Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Roma, 30-31 luglio 1958,
FSP che si preparano alla professione perpetua


I
LA PREGHIERA1


Per sentirsi pienamente alimentata, nutrita spiritualmente, pregare, udire delle preghiere. Dire delle preghiere scappando, dire delle preghiere distratte, dire delle formule è già qualcosa, è riconoscere che c’è il Signore, che da lui veniamo e a lui dobbiamo andare, e che egli è colui che ci governa e da cui procede ogni bene: Pateant aures tuae: Si aprano le tue orecchie, o Signore, si aprano in misericordia2. Queste formule dette superficialmente, quanto alla vita cristiana quasi quasi a volte bastano, ma se si vuole arrivare alla santità, non bastano. Vi sono anche i maomettani che pregano e dicono delle formule o fanno dei gesti; vi sono gli ebrei che pregano e hanno anche i loro sacrifici, hanno i loro giorni di preghiera. Dire delle formule è troppo poco.
Eppure, molte volte si pone tutta la volontà, l’impegno a cantare bene il salmo, senza errori, modulando la voce, senza capire che cosa si dice, che cosa si canta. Qualche volta, specialmente quando si entra nell’Istituto, si prendono delle formule esterne e delle maniere esterne: avere la corona in mano specialmente quando si va da luogo a luogo, e poi imparare a memoria le orazioni che sono nel Libro delle Preghiere… Tutto questo è necessario.
Se però si prende solamente la forma esterna, la formula esterna, allora la preghiera non entra nell’interno, perché non procede dall’interno. Vi sono invece coloro che hanno lo spirito di preghiera, cioè non dicono solamente delle Ave, Maria e dei Padre nostro nel rosario, ma meditano il mistero e ricavano un pensiero buono, un insegnamento buono e una grazia da
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chiedere al Signore, secondo la luce che procede dal mistero stesso. Non vanno solamente a confessarsi, perché sono passati gli otto giorni e bisogna essere più o meno brevi3, ma sono persone che quando vanno a confessarsi sentono il bisogno di rinnovarsi, di cambiare. Sentono che hanno ancora delle imperfezioni, dei difetti, delle cadute che forse saranno soltanto veniali, e sentono che ancora non detestano abbastanza il male, non hanno abbastanza paura del peccato, specialmente del peccato veniale. E sentono che conducono una vita che non è abbastanza calda, allora la Confessione prende un senso: Voglio cambiare in questo, in quello; e adopererò i mezzi per rinnovarmi spiritualmente. Così dite di ogni preghiera.
La meditazione non è solamente una lettura, ma è un rinnovamento interiore, perché è una luce per l’anima ed insieme è una conoscenza più profonda di noi medesimi, e una conoscenza più profonda dei mezzi della grazia, dei mezzi che il Signore ci dà per santificarci: allora si arriva a dei propositi per la giornata. Propositi che poi sono ricordati di tanto in tanto, propositi che vengono rinnovati anche tacitamente, mettendo una mano sul petto: Nel mio cuore che cosa avevo stamattina quando ho sentito Iddio che mi parlava? Esteriormente, il libro che leggevo o l’attenzione alle parole che si dicevano, ma interiormente sentivo che cosa mi diceva lo Spirito Santo, e in che cosa potevo meglio conformarmi al Signore.
E così l’esame di coscienza non è un semplice notare, ma è proprio l’aver penetrato: Con la grazia di Dio sono riuscito fino qui; per la mia debolezza però sono riuscito solo fino qui e mi manca ancora tanto! Ecco, allora un rinvigorimento spirituale aiutato dalla preghiera. Preghiera che nasce dal pentimento e dal desiderio di perfezione, di seguire la vocazione che è lavoro di perfezionamento. Tutta la vita religiosa è soprattutto ed essenzialmente una professione, cioè un mestiere di perfezionamento.
