Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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III
FESTA DI S. IGNAZIO: RETTA INTENZIONE1


In questa meditazione ricordiamo tre pensieri che ci vengono suggeriti dalla vita di S. Ignazio2. Il primo pensiero: la sua conversione leggendo vite di santi e specialmente il Vangelo. Secondo pensiero: da lui hanno origine gli Esercizi come sono adesso ordinati. E in terzo luogo: la sua rettitudine d’intenzione in tutto quello che diceva e faceva.
S. Ignazio prima era un militare; poi, ferito, ed essendo stato costretto a letto domandò che gli venissero portati dei libri per lettura, onde passare il tempo più facilmente e come sollievo. Ma non si trovarono libri che piacessero a lui: egli voleva quelli ispirati alla cavalleria del tempo, che noi chiameremmo romanzi. Nell’ospedale tali libri non si trovarono, allora fu portato a lui il Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo, e alcune vite di santi. Accettò con un po’ di rincrescimento, ma cominciò la lettura. E mentre egli scorreva le pagine di quei libri santi, la grazia di Dio operava nel suo cuore. Una luce interiore, un sentimento nuovo, una nuova ambizione, possiamo anche dire, ambizione che non era del tutto e soltanto terrena: Io sto lavorando e combattendo, esponendo la mia vita per acquistarmi le grazie del re, per venire da lui riconosciuto come fedele soldato, e per una gloria umana. Ma che cosa è essere
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stimati da un re della terra, in confronto dell’essere stimati dal Re del cielo? La stima di Dio! Quando Dio dice: «Servo buono e fedele»3, quella è parola infallibile ed è parola che dura. I re cadono, muoiono come gli altri uomini. E che cosa è la gloria umana, la quale perisce con il sepolcro e tace, in confronto alla gloria eterna che dura per tutti i secoli e senza fine?.
La riflessione era veramente fondata. Egli, intelligente com’era, e illuminato dalla grazia di Dio, a poco a poco riesaminò tutta la sua vita, la sua condotta e la trovò tanto mancante. Eppure stava soffrendo e soffrendo molto in quel letto, perché anche le operazioni erano state sbagliate per due volte e avevano dovuto esser riprese. Soffrire tanto per niente! La lettura di quei santi libri, quindi, fu la sua luce e il principio della sua conversione.
Non scoraggiatevi nella propaganda quando portate il periodico, quando portate il libro, quando date la buona pellicola. Portare tutto con umiltà, come il sacerdote con umiltà vi dà l’Ostia. E nello stesso tempo con fede e con un’interna preghiera, anzi la fatica stessa della propaganda e dell’apostolato cambiata in preghiera. E allora una parola sola letta in un libro, quando la grazia di Dio penetra in quell’anima, può trasformarla. E S. Paolo fu trasformato in un istante con la luce superiore che ebbe da Dio, là presso Damasco. E quante volte la luce di Dio si fa strada in un’anima, che se non è subito una conversione palese, esterna, intanto è una luce che continua, e se poi viene assecondata dalla grazia, quella luce produce i suoi frutti. Forse anche soltanto in punto di morte.
Andate e istruite le genti, andate e fate tutte le genti, cioè tutti i popoli miei discepoli, è il precetto del Maestro divino4. «Andate», sì, con tanta fatica. Ma il salmo dice: «Andavano e andavano con le lacrime; poi ritornando, ecco venivano con la gioia portantes manipulos suos: portando i frutti»5. Andate e non vedete il frutto; e quindi l’apostolato a volte è anche meno soddisfacente. Il vostro apostolato! I frutti si vedranno
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tutti indistintamente al giorno del giudizio. Quando si vedranno anche i singoli meriti di ogni anima, i singoli meriti vostri e i singoli meriti e i buoni pensieri, i buoni desideri, i buoni pentimenti, le buone conversioni operate dal vostro apostolato.
Ma questo non è solamente per ogni anima singola, è formare una mentalità diversa nella società, significa dare un’impronta, un indirizzo nuovo. Per lo più c’è l’errore: si vuol vedere soltanto il frutto, il frutto particolare di un’anima singola; ma il frutto maggiore è il frutto della mentalità che si va diffondendo in mezzo alla società. Mentalità cristiana! La quale produce poi sentimentalità cristiana e vita cristiana, legislazione cristiana, scuola cristiana, arte cristiana, timor di Dio, e tutto quello che assicura la vita spirituale delle anime e la vita cristiana della società.
Secondo pensiero: gli Esercizi spirituali si sono sempre fatti nella Chiesa, da quando Gesù li ha istituiti: «Venite in un posto deserto, dove non ci sia disturbo di persone, et requiescite pusillum: ristoratevi un po’»6. Da quel giorno gli Esercizi si son sempre fatti nella Chiesa di Dio. Vuol dire tempo di raccoglimento, tempo in cui la persona si isola per trovarsi sola con Dio, per parlare a Dio dell’eternità, del proprio fine, della propria condotta, di quello che già ha acquistato e di quello che le manca per la santificazione, per la salvezza. Sempre sono esistiti gli Esercizi spirituali. Tuttavia S. Ignazio è dichiarato protettore degli Esercizi spirituali, perché li ha ridotti a quella forma che abitualmente oggi si usa, a quella forma che è stata veramente ispirata da una luce particolare dello Spirito Santo. S. Ignazio li ha fatti per sé e bene, e lunghi, lunghi, di mesi e mesi. E le sue annotazioni poi sono la base dello sviluppo degli Esercizi come si praticano oggi.
