Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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19. ESSERE VERE FIGLIE DI SAN PAOLO
COME S. TECLA1

S. Paolo nelle sue Lettere parla di una quarantina fra i suoi discepoli, e altri venti ne ricorda negli Atti degli Apostoli. Fra questa sessantina di persone che vengono da lui ricordate vi è un buon numero di donne che furono sue collaboratrici o discepole insigni2. Fra le discepole insigni, certamente S. Tecla3 rifulge di gloria speciale per tre motivi: primo, perché fu una vera figlia di S. Paolo; secondo, perché fu martire; terzo, perché fu maestra di vergini e vergine essa medesima.
Vera figlia di S. Paolo. Ella ha mostrato di seguire le parole e l’ammaestramento dell’Apostolo: «Vi vorrei tutti come sono io»4. Questa esortazione di S. Paolo sta bene a tutti noi figli e a tutte voi, Figlie di San Paolo: «Vi vorrei tutte come sono io». S. Tecla, una vera figlia di S. Paolo! La sua devozione all’Apostolo era profonda. Dopo che ella conobbe Gesù Cristo dalla bocca di S. Paolo, lo seguì costantemente, lo seguì in tutto quello che poteva, secondo la sua qualità, la sua condizione.
La vera devozione a S. Paolo come si mostra? Come si dimostra di essere Figlie di San Paolo? La devozione a S. Paolo si mostra in primo luogo con il conoscere il padre. Ognuno desidera conoscere il padre suo. Conoscere il padre, S. Paolo, perché questo deriva dal titolo stesso che avete: Figlie di San Paolo. Primo, conoscere S. Paolo; secondo, amarlo; terzo, imitarlo;
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quarto, predicarlo, farlo conoscere5. Per conoscere S. Paolo, in primo luogo, considerare la sua vita, leggere la sua vita. Ma per conoscere il suo interno, la sua fede, quanto egli insegna, conoscere il suo spirito, questo lo abbiamo specialmente dalle Lettere di S. Paolo. Considerare le Lettere di S. Paolo come mandate a voi, mandate a noi, egli è il padre. E chi non vorrebbe leggere una lettera che ha scritto il padre suo? Veramente a volte si trova più facile qualche altra lettura, ma lo spirito, la formazione, la mentalità delle Figlie di San Paolo si forma considerando la dottrina, l’insegnamento, la teologia di S. Paolo, la teologia dogmatica e la teologia morale.
E amarlo il padre! Dobbiamo avere una devozione forte. S. Paolo, pur essendo debole nel suo fisico, aveva un’anima, uno spirito robustissimo. Non si trova un altro esempio pari a lui nella storia dell’umanità, né nella storia civile, né nella storia ecclesiastica. La sua fortezza! Allora vuole dei devoti che lo amino fortemente. Un amore forte. Si tende oggi a mitigare la morale, a mitigare l’ascetica. Egli ha insegnato una teologia morale, ascetica chiara, sicura come è il suo insegnamento dogmatico. E non ha un insegnamento dogmatico e morale soltanto teorico, ma sempre pratico. Arriva sempre a stabilire dove consiste il vero amore di Dio: «Amare il Signore con tutta la mente e con tutto l’essere»6. E così amare l’Apostolo, il padre. Le Figlie sdolcinate non sono imitatrici dell’Apostolo. Egli non vuole debolezze o accomodamenti o indulgenze eccessive, pur avendo un cuore tanto sensibile, un cuore di padre e di madre insieme.
Terzo, la devozione a S. Paolo sta ancora nel pregarlo. Tutte le nostre cose dobbiamo presentarle a lui, al padre, egli poi le presenta a Dio. Pregare S. Paolo. La devozione a S. Paolo implica la recita di quelle preghiere a S. Paolo che noi troviamo nel nostro libro delle orazioni. Certamente il pregare S. Paolo esige che noi teniamo nel cuore una certa tendenza alle cose nobili, alle cose alte. Soprattutto le Figlie di San Paolo hanno l’impegno di diffondere la conoscenza, l’amore, la de-
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vozione a S. Paolo. Ciò che riguarda S. Paolo dev’essere carissimo. E come noi ci rivolgiamo a lui in tutti i bisogni materiali e in tutti i bisogni spirituali, così far conoscere S. Paolo e farlo amare. Vedete che il portare le Lettere di San Paolo, la vita di S. Paolo nella propaganda incontra il gradimento specialmente delle persone più colte, e tante volte sono i protestanti e sono quelli che stanno sull’altra sponda che mostrano di ammirare e di volere conoscere l’Apostolo. Egli ha un potere speciale per portare le anime alla Chiesa, siccome egli era affezionato a S. Pietro. L’orientamento dell’umanità verso S. Paolo vuol dire orientamento verso la Chiesa, verso Gesù Cristo.
