30. MEDITAZIONE ALLE NOVIZIE1
Avete una grande fortuna nel fare il noviziato sotto lo sguardo di Maria. Maria è il modello delle educatrici, ed è stata modello delle educatrici anche perché fu il modello delle educande. Modello delle educande, cioè corrispose in tutto alla grazia di Dio, si lasciò guidare dal Signore e da quelle persone che il Signore mandò sulla sua strada per indirizzarla verso il cielo, verso la sua missione. Quelle persone che il Signore mandò sulla strada della sua vita non sempre erano a conoscenza, anzi per lo più, non erano a conoscenza della missione stessa che Maria avrebbe compiuto nella sua vita. Maria fu docile, apprese tutto, corrispose pienamente alle grazie o che venivano dal Signore direttamente, oppure venivano attraverso chi la istruiva, chi la guidava nella sua fanciullezza, nella sua giovinezza.
Quando un’anima si rimette totalmente nelle mani di Dio e nelle mani delle persone di cui Dio si serve, allora quest’anima potrà compiere tutto il bene che Dio aspetta da lei, potrà corrispondere pienamente ai disegni di Dio sopra di lei. Non potete adesso conoscere tutto il futuro nei particolari, perché oltre alla vita esteriore che si potrà fare nella comunità, nella Congregazione, vi è tutta una condotta di Dio nell’interno dell’anima. E quanto Dio potrà elevare la vostra anima, quanto Iddio potrà dare di luce alla vostra anima, quanto potrà infondervi di grazia, di forza per compiere totalmente il suo volere, per la santificazione, la perfezione e l’apostolato! Mirabile il Signore nei suoi disegni! Siamo docili alla sua grazia, nessuna resistenza, mai, perché allora resistiamo al bene nostro e non lo vogliamo. Docilità è allora: considerare questa fiducia in Dio e fiducia in chi guida, e lasciarsi veramente condurre docilmente.
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Due cose da notare adesso. Si entra nel noviziato e si è buone cristiane, però semplici cristiane. Prima avete già dato prova di osservare i comandamenti di Dio, una certa prova anche di tendere alla vita religiosa e di voler praticare quello che la vita religiosa paolina comporta. Quindi non soltanto il primo articolo delle Costituzioni, tendere alla perfezione mediante l’esercizio della povertà, castità, obbedienza e vita comune, ma ancora quello che è il secondo articolo delle Costituzioni, cioè attendere all’apostolato secondo lo spirito della Congregazione cioè con i mezzi più celeri e più efficaci, i mezzi più adatti ai tempi, quei mezzi che il progresso umano mette a servizio del Vangelo.
Come si deve uscire dal noviziato? Si deve uscire religiose. Se l’anima, dopo tanta preghiera e dopo tanta riflessione e tanti consigli così decide, perché sente la voce interna, se ha quel desiderio di santità e di apostolato, e ha ricevuto il consiglio di camminare nella via intrapresa, e ha pregato molto, allora è decisa. Da notare però questo: la professione è la dichiarazione pubblica della volontà, dell’impegno, del proposito. La professione è dichiarazione che impegna davanti a Dio e davanti alla Chiesa. Però, perché sia sincera bisogna che la dichiarazione sia fondata, e quindi che l’animo sia già trasformato secondo lo spirito paolino: trasformato il pensiero, trasformato il cuore, trasformata la volontà, trasformata la vita, le abitudini. Anche il governo del corpo sia fatto religiosamente, cioè gli occhi e tutti i sensi, l’udito, anche i sensi interni, tutto sia conformato alla vita paolina. È tutta una trasformazione, la creazione di una persona nuova: da semplice cristiana a religiosa paolina. Questa trasformazione si opera cambiando i pensieri e uniformandoli alla Congregazione, alla vita religiosa, conformandoli a Dio, conformandoli a tutti i principi che vi sono nel Vangelo, quei principi di fede che reggono la vita religiosa.