Quando vedete artisti che pitturano o scolpiscono una statua, si impegnano con il pennello per la pittura a riprodurre meglio che possono, supponiamo, l’immagine della Madonna,
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l’immagine di Gesù e così quando fanno la statua della Madonna, la statua di Gesù. E l’artista viene, ritorna… Quando hanno lavorato per le pitture della chiesa4, hanno impiegato circa cinque anni, per preparare il lavoro e poi eseguirlo! Preparare l’anima, lavorarla, perché divenga bella davanti al Signore e possa un giorno ornare le aule celesti.
Ecco: lo spirito di preghiera è altra cosa. La Messa com’è penetrata da chi ha lo spirito di preghiera! Com’è penetrata la Comunione, considerata vero nutrimento della mente, del cuore e della volontà nel senso giusto: «La mia carne è veramente cibo»5. E così la Visita prende un senso di intimità con Gesù. L’anima parla, si confida, chiede, sente, risponde. Fra Gesù e l’anima passa una conversazione vera, che riguarda proprio gli interessi eterni, spirituali: la santificazione.
Nello stesso tempo il lavoro che si ha da fare per l’apostolato. Si trattano tutti i problemi, ogni problema, ogni bisogno dell’anima. Allora si può dire che, in qualche maniera, quasi si dimenticano un po’ tutte le cose, la terra, perché si é in conversazione con Gesù: «Bonum est nos hic esse: È cosa buona stare qui»6. Spirito di preghiera, non formule soltanto!
Ciò che deve dare compimento in questa parte ai nostri impegni è la vita di preghiera. Trasformare tutta la vita in preghiera. Non distinguere: Adesso prego, adesso lavoro, adesso faccio ricreazione, adesso mangio, adesso vado a dormire. No, tutto trasformare in orazione. Allora abbiamo la preghiera vitale, cioè il compimento del volere di Dio nella maggior perfezione che ci è possibile. Questo compimento del volere di Dio è cibo: «Cibus meus est ut faciam voluntatem Patris mei»7. E cibo che è preghiera! Vuol dire, operare sempre con fine retto, operare con l’applicazione del nostro essere a quello che facciamo, mettendoci la mente, il cuore e le forze: «Ex omnibus viribus tuis»8.
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Metterci tutto, ma sempre nell’intenzione di Dio e cioè uniformati alle Messe che si celebrano intanto che noi lavoriamo. Sulla terra il sole, parlando popolarmente, percorrendo la sua via, vede sempre che si elevano Ostie, che c’è qualche elevazione: le Messe sono continue. E tu operi in quella continuazione, in quel Gesù che sta immolandosi sopra uno, un altro, un altro altare: quattrocentomila Messe in continuità!
E l’anima, la persona, la religiosa si spende nel suo apostolato immolando le sue forze. Il Signore mi ha dato un tempo e io lo impiego per lui, per la sua gloria e per le anime! Il Signore mi ha messo in questo genere di vita, in questo apostolato: io lo compio con tutta l’applicazione e secondo la sua volontà, nel miglior modo. Immolo le mie forze. Sento che mi costa, ma anche a Gesù è costato immolarsi e Gesù perpetua la sua immolazione sugli altari. Io perpetuo la mia immolazione, l’immolazione di tutte le forze in castità, in povertà, in obbedienza: tutto nell’amore di Dio e nell’amore del prossimo, cioè per dare agli uomini la luce, la verità.
Sentire che è una missione. Gesù prima di morire diceva a Pilato rispondendo: «Io sono venuto al mondo e per questo sono nato, per dare la verità agli uomini»9. Per questa stessa missione sei tu, Figlia di San Paolo, per dare la verità agli uomini! Allora l’anima sente qualcosa in se stessa, la religiosa sente di essere lavorata e accesa da un fuoco interiore di amore a Dio e di amore alle anime. Allora tutta l’attività è una preghiera. Sia che si mangi, sia che si dorma, sia che si stia componendo alla cassa, sia che si stampi con la macchina oppure si cammini portando la verità agli uomini, ecco, tutto è una immolazione. È la preghiera più bella, è il dono perfetto, reale, non di parole, ma di vita. Il dono reale, vitale che si fa del nostro essere a Dio. La preghiera allora è veramente perfetta.
