Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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V
MARIA E LA PROPAGANDA1


Onorare Maria propagandista: secondo mistero gaudioso. Maria incomincia a esercitare il suo apostolato verso l’umanità, e la sua visita a S. Elisabetta, alla casa di Zaccaria è modello delle visite da fare alle case2. Consideriamo quindi il secondo mistero gaudioso. Le propagandiste lo reciteranno frequentemente. Soprattutto entrare nello spirito con cui Maria visitò S. Elisabetta e Zaccaria, e poi invocare da Maria, Regina degli Apostoli, propagandista, visitatrice, invocare le grazie per la visita, cioè per chi visita e per chi riceve la visita, affinché il frutto rimanga stabile.
Nell’annunciazione Maria sentì dall’angelo: «Ecce Elisabeth, cognata tua, et ipsa concepit puerum in senectute sua… e questo è il sesto mese»3. Quel fatto era come una prova che l’angelo aveva parlato a nome di Dio. Maria riconobbe la prova che l’Angelo le comunicava una missione che veniva veramente da Dio e che sarebbero state compiute in lei le cose che l’Angelo stesso aveva annunziato. E «Beata te, quae credidisti: Beata te che hai creduto. Perficientur in te quae dicta sunt tibi a Domino»4. Per la fede che hai avuto nel credere all’angelo si compiranno tutte le cose che ti furono annunziate. Cioè sarebbe diventata madre, conservando la verginità. La sua maternità era divina, perché sarebbe nato da lei il Santo, e
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questo si sarebbe compiuto con l’intervento della Trinità: «Lo Spirito Santo discenderà in te, la virtù del Padre, dell’Altissimo ti adombrerà, e colui che nascerà da te sarà il Santo, cioè il Figlio di Dio»5.
Cosa precedette e con quali disposizioni Maria intraprese la visita, come la compì, quali furono i frutti? Anzitutto Maria era ben preparata a uscire di casa, perché in casa c’era stata volentieri, nascosta, tranquilla, segregata dagli uomini. Nessuno, dice l’Imitazione di Cristo, si azzardi ad andare al pubblico, cioè agli altri: Nemo secure apparet nisi qui libenter latet6.
Per essere buone propagandiste, bisogna amare molto la vita comune, bisogna stare volentieri in casa, e praticare bene in casa quei doveri, quegli uffici che sono dati. Amare la vita comune significa amare le Costituzioni che sono la base, sono come le rotaie su cui si svolge, su cui cammina la vita comune. Amare la vita comune, le superiore, le sorelle e le sorelle che sono in formazione. Amare la vita comune, stare volentieri in casa. Vi sono persone che bisogna che si esercitino di più nella pazienza in casa e nel raccoglimento abituale. Chi non è abituata a stare raccolta in casa, come potrà stare raccolta fuori, in libreria o in propaganda? Certo, vi sono più difficoltà.
Vi sono però delle suore che possono cadere in un errore grosso: Vado in propaganda e mi sento distratta. Allora mi faccio suora di clausura!. E perché? Sento un’ispirazione, una voce…. L’ispirazione non è di cambiare strada, è di camminare meglio nella tua strada, cioè abituarti al raccoglimento. Perché, se non sei abituata al raccoglimento, a tenere a freno la fantasia e allontanare da te i pensieri umani o mondani, se non ti sei abituata a evitare le curiosità: voler dire, voler sentire, ecc., se non ti sei abituata a fare bene la Visita, raccolta, la Comunione raccolta, allora che cosa capiterà? Che nel convento ti accompagna la fantasia. Pure in un convento di vita la più strettamente osservante e nella vita di clausura stessa non ti basteranno le inferriate per dominare la fantasia, il cuore,
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la curiosità. L’invito che si sente interiormente ad un maggior raccoglimento, è l’invito a vivere meglio la tua vocazione.