Principi di fede. Il fondamentale è: «Se vuoi essere perfetto»2 e poi le tre parti di questa perfezione che ci vogliono nella vita religiosa: la povertà, l’obbedienza, la castità. Pensare ed essere convinti che questo è il meglio; pensare che questo è
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una grazia, è un privilegio e, nello stesso tempo, un invito di Dio alle anime che ama. Così orientare il cuore perfettamente verso Dio, cioè che non ci siano più desideri umani, desideri ispirati dall’ambizione o dall’amor proprio, desideri di cose della terra, di ornamenti, desideri di piaceri, desideri anche di quello che sarebbe lecito in altro stato, in maniera che l’affetto, l’amore verso Dio sia puro, intero.
Perché chi forma una famiglia «divisus est»3, chi invece si dà a Dio è di Dio, e deve essere di Dio. Deve sentire Dio e aspirare a Dio e a vivere per Dio attraverso la Congregazione, così da amarla come una creatura di Dio, come il riposo dell’anima. Amare la Congregazione come la famiglia delle anime che vogliono essere perfette nello spirito paolino, così da stabilire anche quello che sembra giusto secondo il quarto comandamento: stabilire il cuore nella famiglia religiosa. Considerare l’affetto che si deve portare ancora alla famiglia umana, in altro senso, in senso soprannaturale, persuase che si forma una famiglia nuova a cui bisogna contribuire in tutte le maniere che è possibile, a cui si donano le forze, a cui si dona la vita, perché sia condotta secondo lo spirito della Congregazione, quindi nella maggiore perfezione e nel migliore apostolato.
Adesso si nota che vi è un affetto a volte un po’ disordinato riguardo alla famiglia umana. Non si capisce allora che cosa sia la famiglia religiosa e la famiglia di Dio, la famiglia nuova, la famiglia a cui si appartiene e nella quale si è entrati. Allora si va disfacendo un po’ la professione, se ci sono sempre le premure per parenti e ci si preoccupa di più delle loro cose materiali che della Congregazione, oppure ci si preoccupa più delle loro cose materiali che delle loro cose spirituali. «Lasciate che i morti seppelliscano i morti»4, cioè chi non lascia suo padre e sua madre, le sorelle, tutti i parenti e se stesso non è degno di me, non può essere mio discepolo. Bisogna stabilire il cuore. Se non ci si sente di fare questo, allora è necessario riflettere bene prima di fare il passo.
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In terzo luogo, cambiare la volontà. Prima ero per la vita cristiana, adesso sono per il perfezionamento della vita cristiana, cioè voglio seguire Gesù nella povertà, nella castità e nell’obbedienza. La volontà è già abituata a osservare la povertà non solamente come proposito, ma di fatto, e non solamente con qualche atto di povertà, ma con l’abitudine alle tre virtù che sono sostenute dai tre voti: già l’osservanza della povertà, già l’osservanza della castità, già l’osservanza dell’obbedienza intera. Bisogna che pensiamo che nella funzione prima dell’emissione dei voti si dice: Finora siete libere, potete passare alla famiglia, alle vie ordinarie del mondo. Riflettete. E se siete decise, fate il passo avanti. Quel passo non vuol dire che crea le virtù, ma le conferma, e conferma la volontà, e intanto si dichiara di volere praticare quelle virtù confortate, aiutate dall’emissione dei voti.
In sostanza, bisogna essere già religiose prima di emettere la professione. E il noviziato è quel grande mezzo stabilito dalla Chiesa per compiere questa trasformazione. Non bisogna perdere né un giorno, né un’ora del noviziato. Tutto è prezioso: quello che vien detto, quello che vien dato, quello che viene insegnato, quello che viene corretto, quello che viene indicato. Tutti mezzi che si hanno in mano per l’aumento della grazia e per questa trasformazione: Signore, create in me un altro spirito. «Emitte Spiritum tuum et creabuntur»5. Che siamo creati esseri nuovi, esseri di Dio, totalmente di Dio.
