Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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VII
VERGINITÀ DI MENTE, DI VOLONTÀ, DI CUORE1

«Beati immaculati in via, qui ambulant in lege Domini: Beati coloro che sono immacolati nella vita, perché camminano nella legge del Signore»2.
Questa mattina per conseguenza, abbiamo chiesto al Signore la purezza, la immacolatezza. Offrire al Signore tutto l’essere, il corpo. Come è bello sentire le attrattive del mondo, sentire le lusinghe della carne, vedere i cattivi esempi del mondo e intanto offrire in omaggio a Maria e per mezzo di Maria a Gesù tutto l’essere. Tutto l’essere: anima e corpo, specialmente quando si tratta di lotte interne. «Datus est mihi stimulus carnis meae, angelus satanae, qui me colaphizet: Sento lo stimolo della mia carne e come un angelo di satana che mi schiaffeggia»3, dice S. Paolo.
Questa mattina quindi abbiamo considerato la bella verginità e in più la purezza, perché non è la stessa cosa. La verginità è un privilegio, la purezza è qualche cosa che obbliga tutte le persone del mondo, cioè la purezza secondo la propria condizione, il proprio stato. E questa sera chiediamo all’Immacolata, nostra Madre, Regina, la verginità di mente, la verginità di cuore, la verginità di volontà: questo equivale alla santità.
Che cosa è la verginità di mente? È il tenere in mente soltanto pensieri buoni e mai volontariamente pensieri cattivi. Ecco la verginità! Quando invece si hanno, per esempio, nella meditazione pensieri santi e poi nella giornata, pensieri contro la fede, contro la carità, contro l’obbedienza, ecco non c’è più la verginità, c’è una mescolanza di bene e di male nella
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testa. Pensieri contro la fede, pensieri contro la speranza e la fiducia, di scoraggiamento, pensieri contro la carità verso Dio, pensieri contro la carità verso il prossimo, pensieri contro la giustizia, pensieri contro la prudenza, pensieri contro la vocazione, pensieri contro la temperanza, pensieri contro l’umiltà, pensieri contro la pazienza: allora la mente non è più tutta di Dio, non è più vergine. Quando invece i nostri pensieri abitualmente sono buoni, sono pensieri di apostolato, sono pensieri di umiltà, sono pensieri che riguardano Dio, riguardano i doveri; sono pensieri che riguardano le cose da farsi giorno per giorno secondo la nostra missione; sono pensieri benevoli, pensieri di bontà verso il prossimo; quando sono progetti di fare maggior bene, ricerca delle migliori vie, pensieri di studio delle materie che si insegnano, pensieri secondo la fede e l’istruzione religiosa, pensieri per ricordare gli avvisi, i consigli, le prediche, le parole del confessore; pensieri anche lieti che servono a tenere la serenità durante le ricreazioni in mezzo alle sorelle: ecco, pensieri santi. «Tutto quello che è utile, tutto quel che è vero, tutto quello che è santo, dice S. Paolo, haec cogitate»4. Ecco, pensate a tutto quello che è vero, a tutto quello che è buono, a tutto quello che è onesto, a tutto quello che è vero: «haec cogitate». Allora la mente è veramente vergine, perché è adoperata solo nel bene, non nel male.
Questa sacra verginità di mente chiederla tanto a Maria, Maestra nostra. Che bei pensieri nella sua mente! Che elevazioni nella sua mente! Vedete com’è composto il Magnificat? Che belle cose dice Maria a Dio! Non si compiace delle lodi, ma loda il Signore. Non rinnega i doni che ha ricevuto, ma considera che il Signore ha dato a lei quelle cose, perché valeva niente, perché aveva niente, perché era nulla. Pensieri su come il Signore è misericordioso con tutti quelli che sono umili e lo ricercano; pensieri su come il Signore abbandona l’orgoglioso, lo lascia nelle sue strade, nelle sue vie; pensieri in cui viene a riconoscersi il beneficio della redenzione.
Dobbiamo avere pensieri conformati alla Congregazione. Questa unione con la Congregazione, unione di mente in maniera
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che si pensi tutti lo stesso. Non è soltanto lo studio che si fa, di avere sempre uguale per tutte la medesima forma di vestito, questa è anche una cosa che dimostra la vita comune. L’abito, vedete, è molto esterno e può essere che una debba andare in una regione dove è vietato portare l’abito religioso, ma il pensiero comune è quello in ogni nazione, in qualunque condizione, anche se una è malata, e quindi non può vestire l’abito per molti giorni. I pensieri devono essere comuni: quelli della Congregazione, quello che si insegna nelle conferenze, quello che c’è nelle Costituzioni, quello che è predicato, quello che è l’uso, l’uso e l’abitudine di vita nella Congregazione. Ecco la verginità di mente.
La mente ha certamente da essere vergine, ma le difficoltà sono molte. Ad esempio se si parla di purezza, come abbiamo stamattina meditato, il peccato prima di essere fuori è dentro. Prima la testa fa, perciò la prima attenzione va sulla verginità di mente, sulla purezza di mente. Non dire: oggi leggo una bella pagina di teologia e domani leggo un bel romanzo. Vi sono tante cose che si possono dare agli altri, ma non devono nutrire la vita religiosa. Perché? Il perché è detto da Gesù nel Vangelo: «Vos de mundo non estis: Voi non siete del mondo»5.
Volete leggere Così voi? Distribuitelo Così. Tutte quelle forme di moda non sono per voi, è chiaro. Ci sentiamo separate dal mondo? E sentiamo che dobbiamo invece fare del bene al mondo? Vi è un istituto6, ad esempio, che ha questo scopo di dare delle forme di moda oneste, forme oneste, perché la moda nel vestire, nell’abbigliamento, ecc. è diventata tanto scandalosa. Ad esempio una volta che sono andato a portare la Comunione a un ammalato grave, ho dovuto dire: Almeno quel quadro voltatelo dall’altra parte, tanto era brutto. E il malato stava proprio sotto. Dobbiamo scoprire l’Ostia con questa roba? Fargliela vedere a Gesù? È vero che la vede lo stesso, ma
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non dobbiamo usare però la sfacciataggine e l’irriverenza al santissimo Sacramento.