Abituarsi all’osservanza religiosa in casa esteriormente, ma voglio dire, interiormente. Il raccoglimento. La suora che va in propaganda senza essersi abituata al raccoglimento interiore non è preparata, perché avrà più occasioni di distrazioni, di divagazioni. La sua anima sarà come un ambiente in cui sono aperte tutte le porte e tutte le finestre, quindi in quell’anima entreranno tante cose che sono estranee, non acquisterà il merito che deve acquistarsi la propagandista, cioè la continua vigilanza su di sé per stare unita a Gesù che porta nel cuore. Essendo distratta, non potrà fare bene neanche materialmente la propaganda, perché non ha considerato bene ciò che vuole dare e a chi vuole darlo. Non si presenterà bene e non saprà entrare umilmente ed efficacemente nell’animo di chi avvicina, e anche nelle famiglie alle quali arriva.
Vedere bene se abbiamo il raccoglimento e se lo conserviamo, anche con un po’ di fatica. Poi domandare al Signore la grazia che, trovandoci in maggiori difficoltà, intraprendendo una relazione, andando in una casa, sappiamo conservare l’abituale raccoglimento, la nostra abituale unione con Gesù, e così non ricevere danno. Si incontrano dei pericoli? Eh già, perché non c’è il raccoglimento. Non si sente Gesù nel cuore e non si conserva l’unione con Gesù, allora le persone che si vedono, i pericoli che si incontrano, le parole che si sentono fanno impressione. Partire con Maria!
Secondo, retta intenzione. Come si mosse Maria? Nella sua fanciullezza e nella sua giovinezza, fino a quel momento, si era così abituata a stare raccolta in casa e godersi l’unione con Dio, nutrirsi di Sacra Scrittura e conservare tutto il suo cuore per il Signore, avendo il voto di verginità. Come si mosse allora per andare lontano, intraprendendo un viaggio lungo attraverso la montagna, e apparentemente senza ragione esteriore? Maria si mosse con retta intenzione. Aveva ricevuto Gesù, il Figlio di Dio: «Verbum caro factum est»7, aveva cominciato a prendere carne da lei e il cuore di Gesù si formava con il suo sangue vir-
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gineo. La retta intenzione era di portare Gesù a quella famiglia.
Partire con questa intenzione: portare Gesù Via, Verità e Vita a quelle famiglie. Retta intenzione. Perché noi sappiamo che è buono praticare la vita contemplativa, ma è ottimo dare alle anime ciò che abbiamo ricevuto. Se noi amiamo le anime, desideriamo a queste anime, al prossimo ciò che Dio ha dato a noi. Ci ha dato Gesù; vogliamo darlo. «Sicut teipsum» vuol dire, dare agli altri quei beni che noi stessi abbiamo ricevuto: «Amerai il prossimo tuo come te stesso»8. E come tu ami la salvezza della tua anima, anzi la santità della tua anima, così desideri e collabori, per quanto sta a te, operi per portare la salvezza e la santificazione alle anime, al prossimo. Retta intenzione! La retta intenzione dà valore all’opera, valore soprannaturale. E quanto più è retta l’intenzione, tanto più è meritoria l’opera. Quindi, se tu oggi desideri visitare venti famiglie, invece di dieci, le tue intenzioni sono venti e i tuoi meriti corrispondono a venti, rispetto a chi desidera solamente visitarne dieci. E se tu fai la propaganda collettiva e ti impegni per questo, la tua anima si rivolge a un maggior numero di anime, l’intenzione comprende un maggior numero di anime e il merito cresce. Cercare di guadagnare il massimo e far rendere al massimo per noi il nostro apostolato con questa rettitudine e con questa ampiezza nelle intenzioni che mettiamo.
Maria doveva portare Gesù, ma lo possedeva. Partire da casa in grazia, dopo la Comunione: Benedetto il frutto del tuo seno, Gesù. Ecco, «Innocens manibus et mundo corde: Con le mani innocenti e con il cuore puro»9 partire da casa. Sentire in noi Gesù, sentire l’unione con Gesù. Sentire che l’anima è come un tabernacolo in cui sta Gesù, e tu parti per portarlo. Un tabernacolo, come era un tabernacolo il seno purissimo della Vergine.
