Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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24. UNIONE CON DIO1

Dedicare il mese di aprile per prepararsi a maggio, e maggio sarà fruttuoso in proporzione della preparazione che avremo fatto. Particolarmente, quando si è nel nostro bel santuario elevare la preghiera, preghiera sempre più elevata come è elevato il santuario. Per questo vi è stata una disputa sull’arte, e in generale è prevalso il pensiero che le chiese siano costruite in maniera da formare come un invito alla preghiera più elevata.
Volevo ripetere le poche cose che vi ho detto domenica scorsa2, perché è tanto importante: lo Spirito Santo vuole lavorare in tutte le anime, ma particolarmente lavora in quelle che si lasciano lavorare, in quelle anime che sono docili all’infusione della grazia, docili ai lumi che ricevono, docili al volere del Signore e intime nella pietà, nella preghiera con Gesù. Gesù venendo in noi non è ozioso e neppure silenzioso; egli parla, egli lavora, lavora per mezzo dello Spirito Santo: «Io vi manderò lo Spirito Santo»3, e ciò non era detto solo agli apostoli per la Pentecoste, no, tutt’altro. Come Gesù diceva agli apostoli: «Prendete e mangiate»4, e dava loro la Comunione. Dicendo: «Prendete e mangiate», non voleva dirlo solo agli apostoli, la Comunione la istituì anche per noi, e si rivolgeva anche a noi, si rivolgeva agli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Così: «Riceverete lo Spirito Santo»5, vi era qualche cosa di particolare per gli apostoli, ma la sostanza era per tutti: riceverete lo Spirito Santo nella Cresima, e lo Spirito Santo poi lavorerà ogni anima che sarà docile alla sua azione. Le parole di Gesù, prima che egli andasse a patire e morire, furono
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molto consolanti: «Omnia traham ad meipsum cum exaltatus fuero a terra: Quando io sarò sollevato da terra, attirerò tutti a me!»6. Questo significa che Gesù vuole attirarci a lui, che Gesù vuole lavorare l’anima nostra, vuole entrare nell’intimità; ed egli fa particolarmente questo con chi è consecrato a lui, cioè con chi ha fatto la professione o che si prepara alla professione: «Attirerò tutti a me». Cioè: Io prenderò possesso delle anime, le guadagnerò con il mio amore, io lavorerò in queste anime, stabilirò l’unione con loro.
Gesù vuol arrivare fin qui con chi non ha ancor fatto la professione, e vuole completare l’opera con chi ha già fatto la professione, cioè che diventiamo suoi, sua proprietà, sua appartenenza. Vuole regnare totalmente nell’anima, e questo vuole dire che Gesù vuole stabilire un’unione con noi da poter disporre di noi solo, sempre, in tutto come vuole. Non vuole trovare in noi resistenza alla sua grazia, ma vuole che siamo sempre disposti, così da formare con lui come una sola cosa, un solo spirito. Sì, dopo vivranno ancora due: Gesù e noi, ma noi così assorbiti da Gesù da appartenergli fino in fondo. Che sia di Gesù la mente, egli vuole parlare per mezzo di noi, vuole pensare per mezzo di noi. Essere così dati a Gesù che egli possa pensare in noi, servirsi del nostro cervello. E dare i pensieri a lui, e pensare noi in lui o lui in noi secondo la fede, sempre, secondo i pensieri del Vangelo. Dobbiamo venire a stabilire un’unione così intima di pensiero con Gesù, da credere davvero che sono beati i poveri, che sono beati i miti, che sono beati quelli che piangono, che sono beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, cioè di santità, ecc. Che è beato chi ama la povertà come l’ha amata Gesù nel presepio; che è beato chi, come Gesù, è delicato di coscienza, è purissimo, vergine; che è fortunato chi compie sempre la volontà di Dio, in ogni momento. Pensare come Gesù, o Gesù che pensa in noi, che sostituisce i nostri pensieri: allora la mente appartiene a lui.
E così, che Gesù sostituisca il nostro cuore col suo, così da mettere nel nostro cuore tutti i suoi affetti, il suo amore. I suoi amori sono due: il Padre e le anime. Da lì dipende lo
