Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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INTRODUZIONE

Il presente volume raccoglie la predicazione di Don Alberione tenuta alle Figlie di San Paolo nell’anno 1956, anno in cui la Congregazione, esuberante di vitalità apostolico-vocazionale, si prepara al primo Capitolo generale presentandosi ormai nella Chiesa con un volto ben definito e camminando decisamente verso una configurazione giuridica sempre più determinata.
Considerando il quadro d’insieme in cui è stato teoricamente suddiviso il lungo arco del magistero alberioniano (1915-1971), il 1956 fa parte del settimo periodo denominato: Gli anni della maturità e del Concilio (1956-1969). La Congregazione è consolidata e l’apostolato acquisisce connotazioni di particolare creatività.

I. LA PREDICAZIONE ALBERIONIANA: 1956

1. Contesto storico ed ecclesiale

I riferimenti, circa il contesto storico ed ecclesiale di questa predicazione, sono gli stessi presentati nei volumi precedenti: Alle FSP 1950-1953, 1954, 1955. Si tratta di un ambiente sociale segnato da profonde trasformazioni che pongono le premesse per quel cambio epocale che caratterizza la società contemporanea e nel quale traggono origine le problematiche di rinnovamento con le quali dovrà confrontarsi anche la Famiglia Paolina.
Il contatto con altre culture specialmente attraverso l’espansione della Congregazione nei nuovi continenti, la particolare sensibilità del Papa e quindi della Chiesa, al fenomeno massmediale, risvegliano la necessità di trovare nuove modalità per l’annuncio del Vangelo. Tuttavia la predicazione alberioniana sembra non risentire dei nuovi fermenti socio-culturali: a Don Alberione preme soprattutto la crescita spirituale dei membri,
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l’unione abituale di mente, di volontà, di cuore con il Maestro divino, il progresso dell’apostolato, sull’esempio di S. Paolo il grande dottore delle genti, colui che nella maniera più efficace ha adattato ai tempi la parola di Gesù, il Vangelo (n. 38).

2. Realtà della Congregazione

La Congregazione va acquistando i lineamenti della maturità e il Fondatore comprende la necessità di una formazione più attenta e illuminata, avverte l’urgenza di una migliore inculturazione che si manifesti in una indiscussa fedeltà alla Santa Sede ma anche in una grande attenzione ai cammini dell’uomo e della storia (cf Introduzioni Alle FSP 1950-1953, 1954, 1955). Le vocazioni che si affacciano e chiedono di far parte di questa famiglia religiosa sono numerose. Nel 1956 si aprono quindici nuove comunità delle Figlie di San Paolo: tre negli USA, tre in Italia, due in Brasile, una in Argentina, Messico, Spagna, Venezuela, Canada, Giappone, India.
Nella solennità dell’Epifania si chiude l’anno dedicato a Gesù Maestro. Con l’aumento delle persone e delle comunità si ipotizza un piano di crescita integrale, soprattutto riguardo alla formazione spirituale specifica, all’apostolato e alla vita delle comunità. Si avvia una migliore organizzazione della formazione, degli studi, dell’apostolato. Viene meglio coordinata la diffusione attraverso il Centro d’Apostolato. In Italia, nell’anno 1956, le sorelle propagandiste visitano 4.747 parrocchie, organizzano 298 Feste del Vangelo e 377 Giornate della stampa. Le agenzie della Sampaolo Film coprono il territorio nazionale e i documentari catechistici vengono adottati come sussidi scolastici.
Il Fondatore riconosce, nella Casa del catechismo di Grottaferrata, la realizzazione di un suo grande sogno ed ha una cura particolare per le sorelle che si dedicano a questo specifico apostolato: Quando penso a questa casa, per mia parte mi sento il cuore commosso vedendo le grazie particolari e il bene immenso che deve partire da qui (n. 3).
Nel Natale del 1955 nasce la rivista Così che per un decennio sarà diretta, redatta, promossa e diffusa con grande entusiasmo dalle Figlie di San Paolo.
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Nel mese di dicembre 1956, i centri di diffusione all’estero sono sessanta. Ovunque prevale la propaganda capillare e le forme apostoliche già in uso in Italia, particolarmente le Feste del Vangelo.
In risposta alle esigenze di alcune circoscrizioni, la data della prima professione che per consuetudine si celebrava il 19 marzo, festa di S. Giuseppe e onomastico di Don Alberione, viene trasferita al 30 giugno, giorno in cui la Famiglia Paolina celebra la festa di S. Paolo. Per questo motivo, nell’anno in corso, gli Esercizi spirituali per le novizie che si preparano alla professione e quelli per le postulanti che entrano in noviziato, vengono organizzati in due momenti distinti.
Il 16 dicembre 1956 è un’altra data significativa nella storia della Congregazione: Maestra Tecla con il suo Consiglio chiede alla Congregazione dei Religiosi l’autorizzazione per convocare il Capitolo generale che si realizzerà a Roma dal 4 all’8 maggio 1957.

