si manca parecchio.
La vita religiosa poi, nei suoi doveri, è povertà, castità, obbedienza e vita comune. Il voto di povertà è ben capito, si osserva o ci sono delle idee che passando gli anni si può passare su tante cose, che non c’è più bisogno di tanti permessi, che ci si può permettere anche qualche regalo, qualche dono, si può amministrare un po’ indipendentemente qualcosina? Il voto è mezzo per la virtù, cioè per la povertà perfetta. Quindi, da una parte occorre osservare quello che le Costituzioni dicono del voto, ma sempre avere presente che il voto è ordinato alla virtù. Siamo proprio contenti di essere poveri? Siamo proprio persuasi che seguire Gesù, che ha cominciato a dormire su un po’ di paglia nella grotta, che ha dovuto fuggire in Egitto di notte, che ha dovuto, egli ha dovuto perché ha scelto tale missione,
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lavorare in un lavoro pesante, ma lavoro redentivo? Ecco il Figlio di Dio incarnato al banco del suo lavoro. Siamo proprio persuasi che lo spirito di apostolato, di povertà che Gesù ha mostrato nel suo apostolato, nella sua propaganda del Vangelo, è lo spirito che deve vivere la propagandista? Gesù andava di casa in casa, di borgo in borgo, di città in città vivendo di elemosina, dormendo come poteva e secondo il luogo dove si trovava, secondo i casi, magari all’aperto, magari in una casa ospitale. Non che la suora debba imitarlo alla lettera, ma nello spirito. E abbiamo l’idea giusta su questo nostro attaccamento alla povertà: usare bene del tempo, usare bene delle forze? Oppure, andando avanti, le nostre forze le risparmiamo un po’ troppo? Non credo che si faccia questo, tuttavia lo facciamo in spirito di redenzione delle anime, in collaborazione con l’apostolato del Vangelo di Gesù?
Veniamo al voto di castità. Si è sempre felici di averlo fatto? Si è capito che questo voto è tutto da considerarsi nello spirito dell’inno: Jesu corona virginum - Quem Mater illa concipit9 ? Così è sempre stato il nostro pensiero chiaro, la nostra idea giusta, oppure si è cominciato a guardare qualche volta un po’ dalla finestra cosa accadeva nel mondo? E allora i primi sguardi tante volte sono sguardi fatali. La delicatezza, le premure, le attenzioni, le osservanze, secondo quello che Gesù ha detto. Questi si sono consacrati a Dio, per Dio: si vive del tutto? Vi è tanta diversità tra un’anima che è sempre delicata e che peccati gravi non ne vuol fare, ma… Essere attente a non vedere pellicole che non si devono vedere, che non sono fatte per le suore; vigilare per non leggere certi libri che vanno per il popolo, magari per i coniugati. Usare attenzione nel trattarsi vicendevolmente. Sempre discorsi brevi, non abbandonarsi alle sentimentalità né nel confessionale né in altre occasioni, evitando le visite inutili e non accettando facilmente certi inviti.
Abbiamo le idee giuste: è il giglio che ha bisogno di essere
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circondato da una siepe di spine che è la mortificazione. E se si pensasse: Adesso sono già un po’ avanti negli anni: se anche guardo qualche cosa, se anche faccio certi discorsi… tanto non mi stupisco più. Anzi se sto ad ascoltare qualche narrazione, qualche episodio non buono avvenuto, anche se dico questa parola, se anche tengo quest’atteggiamento, questo comportamento…. Le idee giuste! Se non si hanno le idee giuste, dopo non si hanno i fatti buoni, perché il pensiero è sempre il seme delle opere e delle parole che usciranno10. Così i pensieri.
Si sta proprio al metodo paolino di educare, quello tradizionale nella Congregazione? Voglio dire non in quello che si riferisce alle case dove sono i noviziati e dove stanno le aspiranti, ma anche quando si ricevono in casa. Poi, il metodo paolino di educare dev’essere quello preventivo11, come sempre si è insegnato. Il modo di fare scuola e di insegnare dev’essere quello che sempre è stato dato e che ha prodotto i suoi frutti buoni.
Riguardo all’obbedienza: non tocca a noi a disdire se era meglio disporre così o disporre in quell’altro modo, no. L’obbedienza perfetta sottomette anche il giudizio. Abbiamo i pensieri giusti, oppure venendo l’occasione, noi ci appoggiamo a quella morale che oggi è così divulgata: la morale del caso, la morale delle circostanze, la morale della convenienza12 ? Beh! si dovrebbe far così. Han detto così. Ma in questo caso, io ho maggior interesse, è più comodo, ecc.. Idee giuste! Mancano idee giuste in fatto di morale. A volte, in certi ambienti mancano idee ben giuste in fatto di teologia,
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la dipendenza dal Papa, dalla sua dottrina. Non dico voi. Poi, vi sono anche idee non troppo giuste a volte, riguardo alla sociologia e poi riguardo la Bibbia. Occorre che esaminiamo l’interno di noi: i pensieri.
E così riguardo alla vita comune. C’è proprio la persuasione che la vita comune porta all’anima religiosa un’infinità di meriti? Certamente vi sono gli Istituti Secolari, ma anzitutto, i loro voti non sono come i vostri, perché i vostri sono semplici e pubblici, sono sociali e sono riconosciuti, quelli invece sono semi pubblici. E in generale non hanno la vita comune, quindi quella serie di meriti, diciamo sociali, che voi vi fate, perché adempite i doveri sociali. Quella serie di meriti è riservata per voi. Quindi bisogna distinguere tra quello che è buono e quello che è più buono.
