Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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II
PRUDENZA E CARITÀ1


Avete già ascoltato la meditazione in chiesa, perciò soltanto alcuni pensieri che servono ugualmente per applicare il Vangelo che è stato letto nella Santa Messa: «Guardatevi dai falsi profeti i quali vengono a voi spesso con la veste di agnelli, di pecore, e invece dentro sono lupi rapaci»2. La virtù della prudenza è una virtù cardinale, quindi la Vergine viene chiamata Virgo prudentissima3. La donna deve sempre essere prudentissima. Eva commise una grande imprudenza stando ad ascoltare le insinuazioni del serpente che si presentava proprio vestito bene e sembrava tutto interessato al bene dei progenitori, in modo speciale di Eva. Invece era il demonio. Occorre che ci sia la prudenza, perché tante volte coloro che ci sembrano più interessati a noi o che hanno troppe dimostrazioni di riverenza, di interessamento o di simpatia, sono occasioni di male e guastano lo spirito della suora. La superiora certamente potrà vigilare su questo punto: le suore giovani non commettano imprudenze, non si illudano. Né imprudenze fuori di casa, né imprudenze in casa. Vigilare! Virgo prudentissima: la suora santa, sull’esempio di Maria.
«Vengono a voi vestiti da agnelli e sono lupi». Vi sono persone che vorrebbero tutto perfetto. Ora, occorre guardare bene se con le loro parole esigono tanta perfezione negli altri e nell’Istituto, e se mostrano prima di ogni altra cosa di essere perfette loro, di essere veramente pie, osservanti, delicate, raccolte, piene di bontà, di carità, di riverenza con le loro superiore: «Ex fructibus cognoscetis eos»4, cioè conoscerete
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sono veramente suore edificanti, suore che possono, diciamo in qualche maniera, mostrarsi esemplari.
I farisei avevano una pietà farisaica, perciò Gesù dice: «Non ognuno che esclama: Signore, Signore, entra nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli»5. Lodare Iddio con la lingua è cosa buona e doverosa: bisogna pregare. Ma non solo con la lingua, bisogna onorare Dio con la vita, cioè con tutta la mente: fede viva; con tutta la volontà: obbedienza e compimento del volere di Dio, quanto più perfettamente si può; con tutto il cuore: le intenzioni rette, il cuore sempre rivolto al Signore, al paradiso, ai bisogni delle anime. Essere veramente religiosi nell’interno in primo luogo, poi nell’esterno, con la vita, cioè con tutta la giornata, dalla mattina alla sera. In tutto ciò che si compie fare la volontà del Padre che è nei cieli: e costui entrerà nel regno dei cieli.
Vi sono persone che si prestano facilmente alle critiche, o le sentono o anche le fanno, perché trovano nell’Istituto questo difetto, trovano in chi guida quest’altro difetto, perché vogliono indicare, secondo loro, il meglio, mentre il meglio e il perfetto non si ottiene. Chi è zelante per essere perfetto, non pretenda troppo la perfezione negli altri, neppure se è superiora di ufficio. Si mostri superiora di virtù! Quando si sentono mormorazioni, in primo luogo pensare: Le mormorazioni fatte così a vanvera, senza riguardo, vengono dallo spirito di Dio oppure in quell’anima vi è un complesso di difetti e fra gli altri anche il difetto massimo, che è quello di mancare di carità verso Dio e verso il prossimo?
Certamente tutti dobbiamo tendere alla perfezione nostra individuale e alla perfezione dell’Istituto. Ma non ci arriveremo mai sulla terra. Sempre lavorare, senza avere l’esigenza di non vedere difetti. Ve ne saranno sempre. Noi avremo sempre dei difetti e moriremo con dei difetti, ma l’impegno è di correggerli, diminuirli di numero e diminuirli di qualità, cioè se l’ipocrisia arrivava fino a un certo punto, dopo arriverà a un altro punto, cioè sarà meno; e così, se le distrazioni erano molto frequenti, poco per volta diverranno meno frequenti. La
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meditazione si farà meglio e così la Visita. Del resto una persona, quando ha la pietà vera, o è già molto buona oppure vuol farsi molto buona.
