Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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3. PRIMA MESSA IN ONORE DEL DIVINO MAESTRO1

In questa chiesa abbiamo chiesto tante volte alla nostra Madre Regina la grazia di pregare il suo Figlio secondo il suo spirito. Ugualmente abbiamo chiesto questa grazia a S. Paolo, per meglio capire il Maestro divino, come egli ci ha insegnato nelle sue lettere, e presentare al Padre celeste per mezzo suo le nostre adorazioni, i nostri ringraziamenti, le nostre soddisfazioni e le nostre suppliche.
Ed ecco che noi sentiamo di essere esauditi, e questo è un primo passo a cui seguiranno altri, a Dio piacendo e con la grazia del Maestro divino. Abbiamo ricordato nel ritiro mensile l’enciclica scritta da Leone XIII sul finire del secolo passato: novembre del 19002. In questa enciclica il grande Pontefice con il suo occhio che guardava lontano e dominava, si può dire, i secoli, la storia, ci ha insegnato a invocare in questo secolo Gesù Cristo come Via, Verità e Vita per ogni individuo e per la umanità. Ora, ecco che noi abbiamo cercato di seguire l’insegnamento che ci veniva dal Vicario di Gesù Cristo e costantemente abbiamo indirizzato la nostra pietà, i nostri studi, il nostro apostolato, la nostra vita religiosa verso questa devozione a Gesù Maestro. E sempre nell’Istituto si sono dati agli insegnanti i titoli corrispondenti: ogni insegnante è chiamato Maestro, ma non inteso solamente come insegnante, che questo sarebbe ben poco, rispetto a quello che è più alto: un insegnante che precede, un insegnante che prega e offre al Signore le sue orazioni perché gli uditori siano...3il quale
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è nello stesso tempo e rispettivamente Via e Verità e Vita. E in questo modo viene a formarsi il Cristo nelle anime fino al perfezionamento a cui è giunto S. Paolo e cioè: «Vivit vero in me Christus»4.
La giornata di oggi è consacrata al divino Maestro. La giornata invece di domenica prossima verrà consacrata alla memoria di S. Paolo, la sua conversione. E quest’anno prende un colore particolare, secondo quello che ci hanno detto in questi giorni coloro che hanno più approfondito tali studi, perché ricorre il centenario della lettera di S. Paolo ai Romani: 5819585. E questa è la lettera principale nella quale sono esposti i dogmi fondamentali della nostra religione e S. Paolo espone quello che egli poteva chiamare «il suo Vangelo»6. In Alba abbiamo voluto che una delle grandi finestre [del Tempio S. Paolo] riproducesse appunto il grande avvenimento: S. Paolo detta la sua lettera ad uno dei discepoli a Corinto, e la lettera viene portata a Roma, alla città che doveva essere per tutti i secoli il centro del cristianesimo7.
Hanno da godere particolarmente per questa festa i Discepoli e le Discepole che sono ornati di questo grande titolo: Discepoli, Discepole del Maestro Divino. Ci può essere qualche cosa di più grande? S. Paolo si credeva onorato di fregiarsi di tale nome. E questa devozione noi la dobbiamo attingere e praticare nello stesso tempo con la pratica dell’adorazione, con il culto Eucaristico in generale e con la lettura del Vangelo, con il continuo lavoro di apostolato per dare all’umanità Gesù Cristo Via, Verità e Vita.
Perché questo? Perché noi dobbiamo vivere il Cristo totale, come egli è, e cioè come egli si è definito: «Via Verità e
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Vita»8. L’uomo è uno, ma le sue facoltà fondamentali sono tre: l’intelligenza, il sentimento, la volontà. Dio è uno e ha creato l’uomo, ma Dio è in tre Persone e possiamo dire che ognuna delle Persone ha impresso nell’uomo una delle sue proprietà personali: il Padre la volontà; il Figlio l’intelligenza; lo Spirito Santo il sentimento. E allora ecco Gesù Cristo che sta mediatore fra la Trinità e l’umanità. Egli è Via, Verità e Vita e in lui si raccoglie, diciamo così, la perfezione dell’augusta Trinità che poi riflette sopra di noi a santificazione della mente e del sentimento e della volontà. Nelle nostre Costituzioni e in tutto il complesso delle regole e degli indirizzi e delle predicazioni e dell’educazione che si dà, sempre si espone, si insegna, si dà Gesù Cristo Via, Verità e Vita.