Verginità di mente! Custodire la mente! Vigilare sopra questa mente, perché con la mente si fanno i migliori meriti, e con la mente si comincia sempre il peccato, cioè il peccato comincia sempre dalla mente.
Secondo, verginità di cuore. Vuol dire dunque amare solo Gesù, il Signore, le cose belle, il vostro apostolato, le sorelle, la Congregazione. Non amare delle cose non belle, non belle! E le cose non belle sono tutte quelle cose che non piacciono al Signore, che costituiscono un pericolo. E propongo di fuggire tutte le occasioni di peccato. Ora, se gli occhi guardano certe cose e se la mente, anche senza che gli occhi guardino, pensa certe cose, cosacce voglio dire, non è più vergine: mette insieme buono e cattivo. Si dice nella reclame dell’olio di oliva: Olio vergine, cioè che non è mescolato. Quando c’è invece mescolanza di sentimenti buoni e sentimenti cattivi, il cuore non è vergine, quel cuore che è pieno di invidie e che qualche volta pure dice a Gesù: Abbi pietà di tutti gli uomini… rimetti a me i miei peccati come io li rimetto ai miei offensori…. Vedete abbiamo mescolanza di bene e di male.
Il Cuore immacolato di Maria! Il Cuore sacratissimo, amatissimo di Gesù! In questi cuori non entrò altro che l’amor di Dio e l’amore delle anime, l’amore del prossimo. Quei desideri di vendetta, quelle malevolenze verso le sorelle, quei rancori che si protraggono, quelle tendenze al mondo, quel guardare il mondo dalla finestra perché si è chiuse in casa, quei desideri non regolati che possono riguardare un po’ tutto ciò che è male, tutto quello che è la serie dei peccati capitali. Ecco, evitare, perché il cuore sia vergine.
In questa verginità di cuore, ho detto: l’amore all’Istituto e alle sorelle. Ma l’amore regolato è l’amore soprannaturale, quell’amore il quale ci porta a pregare per le persone care, ci porta ad amare le sorelle, in quanto sono immagine di Dio e in quanto sono membri della stessa Congregazione, quelle sorelle a cui si desidera il bene, la santità. Amare le sorelle che possono essere in purgatorio, amare le sorelle che sono
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in paradiso, amare le vocazioni che avete in speranza, ‘in spe’ o che pure sono già entrate. Amare che l’Istituto progredisca, che sia sempre più forte di persone e di opere, che ci sia maggior istruzione, maggiore pietà, maggior osservanza della vita religiosa, maggiore fedeltà ai voti, maggiore divozione alla Vergine, maggior amore a S. Paolo, una divozione sempre più intima con l’Ostia santa. Amare queste cose!
Guardare la carta geografica o il mappamondo. Dove siamo arrivate? A quante anime facciamo già del bene? E a quante ancora non arriviamo! Signore che possiamo giungere a tutto il mondo! A tutto il mondo!
Non incominciare a inorgoglirci: siamo già tante. Quando il Cottolengo aveva i suoi ricoverati non li voleva mai contare, perché il Signore sa quanti sono, lui sa quanta minestra bisogna mettere nella pentola e penserà a tutti. Una volta vedendo la fila un po’ più lunga, gli venne la voglia di contarli. A un certo punto un pugno sullo stomaco, si sentì come un pugno sullo stomaco: Non li conterò mai più. C’è la superbia degli individui e c’è anche la superbia degli istituti. Attente alla superbia collettiva che è quella degli istituti. Sempre in umiltà. Siamo poche e ancora poco buone. Allora il Signore, finché dite che siete poche, lui manda; quando dite che siete già tante ve ne prende, le porta in paradiso, oppure chiude la porta, perché non entrino altre.
Oh, la verginità di cuore! Ma se voi fate bene l’esame di coscienza troverete della materia da detestare. Non diventate scrupolose con l’analizzare troppo i sentimenti, ma ciò che si presenta. A volte anche nello stesso apostolato si desidera fare il bene, ma più di tutto si contano i soldi. Ricordo questo, che quando arrivavano i propagandisti da fuori, che erano stati a fare il loro giro, il Maestro Giaccardo non domandava in primo luogo: Quanto avete fatto?, domandava subito: Avete sempre fatto le pratiche di pietà?. Ecco, grande cosa! Perché alle volte si lavora molto e si ottiene poco. Poi invanirsi del bene fatto è come seminare e poi pestare il seminato: non nasce più niente. E allora, invece di nascere il buon grano, nasce la gramigna nei cuori.