La vita comune importa un totale sacrificio della nostra volontà al Signore, il sacrificio di ogni momento nell’accettare gli uffici, nel compierli secondo la mente di chi ha disposto. E poi nell’impegnarsi, perché questi uffici diano il rendimento giusto; nel sopportarsi a vicenda, nel dare buon esempio; nell’anima tesa verso Dio attraverso la Congregazione, cioè essere sante religiose per essere sante davanti a Dio. E ciò vuol dire che noi serviamo la Congregazione e attraverso la Congregazione serviamo il Signore. È la vita comune, sorgente di innumerevoli meriti, perciò quanti santi, quante sante sono ricorsi e hanno aspirato alla vita comune! Bisogna dire a questo riguardo che vi sono i doveri sociali, ma vi sono anche i meriti sociali. E nel confessarsi non possiamo considerarci individui, ma dobbiamo considerarci religiose, quindi rispondere alla vocazione religiosa; secondo, apostole e rispondere alla vocazione apostolica che è duplice. Non solo questo, ma ricordarsi che si è membri di una Congregazione e nella Congregazione si deve essere membra vive ed operanti.
E in comunità vado bene? E se tutte facessero come faccio io, la Congregazione cammina bene? Vi sono a volte persone che lasciano lavorare le altre per mettersi un po’ da parte. Ma, questo è lasciare guadagnare i meriti alle altre! Essere tutte tese, tutte a collaborare per il meglio, perché si possa progredire da tutte nella santità e possa progredire la Congregazione
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in numero di persone e di opere, e perché l’apostolato abbia il risultato migliore. I doveri sociali, i meriti sociali!Nell’esame, volevo parlare del cuore. Fare l’esame sui sentimenti del cuore. Veramente non posso andare alla fine: dirò qualche cosa per non oltrepassare il tempo. Il cuore è bene indirizzato quando aspira al Signore, alla sua gloria, al paradiso, alla felicità eterna; aspira a portare del bene alle anime, aspira a fare progredire la Congregazione. Quando c’è questo, si può davvero recitare l’Atto di carità: Vi amo con tutto il cuore, sopra ogni cosa. Ma questo sarebbe l’amor di Dio. Però bisogna anche dire che tante volte domina l’amor proprio, e molte cose si fanno proprio per questo amor proprio. Si vuol essere stimate, si vuol essere ben vedute, si vuol essere approvate, che parlino di ciò che abbiamo fatto e se non ne parlano, ci disgustiamo! E se c’è qualche male si cerca di nasconderlo.
E vi sono poi anche le invidie e qualche volta i dispetti, ecc. Si ama Iddio con tutto il cuore? Occorre che diciamo a noi stesse: Se togli l’amor proprio per intero, sarà tolto tutto il nero. A volte l’amor proprio è sotto forma di orgoglio, di superbia, a volte sotto forma di comodità. Si vuole quell’ufficio, si vuole quella casa, si vuole fare quel determinato lavoro, ecc., per spirito di comodità. Si portano tante ragioni, ma la ragione in fondo, in fondo è l’amor proprio. E questo amor proprio poi si mostra anche in sensualità, in golosità, in curiosità, in pretese di riguardi, ecc.
Il cuore com’è? Se noi diciamo al confessionale soltanto le parole e le opere, non facciamo veramente bene la Confessione, perché se non cambiamo i pensieri e i sentimenti, le opere e le parole saranno di nuovo ripetute, ancorché adesso detestiamo le opere e le parole. Ma, detestare i frutti senza mettere la scure alla radice e tagliare la radice che è l’amor proprio, cosa servirebbe? Passato un po’ di tempo, i frutti verrebbero fuori di nuovo.
Poi tutto quello che riguarda la preghiera, la santificazione del cuore. Si ama proprio Gesù? Consacrate a Gesù, si possono ancora voltare gli occhi a destra o a sinistra e cercare altre cose? Si può permettere che il cuore desideri affezioni o dentro o fuori, o della famiglia o in altra forma? Amare il Signore!
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La preghiera. Ricordiamola solo per accenno per continuare poi su questo punto e venire ad accusare pienamente l’interno. Non troppa preoccupazione dell’esterno, preoccupazione [invece] che i pensieri siano giusti e i sentimenti siano rivolti verso Dio. Allora santifichiamo la mente, santifichiamo il cuore e si compie quello che Gesù dice nel primo comandamento, santificare la mente: «Amerai il Signore Iddio tuo con tutta la mente e con tutto il cuore»13. Poi, piacendo al Signore, andremo avanti.
Se le Confessioni sono ben fatte, settimana per settimana si sente che si sale un gradino. E se anche non si sente proprio chiaramente settimana per settimana, ma alla fine del mese, nel ritiro mensile, lo si vede, lo si scopre, lo si constata. Chiediamo dunque la grazia di far delle sante Confessioni.
Gesù è l’amico dei peccatori e lo siamo tutti. Quando fu elevato sul Calvario, elevato alla vista di tutti, inchiodato sulla croce, non si prese in primo luogo premura delle sofferenze, ma dei peccatori: «Padre, perdona loro perché non sanno quel che fanno»14. Quando poi Gesù risuscitò e apparve a porte chiuse agli apostoli radunati nel cenacolo, che cosa disse subito? «La pace sia con voi! Ricevete lo Spirito Santo: a quelli a cui rimetterete i peccati, saranno rimessi; e a quelli a cui li riterrete, saranno ritenuti»15.
Dunque, santifichiamo bene le nostre Confessioni, saranno di grande vantaggio e tranquillità. Allora non si andrà tanto a confessarci per sentire delle belle parole, quanto per portare buone disposizioni interiori: dolore e proposito.
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1 Meditazione tenuta a Roma il 31 maggio 1958. Trascrizione da nastro: A6/an 48b = ac 83b. Introduzione agli Esercizi spirituali alle propagandiste. Stampata in Rag, n. 5, luglio-agosto 1958, pp. 134-139.
2 Cf Lc 10,20: «Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».
3 Cf Mc 6,31.
4 Cf AD, 152.