Ora, alcune parole sopra la Messa che stiamo celebrando9. Leggete l’Introduzione: Cristo è Maestro dell’umanità per un triplice titolo: perché con la sua dottrina ci ha introdotti nei più profondi segreti della divinità e ce ne ha svelato i più intimi misteri. Secondo: Perché con il suo esempio ci ha tracciato la via attraverso la quale arrivare a Dio. E terzo: Perché mediante la grazia ci ha reso possibile la pratica di quanto egli ha insegnato. La Messa di nostro Signore Gesù Cristo divino Maestro vuole essere una esaltazione di questo magistero perfetto che non trova riscontro sulla terra. Perciò l’Introito ci dice che già molte volte il Signore aveva insegnato, aveva parlato agli uomini per mezzo dei profeti, ma negli ultimi tempi, quando cioè scriveva S. Paolo: «Locutus est nobis in Filio: Ha parlato per mezzo del suo Figlio»10. E allora, il suo Figlio ci ha dato insieme la dottrina, la sua legge e, nello stesso tempo, la grazia, l’aiuto, per credere, per vivere secondo la sua legge, secondo i suoi esempi. Quindi abbiamo letto: «Osserva popolo mio la mia legge e porgi il tuo orecchio alle mie parole»11.
Nell’Oremus si dice: Onnipotente, eterno Iddio, che ti sei degnato di mandare il tuo Figlio unigenito quale Maestro del
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mondo, concedi benigno che, ripieni della sua dottrina, più facilmente intendiamo le cose celesti. Abbiamo bisogno di intendere le cose di Dio. Per sentire meglio la Messa, seguire le parole d’introduzione.
L’Epistola è presa dal libro del Deuteronomio12. Mosè è figura del Maestro divino e allora il Signore annunzia a Mosè che dopo di lui, a suo tempo, cioè nella pienezza dei tempi, sarebbe venuto un altro simile a lui, a insegnare agli uomini la via di Dio. «Il Signore Dio tuo susciterà per te un profeta della tua nazione e dei tuoi fratelli come me. Lui ascolta, come chiedesti al Signore Dio tuo sull’Oreb, quando era convocata l’assemblea, e dicesti: Non ascolterò più la voce del Signore Dio mio, né vedrò più questo sì gran fuoco, per non morirne. E il Signore mi disse: Hanno parlato bene in tutto». E qui la profezia più chiara: «Farò sorgere per loro, di mezzo ai loro fratelli, un profeta simile a te; porrò sulla sua bocca le mie parole, e dirà ad essi tutto quello che io comanderò. Se qualcuno non vorrà dare ascolto alle parole che egli dirà in nome mio, ne farò io la vendetta».
E queste parole rispondono a quello che leggiamo nel Vangelo: «Chi non crederà non sarà salvo e chi crederà sarà salvo»13. Perciò con il Graduale14noi rispondiamo: «Il Signore è la mia luce e la mia salvezza, di chi temerò?». «O Signore dammi una guida sulla tua via e conducimi per retto sentiero, a motivo dei miei nemici»15.
Il Vangelo è ricavato da S. Matteo. Si fa un confronto, ed è Gesù stesso che lo fa, tra coloro che si dicevano maestri in Israele, ma che ai tempi di Gesù Cristo avevano declinato assai dalla loro via. Perciò si contrappone il Maestro divino ai falsi maestri. I falsi maestri sono quelli che non precedono con l’esempio: insegnano ma non fanno, perciò non sono veri maestri. «In quel tempo Gesù, parlando alle turbe e ai suoi discepoli disse: Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli Scribi e i Farisei. Fate dunque, e conservate tutto ciò che vi dicono, ma
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non imitate le loro opere, perché dicono e non fanno. In verità, mettono insieme pesanti fardelli, difficili da portare e li pongono sulle spalle degli altri, ma essi non vogliono smuoverli neanche con un dito. Fanno poi tutte le loro opere per essere veduti, perciò portano filatterie più larghe e frange più lunghe. Amano i primi posti nei conviti e i primi seggi nelle sinagoghe, e i saluti nelle piazze ed essere chiamati maestri dalla gente. Voi non fatevi chiamare maestri. Uno è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate nessuno sulla terra padre: uno solo è il Padre vostro, colui che abita nei cieli. E non fatevi chiamare maestri, perché uno è il vostro Maestro, Cristo»16.
Perché la dottrina era sua, e la dava con sapienza e con bontà; perché prima faceva quello che poi insegnava; e perché morendo sulla croce acquistò la grazia. Nessun altro insegnante è un maestro così compìto. Perciò ecco quello che abbiamo noi da dire e quello che abbiamo da considerare: le parole del Padre celeste, già notate prima nel corso della Messa: «Questo è il mio Figlio diletto, che mi piace, ascoltatelo»17.