Chi pecca o chi non è delicato, chi sente che il Signore non è contento di lei, perché non è abbastanza a posto, naturalmente non voglio dire che subito porti il male, ma porta meno efficacemente il bene e opera anche meno bene. Quando
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non c’è la serenità dell’anima, quando non si sente bene questa unione con Gesù, anche il fare esterno a volte diviene troppo umano e non è così santo. Perché soventissimo non è tanto il libro o il periodico che date che fanno del bene, ma è la suora umile che imita, riflette anche nel suo modo esterno l’interno amore di Dio, con quella semplicità, quell’umiltà che edifica, con quel garbo e quello zelo moderato, sempre ben regolato, com’era lo zelo di Maria. Portare Gesù e sentirlo. Qualche volta portare la mano al petto dove Gesù è chiuso nel tabernacolo che sei tu stessa. E se è finita la presenza sacramentale dopo la Comunione, rimane sempre la presenza spirituale: Dio con te, Gesù spiritualmente con te.
Partire con Gesù come Maria. Il suo viaggio fu faticoso, si trattava di attraversare montagne, e quindi era anche lungo. Questo suo viaggio era disagevole e non scevro anche da pericoli. A quei tempi le strade non erano asfaltate come oggi, i mezzi di locomozione e la sicurezza stradale non erano quelli di oggi. Lo sappiamo dai fatti che allora accadevano.
Come si comportò Maria entrando nella casa di S. Elisabetta e di Zaccaria? Anzitutto entrando in quella casa fu lei umilmente a salutare. Prima presentarsi bene: «Intravit in domum Zacchariae et salutavit Elisabeth»10. Essere sempre molto rispettose, siamo a casa degli altri. Gli ospiti devono sempre comportarsi con umiltà. Non mostrare curiosità, non occuparsi di quello che non ci spetta, ma occuparsi di fare del bene.
Elisabetta risentì subito l’effetto del contatto con Maria e i frutti furono questi: Elisabetta profetò ripiena di Spirito Santo, conobbe l’occulto, la dignità di Maria e quello che in lei era avvenuto. Giovanni, il suo bambino, «Exultavit infans in utero meo»11, ebbe un sussulto di gioia e salutò anche lui Gesù bambino che era il frutto benedetto nel seno di Maria, e fu allora purificato dalla colpa originale, santificato quindi prima della nascita.
Maria stette là tre mesi. Anche Zaccaria fu illuminato e non solamente riacquistò la parola, ma ripieno dello Spirito Santo, fece quel cantico che è ammirabile e che noi cantiamo in varie
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occasioni e che i sacerdoti devono ripetere ogni giorno: «Benedictus Dominus Deus Israel, quia visitavit et fecit redemptionem: Benedetto il Signore Dio d’Israele perché ha visitato e ha compiuto la redenzione»12.
Dunque, prima il saluto, poi Elisabetta pronuncia parole di umiltà: «Che merito ho io, che tu, cioè che la Madre di Dio venga a me, in casa mia?»13. È un’esaltazione. È la prima volta che una creatura saluta Maria come Madre di Dio. Nessuno ancora aveva riconosciuto il mistero che si era operato in lei, quindi nessuno aveva potuto salutarla come tale, come Madre di Dio. Maria allora ebbe la prima e la più grande esaltazione. La prima e la più grande esaltazione è sempre ricordare che Maria è la Madre di Dio e nello stesso tempo una madre straordinaria, perché vergine. Maria non si esaltò. Non si compiacque, non fece un atto di vanità.
Ci sono persone a cui basta fare un piccolo elogio e perdono la testa, subito sono piene di se stesse e, a volte, credono proprio di possedere ciò che gli altri dicono. Oh, a volte siamo tanto lontani da meritare certe lodi! Aver sempre paura delle lodi. Sempre. Finché un’anima non arriva a temere le lodi, è difficile che cammini per la via del cielo, o meglio, per la via della santificazione. Potrà anche salvarsi, ma la santificazione non la raggiungerà, perché finché non si parte con umiltà, non si può arrivare alle altezze della santità.