II. ATTUALE EDIZIONE

1. Fonti, linguaggio, criteri seguiti

Il presente volume dispone di materiale abbondante e vario: si tratta di appunti, registrazioni e relative trascrizioni di meditazioni, ritiri, ore di adorazione predicate, corsi di Esercizi spirituali, in parte dettati da Don Alberione. Nel materiale raccolto, si ritrovano pure singole istruzioni, inserite nelle meditazioni varie, dettate in un corso di Esercizi tenuto a Grottaferrata. Il tutto è stato riordinato e suddiviso in tre sezioni: Meditazioni varie, corso di Esercizi del mese di marzo e del mese di giugno.
Destinatarie degli interventi sono nella maggior parte le comunità delle Figlie di San Paolo di Roma, di Albano, di Grottaferrata. Due meditazioni sono date alla comunità di Napoli e tre alla comunità di Londra in occasione di una breve visita del Fondatore. Talvolta si tratta di meditazioni dettate ai membri della Famiglia Paolina; una relazione qui riportata, L’orazione nel governo della comunità religiosa (n. 52)
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è richiesta su personale invito del Sottosegretario della Sacra Congregazione dei Religiosi.
Gli originali sono appunti presi a mano, o trascrizioni da registrazione su nastro magnetico, dattiloscritti. Talvolta alcuni testi sono stati stampati subito in fascicoli o sulla Circolare interna Regina Apostolorum, perché le sorelle potessero riceverle tempestivamente. Cinque meditazioni provengono dal volume Spiritualità paolina (Ed. Paoline, Roma 1962) e la stampa del libro è considerata come originale.
Il linguaggio parlato ha il carattere dell’immediatezza e della spontaneità. In talune circostanze, come ad esempio in occasione degli Esercizi spirituali di marzo, si nota che la predicazione assume un tono dialogico che manifesta il desiderio del padre di introdurre le figlie nella profondità della vocazione paolina. Prevale un linguaggio catechistico, pedagogico proprio di chi insegna ed è preoccupato di trasfondere nelle persone che gli sono affidate tutta la ricchezza del carisma.
Talora nel presentare alcune tematiche (matrimonio, simboli riguardo la purezza…), dal testo che è giunto a noi, il Primo Maestro sembra debitore della mentalità, del linguaggio e della dottrina del tempo. Così riguardo la vita religiosa, in alcune meditazioni cede un po’ al linguaggio apologetico: superiorità della vita religiosa rispetto al matrimonio (n. 40) e rispetto agli istituti secolari, da poco diffusi nella Chiesa (n. 3). Inoltre rileviamo che Don Alberione risente del linguaggio del tempo per altri argomenti, ad esempio: il merito (n. 21); la Confessione (n. 19); il paradiso (n. 18).
I criteri redazionali seguiti sono gli stessi usati nei volumi precedenti: fedeltà all’originale, breve introduzione a ogni singola parte. I testi sono corredati da note bibliche, biografiche, di contesto. Il volume è aperto dal sommario, seguito dal siglario, da una introduzione generale e si chiude con gli indici delle citazioni bibliche, dei nomi di persona, dei nomi di luogo, dei nomi di autori, pubblicazioni, periodici, l’indice analitico e cronologico.
Alcune particolarità circa vocaboli, difficoltà di trascrizione e simili sono richiamate tra le Avvertenze.
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2. Tematiche fondamentali