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spirito dell’apostolato: amare Iddio, sia fatta la volontà di Dio, venga il suo regno, e d’altra parte amare le anime, perché si salvino. Avremo ancora il nostro cuore, ma avremo i sentimenti di Gesù. I nostri sentimenti si eleveranno e diverranno i sentimenti di Gesù. Allora Gesù vive nel cuore, come, avendo i pensieri di Gesù, egli vive nella mente.
E poi i nostri voleri. Che Gesù possa volere in noi e che noi vogliamo in lui, e cioè la nostra volontà sia uno strumento, un mezzo con cui egli vuole. Vuole che sia compiuta la volontà di Dio, sia fatta la volontà di Dio sulla terra come si fa in cielo; che noi abbiamo questa disposizione che lui aveva: «Quae placita sunt ei facio semper: Faccio sempre ciò che piace al Padre»7. Allora bisogna anche ricordare che il Signore vuol essere padrone del nostro corpo, padrone degli occhi, cioè che noi, avendo dato gli occhi a lui, lui possa usarli in noi, possa disporre dei nostri occhi. Vedere ciò che egli vedrebbe e non guardare ciò che egli non guarderebbe. L’udito a lui, così che noi siamo sempre pronti a udire le cose che egli vuole udire e che va bene udire, e mai permettersi di ascoltare ciò che non va ascoltato. Dargli la lingua per non sconsecrarla mai più, non profanarla con parole: adoperare la nostra lingua che è di Gesù a fare una mormorazione, per esempio, è sconsacrarla. Tutta mi dono, offro, e consacro, e poi riprendo la mia lingua, e l’adopero come voglio. Questo è riprendere, è disfare la professione.
Così si dica del tatto. Tutto il nostro tatto, che è il senso più esteso nel corpo, che sia a disposizione, appartenenza di Gesù, totalmente appartenenza, proprietà di Gesù, in maniera di avere sempre queste tendenze: lavorare con Gesù e per Gesù, e lavorare con lui come lavorava nel suo apostolato, nel suo ministero pubblico, come prima lavorava nella vita privata. Sentire di appartenere a Gesù, e che Gesù vive nella mente, nel cuore, nella volontà, vive nell’essere, vive nel corpo che rende vergine. Perché egli vuole che gli occhi vedano solo il bene e che l’udito ascolti solo il bene e che la lingua parli solo il bene e che il gusto gusti solo il bene, e che il tatto senta solo
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il bene. È vero che viviamo ancora noi, ma realmente «vivit vero in me Christus»8.
Vi sono anime che sono molto lavorate dallo Spirito Santo. Qualche volta lo Spirito Santo opera con richiami e anche con rimorsi, e qualche volta opera di più con l’attrattiva, ma sia che ci richiami dal male sia che ci inviti al bene, è sempre compiere quello che Gesù aveva detto: «Quando io sarò elevato sulla croce, attirerò tutti a me». Non vuole che vadano lontano, vuole che vengano a lui, e vuole che quelli che sono già rivolti verso di lui, si uniscano a lui intimamente. Sentire così. Allora la nostra personalità c’è ancora, ma è elevata e diviene la personalità di Cristo, cioè noi formiamo una tale unione di mente, di volontà, di cuore e di corpo con Gesù, da essere altri lui. La religiosa è un altro Cristo.
Chi non ha ancor fatto la professione, si prepara, e chi ha già fatto la professione, compia, perfezioni questo dono, questa donazione, e viva sempre meglio come proprietà, appartenenza di Gesù. Mai opporsi, né con la mente né con pensieri; né con il cuore né con gli affetti; né con la volontà né con i voleri, né con il corpo permettendo al corpo quello che dispiace a Gesù.
L’unione con Gesù: come? A me pare che il più bel paragone sia sempre quello portato da Gesù: «Io sono la vite e voi i tralci»9, cioè i rami. I rami non vivono un’altra vita, sono una cosa sola con la vite, sono un prolungamento del tronco della vite: così noi, così uniti a Gesù da vivere di Gesù. La linfa che fa crescere la vite, che la ingrossa, è la stessa linfa che va nei rami e li allunga e fa che i rami portino le foglie e poi diano l’uva, il frutto. Lo stesso con Gesù: la sua grazia che è la linfa vitale deve passare da Gesù a noi che viviamo di Gesù, cioè dei suoi pensieri, dei suoi sentimenti, dei suoi voleri, della sua attività, del suo apostolato, delle sue virtù private, che sono le virtù comuni della vita religiosa, e delle sue virtù pubbliche che, per esempio, sono le virtù sociali, le virtù di apostolato.
