Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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31. ALLE PROFESSE TEMPORANEE1


Questo tempo che passate in preparazione alla professione perpetua è veramente una grande grazia di Dio. Grande grazia! Primo, per rinnovare tutte le cognizioni, le istruzioni, già avute nel noviziato e approfondirle, allargarle. Secondo, per confermare i santi propositi: i propositi che vi erano nel giorno in cui si è fatto il passo avanti2 per indicare che la scelta tra la famiglia, il mondo e Dio, per voi era decisa: voler essere solo sempre e interamente di Dio.
E poi, soprattutto, per pregare. Pregare, perché il noviziato è l’esordio della vita religiosa, e le suore come si formano nel tempo della professione temporanea, in generale così rimangono per il resto della vita. Se si ottengono adesso le grazie per tutto il corso della vita, tutto il corso della vita ne avrà vantaggio. Pregare per tutto il rimanente della vostra vita religiosa, affinché sia sempre proprio come una strada che sale, sale il monte della perfezione, e dalla vetta spicca poi il volo al cielo per la professione eterna con Dio immutabile, non più soggetta a variazioni né soggetta a tentennamenti.
Una grande grazia. Allora, per corrispondere a questa grazia, si devono compiere queste tre cose: approfondire l’istruzione sotto ogni aspetto, l’istruzione religiosa interpretando e approfondendo le Costituzioni; approfondire particolarmente lo spirito di fede. Fede profonda! Illuminate sempre da quella luce celeste che è contenuta nelle pagine del Vangelo e applicata a noi per mezzo delle Costituzioni. Quindi rivolgere il cuore più perfettamente a Dio e cercare l’unione con Dio, l’unione in un aumento continuo di grazia. Crescere! Crescere in que-
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sta unione con Dio, crescere in questa vita interiore, spirituale, soprannaturale.
Terzo, i propositi che si devono emettere e che saranno espressi poi nel giorno solenne della professione perpetua. Ora due cose sono necessarie per il rimanente della vostra vita e che si devono tenere già presenti in questo tempo di preparazione ai voti perpetui. Primo, volere attendere veramente a perfezionarsi. Pensare che di lì in avanti il lavoro della religiosa è questo: attendere alla perfezione, alla santificazione. Secondo, non aprire mai la finestra verso il mondo. Non aprire mai né la mente, voglio dire i pensieri; né il cuore, voglio dire i sentimenti; né i desideri, né la volontà. Mai cedere alla lusinga e cacciare tutto quello che è scoraggiamento, dubbio, come tentazione. Perché se anche uno, è ben difficile, ma se avvenisse anche il caso che uno avesse sbagliato strada: Fac ut voceris3. Non è il caso di pensare di tornare indietro: Fa’ in maniera di essere chiamata. E cioè: Giacché sono in questa strada, ecco voglio santificarmi qui, e pregherò tanto da avere le grazie necessarie, perché quello è come se uno avesse fatto un peccato per disgrazia. Deve rimanere lì? O deve rivolgere ancora la mente a commetterne altri? No! Risorgere. E domandare la emendazione, la conversione e la santificazione, ancora dopo la caduta, perché, fatti più esperti per l’imprudenza della caduta, non ritorniamo indietro dai buoni propositi, dalle risoluzioni che si sono fatte di emendazione. Perfezionarsi!
Molte volte avviene che emessa la professione perpetua, già si crede: Basta!. Ora sono religiosa, dice quella suora, e basta. E no, non basta, incomincia. Incomincia! Perché entrare nella vita religiosa, specialmente entrarvi definitivamente, è incominciare, assumere l’impegno di perfezionarsi, di santificarsi. Questo è il dovere fondamentale, il dovere principale che obbliga tutte, tutti i religiosi a lavorare per la santificazione. Se uno ha preparato la tavola e ha fatto cuocere i cibi e già ha portato questi cibi in tavola e li guarda, eh, no! Tutto questo è preparazione, bisogna mangiare. La spesa che si è fatta, il
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lavoro della cucina che si è fatto e la preparazione della tavola che si è fatta, è in ordine a cibarsi. E non solo prendere il cibo, ma per quanto è possibile compiere bene la digestione, l’assimilazione per aumentare le forze, mantenersi nel servizio di Dio e nell’apostolato. Quando si è fatta la professione perpetua si è arrivati lì, al momento di nutrirsi, di prendere veramente il cibo, cioè cominciare questo grande lavoro del perfezionamento. Cominciare! Perché prima si sono imparati e già si sono esercitati questi impegni o questo lavoro di perfezionamento in una certa misura, ma le grazie maggiori sono dopo la professione perpetua, e l’obbligo assolutamente impegnativo è dopo la professione perpetua. L’obbligo assolutamente impegnativo di perfezionarsi per tutta la vita viene dopo.