Scorrendo la predicazione di Don Alberione, si percepisce un filo conduttore che l’attraversa: la centralità del Cristo che unifica la vita e spinge all’apostolato. Sembra che al Fondatore prema una sola cosa nella formazione delle giovani che si affacciano alla vita paolina e di quelle che portano compiti di responsabilità e sono pienamente inserite nella missione: Sentire di appartenere a Gesù, e che Gesù viva nella mente, nel cuore, nella volontà, viva nell’essere, viva nel corpo… (n. 24). In forza di questa profonda relazione, la missione assume un colore tutto particolare, diviene irradiazione del Cristo: Voi siete i raggi di questa luce che è Gesù. «Ego sum lux mundi»1 e «Vos estis lux mundi»2, perché prendete da lui e date agli altri (n. 7).
Si avverte in diverse meditazioni, non solo l’eco ma la riproposta ampliata dei contenuti del Donec formetur…, in particolare il tema dell’incarnazione mistica che si concretizza nella sostituzione dei pensieri, della volontà, del cuore onde risulti l’uomo nuovo, la persona nuova.

L’Eucaristia sorgente della vita spirituale e della missione

Attraverso una proposta integrale e unitaria, Don Alberione focalizza l’Eucaristica come sorgente della vita spirituale e della missione: Sarete tanto efficaci quanto sarete unite e trarrete la vostra forza, la vostra luce dall’Eucarestia. Entrare bene in questa vita eucaristica per attingere bene la grazia dal Tabernacolo, come il tralcio attinge dalla vite. Gesù è la vite: «Ego sum vitis» (n. 28).
L’Eucaristia celebrata e soprattutto adorata, diviene una scuola costante per la trasformazione in Dio ed è fonte dell’apostolato.
Nell’indicare i diversi momenti liturgici ed eucaristici cui attinge la spiritualità paolina (Messa, Comunione, Ora di adorazione, prima domenica del mese), don Alberione sottolinea
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soprattutto l’ora di adorazione il tesoro della Famiglia Paolina in cui ogni giorno continua la nostra conversazione con Gesù (cf n. 40/1). Gesù racchiuso nel tabernacolo ha il grande potere di attirare le anime al suo amore, comunicare luce speciale, richiamare a vita più perfetta, eccitare a sentimenti di fede, speranza, carità e dolore. Gesù Ostia è l’amico, lo sposo dell’anima (n. 52).
In questo modo la paolina diviene intima con l’Ostia, si apre sempre più a Gesù, lo intronizza nel suo cuore, la sua mente si uniforma in tutto agli insegnamenti e agli esempi del Maestro. Così la sua vita lo rivela in tutti i momenti. Nella propaganda porta Gesù nel cuore e fa come Maria quando è andata a visitare S. Elisabetta (E/m, n. XI).
Il Fondatore esorta le novizie che si preparano alla professione a essere anime amanti dell’Eucaristia e a tenere ben fisso in mente che l’indirizzo della paolina è l’Ostia (ibid.). È un fuoco che va acceso in tutte le Paoline chiamate ad avere il cuore di Paolo, un cuore che ardeva d’amore a Gesù Cristo (ibid.). La Paolina è chiamata a divenire intima con l’Ostia santa, ad aprirsi sempre più a Gesù, a sentire Gesù, a vuotarsi dell’amor proprio, perché la penetri l’amore di Dio (ibid.). E allora la persona può dire: Io porto Gesù dappertutto… voglio che il mio cuore sia sotto di lui e la mia testa si uniformi in tutto ai pensieri, alle verità che egli ha insegnato, la mia vita esprima lui nel tratto, nel fare, ecc. E sia lui! Allora quella paolina passa di casa in casa e fa come Maria quando è andata a visitare S. Elisabetta: portava Gesù nel petto. Benedetto il frutto del tuo seno, Gesù, e dove è passata ha portato la grazia (ibid.).
Il modello eucaristico per eccellenza è Maria Regina degli Apostoli: Nessuno al mondo farà mai più una Comunione così completa come Maria. Le relazioni tra Maria e l’Ostia santa sono le più strette, le più intime: in primo luogo, perché Maria diede l’essere umano a Gesù Ostia, e quando noi riceviamo Gesù, riceviamo qualche cosa di Maria, del suo sangue (n. 27).
La Comunione eucaristica realizza quell’unione completa a Gesù, quel combaciare della nostra persona alla sua Persona che è frutto dell’amore. E per spiegare questa profonda realtà,
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il Fondatore valorizza simboli semplici, comprensibili da tutte: Se si combacia, l’unione si fa perfettamente, ma se voi mettete solo un dito sul tavolino, non è che tutta la mano poggi sul tavolino. Bisogna unirsi interamente a Gesù. Quante Comunioni imperfette, che non aumentano poi la grazia della mente e non cambiano i pensieri. Quante Comunioni imperfette che non danno interamente l’unione di cuore con Gesù, per parte del cuore. Quante Comunioni imperfette che non portano ai propositi, all’unione di volontà con Gesù, alla decisione di vivere secondo egli è vissuto, cioè secondo gli esempi che ci ha lasciato (n. 26).