Vita di preghiera. La preghiera allora non è solamente dire delle formule, non è preghiera solamente quando si va alla Visita: è la preghiera di ventiquattro ore, della giornata. È preghiera incentrata in ciò che è più sublime e che è la nostra maggiore ricchezza: la Messa, la consacrazione della Messa.
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Sentirsi immolate con Gesù, sentire che noi uniamo il nostro sacrificio al sacrificio della croce che è redenzione per tutta l’umanità. Entrare in queste intenzioni di Gesù come Maria sul Calvario, come Maria in tutta la sua vita: sempre unita alle intenzioni di Dio, alle intenzioni misericordiose di Dio, e sempre unita alle intenzioni, alla missione di Gesù salvatore durante la sua vita terrena. Arrivare a questa vita di preghiera.
Questo è quanto mai fruttuoso, consolante nella vita. Fruttuoso, perché preghiera continua. E continua a cadere l’acqua della grazia di Dio sull’anima, la quale non si accorge, ma momento per momento riempie il suo cuore di meriti, di grazia. Perché è come il rubinetto dell’acqua sempre aperto: continua a cadere, e l’anima allarga sempre più se stessa nell’amore di Dio ed è un recipiente sempre più grande. Maria è arrivata alla pienezza: «Gratia plena: Piena di grazia»10. Arrivare alla pienezza secondo la nostra vocazione.
Noi non abbiamo una vocazione precisamente come Maria: ella diventò la madre naturale del Figlio di Dio. Noi abbiamo questa grazia però: siamo i figli di Dio e diventiamo sempre più accetti, perché avremo una pienezza di grazia secondo il nostro stato, secondo la nostra professione, secondo la nostra missione sulla terra. E allora gioia, e non si sente più tanto la fatica: Amor meus, pondus meum11. È lo stesso amore che forma il peso e porta il peso per amore. Dove vi è amore non si sente questo peso e si hanno consolazioni. Tuttavia occorre essere giudiziosi in quanto occorre anche il riposo che è di volontà di Dio. E il riposo si può trasformare in preghiera. Per mantenerci nel servizio di Dio ci riposiamo e ci nutriamo, e la religiosa, in sé stessa, nelle sue intenzioni aggiunge: Mantenermi nel servizio di Dio e nell’apostolato per le anime.
Adesso rimarrebbe a dire: Ma è proprio necessario pregare?. «Semper orare et numquam deficere»12 : questa è la parola del Maestro, il quale ha voluto spiegarci bene e quindi ha detto lo stesso pensiero in senso positivo e in senso negativo,
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cioè: «Semper orare: Pregare sempre», e poi, perché capissimo meglio: «Et numquam deficere: Non lasciare mai». Quando si arriva qui? Quando si ha la vita di preghiera. Allora è perfetto. Si prega sempre e non si lascia mai. La preghiera diviene come il respiro dell’anima. Non si cessa di respirare, bisogna sempre respirare, perché se uno va nell’acqua e ci sta cinque minuti senza respirare, è morto!
Ecco, noi dobbiamo sempre respirare. Questa vita di preghiera è il respiro continuo, come noi dobbiamo continuamente respirare l’aria: da una parte attirando nei nostri polmoni l’aria ossigenata, l’aria sana, e dall’altra parte emettendo l’aria che non è sana. E così metteremo sempre più in noi lo Spirito di Dio e cacceremo sempre più lo spirito umano, lo spirito che è ispirato, che è portato solamente dalla sensualità o dal ragionamento umano. L’anima allora ragiona e pensa secondo la fede, se no non si sa più spiegare la vita e capitano delle disgrazie. Non si sa più spiegare, perché una si è consacrata a Dio: Non era meglio di là? E si incomincia a guardare dalla finestra il mondo. Perché tutta a Dio? Non poteva fare come fanno i più nella vita semplicemente cristiana? E allora si finisce con l’essere religiose senza spirito.
Era così il nostro santo protettore, Paolo, l’apostolo e martire? Ecco, com’era? Leggete spesso la sua vita e qualche cosa rimane nell’anima, non è vero? Meditare spesso quell’anima grande, quel cuore grande, quella virtù grande, quella pietà grande che è in S. Paolo. Perciò Figlie di San Paolo che rassomiglino al padre!