La trasformazione occorre che sia profonda. Già vi è questo, che si fa il noviziato secondo il minimo che prescrive la Chiesa: un anno. Altri Istituti fanno di più di un anno. Ma questo non deve scoraggiare nessuno, ma deve impegnare tutte fin dal primo momento in cui avete sentito: Ora vi ricevo a nome della Congregazione, novizie della Famiglia Paolina6. Da quell’istante tutto è prezioso, anche un’avvertenza, una piccola cosa, un esempio delle Maestre più anziane, e tutto il complesso dell’andamento. Vi sono tendenze: Questa è perché è entrata che era già più anziana e stenta a prendere le abi-
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tudini; quest’altra ha certi modi di parlare, di considerare le cose che poco per volta si correggeranno. Il noviziato è per fare la Paolina! E non bisogna aspettare dopo. Dopo si perfezionerà. Da lì incomincia proprio il lavoro al quale ci si impegna mediante la professione.
Meno ci scusiamo, meno siamo indulgenti con noi nel modo di pensare, nei sentimenti del cuore, nella volontà, nelle risoluzioni, nelle abitudini che si prendono, meno ci scusiamo e più saremo sante e felici nella vita religiosa. Perché la vita religiosa o si vive appieno e allora è una vita religiosa gioiosa, o non si vive appieno e allora si è in un continuo malessere: Undequaque patitur angustias7, da tutte le parti, tutto quel che vien detto fatto, ecc.
A volte manca proprio l’intelligenza della Congregazione e quindi la minore stima. E minor stima dei pensieri che la dirigono, di come si vive, degli orari che sono dati, di quello che riguarda l’apostolato. Si fanno troppe eccezioni. Qui non è che tutto sia perfetto: nessuno è perfetto e nessuna comunità è perfetta. Ma noi dobbiamo sopportare l’imperfetto, tante volte, per essere perfetti, per eliminare le nostre imperfezioni. Avete sentito forse che Maria si sia lamentata una volta di qualcosa? Fuggite chi mormora, perché è peggio chi mormora di uno che abbia una malattia infettiva. Fuggite! E avvicinate invece sempre quelle che hanno più buon spirito, perché nella Congregazione bisogna guardare, come dice S. Bernardo, di imitare coloro che sono da imitarsi. Allora da una si impara l’obbedienza, dall’altra la pazienza, da un’altra lo spirito di pietà, dall’altra l’amore all’Istituto, ecc. E si raccoglie come l’ape fior da fiore, il meglio, non il peggio. Vi sono persone che sembrano destinate a raccogliere gli stracci e a metterli in vista con le loro mormorazioni o a scopare la camera e poi mettere la spazzatura sopra il tavolo. Bisogna proprio mettere in vista il male? O bisogna mettere in vista il bene? Lì si mostra che la tendenza non è buona, che il cuore non è a posto. Lo spirito di mormorazione indica chiaramente che il cuore non è a posto, non è a posto con Dio e, per conseguenza, non è a posto con
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la Congregazione, con le persone della Congregazione. Guardarsi!
La seconda cosa che volevo dire è questa: mettersi davanti bene ciò che si lascia e ciò che si abbraccia, perché la professione, se la fate, sia cosciente. Cosciente vuol dire saper bene ciò che si fa, gli impegni che si prendono e quello che intanto bisogna lasciare con vero distacco, con vero distacco interiore. Perché si può essere poveri poveri, essere privi di tante cose, ma intanto avere l’attaccamento, il desiderio vuoto, il desiderio peccaminoso degli averi, fino magari a desiderare quello che è illecito desiderare, e magari desiderarlo e volerlo in modo non conforme alla volontà di Dio. Così in tutto.