S. Tecla, in secondo luogo è stata martire. Ha sofferto molti supplizi, supplizi capaci di dare la morte, sebbene, per miracolo, non sia morta in mezzo a tali supplizi, per predilezione speciale di Dio, che aveva dei disegni su S. Tecla. Ammiriamo i martiri, ma conta di più l’imitazione.
La vita religiosa ha i suoi sacrifici, ma non ne ha meno la vita del semplice cristiano, notando che nella vita religiosa vi sono poi i mezzi per praticare le virtù e compiere quei sacrifici che ognuna intende abbracciare quando fa la professione religiosa. La consacrazione totale a Dio significa il sacrificio di tutto il nostro essere al Signore, senza eccezione dei sensi, del cuore, non si fa eccezione né per la mente, né per la fantasia. Tutto l’essere a Dio. Consacrazione nello spirito della professione: Tutto mi dono, offro, consacro.
Ci vuole fortezza. Fortezza per tenere soggette le nostre passioni e fortezza per cambiare la forza delle passioni nel bene, nella santità, nell’apostolato. Fortezza! Una pietà sdolcinata non può essere una pietà che piace a S. Paolo. Fortezza nei piccoli sacrifici della giornata, nella sottomissione della volontà, prontezza nell’obbedienza e il governo del cuore. Notando che l’obbedienza comporta sacrifici e le sofferenze che si incontrano nella vita richiedono pazienza.
Molte anime si fermano alla rassegnazione. Accettare con rassegnazione i sacrifici che si incontrano, pene interne o pene fisiche o pene negli ambienti in cui si vive e nel ministero che si compie. Rassegnazione! Però è più da ammirare quel sacerdote che diceva: Io voglio guardarmi dalla rassegnazione, io
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voglio arrivare al perfetto abbandono in Dio, affinché Dio possa disporre di me come gli piace e quando gli piace. Incontri in me nient’altro che l’adesione piena al volere di Dio: «Fiat voluntas tua»7.
Se la rassegnazione è segno di virtù, di fortezza, di abbandono in Dio allora è l’eroismo della pazienza. Eroismo! Mirare all’altezza, all’eroismo della pazienza. Mirare alle altezze, e l’eroismo della pazienza è il perfetto abbandono in Dio, l’indifferenza per tutto quanto piace al Signore, siano gioie che si incontrano o siano pene che noi troviamo nel cammino della vita.
Terzo: S. Tecla fu vergine e maestra delle vergini. Poiché superati i tormenti a cui era stata condannata, si diede a una vita ritirata, e raccolse attorno a sé un numero di giovinette e con esse condusse una vita più celestiale che terrena. Una vita di preghiera, una vita di lavoro, una vita di apostolato, una vita di penitenza. Vergine! E la verginità l’aveva appresa dalle predicazioni di S. Paolo Apostolo. Lì aveva imparato a conoscerla, lì aveva cominciato ad apprezzarla, e vi fu fedele fino ad età avanzata.
La purezza forma non solo la virtù, ma per noi è diventata voto, e il voto è ordinato a praticare meglio la purezza. La purezza richiede però sempre due condizioni che sono insegnate da S. Paolo e sono dette in due parole dal Maestro Divino e cioè: «Vigilate et orate»8. Vigilare sempre per fuggire le occasioni. Vigilare sui sensi, sugli occhi, la fantasia, l’udito, ecc. Vigilare sull’interno, sul cuore e sulla mente. Vigilanza! Vigilanza sulle cose esterne, sulle persone con cui si tratta e, alle volte, anche con le persone con cui si vive. Vigilare sulle letture, sulle trasmissioni di radio o di televisione, o sulle pellicole che si vedono. Il giglio fiorisce solo tra le spine della mortificazione.