Adesso domandarsi: A che punto stiamo riguardo al grande bisogno della preghiera? Le superiore hanno in primo luogo l’impegno di fare sante le loro figliuole, le figliuole che il Signore a loro affida, le suore, le figliuole spirituali. Adesso: In primo luogo, si ha cura della loro anima? E per aver cura della loro anima, esigere, confortare e insegnare a pregare non solamente con delle formule, né solamente con spirito, ma a pregare con la vita stessa. Questa è la prima parte del loro ufficio, perché se le anime sono unite a Dio, se le religiose sono unite a Dio, non hanno bisogno di tante correzioni, perché è Dio stesso che illumina. Esse nell’esame di coscienza arriveranno
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a conoscere ciò che loro manca e quello che devono ancora acquistare. E allora l’ufficio diviene facile, perché? La superiora si trova con Dio, e sono in due a lavorare. E con Dio il frutto è molto più grande. Certamente, quando Dio è con noi. Siccome siamo deboli e operare sul cuore degli uomini è la cosa più difficile: Dio, Dio! Quel Dio che ha chiamato quelle figliuole alla vita religiosa, a consacrarsi a lui, è ancora colui che vuole nutrirle, vuole dare la perseveranza, il fervore, lo spirito della missione.
Secondo, interroghiamoci: Siamo arrivati quanto alla preghiera alle formule, cioè a fare tutte le pratiche: Confessione ogni otto giorni, orazioni del mattino e della sera, esame di coscienza, la Messa, la Comunione, la Visita al SS. Sacramento, il rosario, per quanto si può, intero? Come siamo arrivati a questa formalità esterna? I ritiri mensili ci sono tutti e fatti debitamente? Gli Esercizi spirituali sono veramente annuali? Non si protraggono qualche volta? Alla domenica vi è possibilità delle due Messe? E se non vi è la possibilità si sostituisce in casa la seconda Messa con altre preghiere, oppure con la Visita più abbondante a Gesù sacramentato? Le formalità esterne ci sono tutte? Oppure si arriva al punto di fare meditazione per strada! Qualche volta può essere, ma non diviene abituale, non e vero? Perché allora mancherebbe anche la formula esterna.
Oppure, se abitualmente si dovesse fare la Visita in viaggio. Si può anche mangiare durante il viaggio e bisogna mangiare, ma se uno si nutrisse sempre, tutti i giorni, come si nutre in viaggio, il suo nutrimento non sarebbe regolare e alla fine non avrebbe quel vantaggio che deve avere. Si può fare la Visita anche sulla nave, si capisce, davanti a un Crocifisso, ritirandosi. Allora è necessario, e quando è necessario il Signore aumenta la sua grazia e quella volta può essere che sia anche più fruttuosa. Ma non è la condizione abituale. Ciascuna prenda il tempo necessario per la preghiera e metta da parte e l’apostolato e i conti… perché invece abbiamo da raccontare le nostre cose a Dio. Non solo la formalità esterna, ma che ci sia. Perché non basta aver l’abito di Figlie di San Paolo per essere Figlie di San Paolo, ma ci vuole anche l’abito. Quindi la formalità esterna ci vuole.
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Si arriva poi propriamente allo spirito della preghiera, cioè fare la meditazione con vero spirito, l’esame di coscienza, la Confessione settimanale con vero spirito, così l’adorazione, le altre orazioni e il rosario, ecc. Si arriva? Si capisce che se si dice il rosario in tipografia, non si può pretendere che una mediti i misteri. Può avere un pensiero. Allora basterà quel pensiero e poi la formula esterna si recita ad alta voce, e basta. Ma quando noi diciamo il rosario in chiesa o in luogo raccolto e senza essere preoccupati da altra cosa, c’è lo spirito, cioè si meditano i misteri, ecc.