La consacrazione come reciproca appartenenza

La consacrazione è intimamente connessa all’Eucaristia. Consacrare significa non solamente che si offre la pisside, cioè il corpo e l’essere vostro, ma si intende che la pisside si adopera per mettere Gesù, le particole. Adopererete il vostro essere per mettere Gesù dentro: nella mente, nel cuore, nella volontà. Gesù, mentre voi vi donate, risponde: ‘E io mi dono a te in modo che tu sia mia e io sia tuo’. Non facciamo solamente un’offerta, ma riceviamo immensamente di più di quello che diamo, perché Gesù riempirà di sé le vostre potenze, cioè la mente, il cuore, la volontà, la fantasia, il corpo stesso. Futurae gloriae nobis pignus datur. Mens impletur gratia3. Vuol dire che vi sarà come un sacro sposalizio tra l’anima e Gesù: voi tutte di Gesù, e non potete disporre più niente di voi, neppure di aprire le palpebre, ma tutto è fatto per Gesù. È Gesù poi che vuole stare in voi, che vuole aumentare la fede, vuole aumentare la speranza, la carità, vuol darvi i sette doni dello Spirito Santo, le virtù cardinali, le virtù religiose, la sapienza celeste, vuol riempire la vostra anima. Questa non è solamente un’amicizia che è già uno scambio di doni, ma è come un sacro sposalizio: saranno due in una sola volontà (n. 17).
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Per esplicitare meglio, Don Alberione paragona la comunicazione, l’unione tra la persona e il suo Maestro alla trasfusione di sangue e semplifica così:
Si mette in comunicazione la vena del datore di sangue con la vena di colui che si deve rafforzare. Quando sono bene in comunicazione, si può far passare il sangue dall’uno all’altro, al malato, alla persona che è debole, che è anemica. Bisogna che ci sia comunicazione, l’unione tra il cuore di Gesù e il cuore tuo, il cuore nostro, onde passi questo sangue divino in maniera tale che di lì a poco il nostro sangue sia sostituito dal sangue di Gesù. Questa unione, il combaciare totalmente della nostra volontà con la volontà di Gesù, in poche parole è questa comunicazione, questa sostituzione dei nostri voleri con i voleri di Gesù, dei nostri sentimenti con i sentimenti di Gesù e della nostra volontà con la volontà di Gesù. Si vive di Gesù, ecco l’amore! Perdute in Gesù. Non sono più io che penso, non sono più io che sento, non sono più io che opero, è Gesù in me! (E/m, n. XI).
Il senso della vocazione paolina è in questa sostituzione, in questo inabissarsi nella vita del Cristo Gesù per emergere persone nuove, persone che comunicano Dio.