Oh, sempre nell’anno si hanno da desiderare i santi giorni degli Esercizi spirituali. Da un corso di Esercizi all’altro corso, scorre l’anno che si chiama di spiritualità. Questo vuol dire: negli Esercizi fare dei propositi individuali per la propria santificazione. E poi stabilirsi un programma: come compiere il proprio ufficio e il proprio apostolato e il progresso che uno
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intende fare nel migliorare il proprio ufficio e migliorare il proprio apostolato. Quindi, come un doppio proposito: il principale è quello della propria santificazione, l’altro, il programma è un mezzo per raggiungere la propria santificazione.
Quest’anno si sta costruendo la casa degli Esercizi spirituali7. Accompagnate il lavoro con la preghiera perché riesca adatta e meglio adatta al raccoglimento, e più adatta per tutto quel lavoro interiore che si deve compiere negli Esercizi spirituali. E soprattutto poi coloro che entrano in quella casa siano accompagnati dalla luce del Maestro divino, dall’assistenza e dalla protezione materna della Regina degli Apostoli e dall’esempio di S. Paolo apostolo. L’altare maggiore sarà dedicato al Maestro divino; l’altare minore di destra sarà dedicato alla Regina degli Apostoli; e l’altare minore a sinistra a S. Paolo. Egli che ha fatto gli Esercizi di tre o quattro anni, accompagni tutti i suoi figli e tutte le sue figlie perché ne ritraggano un frutto simile a quello che egli ha ricavato da quegli anni di solitudine, di penitenza, di preghiera, di lavoro, là dove venne compita8 la sua piena trasformazione: «Vivit vero in me Christus»9 e quello che ha scritto: «Donec formetur Christus in vobis»10.
Terzo pensiero: rettitudine d’intenzione. La parola più frequente sulle labbra di S. Ignazio era: Ad majorem Dei gloriam: per la maggior gloria di Dio11. L’intenzione è quella che valorizza l’opera; e più l’intenzione è santa, e maggiore è il merito dell’opera. Perciò Ad majorem Dei gloriam è l’intenzione che ha Dio stesso delle sue opere. Vuol dire entrare nei sentimenti, nelle aspirazioni, diciamo, nei fini che Iddio si
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propone in tutte le opere che egli compie, e vuol dire entrare in quell’intimità della SS. Trinità dove ogni Persona glorifica le altre due. È una vita così alta e per ora a noi così oscura, ma intanto Gesù ci ha detto nel Vangelo quanto è sufficiente perché noi eleviamo i nostri pensieri, le nostre intenzioni alla gloria di Dio. Molti mettono delle intenzioni secondarie o ristrette.
Per compiere l’intenzione di S. Ignazio noi desideriamo e vogliamo che il nostro programma sia: Gloria a Dio, pace agli uomini12. Questo è il fine dell’incarnazione del Figliuolo di Dio, il fine per cui egli ha predicato il santo Vangelo, il fine per cui ha istituito la Chiesa, per cui ha istituito l’Eucaristia con tutti gli altri sacramenti; è il fine della vita religiosa paolina: Gloria a Dio, pace agli uomini. È il fine completo ed è il fine che Gesù si propone ogni giorno nell’immolarsi sugli altari. Questi due fini possono anche in certa maniera fondersi, ma noi, perché siano più espliciti, più chiari alla nostra mente, scriviamo sempre: Gloria a Dio. Pace agli uomini nello stemma, e in capo alle lettere, in capo alle stampe. Lavorare, sì, obbedire, osservare la povertà, vivere delicatamente, esercitare l’apostolato, ma miriamo ai fini.
Un fine di vana gloria è come una lettera che viene indirizzata male, e allora non arriva. Il fine di vana gloria e di amor proprio, quindi guasta l’opera. Non va a Dio l’opera: si ferma sulla terra. Lettera male indirizzata. Un fine invece giusto, retto, specialmente se è proprio puro, è proprio sentito: Gloria a Dio. Pace agli uomini di buona volontà, allora è una lettera che viene indirizzata a Gesù Cristo, viene indirizzata alla SS. Trinità. E Gesù, accettando la nostra opera, la offre al Padre suo celeste; e quell’opera fosse anche minima, nel giorno del giudizio sarà cambiata in una gemma preziosa per la corona.
Rettitudine di intenzione. Troppe anime guardano solo l’esterno, e cioè essere stimate, che sia detto bene di loro; oppure hanno anche altri fini più bassi, più bassi: fini di sensualità o puramente umani. Non siamo gli stolti che faticano senza rac-
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cogliere. Seminare, buttar via il seme e non sperare il raccolto è stoltezza. Le anime sagge, in ogni minima azione, fosse pure soltanto lavarsi le mani o meno ancora: «Sia che mangiate, sia che beviate fate tutto alla gloria di Dio»13, dice S. Paolo, si innalzano fino a Dio.
Esaminare le nostre intenzioni interne. Vi saranno anime che rimarranno deluse: Ho lavorato tanto e non ho preso niente, per mancanza di rettitudine di intenzione. E vi saranno anime le quali saranno esaltate pur avendo avuto sulla terra uffici umili e forse meno talenti di altre, le quali sorpasseranno in gloria, sorpasseranno molti altri in gloria eterna in cielo. Quasi si applicherebbe: «Gli ultimi diverranno i primi»14.
Dunque, tre pensieri: portare il libro, seminare e lasciare a Dio l’incarico di sviluppare il seme gettato, perché è Dio che dà l’incremento, è Dio che dà l’incremento. L’uomo semina, ma la vita vien da Dio, tanto più la vita soprannaturale. Secondo: conchiudere bene gli Esercizi sempre, pregare per la casa degli Esercizi, desiderare gli Esercizi non è illudersi: Eh, mi cambierò agli Esercizi… Se oggi abbiamo sentito la voce di Dio, intanto cominciamo a cambiare oggi e ci prepareremo meglio agli Esercizi. Terzo: rettitudine d’intenzione.