Per questo giova tanto leggere e meditare nel nostro Libro di preghiere le introduzioni alle varie pratiche. Lì è descritto come fare le nostre preghiere con spirito giusto, paolino, cioè in Gesù Cristo, Via, Verità e Vita. In principio c’è l’Invito, la prefazione e poi vi sono introduzioni per la Messa, per la Visita, per la Confessione, per l’esame di coscienza, ecc. Sempre nel nostro spirito. Guardare di non essere incolori, senza colore. Colore paolino nella pietà, con le devozioni più necessarie, e cioè: Divino Maestro Via, Verità e Vita; Regina Apostolorum; S. Paolo apostolo. Poi le altre devozioni di contorno che servono a perfezionare le devozioni essenziali nostre. Spirito!
In terzo luogo: Siamo arrivati a fare della nostra vita una continua preghiera? Ecco, la preghiera vitale? A realizzare quello che è il desiderio del Maestro divino? Quando l’anima spende se stessa, e cioè offre a Dio se stessa, la mente in primo luogo, cioè applica la sua mente a pensare a Dio e a pensare a quello che è di servizio di Dio; quando si offrono le forze, il tempo, la lingua, gli occhi e l’udito, tutto in ossequio a Dio, nelle varie occupazioni, fosse pure nel riposo ecco, allora si è come in continuata orazione. Adoro la volontà di Dio, offro, consacro me stesso a Dio. Allora, quando c’è questa vita, la professione non è più una formula, la professione è vissuta. È vissuta! Non è solo una bella rinnovazione dopo la Comunione, che è tanto preziosa: Gesù si è dato tutto a te, e tu ti dai di nuovo tutta a lui. Sì, molto bene. La vita quotidiana diviene allora questa immolazione continua nelle varie ore della giornata, nei vari giorni del mese, nei vari mesi dell’anno: è una professione vissuta. Un dono fatto, continuamente rifatto
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o continuato, perpetuo. Vale qualcosa allora fare la professione perpetua! Diversamente, la professione diventa una formula e non una vita. Vedere bene! Consacrate a Dio! Il calice prima di essere consacrato si può adoperare anche per bere a tavola, ma quando è consacrato, è riservato a Dio e si adopera solo per la Messa. Così tu ti sei consacrata e puoi solo più adoperarti nelle cose che sono di servizio di Dio e di servizio delle anime.
La vita di preghiera! Si è arrivati? Se non si è ancora arrivati, domandare questa grazia. Un poco, certamente, siete già anche arrivate, ma forse anche lì bisognerà approfondire. Vi è tanta buona volontà nelle Figlie di San Paolo, tanto fervore quando si ha proprio il sincero assecondamento di tutto quello che è da fare e ciò che viene disposto nella Congregazione. Sulla via buona ci siete di sicuro, quindi trasformare la vita in continua preghiera. Si tratta di perfezionarsi e di camminare su quella via. Per questo si è messa nelle orazioni la preghiera: Cuore divino di Gesù che fa unire le nostre intenzioni a quelle di Gesù che si immola sugli altari. Per questo la si deve ripetere abbondantemente nella giornata e, anche se non si dice la formula, mettere l’intenzione, unire le intenzioni, come ho detto, a quelle consacrazioni continuate: Vi offro in unione con tutti i sacerdoti che oggi celebrano la santa Messa. Avrete molta più consolazione e molto più coraggio nella vita, e una morte serena. E allora un bel paradiso!
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1 Meditazione tenuta a Roma il 30 luglio 1958 durante gli Esercizi spirituali alle suore che si preparano alla professione perpetua. Trascrizione da nastro: A6/an 53a = ac 89a.
2 Cf Oremus della IX Domenica dopo Pentecoste.

3 Parola incerta.

4 Si riferisce al Santuario Maria Regina degli Apostoli in Roma.
5 Cf Gv 6,55.
6 Cf Mt 17,4.
7 Cf Gv 4,34: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera».
8 Cf Lc 10,27: «Con tutta la tua forza».

9 Cf Gv 18,37.

10 Cf Lc 1,28.
11 Cf S. Agostino, Le Confessioni, XIII, 91.
12 Cf Lc 18,1: «Pregare sempre, senza stancarsi mai».