Dimensione mariana dell’apostolato


Per un cammino spirituale e apostolico, la presenza di Maria è indispensabile. Di Maria non si dice mai abbastanza: De Maria numquam satis (n. 30), recita un’antica antifona mariana di cui il Fondatore si è fatto eco fedele. E nelle pagine di questa raccolta, come in tutte le altre, egli parla molto di Maria, presentandola nella sua grandezza, nei suoi privilegi, nelle sue virtù, nel suo ufficio di mediatrice di ogni grazia, (nn. 4, 5, 28, 30, 37) sempre alla luce del titolo di Regina degli Apostoli, perché Maria fu veramente destinata da Dio a compiere l’apostolato di dare Gesù Cristo al mondo, il Maestro divino, l’Ostia divina (n. 4). Maria è considerata esempio sommo di apostolato. Tuttavia il Primo Maestro osserva acutamente che molte verità, come la divina maternità di Maria, la verginità perpetua, la pienezza di grazia, sono state chiaramente stabi lite.
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Però non si è ancora abbastanza approfondito il concetto dell’apostolato di Maria (ibid.). Sprona quindi le Figlie di San Paolo in virtù della missione e in forza di essa di far conoscere Gesù Via, Verità e Vita assieme alla conoscenza della Regina degli Apostoli (ibid.).
E la consegna che egli lascia si può sintetizzare in questo quadrinomio, divenuto classico: Conoscere meglio Maria nostra Madre, 2) imitare meglio questa nostra Madre, 3) pregarla meglio e 4) fare apostolato mariano in quanto ci è possibile (n. 30).
Chi avrà questa devozione avrà innumerevoli grazie per corrispondere bene alla propria vocazione, per seminare la devozione a Maria e per attirare e formare altre vocazioni. Solo al giudizio di Dio capiremo quale grazia sia stata per noi poter conoscere, praticare e diffondere la devozione a Maria Regina degli Apostoli (n. 4).

Il senso dell’eterno


Nei primi anni della Congregazione, Don Alberione ripeteva sovente che la vita è una prova, è preparazione all’eternità (DF 16). E questo argomento viene ripreso con forza anche negli anni successivi: La nostra vita è un periodo di tempo che il Signore ci lascia per guadagnare il paradiso (n. 2).
Il Fondatore considera ogni aspetto della vita alla luce dell’eternità e sprona le Figlie di San Paolo a vivere il distacco dalle cose per orientare lo sguardo, con maggiore libertà, all’eterno: In questo mondo siamo solo di passaggio, quindi non attaccare il cuore, né alle persone, né alle case. Conta solo ciò che è eterno. Le cose transitorie non valgono nulla, finiscono presto e non soddisfano. La vita nostra è breve, è brevissima; ma questo è un inizio di vita. La nostra dimora, la dimora stabile è lassù in cielo (E/m, n. X).
Il pensiero del paradiso è fonte di fervore e di intraprendenza apostolica: Chi pensa poco al paradiso cade ben presto nella tiepidezza. Ma chi guarda la meta, si sente coraggioso, fervente, intraprendente per la sua santificazione e per l’apostolato (n. 31). Lo spirito di apostolato segue naturalmente,
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portando in noi un grande desiderio di aiutare le anime, aiutarle particolarmente in ordine alla vita eterna (n. 33).
È importante l’impegno per santificare la mente, la volontà, il cuore, in quanto il paradiso è vedere Dio, possedere Dio, godere Dio. Questo è l’amore di Dio, eterna felicità (E/m, n. XI).
Don Alberione indica la strada per raggiungere il traguardo: la mortificazione, la penitenza, la fatica, la disciplina degli occhi, della lingua, del tatto, la preghiera, la convivenza, il rinnegamento dell’ambizione e l’accoglienza dell’umiliazione; il rifiuto dell’invidia e l’esercizio della benevolenza. È convinto che un leggero e momentaneo patimento ci acquista la gloria eterna (n. 21). Ci è riservata una gloria incalcolabile anche per una cosa piccola: una parola taciuta, un servizio reso, l’accettazione di un piccolo male (ibid.).
Ogni giorno ci avviciniamo al cielo. Don Alberione ribadisce: Tutte le volte che noi togliamo un foglietto al calendario abbiamo da pensare: anche questo è passato, questo giorno, questo mese, e sono più vicino al paradiso di un’altra giornata, di un altro mese. Se poi cambiamo il calendario a fine dell’anno, allora siamo più vicino al paradiso di un anno. Il paradiso! È il grande bene della religiosa. Primo pensiero: il paradiso prima di tutto soddisfa tutti i nostri desideri. Chi ama le cose belle, chi ama Gesù, chi ama Maria, chi ama le cose sante, chi si diletta delle vite dei santi, ecc., il paradiso soddisfa tutti i nostri desideri, tutti! E ciascuno partecipa dei beni del paradiso secondo i suoi meriti (n. 8).
L’anelito che egli sente per il paradiso è tale da suggerirgli parole quasi ispirate: Paradiso sia il canto che si ripete più frequentemente. Sia il sospiro di ogni giorno. Quest’oggi lavoro per il paradiso. Sia questo che ci sostiene nelle lotte e nelle difficoltà, che ci incoraggia nei sacrifici, che ci dà letizia nel lavoro: paradiso! Non contentiamoci della stima dell’uno o dell’altro, no! Vogliamo che Dio sia contento di noi, che il Signore possa dire: Questa è una figlia diletta! Una mia figlia diletta, che mi piace! Dar gusto a Dio, incontrare il gusto di Dio. Paradiso! (ibid.).
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III. AVVERTENZE