Poi si hanno più mezzi, cioè più occasioni di merito, perché già si avevano tutte le cose necessarie, le pratiche necessarie, ma dopo vi sono ancora più mezzi. Il sapere conciliare la vita attiva con la vita contemplativa, e perseverare nel doppio esercizio della vita contemplativa e della vita attiva richiede maggiore virtù e si hanno in più occasioni di molti meriti. Molti meriti in più!
Il demonio farà i suoi sforzi contro la religiosa, vi saranno battaglie, particolarmente dai venticinque ai trentacinque, trentotto, quarant’anni. E allora, se vi sono particolari lotte e queste lotte sono vittoriose, ci sarà molto maggior merito. Vi aspettano ancora le difficoltà maggiori. E non si tratterà di entusiasmo giovanile e di fervore giovanile, ma si tratterà di robustezza di virtù: una virtù cosciente, una virtù forte, una virtù perseverante. Tutto quello che già si è fatto da religiose, come professe temporanee, è allora che si consolida, è allora che si dà il più grande amore a Dio, il più grande segno di amore al Signore. Allora e di conseguenza bisognerà che prendiamo i mezzi per la perseveranza e per il progresso, perché chi si ferma è perduto veramente, e cioè il fermarsi è ritornare indietro. E avviene, e disgraziatamente può avvenire, che in qualcuna si rallenti il fervore e cresca nei difetti, e si creda meno obbligata ad obbedire, e si creda quasi sicura di poter resistere a ogni tentazione, di potersi prendere certe libertà. No! C’è questo pericolo di andare indietro.
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Delicate fino alla conclusione della vita, anche sul letto di morte. Impegnate anche fino agli ultimi giorni e agli ultimi momenti, quando si starà per entrare nell’eternità. Progredire nella scienza e nella fede. Non cessa l’impegno di studiare, di meditare, di istruirsi, di leggere, di penetrare le Costituzioni. Anzi, non cessa. È allora che si può fare di più avendo già ricevuti e stabiliti questi fondamenti durante la professione temporanea, e nella preparazione alla professione perpetua resta più facile, non si ha che da camminare in quella via.
Crescere nella fede. Vedere tutto in Dio e veder Dio in tutto. Vedere sempre meglio che grazia è stata la vocazione religiosa e considerare che è una vera felicità aver potuto entrare nella Congregazione paolina. Una grazia straordinaria! Essere sempre felici della vocazione, felici perché si conoscono sempre meglio i motivi soprannaturali. Non cominciare a ragionare secondo natura, ma secondo la fede. Pensare, parlare e operare secondo la fede. Che l’apostolato non divenga un atto materiale, come se si trattasse di un negozio o di un’industria, no. Che sempre si approfondisca che cosa sia apostolato e che cosa richieda l’apostolato.
Secondo, occorre confermare la volontà. La volontà ha da essere fortificata mediante le pratiche di pietà. Sempre il lavoro di correzione dei difetti e di conquista delle virtù religiose. Sempre meglio. Vere Paoline! Anche nelle cose che qualche volta potrebbero apparire secondarie o anche di poca o nessuna importanza. La religiosa delicata non dice mai che una cosa non ha importanza nella vita religiosa, non lo dice mai. È come una suora ordinata che non si permette portare in giro i piccoli strappi o le macchie dell’abito. No. Eh, ma tutto il complesso dell’abito non è strappato, non è macchiato. Ma si vogliono togliere anche i piccoli strappi e si vogliono togliere le piccole macchie. Niente è piccolo nella vita religiosa. E se uno fa un piccolo buco nella vita religiosa, il buco poi si allarga e di lì a un po’ non si vede più né povertà, né castità, né obbedienza e neppure la vita comune. E allora, cambia le suore di qua e mettile di là, e cambia le superiore… Bisogna cambiare i cuori invece dei troppi cambiamenti esterni che qualche volta sono necessari. Ma quasi quasi sarebbe da applicarsi il testo dell’
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Imitazione: Qui saepe vagantur, raro sanctificantur4, quelli che continuano sempre a girare, concludono poco nella vita. Come se uno girasse tutta la notte nel letto e non prendesse sonno. Bisogna prendere sonno per riposare, non è vero? Non girarsi continuamente.