Vedere di conoscere bene ciò che si lascia e ciò da cui bisogna distaccare il cuore, non solamente con la parola, ma con il sentimento. E particolarmente alle cose della terra opporre la ricerca di Dio, di Dio e delle anime, di Dio e del paradiso. Il distacco. Mettersi proprio davanti anche lo stato di una figliuola che segue la via ordinaria dei cristiani e che vuole formarsi una famiglia. Capisce bene ciò che lascia? Perché, se di lì a un po’ comincia ad aprire l’occhio verso qualche cosa che poi si desidera… Ecco: prima poteva esser lecito, fino a un certo punto, dopo diviene peccato, se questo occhio, questo sguardo è dato volontariamente e con cattiva disposizione interiore, che poi costituisce il peccato. Occorre pensare precisamente: se si rinunzia, se si vuole lasciare ciò che è il frutto dell’apostolato, frutto materiale, e cioè si vuole praticare la povertà, si rinuncia ad ogni amministrazione; si vuole specialmente lasciare la nostra volontà per abbracciare quella di Dio, manifestata da Dio in tante maniere, tra cui specialmente le Costituzioni e la voce di chi guida la comunità.
Mettersi davanti bene tutto e con il complesso dei sacrifici che questo comporta, perché la scelta sia fatta con coscienza tra la famiglia e Dio, cioè la Congregazione, famiglia di Dio. Adhuc liberi estis, si dice nel Rituale della professione. Finora siete libere. Mettervi davanti tutto, non nascondervi nulla, e chiedere tutte le spiegazioni che si desiderano e di cui si ha bisogno. E chiederle a coloro che hanno l’incarico di rispondere adeguatamente alle domande che voi desiderate
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fare. E d’altra parte, mettere bene davanti all’occhio ciò che si abbraccia, quello che sarà la vita seguente, cioè la vita che seguirà la professione. Non andare avanti con dubbi e incertezze, e non lasciarsi quasi condurre dall’acqua del fiume, come si fosse un pezzo di legno che la corrente trascina, cioè perché tutti vanno avanti, perché siamo in questa strada. No, non si è pezzi di legno. Si è persone vive, si è persone intelligenti. Si è persone fornite di molta grazia da Dio. Bisogna sempre far conto delle grazie successive.
Il Signore sparge sulla via che ci ha preparato, sparge su questa via le grazie necessarie. Ma bisogna passare per quella via che il Signore ha segnato, se no non le troviamo. Se noi passiamo da questa via troveremo queste grazie, ed esse ci accompagneranno, ci conforteranno e renderanno lieta la nostra vita, veramente gradita al Signore. Potremo così arrivare a quel soggiorno eterno che è il Signore, perché qui siamo tutti in viaggio. Si tratta di passare per una strada o per l’altra ma la meta è unica: il cielo. E sarà tanto più glorioso quanto più la vita religiosa è stata abbracciata con fede, con coraggio, e vissuta, quanto più si va avanti, sempre nella fede, nel coraggio, nella letizia e nell’ottimismo. Tante volte quei pessimismi che vengono dopo, per lo più sono segno che c’è stato un raffreddamento, segni di un raffreddamento per cui bisogna dire: Non ho corrisposto alle grazie. E si troveranno tante obiezioni, tante difficoltà che forse non saranno superate, ma questo dipenderà dalla volontà e dalla preghiera. Dalla volontà risoluta e dalla preghiera con cui si ottengono le benedizioni di Dio.
Andate dunque avanti serenamente nel vostro noviziato. Sotto la guida di Maria, tese sempre a seguire il Maestro divino: «Vieni e seguimi»8, se tale è la voce che avete sentito. E «Avrete il centuplo e possederete la vita eterna»9.
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1 Meditazione tenuta alle novizie a Roma il 16 dicembre 1958. Trascrizione da nastro: A6/an57b = ac 97b. Stampata in sedicesimo (pp. 1-8) insieme a una conferenza della Prima Maestra Tecla Merlo (1894-1964) e a una di M. Nazarena Morando (1904-1984).
2 Cf Mt 19,21.
3 Cf 1Cor 7,33-34: «…si trova diviso».
4 Cf Lc 9,60.
5 Cf Sal 104,30: «Manda il tuo spirito e saranno create tutte le cose».
6 Cf Rituale della Pia Società delle Figlie di San Paolo, o.c., p.32.
7 Imitazione di Cristo, I, XXV, 3: “È angustiato per ogni verso”.
8 Cf Mc 10,21.
9 Cf Mt 19,29.