24. ESAME DI COSCIENZA1
Recitando il Vi adoro, ringraziamo il Signore di averci creati e fatti cristiani, e anche di averci fatti religiosi. Abbiamo anche l’intenzione di ringraziare il Signore che ha voluto questa casa, e per tutto quello che si ha di cure fisiche, e per tutto il bene spirituale che si riceve. Perché nell’intenzione non era che soltanto si potessero curare bene le suore in maniera di restituirle, per quanto è possibile nella volontà di Dio, alle loro case e al loro lavoro spirituale e apostolico, ma anche di ristorare lo spirito nel raccoglimento, nella silenziosità e nell’emulazione vicendevole. Emulazione vicendevole di pietà e di virtù, di buoni esempi, perché è tanto bella la frase di S. Paolo: «Aemulamini charismata meliora»2; o l’altra che egli dice di sè: «Aemulor enim vos Dei aemulatione»3. L’emulazione vicendevole è tanto diversa dall’invidia. A volte vi è l’invidia per i maggiori beni che ci possono essere negli altri. Ma questo è segno che noi abbiamo poco amor di Dio, perché se noi amiamo davvero il Signore, ci rallegriamo che al Signore sia data la maggior gloria e sia fatto il maggior servizio.
In questo tempo di novembre siamo più disposti al raccoglimento, e anche le solennità liturgiche ci portano alla riflessione. Per questo dobbiamo imparare particolarmente quell’abitudine di riflettere su di noi. L’abitudine di riflettere su di noi: «Bada a te stesso: Attende tibi»4, come dice S. Paolo, si va creando con la diligenza nell’esame di coscienza. Continuando sempre a fare l’esame di coscienza, ci formiamo l’abitudine di riflettere sui pensieri e sulle parole che diciamo; sui sentimenti
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del cuore; sulla condotta: la vita esteriore, l’attività, l’osservanza religiosa, la pratica e l’osservanza apostolica.
L’esame di coscienza, propriamente dovrebbe essere fatto tre volte al giorno: l’esame preventivo al mattino; l’esame consuntivo breve, prima del pasto di mezzogiorno; particolarmente l’esame consuntivo alla Visita al santissimo Sacramento; poi l’esame di nuovo consuntivo alla sera. L’esame centrale è quello della Visita. Se si fa bene l’ora di adorazione, se si fa bene nello spirito paolino, questo supplisce a tante altre opere di pietà, perché serve a rafforzare la fede nella prima parte; secondo, a rafforzare la speranza nella seconda parte; e terzo, a rafforzare in noi, far accendere in noi sempre di più l’amore di Dio e l’amore al prossimo. Questo aumento di fede, di speranza e di carità frutta l’aumento e consolida l’osservanza dei voti, perché allora si pensa a Dio, nostro ultimo fine, nostra eterna felicità, e allora non si bada più alle sciocchezzuole. L’osservanza della povertà viene di naturale conseguenza: Ci sono dei beni maggiori, perché sto a cercare il meno?. Come se uno avesse abbondanza di ogni stoffa bella, e andasse a cercare gli stracci, che pure valgono qualche cosa, perché anche gli stracci sono buoni a fare carta, oppure fare concime. Ma tutta quella provvista di belle stoffe preziose!
Secondo: se noi non solamente conosciamo Iddio, nostra eterna felicità, ma conosciamo Iddio che è degno dell’amore più grande, di tutto il nostro essere, allora vogliamo che tutto il nostro essere sia adoperato nell’amarlo, e il nostro essere diventi poi così unito a Dio, così penetrato da Dio per raggiungere il gaudio eterno. E allora noi ci ripieghiamo su noi stessi e diciamo: Che cosa ci vuole per raggiungere il paradiso, Dio, l’eterna felicità? L’osservanza, l’obbedienza. Essergli fedeli, ed egli è fedelissimo. Essere fedeli a lui per compiere la sua volontà, ed egli è fedelissimo nel dare le sue grazie a chi vuol esser fedele, a chi vuol fare la sua volontà, è fedelissimo nel dare il premio eterno.
