Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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15. IL DONO DEL CONSIGLIO E DELL’INTELLETTO1

Il dono del consiglio è la luce celeste che il Signore comunica alle anime perché vedano le cose da fare e le cose da evitare, e nello stesso tempo i mezzi per riuscire a fare il bene e schivare il male. Il consiglio è come un giudizio della mente illuminata dallo Spirito Santo in cui si vede ciò che è male, ciò che è pericoloso, e si vede ciò che è buono e ciò che è utile e serve.
Il dono del consiglio, ad esempio, è quello che ci ha illuminati per conoscere la vocazione, la strada migliore da fare per raggiungere una gloria celeste maggiore. Mentre nella nostra anima si è fatta quella luce: Voglio Iddio, voglio il paradiso, voglio il maggior bene, dall’altra parte abbiamo anche trovato i mezzi per seguire la vocazione, cioè ne parleremo con il confessore, leggeremo qualche libro che ci spieghi e parleremo con qualche persona capace di conoscere e di aiutarci per arrivare. Poi parleremo con i genitori e frequenteremo i sacramenti. Trattandosi di scegliere una vita migliore, ci vuole anche una miglior pietà. Perciò la frequenza ai sacramenti, Comunioni più belle, Messe meglio sentite, ecc. Il dono del consiglio: quello della vocazione è un esempio.
Ma il dono del consiglio ci occorre in ogni momento: Va bene che pensi così? Va bene questo sentimento che provo? Va bene la parola che sto per dire, il giudizio che sto per dare, il discorso che sto per fare? Va bene che frequenti l’amicizia di quella persona o non va bene? E allora la risoluzione: Questo va bene e piace al Signore, questo non va bene, non piace al Signore. Sto per fare la tal cosa, per andare nel tal posto, per comportarmi così o così. In questa circostanza, la luce divina, il dono dello Spirito Santo che si chiama il consiglio, ci deve guidare.
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Il dono del consiglio, si può dire, è utile ad ogni istante per vedere il bene da fare, le cose da dire, o per evitare il male che non si deve fare e per evitare le parole che non si devono dire. Soprattutto per ciò che riguarda l’interno: È un sentimento che piace a Dio? Sì. Il cuore è teso verso il Signore e cerco veramente soltanto il Signore? Io sento che solo Iddio mi basta e che tutto il resto è vanità? Penso che la grande sapienza della vita è riempire le giornate di bene, di opere buone, di meriti? È una grande insipienza, una grande stoltezza perdere i meriti e lasciare sfuggire le occasioni di bene.
È il dono del consiglio che ci ha da illuminare in quei casi. Persone che vanno appresso a qualsiasi pensiero: sia conforme o sia difforme, o contrario alla carità. Vanno dietro a ogni pensiero: sia secondo la fede, sia contrario allo spirito di fede. Persone che disperano e persone che sperano; persone che disperano, perché hanno poca fiducia di farsi sante, e persone che sperano, perché sono certe di collaborare e che Gesù dà la grazia, e che basta fare quello che dobbiamo con fiducia in Dio, e la giornata resta piena di meriti. Persone invece che sono così… astratte: vorrebbero far delle cose grandi e lasciano sfuggire le cose piccole. Le cose grandi vengono rarissimamente, ma le cose piccole sono di ogni istante.
Il dono del consiglio deve illuminare per distinguere e capire. Così per tutto quello che riguarda i sentimenti. Vi sono dei sentimenti conformi all’umiltà e sentimenti contrari all’umiltà e sono sentimenti di orgoglio, di superbia. Vi sono sentimenti di ira, di rabbia, magari di vendetta, di disprezzo degli altri; e vi sono sentimenti tutti conformati a carità. A volte vi sono ancora attaccamenti a questo, a quello. Posso tenerli oppure posso dominarli. Devo distaccarmi da certe cose? Ecco, il consiglio, il dono del consiglio ci illumina.
Così riguardo a tutto ciò che si ha da fare e dire. Vi sono persone che se le avvicinate, sentite che parlano sempre in bene, parlano sempre conformemente alla vita religiosa, conforme alla fede, persone che hanno un grande sentimento di venerazione per il Papa, un grande attaccamento alla Chiesa, e tengono questi sentimenti. E persone invece che non badano e magari vivono nel loro egoismo e non sentono la Chiesa, non
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sentono di essere membra di questa Chiesa, e come membra dobbiamo esser sani. Se un membro non è sano, guasta la salute, e la malattia di un membro del corpo si riflette su tutto il corpo. Chiedere il dono del consiglio. Riflettere ed essere illuminati su quel che pensiamo, su quel che sentiamo in noi, nel cuore, su quello che diciamo e su quello che facciamo.
Ci sono cuori che non sanno frenarsi, invece cuori che sono concentrati in Gesù, la volontà è sempre rivolta a Gesù, sebbene si senta sempre la natura, perché la natura è così. E non possiamo dire di non essere uomini: siamo uomini, siamo persone, finché siamo sulla terra. Ecco allora la grande cosa che noi dobbiamo fare: chiedere il dono del consiglio, particolarmente nella giornata di oggi.