Jesu magister...
Regina Apostolorum
Sancte Paule Apostole… Benedictio Dei…
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1 Meditazione tenuta a Roma nel Santuario Maria Regina degli Apostoli il 31 luglio 1958. Trascrizione da nastro: A6/an 54a = ac 90a. Stampata in opuscolo (ottavo). Esercizi spirituali al corso di preparazione alla professione perpetua e meditazione alla comunità.
2 Ignazio di Loyola (1491-1556), nato nei Paesti Baschi (Spagna). Ferito all’assedio di Pamplona (1521) maturò nella lettura della Vita Christi di Ludolfo di Sassonia (1295ca.-1377) e Flos sanctorum di Jacopo da Varazze (1228-1298) la decisione di passare dal servizio militare alla sequela del Signore. Fondò nel 1534 la Compagnia di Gesù (Gesuiti) per la maggior gloria di Dio e a servizio della Chiesa, in obbedienza totale al successore di Pietro. La sua esperienza spirituale è espressa nel libro Esercizi spirituali.

3 Cf Mt 25,21.
4 Cf Mc 16,15: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura».
5 Cf Sal 126,6.

6 Cf Mc 6,31.

7 La “Casa Divin Maestro” per Esercizi spirituali, vasto complesso edilizio situato nella località di Ariccia, presso il lago di Albano, è stata voluta da Don Alberione per i membri delle Congregazioni e Istituti della Famiglia Paolina, e aperta anche ad altri istituti. Fu inaugurata nel 1959 ospitando corsi di Esercizi di otto giorni. Nel progetto del Fondatore era incluso anche un corso di Esercizi spirituali di un mese da tenersi in tutti gli anni pari, in modo che tutti i membri della Famiglia Paolina potessero, ad un certo periodo della loro vita, ricaricarsi spiritualmente e apostolicamente. Cf Barbero Giuseppe ssp, Il sacerdote Giacomo Alberione - Un uomo, un idea, Società San Paolo, Roma 1991, pp-783-787.
8 Compiuta.
9 Cf Gal 2,20: «Cristo vive in me».
10 Cf Gal 4,19: «Finché Cristo non sia formato in voi».
11 Motto della Compagnia di Gesù.

12 Cf Lc 2,14. Il fine generale degli Istituti della Famiglia Paolina, nell’idea fondazionale di Don Alberione è sempre stato: “La gloria di Dio e la salvezza delle anime”. È attorno a questo “motto” evangelico che si sviluppa lo zelo spirituale e apostolico del Fondatore.

13 Cf 1Cor 10,31.
14 Cf Mt 19,30.