E la risposta di Maria qual è stata? «Magnificat anima mea Dominum»14. Non si esaltò. Ma ricevendo quella lode, la rimandò a Dio. Tu lodi me, io lodo Dio invece: «Quia fecit mihi magna qui potens est»15. Quello che c’è, è lui che lo ha fatto! È vero che tutte le generazioni mi chiameranno beata, ma: «Quia respexit humilitatem ancillae suae»16. Come se volesse dire che in questo lei era lo strumento di Dio, e tuttavia le nazioni e le generazioni l’avrebbero chiamata beata, perché scelta per questo ufficio. Quindi ricordò come bisogna esse-
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re umili e come il Signore premia gli umili ed è largo con le sue grazie verso degli umili, mentre quelli che sono superbi li rimanda vuoti. Restano vuoti. Sempre umiltà se vogliamo le grazie di Dio. Fare nostri i sentimenti di Maria.
Vedete, là non si fecero dei discorsi inutili. Nelle visite non fare discorsi inutili, ma tutte cose sante. Parole sante da parte di Elisabetta, parole santissime da parte della Vergine. Subito Maria si comportò come la serva in quella casa. Si mise a servizio di Elisabetta che già anziana si trovava in condizione delicata, e la servì come umile ancella per tre mesi in quella circostanza.
Ecco, non pretendiamo troppi riguardi e comportiamoci sempre umilmente nelle case dove si va, pensando che lì compiamo un apostolato: andiamo a portare Gesù. Compiamo un apostolato! Tutto il comportamento sia santo e tutte le parole siano rivolte al bene, quindi sante, sante. Non prolungare le conversazioni in cose inutili, non mostrarsi curiose. Quando Gesù disse agli apostoli di andare nel mondo intero, raccomandò loro di andare senza soldi, ben ridotti nel vestire, e poi disse: «Neminem salutaveritis: Non salutate nessuno»17. Qualcuno lo interpreta male: i saluti allora duravano due, tre ore di conversazione. Di questi non fatene mai!18 Leggete bene i commenti che sono usciti dai commentatori più distinti. Del resto è così ancora adesso. Avrete da fare dei saluti così?! Il Sia lodato Gesù Cristo è sempre il saluto più degno e più meritorio davanti a Dio e dev’essere quello che subito indica che portiamo Gesù e intendiamo comunicare i beni di Gesù: la fede, la speranza cristiana, i mezzi di grazia. Servire come umili ancelle. «Non sono venuto a farmi servire, ma a servire. Non veni ministrari, sed ministrare»19.
Poi nacque il Battista, e sappiamo quello che successe alla sua nascita. I parenti volevano dargli un certo nome che ricordasse il nome degli antenati. Ma: «Joannes est nomen eius»20, così era stato già detto a Zaccaria dallo stesso arcangelo Ga-
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briele, quando gli era apparso nel tempio nell’ora dell’incenso. Fu interrogato che nome egli volesse dare al bambino e scrisse, non potendo parlare: «Joannes nomen eius». Il suo nome è già dato da Dio: non dobbiamo darne un altro: «Il suo nome è Giovanni». Non dice Chiamatelo Giovanni, ma Questo è il suo nome. Il nome che l’angelo aveva già profetizzato, annunziato e dato a nome di Dio al futuro precursore del Salvatore.
Maria stette quanto era necessaria l’opera sua in quella casa. Il tempo necessario. E «Si partì»21. Ritornò nella sua umiltà, nella sua silenziosità, o meglio, nella sua solitudine. Stare quanto è necessario, ma non pesare su quelli che ospitano, per quanto si può. In questo non ho bisogno di ripetere, perché sono tutte cose che già fate e che già vengono ricordate nelle varie conferenze. Il Signore sempre vi dia la grazia di praticarle.
Ritornò, ma lasciò quella casa santa: Elisabetta ripiena di Spirito Santo; il Battista nasce santo, perché già purificato dalla colpa originale; pure Zaccaria ripieno di Spirito Santo e pieno di fede, e d’altra parte pieno di riconoscenza a Dio e alla Vergine che aveva visitato quella casa.