L’Offertorio e la Secreta18 hanno gli stessi pensieri: «Il Signore darà la guida a coloro che si sono smarriti per via» ed è l’umanità che si era smarrita per via. «Dirigerà i mansueti», cioè le persone docili nella giustizia; «insegnerà ai miti le sue vie»19. E si prega perciò: Accogli, te ne preghiamo, o Signore, i doni che ti abbiamo offerti e fa’ che, seguendo fedelmente la dottrina del Figlio tuo, otteniamo la pace e il gaudio. Il frutto quindi di coloro che sono docili e che ascoltano il Maestro divino: «Uno solo è il Padre vostro, colui che abita nel cielo. Uno solo è il vostro Maestro, Cristo». Perciò alla fine domandiamo la grazia di essere docili al Maestro divino.
Nell’Istituto occorre prendere bene tutto l’insegnamento, completo, non soltanto in classe, nella scuola, ma particolarmente nelle predicazioni, nell’indirizzo che viene dato e in tutto quello che è il complesso della formazione.
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Secondo, dobbiamo imitare Gesù Cristo: egli ci ha tracciato la via. Certamente è buona cosa l’imitazione dei santi ed è magnifica cosa l’imitazione di S. Paolo nostro padre, ma possiamo andare a colui che è il Santo, non un santo, Gesù Cristo. Modellare la nostra vita direttamente su di lui è cosa che ci eleva e ci abbrevia la strada della perfezione20.
Troppo spesso c’è la tendenza a seguire una determinata mentalità, una determinata spiritualità, un determinato metodo, ma il metodo non può essere che uno per chi vuol farsi presto santo: Gesù Cristo, il Vangelo.
Soltanto seguendo il Maestro divino Via, Verità e Vita possiamo esser veramente compìti21, come ci vuole il Signore. Santificati nella mente, nel sentimento, nella volontà e anche nel corpo stesso, particolarmente per i santi voti e per il contatto con le cose divine, di Gesù Cristo.
Oh, così l’apostolato! Quanto più l’apostolato dà Gesù Cristo, tanto più corrispondiamo alla nostra vocazione. Anzi, siamo fatti per questo! La corrispondenza alla nostra vocazione è sempre questa: dare Gesù Cristo Via, Verità, Vita quanto all’apostolato. Dare quel che noi abbiamo ricevuto: dare quel che siamo! Essere veramente consoni a noi stessi. Non dobbiamo prendere un duplice orientamento: uno per la vita nostra, l’altro per la vita delle anime. Noi siamo santificati in Cristo e le anime dobbiamo salvarle in Cristo.
Ora, nel corso della Messa orientiamoci in questi pensieri. Primo: il Maestro divino ha un grande libro che è il creato. Studiare le scienze vuol dire studiare il libro divino: «Omnia per ipsum facta sunt, et sine ipso factum est nihil quod factum est»22. Ogni studio della natura, ogni invenzione è trovare, o meglio, andare ad un altro sedicesimo del libro della natura e leggerlo. Gli uomini, in realtà, sono discepoli di Dio in tutto lo studio della natura.
Secondo: penetrare la Rivelazione, specialmente la Rivelazione operata da Gesù Cristo. Approfondire il Vangelo, questo
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è il nostro libro, sul quale devono conformarsi tutti gli altri
libri, tutte le pubblicazioni.
Terzo: il Signore ci insegna per mezzo della maestra, la Chiesa, la quale interpreta la parola di Gesù Cristo Maestro. La interpreta, la conserva, la difende, la propone a noi e: «Chi ascolta voi, ascolta me»23 disse Gesù Cristo. Fedelissimi servitori e figli della Chiesa, non di quelli che si servono della Chiesa per i loro fini, ma quelli che servono e seguono filialmente la Chiesa.
Quarto: mirare a quella luce eterna, lux aeterna, dove il Maestro rifletterà sopra di noi una luce nuova e in quella luce vedremo Iddio faccia a faccia in gaudio, per tutta l’eternità.
Quindi quattro passi: il libro della natura, il libro della Rivelazione, il libro della Chiesa. E poi, per chi avrà seguito il Maestro Divino: la luce eterna. Vedrà dal libro della divinità: la SS.ma Trinità.
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1 Omelia tenuta alla Famiglia Paolina a Roma, santuario Maria Regina degli Apostoli, 24 gennaio 1958. Trascrizione da nastro: A6/an 42b - ac 72a. Il 20 gennaio 1958 il card. Amleto Cicognani (1883-1973) inviava l’approvazione della Messa votiva a N. S. Gesù Cristo Divino Maestro (cf Regina Apostolorum, (RA), 1958 febbraio, 1-2). Don Alberione raccomanda: “La prima celebrazione rivesta qualche solennità, come già si è fatto a Roma”.
2 Leone XIII, Lettera enciclica Tametsi futura (1 novembre 1900): ASS 33 (1900-01), pp. 273-285. Cf RA, 1 (1958) 1-4; CISP, pp. 1218-1225.
3 Frase incomprensibile e vuoto di registrazione.

