19. CASA DI NAZARET1
Siamo nella novena di S. Giuseppe e il pensiero di quest’oggi, pensiero da tenersi presente anche nella preghiera, è il pensiero della sacra Famiglia. La Famiglia di Nazaret è modello alle famiglie, non solo nel senso naturale ma soprattutto nel senso religioso. Papa Leone XIII ha voluto che tutte le famiglie si consacrassero alla sacra Famiglia, egli ha scritto sulla sacra Famiglia! Ogni famiglia si modelli sulla sacra Famiglia, impari dalla sacra Famiglia come vivere: i genitori come educare e comprendere i figliuoli, i figliuoli come amare e ascoltare i loro genitori. E gli operai come comportarsi, e i ricchi imparino come pensare ai poveri e quindi imparino ad amare i poveri2.
Come viveva la sacra Famiglia? La casa di Nazaret fu il santuario più sacro del mondo. Non vi è altro santuario così sacro come quello in cui vissero tre santissime persone: Gesù, Maria, Giuseppe. Perciò entriamo con rispetto e venerazione in quella casa.
Qual è la vita che si conduceva? Tre gigli santissimi, purissimi vi erano in quella casa. Giglio purissimo Giuseppe, giglio purissimo Maria, profumato, e giglio ancor più puro Gesù. Questa è la prima cosa da impararsi: l’innocenza, la purezza, la quale sia più chiara di quanto sono qui i muri e gli abiti. Elevazione nei pensieri! Quando vi è la purezza il cuore si rivolge al Tabernacolo con spontaneità. Il cuore della persona che si consacra a Dio non è un cuore solitario, ma un cuore infiammato.
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Sentirlo l’amore a Gesù perché ci siamo consacrati a lui come uomo e come Dio; anche come uomo. Che sia stabilito questo sacro vincolo strettissimo con Gesù e la sua sposa, poiché non è un amore che ha da cadere: «Caritas manet in aeternum»3. Avere delicatezza sempre, e avete tante occasioni per esercitarla.
La casa di Nazaret era abitata da tre santissime persone. E come si viveva in quella casa? Si viveva nel massimo raccoglimento. Là i discorsi erano santissimi e pieni di sapienza e di prudenza. Regnava la massima silenziosità, perché vi era unione strettissima con Dio.
Che questa casa [di Albano] sia composta di persone che aspettano il cielo, la vita celeste. Sì, tutti aspettiamo la vita celeste, sane e malate, ma bisogna che noi entriamo in questa santa silenziosità, silenziosità che non è sdegno o orgoglio, perché vi sono delle silenziosità che non sono ispirate da Dio, ma per conservare l’intimità con Gesù.
Come si viveva in quella casa? Lavoro! Là si lavorava. Lavorava Maria attendendo alle faccende domestiche, lavorava Giuseppe al banco e Gesù imparava da lui. «Ecco il figlio del fabbro»4 dicevano. Tutti dobbiamo lavorare, nella misura che ci è possibile. E quando non è possibile il lavoro materiale è possibile quello spirituale, sfruttando la sofferenza in modo che sia redentrice, santificatrice.
Come si viveva in quella casa? Si pregava. Sia che ci troviamo a dire preghiere vocali o mentali cioè a praticare l’orazione mentale nella meditazione, nel raccoglimento e nella silenziosità, e sia che offriamo il nostro lavoro, la nostra sofferenza, tutto va a ringraziare Dio per i benefici, a riparare i peccati e a onorare Dio. Chi lavora prega, se lo offre a Dio come preghiera e se fa il suo lavoro in spirito di servizio a Dio.
La casa di Nazaret era una casa di unione, di innocenza, di preghiera, di ogni virtù, e Leone XIII dice che si può chiamare ‘il domicilio di ogni virtù’. Allora avere carità vicendevole, umiltà costante, semplicità, pazienza, sveltezza. In ogni angolo
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della casa ci sia questo esercizio di umiltà, di obbedienza, di semplicità; ogni angolo della casa diventi davvero domicilio di ogni virtù. Starei per dire che qui è facile essere virtuose, è più facile santificarsi, perché dobbiamo occuparci più di noi; nell’apostolato vi è sempre da occuparsi di altro.
Santificarsi! Ecco: che qui sia il domicilio delle virtù; che se c’è una virtù nel mondo venga qui tra noi. Ecco, là c’è posto, mi ricovereranno senz’altro, dicono anche quelle che nessuno vuole, come il torto.
Nelle preghiere raccomandare anche il desiderio della [Prima] Maestra che è quello di allargare la casa, e che questa casa sia sempre accogliente, fervorosa, silenziosa.
Una larga benedizione sopra ciascuna di voi, sulla mente, sulla volontà, sul cuore.
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1 Predica tenuta ad [Albano] l’11 marzo 1956. Dattiloscritto, carta vergata, prima copia, fogli 2 (22 x 28). Il titolo è aggiunto dalle curatrici. Non è indicato il luogo, ma lo si ricava dal testo. Inoltre il Diario curato da don Speciale annota che in quel giorno il Primo Maestro ha tenuto la meditazione ad Albano.
2 Leone XIII, Gioacchino Pecci (1810-1903) Papa dal 1878. Tra le sue numerose encicliche ricordiamo la Rerum novarum (1891) con la quale si realizzò una svolta nel magistero sociale della Chiesa. Con il breve Neminem fugit, documento sulla Sacra Famiglia del 14 giugno 1892, fondò a Roma l’Associazione della Sacra Famiglia. L’anno seguente istituì la Festa della Sacra Famiglia che fu estesa a tutta la Chiesa da Benedetto XV.
3 Cf 1Cor 13,8: «La carità non avrà mai fine».
4 Cf Mt 13,55: «Non è forse il figlio del carpentiere?».