Non dimenticare però le persone che si visitano. Adesso fate i rendiconti. Pregare sempre per le persone che abbiamo visitato, affinché il Signore le riempia della sua luce, perché quelle persone vivano in grazia e si salvino. Dopo [la visita] vi appartengono un poco. Siete coloro che hanno portato Gesù Cristo, e a certe anime si porta veramente la grazia! Quando chi vi ha ospitato conserva un’impressione buona e santa della suora, quell’impressione è benefica. È benefica, perché è una luce, e d’altra parte è qualcosa che rimane nell’animo. Chissà che anche soltanto quella visita a quel peccatore ostinato, a quel comunista o protestante ostinati, chissà che non sia proprio quel ricordo che risveglierà un giorno un pensiero di fede e in punto di morte valga poi a riconciliarli con Dio, a riconoscere gli errori commessi, a chiedere perdono e morire quindi nel bacio del Signore!
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Sì, preferire i poveri. «Evangelizare pauperibus misit me»22. Non invidiate quelle propagande che vanno a cercare i ricchi: non è apostolato. Compatiteli. Quello è un modo di fare che non dovrebbe essere fatto: cioè questua! Certamente dobbiamo coltivare i cooperatori, ma nel loro spirito. Tre cose: siano cooperatori di preghiera, di opere, quindi di collaborazione, e anche di offerte per la continuazione dell’apostolato. Ma non invidiate mai quelli, non prendetene esempio. Tutto il bene che farete ai poveri, vi porterà benedizione in casa. Ai piccoli! Prima rivolgiamoci volentieri ai piccoli. Mostrare la benevolenza ai bambini, concilia subito anche la benevolenza dei genitori. I bambini di preferenza, e poi i malati, i poveri e la massa in generale, e in Italia sono almeno quaranta milioni su quarantotto, quarantanove milioni di abitanti. Perché è sempre la massa e noi, in primo luogo, siamo mandati come Gesù: «Evangelizare pauperibus misit me... sanare contritos corde»23, cioè portare Gesù, portare la salute a chi invece aveva con sé il peccato.
Allora ricordiamo e meditiamo lungamente questo mistero, e poi illustrarlo in tante maniere, spiegandolo bene anche sulla circolare interna. Conservare l’immagine di Maria che si incontra con Elisabetta. Recitandolo avremo sempre più grazia, e la propaganda sarà sempre più utile alle anime e anche alla Congregazione, e vi lascerà una grande pace. E le anime a cui avete fatto del bene, verranno a ringraziarvi in paradiso, e al giudizio universale riconosceranno il bene che avete fatto loro.
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1 Meditazione tenuta a Roma il 4 giugno 1958. Trascrizione da nastro: A6/an 50b = ac 85b. Stampata in Rag, n. 5, luglio-agosto 1958, pp. 155-160.
2 La festa della Visitazione della Beata Vergine Maria, celebrata prima del “novus ordo” il 2 luglio, era considerata la festa delle propagandiste, per il nesso spirituale tra la visita della Madonna alla cugina Elisabetta e la visita delle Figlie di San Paolo alle famiglie con la buona stampa.
3 Cf Lc 1,36: «Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile».
4 Cf Lc 1,45: «E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto ».

5 Cf Lc 1,35.
6 Cf Imitazione di Cristo, I, XX, 1: “Solo chi ama il nascondimento, sta in mezzo alla gente senza errare”.

7 Cf Gv 1,14: «Il Verbo si fece carne».

8 Cf Mt 22,39.
9 Sal 24,4.

10 Cf Lc 1,40: «Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta».
11 Cf Lc 1,44: «Il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo».

12 Cf Lc 1,68.
13 Cf Lc 1,43.
14 Cf Lc 1,46: «L’anima mia magnifica il Signore».
15 Cf Lc 1,49: «Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente».
16 Cf Lc 1,48: «Perché ha guardato l’umiltà della sua serva».

17 Cf Lc 10,4.
18 Tono ilare, con partecipazione dell’assemblea.
19 Cf Mt 20,28.
20 Cf Lc 1,63: «Giovanni è il suo nome».

21 Cf Lc 1,56.

22 Cf Lc 4,18a: «Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio».
23 Cf Lc 4,18b.