Si comincia a decadere nello spirito religioso quando si comincia a decadere nella preghiera. Come chi cominciasse a respirare male, perché i polmoni funzionano male, la salute se ne va. La pietà vera! Ma quando così facilmente si mormora, ecco che non si produce il bene, ma si allarga il male, si scoraggiano anche le altre, perché la mormorazione fa quattro mali: prima di tutto è un male per chi fa la mormorazione; secondo dà il cattivo esempio a chi la sente. Come mai pretendi di fare giudizi sugli altri, chi ti ha dato l’autorità? Poi vi è ancora un terzo male: chi mormora manifesta i suoi difetti, perché si criticano più facilmente i difetti che sono negli altri quando li abbiamo noi. Allora noi più facilmente giudichiamo e condanniamo i difetti che sono negli altri. Quindi mostriamo quello che siamo. Se fossimo furbi, non faremmo mormorazioni, almeno per amor proprio. E non si dovranno mai correggere? Sì, sempre ci si deve correggere, ma prima noi.
Il vero spirito, il vero zelo è quando noi cominciamo a lavorare per santificarci, quando si è impegnati a osservare la povertà, la castità, l’obbedienza, a fare bene l’apostolato. Allora forse, poi verrà il caso di dovere rilevare qualche difetto in altri, ma prima l’impegno sia per noi. Nella Chiesa vi sono stati dei falsi riformatori, per esempio la setta dei Valdesi6 viene da un falso riformatore: voleva che il clero fosse tutto povero e si è ribellato alla Chiesa. S. Francesco d’Assisi ha riformato la Chiesa, ma osservando lui la povertà. Allora l’esempio di chi non era neppure sacerdote, ma era appena diacono, si è allargato. E quanto bene fanno ancora i suoi figli, i Minori, i Conventuali, i Cappuccini7, ecc., e le sue figlie, religiose che si ispirano al suo insegnamento.
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Ecco, prima riformare noi. E quanto agli altri, anzitutto compatire tanto gli errori che vengono da debolezza. Piuttosto pregare perché non li commettiamo anche noi, perché tutto ciò che gli altri fanno male, siamo tentati di farlo anche noi, perché tutti abbiamo le stesse cattive inclinazioni. Pregare per gli altri e per noi in primo luogo.
Secondo: se si tratta di difetti che continuano, o anche di un difetto solo, ma grave: «...correggerlo fra te e lui solo: Corrige eum inter te et ipsum solum». Se poi non ascolta, si potrà anche adoperare un testimonio: Diglielo anche tu. Se poi ancora non si corregge, dirlo alla superiora. E se poi si ostina, allora: «Sit tibi sicut etnicus et pubblicanus»8. Bisogna che si venga ad adoperare qualche mezzo più forte, affinché non sia di cattivo esempio anche agli altri. Ma nella correzione, in primo luogo la carità. La carità è la buona regola per fare una buona correzione. In altre parole, la correzione si fa in carità. Carità vera, però!
Quando si lavora prima al perfezionamento di noi stessi in prudenza e in carità, si potrà anche suggerire qualcosa di meglio. L’aggiornamento che farete è tutto per suggerire qualcosa di meglio, di progresso. Essere però sempre più zelanti per noi che per gli altri. Chi si deve fare santo in primo luogo? Deve farsi santo colui che si è consacrato a Dio e si è impegnato in questo compito principale della vita religiosa. Perfezionarsi in primo luogo: «Attende tibi: guarda te stesso»9.
Nel corpo vi sono tante membra: vi sono gli occhi, vi sono le mani, vi è il cuore, vi sono i polmoni, ecc., se tutti i membri sono sani, ecco l’Istituto è sano, va bene, è santo e compie bene la sua missione nella Chiesa. Ma se un membro non funziona bene, e a volte può essere solo un dente che fa molto male, intanto la persona sta male. Qualche volta a causa di qualcuna, attorno tutte stanno male, e quella casa vive in pena. A volte basta una per mettere subbuglio. Vi è allora anche uno zelo che non è sempre santo: Mi cambi la suora. Prima cerchiamo di aiutare la suora, di perfezionarla in carità e pazienza. Si vorrebbero tutte perfette. Si pretende generalmente di più
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che le altre siano perfette, quando siamo un po’ trascurate noi. Vigilare!
Del resto, quante cose «Vince in bono malum: Vinci con il bene il male»10 : con la pazienza, con la preghiera, con il buon esempio, con l’attendere, con il saper suggerire. E poi essere veramente esigenti nella pietà, perché se hanno vera pietà, la maggior parte dei difetti si correggono da sé. A volte si va giù, giù, perché si parte sempre dalla trascuranza dell’esame di coscienza: non conoscono più se stesse, non conoscono i difetti, neppure i pericoli a cui vanno incontro e non scoprono il demonio che si avvicina vestito da serpente bello, e ne restano vittime. Sulla pietà ben fatta: non stare a tagliare l’erba all’esterno, ma vedere la radice, perché se noi tagliamo l’erba cattiva all’esterno e non sradichiamo la pianta, di lì a un po’ viene fuori lo stesso. Queste persone faranno del bene solamente all’esterno. La prima attenzione sia sull’esame di coscienza o nella Visita o fuori della Visita, per confessarsi o per il ritiro mensile, e particolarmente per gli Esercizi spirituali.