Dunque, fare bene l’esame di coscienza nella Visita: è il secondo punto. Se si vuole fare bene l’esame di coscienza, e in una maniera perfetta, più adatta a chi è consacrato a Dio, si può dire così: figuratevi di fare non la Confessione sacramentale,
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ma la Confessione spirituale. Come c’è la Comunione sacramentale e la Comunione spirituale, così vi è la Confessione sacramentale che in generale si fa ogni otto giorni e la Confessione spirituale che si può fare tutti i giorni, e anche più volte al giorno. E come sarebbe questa Confessione spirituale? È l’esame di coscienza. Cosa facciamo noi nella Confessione sacramentale? Prima invochiamo le grazie di Dio per conoscerci, per conoscere i beni che egli ci ha dato e per conoscere come abbiamo corrisposto. Conoscere le grazie ricevute stamattina, ricevute ieri e come vi ho corrisposto. Domandare questa grazia: Signore, che io conosca te, cioè le tue grazie, le tue ispirazioni, i tuoi aiuti. E come potresti darmeli maggiori, se sei venuto a me nella Comunione? Io mi perdo quasi, nel considerare la mia indegnità e la tua bontà senza limiti. E il limite è solamente la nostra pochezza: Gesù viene con tutto se stesso, con tutte le sue ricchezze, con tutti i suoi doni. Vedere invece come io ho corrisposto.
Allora si domanda questa grazia: conoscere bene i doni di Dio e conoscere bene il modo con cui noi corrispondiamo a questa bontà di Dio. Poi si fa l’esame: Come ho corrisposto. Prima dunque si invoca il Signore, e poi come ho corrisposto. Particolarmente allora si ricorda il proposito principale: Che cosa ho proposto negli Esercizi spirituali? Ognuna ha i suoi propositi, fermi, scritti, chiari. E allora pensa: I miei propositi li ho osservati? Per esempio, se ho il proposito sulla carità: pensieri di carità, sentimenti di carità, parole in carità, azioni e opere e giornata in carità verso Dio, verso il prossimo. Perché sempre si ha da esaminare prima l’interno, i pensieri e i sentimenti; le parole e le opere sono frutti. Eccetto che si voglia fare soltanto una carità esteriore, come sono certe gentilezze del mondo le quali tradiscono e non corrispondono ai sentimenti interni.
E per la Confessione, dopo aver invocato Dio e fatto l’esame, che cosa si fa? Si eccita il dolore. L’esame non finisce lì, con la constatazione dei nostri errori e con la constatazione delle grazie ricevute, ma si deve ringraziare il Signore per i benefici ricevuti stamattina, se è l’esame quotidiano. Mentre se è l’esame settimanale per la Confessione, riguarda le grazie della settimana, e la corrispondenza della settimana.
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Si ringrazia il Signore dei benefici fatti da lui a noi, e si domanda perdono. Eccitarci al pentimento che è la parte principale. È la parte principale dell’esame di coscienza. Come nella Confessione la parte principale è il pentimento unito al proposito, così nell’esame di coscienza, che è una Confessione spirituale di noi a Dio, a Gesù che sta nel tabernacolo. A volte si finisce con il fare una Confessione a Gesù nel tabernacolo quasi ancora più fruttuosa, cioè in quanto sentiamo più frutto; non che la Confessione spirituale sia paragonabile alla Confessione sacramentale, no, ma quanto all’effetto e all’impressione che ci lascia. Quindi eccitarci al pentimento e al proposito che sono le due condizioni essenziali per la Confessione, perché formano poi, in fondo in fondo, un ‘quid unum’, una cosa sola: si detesta il male e si propone di fare il bene. È questa la parte principale. Non diventare scrupolosi; ma sul pentimento sì, sul dolore sì, sul proposito sì. Essere fermi, eccitarci.
Quindi nelle Confessioni non bisogna essere lunghi, ma il pentimento e il proposito devono essere fermi. Quello lo possiamo solo eccitare noi, ciascuno quando si confessa e nella Visita. Non che abbia tanta importanza il fare una cosa lunga in confessionale, no. Ma qui ha importanza il pentimento e il proposito, cioè le parti sostanziali delle disposizioni che noi dobbiamo portare per ricevere non solo il perdono, ma la grazia per migliorare.