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Terzo, verginità di volontà. Bello il giorno della professione quando si dice: Vi do tutte le forze, o Signore: Me totum Deo trado, dono et offero7. Bello! Bello quel ringraziamento alla Comunione: Signore, sono intieramente per te, tutto tuo. Bello il conchiudere la Visita con l’offerta a Dio e magari col rinnovare la professione religiosa. Bello, ma se poi si va all’azione, e cioè se lungo il giorno si arriva tardi, si rompono gli orari, si mormora a destra o a sinistra, vi è brontolio per le scale, vi è svogliatezza nell’apostolato, vi è il dispetto con la sorella, vi è la rispostaccia ad una che ci ha fatto una piccola osservazione: dite che c’è verginità di mente, cioè di volontà? No. Vuol dire non mescolare venialità e imperfezioni volontarie con i desideri e i propositi santi di usare tutte le forze per il Signore. Le mani devono servire tutte a Dio e alle cose di Dio, anche nel mangiare, perché è volontà di Dio che mangiamo, le mani devono portare il cibo alla bocca. I denti bisogna che mastichino e gli occhi bisogna che vedano. Le forze fisiche che abbiamo occorre che siano messe in azione. I santi sono quelli che non hanno mescolato il bene con il male.
Alla colazione c’è arrivata, alla meditazione no, nè prima, nè dopo. Vi pare verginità? Vi pare che quei propositi fatti dopo la Comunione, e magari avendo sentito commuoversi il cuore e spuntare le lacrime, vi pare che sia verginità di forze? La meditazione! Prima dare da mangiare allo spirito, poi dare da mangiare alla bocca. Vi pare che sia bene che alcune si affatichino e quasi si esauriscano e le altre stiano a guardare? Oppure circolino nei cortili, o per le scale, o magari entrando nei luoghi più appartati per giudicare chi fa e magari condannare chi fa? Non c’è verginità di mente, né di cuore e tanto meno di volontà. Si mettono un po’ azioni buone con le azioni non buone.
Quanto a dormire e a mangiare, si difendono: Bisogna farlo. Quanto poi a pregare oppure a fare l’apostolato, ecco si ritraggono un po’: Ma io sto poco bene. È vero che alle volte vi è questa ragione e desidero che tutte stiate bene, per quanto la
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nostra vita vada in declino, ma quel tanto che c’è, fosse anche un decimo, adoperarlo per il Signore. Poiché una suora malata, che ha camminato per tanti anni, che si è industriata per la beneficenza e per l’apostolato, e dovunque è stata ha lasciato memoria di umiltà e di pietà, che travagliata, si può dire un po’ in tutto il corpo: i piedi e lo stomaco e la testa, e tuttavia continua a fare quel pochino, e dappertutto dove passa semina il buon esempio, la pazienza, ecc., ecco, se ha ancora un decimo, dà quel decimo di cuore. E il Signore accetta quel decimo. Ma quando invece si è nel periodo della maggior floridezza e tuttavia non si adopera sempre tutto per il Signore, o se si adopera, si accompagna questo con un po’ di orgoglio, per farsi vedere, la verginità di volontà non c’è più.
S. Chiara8, quando era a letto e non poteva più alzarsi, si faceva portare un cuscino di legno e poi un altro che sarà stato di paglia e si appoggiava e poi continuava a lavorare con le mani. E continuava a dirigere la comunità sentendo, dicendo, consigliando, dando disposizioni. Dava al Signore quel tanto di forze che aveva ancora, di conseguenza verginità totale.