4 Cf Gal 2,20: «Cristo vive in me».
5 Cf RA, 2 (1958) 2-4; CISP, pp. 606-610.
6 Cf Rm 2,16.
7 Il 28 ottobre 1928 il Tempio S. Paolo presso la Casa madre della Società San Paolo in Alba veniva benedetto dal Vescovo Mons. Francesco Re (1848-1933). Delle ventidue vetrate, le quattro a forma di conchiglia rappresentano episodi della vita di S. Paolo. Qui in particolare ci si riferisce a quella che illustra l’Apostolo che scrive la lettera ai Romani. Cf AA. VV., Il tempio di San Paolo in Alba, Edizioni Paoline, Alba 1988, pp. 69-72.

8 Cf Gv 14,6. Cf AD 159, 160.
9 Il proprio della Messa con l’Introduzione di cui si parla è riportato in RA, 2 (1958) 1-2.
10 Cf Eb 1,2.
11 Cf Sal 77,1 (Volgata). La citazione fa parte del testo dell’Introito.

12 Cf Dt 18,15-19.
13 Cf Mc 16,16.
14 Nella liturgia precedente il Concilio Vaticano II, il Graduale nella Messa corrispondeva a quell’insieme di versetti che seguivano l’Epistola.
15 Cf Sal 26,1.11 (Volgata).

16 Cf Mt 23,1-10.
17 Cf Mt 17,5. Si riferisce al Tratto.
18 Nella liturgia precedente il Concilio Vaticano II, la “Secreta” era l’orazione recitata a bassa voce dopo l’Offertorio.
19 Sal 24,8-9.

20 Interruzione di registrazione.
21 Vuol dire: completi.
22 Cf Gv 1,3: «Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste».

23 Cf Lc 10,16.