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Vi è qualche anima che forse si perde un po’ troppo nei particolari. Curare questa intimità di unione, allora si schivano più i difetti e si fanno specialmente ... (breve interruzione).
Vedere se siamo su questa strada. Naturalmente è bene ascoltare chi guida il nostro spirito in questo, ma forse bisognerà che ne parli un’altra volta di questo. Tuttavia anche per ciò che è di nostra iniziativa, mirare a questa unione, perché tutta la nostra vita è preparazione non solo alla morte, ma è preparazione al paradiso. E il paradiso è la vita di carità, cioè la vita di unione con Dio e con i beati che saranno con noi in paradiso. È unione ancora con le anime del purgatorio che di qua si suffragheranno, e con gli uomini sulla terra che vivono nella Chiesa militante. A questi dovremo portare aiuto, particolarmente noi portare aiuto a tutti e a tutto l’apostolato che riguarda la stampa, il cinema, la radio, la televisione e tutti i mezzi moderni di bene e di apostolato. Quindi aiuti ai lettori, agli spettatori, aiuti ai tecnici, aiuti ai redattori e ai propagandisti, a tutti coloro che mettono al servizio di Dio non solo la scienza, ma anche la tecnica.
Vedere un po’ se ci svincoliamo da certi impedimenti che ritardano in noi la grazia e il lavoro della grazia. Quando Gesù è in noi, influisce sulla mente, portando i suoi pensieri; e influisce sul cuore, portando i suoi affetti; e influisce sulla volontà, donando la sua volontà, la sua volontà influisce sul corpo anche, come dice S. Tommaso10, e del resto risulta dalla Scrittura11, e risulta anche dalla materia del Sacramento, che è il pane e il vino, nutrimento dell’anima, quindi nutrimento del corpo.
Oh, in questa visione di cose, comprendiamo meglio che cosa comunicherà il Signore nella Visita al santissimo Sacramento. È lì che si stabilisce una conversazione con Gesù. Se noi badassimo solo alla tecnica della Visita, non basterebbe. Bisogna che arriviamo alla conversazione con Gesù, prima sulla fede, poi sulla nostra santificazione, con esame di coscienza, e poi con la preghiera, che è la terza parte della Visita. Quando arriviamo a questa conversazione familiare con Dio, allora
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siamo proprio entrati nella Visita, perché siamo presenti e ci occupiamo di Gesù e di noi, di noi in quanto vogliamo sempre avere questo di mira, di essere interamente suoi.
Adesso facciamo un po’ di esame di coscienza: sentiamo l’attrattiva di Gesù? Sentiamo che Gesù opera in noi per mezzo dello Spirito Santo? Sentiamo che Gesù vuol portare i suoi pensieri, i suoi sentimenti, i suoi voleri, la sua attività, così da vivere in noi e assorbirci in lui, investendo tutte le nostre facoltà esterne e interne? E assecondiamo questo lavoro della grazia? Sia tanto il raccoglimento sereno, per sentire lo Spirito Santo. Vi è anche quel bel paragone del lievito. Il lievito sta nascosto nella pasta, ma opera e la fa fermentare. E Gesù ha detto: «Il regno di Dio è simile ad un po’ di lievito»12; alle volte nell’anima nostra opera proprio sensibilmente.
Atto di carità...
Allora la benedizione di Dio discenda sulla mente, sul cuore, sulla volontà e sul corpo.
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1 Meditazione tenuta a Roma il 4 aprile 1956. Trascrizione da registrazione su nastro magnetico: A6/an 26a = ac 46a.

2 Cf meditazione n. 23, “Festa di Pasqua”, 1 aprile 1956.

3 Cf Gv 15,26.

4 Cf Mt 26,26.

5 Cf Gv 20,22.

6 Cf Gv 12,32.

7 Cf Gv 8,29.

8 Cf Gal 2,20: «… ma è Cristo che vive in me».

9 Cf Gv 15,5.

10 Cf Tanquerey A., Compendio di teologia ascetica e mistica, n. 277.

11 Cf Gv 6,55-56.

12 Cf Mt 13,33.