Amare il posto dove si va e pensare che se ci sono delle occasioni di merito non bisogna sfuggirle, prenderle e santificare tutto: il bene che ci piace e il male che qualche volta si incontra e che non piace. Voglio dire santificare il male stesso, cioè, ad esempio, se si trovano dei caratteri difficili si userà più pazienza. Quindi, fortificarsi nella virtù. Non avere sempre bisogno che ci asciughino le lacrime. Pensiamo di trovare le consolazioni in Dio. Non effondersi con i confessori, ma effondersi con Gesù eucaristico, con la Madonna, aprire loro il cuore, l’anima. Vale di più un rosario che tre quarti d’ora di confessionale quando bastano cinque minuti o tre minuti. Un rosario detto bene, la Visita migliorata, allora si fortifica l’anima.
E poi la disposizione di fare quanto è detto. Ci sono le Costituzioni che sono la prima direzione, c’è l’Istituto che è la seconda direzione, cioè le Maestre, specialmente la Prima Maestra e coloro che collaborano con lei. Poi ci sono gli orari e le altre cose che vengono disposte. Ecco come vuole il Signore! Non andare a cercare spiritualità, confessori a destra, confessori a sinistra, libri vari. Bisogna che noi facciamo bene questo: approfondire. Se approfondissimo bene il catechismo! Ma se poi qualcuna può passare allo studio della teologia, vi è la teologia per le suore, teologia dogmatica, teologia morale, teologia liturgica. Questo quando vi è un po’ di tempo, e il tempo per voi non è molto, perchè siete molto occupate, però vi sono anche i giorni di riposo. E i giorni di riposo non sono solamente per riposare, per mettere a posto le cose necessarie, ma anche per fermarsi a pensare e istruirsi.
Terzo, volgere sempre di più il cuore verso Dio. Considerare Gesù lo sposo dell’anima. Concentrare tutti i sentimenti in Gesù. Cercare Gesù e il paradiso in tutto, la gloria di Dio che
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è il fine supremo, e cercando la gloria di Dio incontreremo, troveremo anche la nostra. Il cuore ben unito a Gesù. Vigilare perché il cuore non si permetta di aprire qualche finestra verso il mondo. Gli occhi possono essere le finestre, e anche i pensieri possono essere le finestre, per cui il cuore comincia a respirare, almeno per qualche momento, un’aria che non è tutta pura. Esporsi a certi venti è esporsi ai malanni.
Tenere il cuore a posto con le sorelle, con coloro che vengono in libreria, oppure con chi dovete visitare con l’apostolato. Tenere il cuore a posto. Sapersi mortificare anche nel guardare pellicole, seguendo le regole che sono state date con sapienza, e con il desiderio di una perfezione sempre maggiore. E tenere il cuore a posto anche con i parenti. La suora ha scelto la sua famiglia, la famiglia di Dio nella Congregazione. L’amore ai parenti va regolato giustamente. Quando si fanno i voti, si sceglie la vita religiosa, si sceglie una famiglia più numerosa, una famiglia che è famiglia di Dio, una famiglia nuova. E se la suora dopo si prende preoccupazioni… e la nipote, e il cugino, e il fratello… allora il cuore non è più tutto di Dio.
Oh, certune si ingannano! Come sono, che cosa dicono le Costituzioni? E che cosa dicono i santi? E che cosa dice il Vangelo? «Chi non lascia suo padre e sua madre, e i fratelli e le sorelle, e la casa e se stesso, non è degno di me»5. Allora, se si diventa indegni di Dio, si diventa indegni delle sue grazie. Vi possono essere delle mancanze sotto ogni aspetto, in ogni parte: primo il cuore, secondo la povertà, terzo l’obbedienza e quarto la vita comune. Tutto questo viene a soffrirne. E quanto più vi premurate per cose familiari, s’intende sempre come dicono le Costituzioni, come dice il Diritto Canonico, come dice il Vangelo, tanto meno vi premurate della Congregazione per portare il contributo di progresso. Tanto meno vi premurate degli interessi di Dio, e tanto meno vi premurate dell’apostolato. Il cuore si raffredda. Spira un’aria più fredda da una certa parte.