5 Cf Le preghiere della Pia Società San Paolo, ed. 1944, p. 18.

6 Cf 1Cor 5,10.

7 Cf Mt 19,21.
8 I microfoni per la registrazione e per l’amplificazione.

9 Gesù gloria delle vergini, concepito dalla beata Madre. Inno attribuito a S. Ambrogio (339 ca.-397), arcivescovo di Milano, Padre e Dottore della Chiesa. È considerato il padre della liturgia ambrosiana.

10 Cf Alberione G, Amerai il Signore con tutta la tua mente, in Alberione G., Anima e corpo per il Vangelo (ACV), Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2005, p.17.
11 Metodo educativo ispirato al sistema preventivo di S. Giovanni Bosco (1815-1888) che poggia sul trinomio: ragione, religione e amorevolezza. E mira a favorire la crescita di tutta la persona del giovane: corpo, cuore, mente e spirito.
12 Morale della convenienza o etica della situazione, nella molteplicità delle posizioni che la costituiscono, sostiene l’autonomia individualista della coscienza, posizione inconciliabile con il Vangelo, condannata da due discorsi di Pio XII nel 1952 e dall’istruzione del S. Uffizio del 1956. Cf Pio XII, L’educazione della coscienza, 23 marzo 1952, e Una nuova morale, 18 aprile 1952, in Insegnamenti pontifici, vol. 3, Edizioni Paoline, Roma 1957, nn. 576-587, pp. 455-461, e nn. 588-595, pp. 462-466.

13 Cf Mt 22,37.
14 Cf Lc 23,34.
15 Cf Gv 20,21-23.