In secondo luogo vi è la meditazione che deve sempre portare all’esame di coscienza e ai propositi. Finché la persona riceve solo degli avvisi esterni, non ha ancora corretto se stessa. Qualche volta guarda soltanto di rimediare esteriormente, ma quando la persona si corregge? Quando arriva a dire: Mea culpa, sono io che ho sbagliato. Quando lo dice così: Ho sbagliato, dovrei far meglio, dovrei corrispondere di più alle grazie e questa incorrispondenza dipende da me, allora ha un impegno, la volontà interiore. Questa persona è lieta dell’avviso che riceve, perché considera l’avviso come un aiuto. E d’altra parte pregherà per quello, si sforzerà, cadrà ancora, ma si rialzerà presto. Anche le cadute diverranno rare e poco per volta si stabilirà un modo di vivere buono, santo.
E terzo, la Visita ben fatta. Ma senza preoccupazioni quando si va, perché la Visita incomincia quando noi entriamo in conversazione, nella intimità con Gesù. Prima è stare in chiesa, non è la Visita. Certo, giova anche stare in chiesa, e se proprio si è molto turbati per qualche ragione, il Signore fino ad un cer-
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to punto compatisce la nostra debolezza e si contenta della nostra presenza materiale in chiesa. Ma la Visita veramente porta frutto dall’istante in cui l’anima entra in intimità con Gesù. E allora, le persone che fanno bene l’esame di coscienza fino a cercare le cause delle loro mancanze, fanno bene la meditazione finché arrivano a dire: Mea culpa, fanno bene la Visita, perché entrano in intimità con Gesù e si eccitano all’amore, alla fede, ai propositi, a suppliche, a vera preghiera, cioè non a delle formule, ma a qualcosa di sentito. Queste persone miglioreranno di sicuro. Non avere troppa fretta, perché nessuno si fa santo in un giorno, ma esigere la buona volontà. Sì, esigere la buona volontà. Vi sono difetti che a sradicarli ci vogliono dieci anni, parliamo anche di diciotto anni, come per S. Francesco di Sales, ma la buona volontà si deve esigere. Nessuno entra santo nell’Istituto, ma viene per farsi santo. Però l’Istituto deve esigere l’impegno, la buona volontà.
Riassumendo: in primo luogo essere noi piante buone che possono dare buona uva. In secondo luogo, essere anche impegnate perché tutte si perfezionino, e tuttavia sagge e prudenti, sia nello scoprire il male o i pericoli, sia nell’adoperare i mezzi per la santificazione. Guardare sempre in primo luogo i punti essenziali, cioè se davvero vogliono farsi sante. Il lavoro e l’apostolato esterno si devono curare, ma il primo articolo delle Costituzioni è per vedere se si fanno sante o no, e se ci facciamo sante o no. Questo è il fondamento. Tutto il resto è in secondo luogo. La gloria di Dio e santificarsi mediante i santi voti, la vita comune, quindi mediante l’impegno a togliere sempre più i difetti e a mettere sempre più le virtù. Questo è da esigere: se veramente c’è l’intenzione retta nell’entrare nell’Istituto, nel fare i voti, nel fare il noviziato, e poi successivamente nella professione perpetua. Se c’è questa volontà, diversamente una non si fa suora. Farsi suora vuol dire abbracciare questo impegno e dedicarsi a questo lavoro di santificazione.
Preghiamo per questo fine. Non guardare tanto l’esterno, né le belle parole di chi può lodarci, né l’atteggiamento di chi può anche ingannarci: Virgo prudentissima! La vergine prudente nell’Istituto è chi veramente compie il primo dovere: santificarsi.
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1 Meditazione tenuta a Roma il 13 luglio 1958. Trascrizione da nastro: A6/an 51a = ac 86b.
2 Cf Mt 7,15.
3 Vergine prudentissima. Dalle litanie lauretane.
4 Cf Mt 7,20: «Dai loro frutti dunque li riconoscerete».

5 Cf Mt 7,21.

6 Movimento religioso fondato da Pietro Valdo (1140 ca.-1217), ricco mercante lionese che, dopo avere distribuito i suoi beni ai poveri, cominciò a predicare la povertà evangelica. I Valdesi furono condannati dal sinodo di Verona nel 1184. In seguito confluirono nella Riforma protestante.
7 Le tre famiglie francescane dei Frati Minori (OFM), Frati Minori Conventuali (OFMConv) e Frati Minori Cappuccini (OFMCap) professano l’identica Regola del Fondatore (1223), ma con Costituzioni, tradizioni e caratteristiche proprie.

8 Cf Mt 18,15-17.
9 Cf 1Tm 4,16: «Vigila su te stesso».

10 Cf Rm 12,21.