E allora, dopo il pentimento e il proposito, ci accusiamo davanti a Gesù: Stamattina ho fatto così, così. Ho sbagliato in questo, ho sbagliato in quello. Tu mi hai mandato quest’ispirazione e io non l’ho ascoltata. Sapevo che dovevo fare così, e ho fatto diverso. Accusarci proprio a Gesù che è lì presente, che ci sente. Anche quando non siamo in chiesa, Gesù ci sente, vive nel nostro cuore se siamo in grazia di Dio. Accusare. E poi sentire le ispirazioni, invece degli avvisi del confessore. Che cosa mi dice? Come dovevo fare? Che cosa vuoi che faccia adesso? Stare un po’ in silenzio e sentire quello che risponde Gesù. Poi si dice l’Atto di dolore come se ci si fosse confessati. L’Atto di dolore più sentito che è possibile. E noi sappiamo che l’atto di dolore perfetto ottiene il perdono. E quando uno fosse anche in peccato grave, l’atto di dolore perfetto, unito al
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desiderio di confessarsi quando potrà, ottiene anche il perdono dei peccati mortali. Quando è unito al desiderio di confessarsi, appena si potrà, certamente si ottiene il perdono delle venialità commesse, degli errori e delle imperfezioni.
Allora, siccome il confessore darebbe la penitenza, facciamo una penitenza, imponiamoci noi la penitenza. Generalmente servirebbe ripetere la penitenza del confessore, cioè quella che ci ha dato il confessore l’ultima volta che ci siamo confessati, oppure un’altra più breve e anche una penitenza più sensibile a volte: Se hai trasgredito le Costituzioni, rileggi quel capitolo. Se sei stata troppo umana nei tuoi ragionamenti, leggi un pezzetto del Vangelo, per esempio, le Beatitudini5. Se hai trascurato la pietà, recita un Veni Creator per ottenere lo spirito di orazione. Una penitenza correttiva, non solo punitiva che ci punisce per il passato, ma una penitenza costruttiva, voglio dire una penitenza che ci serva a rafforzare il proposito per l’avvenire. Per esempio, se si ha qualche cosa con una sorella, si cercherà di trattarla con maggiore bontà. Si propone di fare questo. E se si è mancato di curiosità, si terrà più a freno quella mania di sapere quelle cose che non ci interessano. Una penitenza ce la imponiamo e poi la facciamo. Allora si può aggiungere anche il Miserere6.
L’esame di coscienza fatto così ci richiede un venti minuti, ed è un terzo della Visita. Sono venti minuti per il primo punto, venti minuti per il secondo punto, venti minuti per il terzo punto della Visita.
Si ricaverà molto vantaggio. Ecco, ero chierico e non l’avevo capito, ma una volta siamo andati in chiesa per confessarci e aspetta e aspetta, e il confessore non è venuto. Ma intanto la preparazione c’era stata, e la preparazione era stata fatta press’a poco con questi punti. Dopo, nonostante non fosse venuto il confessore, e quindi che non ci fossimo confessati, sembrava che avessimo ricavato quasi lo stesso frutto. Per confessarci e per fare la confessione spirituale, ricordare sempre bene: prima, raccomandarci al Signore; secondo, constatare le
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grazie e la corrispondenza, quindi l’esame di coscienza; terzo, il pentimento, poi il proposito, poi l’accusa, poi la penitenza che ci imponiamo noi e che corrisponda ai nostri bisogni. Per lo più una penitenza che tocchi la mente: dirizzare i pensieri; che tocchi il cuore: dirizzare i sentimenti.
Allora l’esame di coscienza diviene facile e fruttuoso. Non solamente facile e fruttuoso, ma porterà in noi un rinnovamento di buona volontà. Rinnovarci sempre come se oggi cominciassimo: Oggi comincio. Oggi comincio, e questo è un rinnovamento di spirito, di fervore, quello degli Esercizi, quello del ritiro, e può essere quello dell’ultima Confessione. Rinnovarci sempre ogni giorno, specialmente quando si è così a contatto con Gesù nella Visita.
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1 Meditazione tenuta ad Albano il [2] novembre 1958. Trascrizione da nastro: A6/an 57a = ac 96b. La trascrizione non porta data. Dalla meditazione tenuta ad Albano l’8 novembre 1958 (cf med. 25) risulta che questa predica è stata tenuta qualche giorno prima. Il Diario Sp. riporta che domenica 2 novembre Don Alberione era ad Albano per motivi di salute e il 3 novembre rientrò a Roma.
2 Cf 1Cor 12,31: «Desiderate i carismi più grandi».
3 Cf 2Cor 11,2: «Sono geloso di voi della gelosia di Dio».
4 Cf 1Tm 4,16: «Vigila su te stesso».
5 Cf Mt 5,3-11.
6 Cf Sal 51.