Quindi, come questa mattina abbiamo parlato della verginità di corpo, adesso la verginità di mente, di cuore, di forze, di volontà. Solo il bene, non mescolato con il male. Alle volte può essere che una bottiglia del miglior liquore con poche gocce di veleno venga tutta guastata. Persone che alle volte con un po’ di gocce di orgoglio guastano persino la Comunione, perché l’orgoglio è mancanza di verginità del cuore; l’umiltà è indizio di verginità di cuore, almeno sopra a questo punto.
Ho detto in principio: esaminarsi, non cadere negli scrupoli, non pensare che tutti i pensieri, i sentimenti che passano nell’animo siano peccati, che tutte le distrazioni che vengono siano peccati. Ciò che non è volontario non offende Dio, sia nel sonno, sia nella veglia o sia quando lavoriamo. Però abbiamo sempre da curare che i pensieri siano santi, per quanto è possibile, che i sentimenti siano santi, per quanto è possibile,
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che la volontà sia santa per quanto è possibile. E quando ci accorgiamo che i pensieri o i sentimenti o la volontà non sono conformi con la santità, rimettersi a posto, rimetterci a posto! Tutto questo si può fare e ottenere con il fervore abituale.
Ma quando una persona non è tesa verso la santità, quante cose passano, quanti animalucci, insetti, microbi nella mente, nel cuore, nella volontà. Quando invece si è tesi verso la santità, si è come chi è robusto, forte: i microbi della tbc sono sparsi un po’ dappertutto e quando uno è florido in salute e sa nutrirsi, sa riposarsi e si mantiene nel rigoglio delle sue forze, allora i microbi non fanno presa e non rovinano, anzi il calore uccide il microbo. Così quando c’è il fervore. Tante cose passano nella testa, la nostra fantasia poi è una pazza, il nostro cuore è come un cavallo sfrenato e giovane; cosa dire della debolezza di volontà, dell’incostanza? Ma se c’è il fervore, quelle imperfezioni non tolgono la verginità di mente, di cuore, di volontà. E con questo calore spirituale i microbi inutili vengono uccisi, anzi mettono a servizio del Signore, umiliandoci e dirigendo tutto il nostro essere verso il Signore. Pace dunque, rettitudine: né larghe, cioè né lasse, né scrupolose. Via giusta, via giusta!
Le suore di San Paolo devono avere le idee chiare e pensare sempre giustamente, rettamente. Non avere una pietà strana, non condursi con gli scrupoli, ma neppure allargare la coscienza così che si finisce coll’avere una coscienza fatta a maglia, che si allarga o si restringe. Vi sono delle coscienze fatte a fisarmonica: strette per gli altri, larghe per sé. No, giuste. Il Signore non si onora né con gli scrupoli, né con gli errori, né con le esigenze strane, né con la pretesa che nel cuore entri mai niente, che nella mente non entri nessuna distrazione, ecc. Il Signore si onora con la verità e l’amore sincero verso di lui e alle anime, con rettitudine e fedeltà della nostra volontà, dando al Signore le forze che abbiamo. Una volta fatto i voti, le forze sono della Congregazione, quindi, messe a servizio di Dio attraverso la Congregazione.
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1 Predica tenuta a Roma l’11 marzo 1956. Trascrizione da registrazione su nastro magnetico: A6/an 23b = ac 41a.

2 Cf Sal 119,1.

3 Cf 2Cor 12,7.

4 Cf Fil 4,8: «… tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri».

5 Cf Gv 15,19.

6 Associazione Turris Eburnea sorta nel 1941 a Torino per opera di don Michele Peyron (1907-1993). Ha lo scopo di coniugare il linguaggio della moda e dell’eleganza con la dignità della donna in vista della sua missione nella famiglia e nella società. Dal 13 luglio 1999 è iscritta al registro del volontariato della Regione Piemonte per la sezione cultura e istruzione, ma la sua azione si estende sia a livello nazionale sia internazionale con incontri di formazione e sfilate di moda.

7 “Offro, dono, consacro tutta me stessa a Dio”. Formula della professione religiosa.

8 Chiara d’Assisi (1193-1253), prima discepola di S. Francesco. Diede inizio al secondo Ordine Francescano, detto delle Clarisse. Il 17 febbraio 1958 è stata proclamata da Pio XII patrona della televisione e delle comunicazioni.