Veramente sarebbe stato meglio che avessi potuto fare la meditazione ieri sul dono dell’intelletto che ci fa penetrare le cose spirituali e ci fa vedere le verità della fede in una luce nuova. Quando c’è il dono del consiglio e noi vediamo le cose da fare e i mezzi da usare, con il dono dell’intelletto noi penetriamo molto più a fondo nelle verità della fede. Vi sono persone che approfondiscono così il senso della Messa, vi sono persone che approfondiscono così il senso della Comunione, dell’unione con Gesù, persone che sono illuminate e come comprendono bene la passione di Gesù Cristo! Persone che sono entusiaste della loro vocazione, ci mettono tutto l’impegno: sempre per il dono dell’intelletto. Persone, le quali parlano del paradiso come se già fossero sulla porta, già avessero, attraverso uno spiraglio, veduto un poco il paradiso. E vi sono persone che restano indifferenti. Recitano: Credo la vita eterna, con indifferenza, non sentono. Il dono dell’intelletto ci fa penetrare, gustare le verità soprannaturali, che sono di tre ordini. Primo: ciò che insegnano, che è dottrina. Secondo: ciò che è mezzo, precetto, comandamento, volontà di Dio. E poi quello che è mezzo di grazia, come sono i sacramenti: il Battesimo, la Cresima, la Confessione,... Persone che ricevono così bene il sacramento della Confessione, della Penitenza e hanno penetrato e si preoccupano poco delle cose che sono accidentali, ma come sentono la volontà di migliorare! E in questa volontà di migliorare è sempre compreso il pentimento e il proposito:
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il pentimento di quello che non è stato buono e il proposito di quello che è stato buono.
Vedete, se il Signore permette un periodo di tempo nella vita in cui dobbiamo ritirarci, per esempio durante il tempo di malattia, ritirarci un poco dalle occupazioni comuni, questo è il tempo di chiedere il dono dell’intelletto, perché è il tempo di penetrare, stare nel silenzio con il cuore aperto alla grazia di Dio, pregare lo Spirito Santo che infonda la sua luce: «Emitte lucem tuam»2. Vedete questo tempo di infermità, possiamo dire così, non è altro che per il nostro miglior bene, affinché ci fermiamo di più sulle cose soprannaturali, e le penetriamo di più, distaccati un poco, non preoccupati di altre cose esterne.
L’animo sereno contempla le cose divine, le verità. Non c’è bisogno di sapere tanto: bastano le verità del catechismo. Cercare di penetrare: Sono creato. Solamente la parola: Chi mi ha creato? E la risposta: Mi ha creato Iddio. Se noi abbiamo il dono dell’intelletto e penetriamo questa verità, come diventiamo umili! Diventiamo riconoscenti al Signore per tutto quello che ci ha dato e tutto quello che ci dà. E allora comprendiamo che il Signore ci ha fatto per lui, per la sua gloria e per la nostra eterna felicità. Allora la vita si orienta. Dopo un certo periodo, si diventa altri: si vive secondo la fede, si vive secondo il volere di Dio, si vive con la ricerca di maggiore abbondanza di mezzi per santificarsi, con più devozione.
Più devozione specialmente a Gesù eucaristico, più devozione a Maria, più devozione ai nostri santi protettori. Se non guarissimo un po’ dalle nostre malattie spirituali, la guarigione solamente fisica vorrebbe dire non aver corrisposto ai disegni di Dio. Febris nostra superbia est: la nostra febbre è la superbia, la nostra febbre è l’avarizia, la nostra febbre sono le cose della terra, le preoccupazioni, la curiosità e le esteriorità: sapere questo, sapere quello, e non sapere abbastanza Dio, non conoscere abbastanza Dio. C’è una febbre spirituale!
In secondo luogo allora chiedere quello che veramente doveva essere chiesto ieri, ma che si può chiedere per tutta l’ottava di Pentecoste: il dono dell’intelletto, che vuol dire intus
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legere. Leggere dentro le verità rivelate, e si sentirà specialmente questo dono dell’intelletto se siamo raccolti nella Visita al Santissimo Sacramento. Diciamo allora a Gesù: Manda il tuo Spirito. Sei andato al cielo per comunicare alla tua Chiesa e a ogni anima lo Spirito. Ecco, mandami il tuo Spirito. Emitte Spiritum tuum et creabuntur3. Se il Signore manda il suo spirito, viene creato in noi un essere nuovo, un essere soprannaturale. Allora si sente di vivere veramente la vita religiosa, si acquistano i sentimenti dei santi che erano per Dio, per le anime, i sentimenti dei santi ispirati a carità, a bontà, a pazienza, a compatimento, ecc.
Questa ottava deve essere molto utile per ogni anima, particolarmente per noi che abbiamo la grazia di poter stare più uniti a Dio e di comprendere meglio questi doni: sapienza e scienza, pietà e fortezza e timor di Dio. Chiedere tutti i doni, ma questa mattina particolarmente questi due: consiglio e intelletto.
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1 Meditazione tenuta ad Albano il [27] maggio 1958. Trascrizione da nastro: A6/an 48a = ac 82b. Nel 1958 la Pentecoste ricorreva il 25 maggio. Dal Diario Sp. risulta che Don Alberione andò ad Albano martedì 27 maggio, Ottava di Pentecoste.

2 Cf Sal 43,3: «Manda la tua luce».

3 Cf Sal 104,30: «Mandi il tuo spirito e sono creati».