Quando l’ambiente è caldo e si apre una finestra da cui penetra una ventata di gelo, ecco che il cuore si gela. Poi si fanno
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mille lagnanze e si è infastiditi, perché non si riesce in questo o in quello, si cade ancora negli stessi difetti e non si trova pace dove si è. Questo perché il cuore non è più tutto, solo e sempre di Dio. Vi è qualche fibra che non è indirizzata e non si muove per Dio e per le anime. Vigilate di non aprire finestre sul mondo, anche sotto l’aspetto di bene: è lì il punto dove alcune si sbagliano. Credono che quello sia più bene e che quasi sia dovere, ma lì è sempre il tranello di satana. Come ha giocato Eva: «Se mangerete questo frutto non morrete! Anzi sarete simili a Dio»6. Oh, non peccate, anzi fate bene a fare così! E magari regali che non si possono fare… Allora, vigilare. Non aprire mai la finestra da dove può entrare il gelo. Invece riscaldare lo spirito, riscaldare l’anima, riscaldare il cuore che si accenda sempre di più di amor di Dio!
Ecco quindi la conclusione. Il lavoro di perfezionamento, il lavoro più impegnativo comincia con la professione perpetua e mai si deve smettere. Sempre la stessa obbedienza, anzi sempre più obbedienti. Sempre lo stesso amore alla povertà, anzi sempre più distaccate da quello che dobbiamo lasciare come religiose. Sempre più il cuore a Dio e che non entrino altri desideri, preoccupazioni e sentimenti non adatti per la vita religiosa. Quindi evitare i pericoli. D’altra parte non si cada in questo sbaglio: Ho molto da fare, lascio la Visita. No! Quando si ha molto da fare non si lascia di mangiare, anzi, bisogna fortificarsi di più se si lavora di più. E così, se c’è più lavoro, se c’è molto da fare, allora prendere Dio con noi. Dio con noi e allora faremo di più. Eh, ma c’è da far qui… da andare là…. Organizzare meglio le cose, per cui si otterrà più frutto che con quel continuo agitarsi, continuo troppo affannarsi.
Quando l’anima si appoggia proprio a Dio, quando si parte al mattino dalla chiesa unite a Dio, allora c’è Iddio con noi, allora è Dio che ci guida ed è lui che opera. Non sacrificare la meditazione, non sacrificare due minuti di Visita al santissimo Sacramento, non mettere all’ultimo posto le pratiche di pietà, ma al primo posto: lì è il grande mezzo. Gesù nutrirà la vostra mente, il vostro spirito, il vostro cuore, fortificherà la volontà,
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sarà sempre con voi e vi sentirete di camminare avanti nella via della perfezione per una strada che sale e quindi è faticosa, ma si sarà sostenuti da lui, da Gesù che è il modello della religiosa, l’aiuto, e poi sarà il premio. Avanti dunque!
Però, in questo tempo di preparazione alla professione perpetua sia risolto il problema della vocazione, fino in fondo. Dopo, considerare tutti gli altri pensieri contro la vocazione non solo come distrazioni, ma come tentazioni e pensieri cattivi. Cacciarli, praticamente direi, più ancora che i pensieri contro la purezza, perché il pensiero contro la vocazione comprende anche quello contro la purezza che avete professato, il celibato che si è abbracciato. Considerarli come pensieri pericolosi e, se si seguono, confessarsene, perché quel pensiero è proprio cattivo, è proprio una tentazione pericolosa da vincersi coraggiosamente. Risolverlo e poi basta. Non si ritorna più a studiare il problema che già si è risolto.
Così vedrete la vostra vita serena, contenta. La vita religiosa sempre più gioiosa, non è vero? Il Signore vi ha chiamate in una Congregazione così bella e nella quale ci sono tanti mezzi di santificazione e di apostolato.
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1 Meditazione tenuta a Roma il 17 dicembre 1958 alle Paoline del Corso di perfezionamento in preparazione alla professione perpetua. Trascrizione da nastro: A6/an 58a = ac 98a.
2 Nel rito della professione temporanea il sacerdote che presiedeva chiedeva alle candidate di fare un passo avanti segno della decisione di continuare nella vita religiosa. Cf Rituale…, o.c., p.42.

3 “Si non es vocatus, fac ut voceris: Se non sei chiamato, fa’ in maniera di esserlo”. Frase attribuita a S. Agostino.

4 Cf Imitazione di Cristo, I, XXIII, 2.

5 Cf Lc 14,26.

6 Cf Gen 3,4-5.