Secondo, preghiera. Perché nella Scrittura si legge che siccome la purezza è una virtù tanto difficile, allora bisogna ricorrere al Signore. Vi è una tendenza oggi a insegnare una morale
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naturale9, la quale è piuttosto umana che cristiana e religiosa. Disgraziatamente si propagandano anche libri i quali non insegnano precisamente la morale come è indicata dal Vangelo e come è richiesta nella vita religiosa. Temere quegli insegnamenti, perché qualche volta sono proprio il serpente vestito di bene, di vaghi colori. La morale è quella che ci ha insegnato il Signore nella Scrittura, quella che ha predicato sempre la Chiesa. L’indulgenza verso le debolezze umane tante volte è inganno. Invece occorre una morale delicata, senza scrupoli, ma costante.
Allora, ecco la preghiera per avere questa luce per conoscere bene l’insegnamento di Gesù, per imitare la Vergine delle vergini, Maria, per seguire gli esempi di S. Tecla. Avere sempre la luce soprannaturale. Non si creda che facendo i voti tutto sia risolto: incomincia la battaglia. Incomincia la battaglia, e allora non vi è altro da fare che pregare e vigilare. Pregare costantemente, perché il demonio non rispetta neppure l’età matura, come non rispetta l’abito religioso. Pregare e vigilare sempre. Anche se si fosse infermi e molto infermi, vi è ancora da praticare la vigilanza e vi è ancora da pregare costantemente finchè c’è il corpo. Sempre vi è il pericolo. Pregare e vigilare.
Ecco alcune riflessioni: S. Tecla, vera figlia di S. Paolo, e voi volete esserlo dietro i suoi esempi. S. Tecla martire, nella sua pazienza arrivò all’eroismo, perché si abbandonò tutta in Dio per quanto Iddio voleva disporre di lei. S. Tecla vergine, e allora non vi sono interrogativi o esclamativi, ma piuttosto «vigilate et orate». Sarete allora vere Figlie di San Paolo e vere seguaci di S. Tecla. Coraggio!
Pregare per la Prima Maestra, ma soprattutto consolarla con l’obbedienza serena, costante; consolarla con un grande numero di vocazioni; consolarla mostrandovi sempre efficaci nell’apostolato. Vere Figlie di San Paolo sull’esempio di S. Tecla!
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1 Meditazione tenuta a Roma il 23 settembre 1958. Trascrizione da nastro: A6/an 54b = ac 91b. Stampata in fascicolo (ottavo). Il Diario Sp. riporta: Il Primo Maestro “verso le 9 si avvia al santuario, per dettare la meditazione alle Figlie di San Paolo, radunate in occasione dell’onomastico della Prima Maestra”.
2 Cf Rm 16,1-16.
3 Tecla (sec. I), convertita da S. Paolo. Nel racconto della vita di S. Tecla vi è poco di documentato. È fuori dubbio che sia veramente esistita, come è attestato dai martirologi antichi e da monumenti di ogni epoca. Il suo culto, iniziato a Seleucia, si è diffuso in Oriente e in Occidente. Ciò che ha contribuito ad oscurare la verità storica della santa è stato il racconto apocrifo Acta Pauli et Theclae, composto da un presbitero dell’Asia Minore negli ultimi decenni del II secolo.
4 Cf 1Cor 7,7.

5 Nell’anno 1957, dedicato a S. Paolo, ma si può dire in ogni anno della predicazione alberioniana alle FSP e alla Famiglia Paolina, alla voce Paolo si possono esaminare richiami come questo. Cf anche FSP34, pp. 92-93; AD 2, 354.
6 Cf Mt 22,37.

7 Mt 6,10: «Sia fatta la tua volontà».
8 Cf Mt 26,41: «Vegliate e pregate».

9 Allusione alla “nuova morale”, o “etica della situazione”, che sostiene l’autonomia individualista della coscienza, condannata da due discorsi di Pio XII nel 1952 e dall’istruzione del S. Uffizio del 1956. Cf Pio XII, L’educazione della coscienza, 23 marzo 1952, e Una nuova morale, 18 aprile 1952, in Insegnamenti pontifici, vol. 3, Edizioni Paoline, Roma 1957, nn. 576-587, pp. 455-461, e nn. 588-595, pp. 462-466.