1. Le curatrici, come nei volumi precedenti, hanno cercato di mantenere uno stretto legame con gli originali delle tre sezioni: Meditazioni varie. Esercizi spirituali di marzo e di giugno.
2. Le Meditazioni varie sono numerate con numerazione ordinale; quelle degli Esercizi spirituali con numerazione romana.
3. Gli interventi operati sul titolo sono pochi e quando si sono resi necessari si è ricorso alla parentesi quadra riportata solo nell’indice cronologico, non si è messa nel testo per non appesantirlo. Gli interventi operati sul testo sono minimi: inserimento del titolo quando non risulta nell’originale. In alcuni casi si sono introdotti dei sottotitoli, per esempio nei ritiri mensili.
Un certo criterio, concordato in precedenza, si è seguito nell’uniformare maiuscole e minuscole. Si è adottata la forma corrente per accenti, doppie vocali finali, come principii con princìpi; si sono completate, ad esempio, numerazioni omesse e tale intervento, se rilevato necessario, è stato evidenziato con parentesi quadra.
Alcuni vocaboli che rispecchiano l’uso del tempo non sono stati uniformati, ad esempio: obbedienza e ubbidienza, divozione e devozione, ecc.
Dei testi latini, conservati fedelmente, è stata riportata in nota la traduzione se non c’era nel testo, e talvolta la correzione.
4. Si sono corretti errori tipografici o ortografici evidenti, errori grammaticali, come concordanze, ecc. Si sono completate le abbreviazioni quando restava il dubbio che fossero comprensibili. Si è intervenuto sulla punteggiatura quando sembrava utile per facilitare la comprensione del pensiero. Si sono eliminate le virgolette ( o «) quando il discorso diretto era finzione letteraria; invece si sono lasciate le cediglie () se favorivano la comprensione del testo. Le virgolette ad angolo (« ») si sono riservate per le citazioni bibliche.
5. Si è avuta particolare cura dell’apparato informativo: note bibliche, note storiche riguardanti l’ambiente, i fatti, i personaggi, le fonti, ecc.
6. Si è corredato il volume di indici: citazioni bibliche, indice onomastico, bibliografico dei libri citati, analitico, cronologico.
7. Le notizie biografiche di santi o di altre persone sono riferite in nota solo la prima volta che appaiono nel testo; nell’indice dei nomi è riportata invece la pagina di tutte le volte che la stessa persona è nominata.
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8. Le encicliche, precedenti il 1908, nelle note sono citate con la sigla ASS, ossia secondo gli Atti della Santa Sede; quelle pubblicate dopo il 1908 sono citate con la sigla del periodico ufficiale della Santa Sede AAS.
9. La citazione del presente volume è la seguente: FSP56 + pagina (es. FSP56, p. 30).
10. Quando nelle note si rimanda al Diario Sp., con questo termine si intende la cronaca quasi quotidiana della vita e dell’attività di Don Alberione, compilata dal suo segretario personale don Antonio Speciale, SSP (1922-2011). Esso copre l’ultimo periodo della vita del Fondatore, dal 1946 al 26 novembre 1971. Il Diario è tuttora inedito.
11. Sr Epifania Maraga, FSP (1919-2007) aveva ricevuto l’incarico di custodire gli originali delle prediche del Fondatore, sia appunti che registrazioni.
12. Spiritualità paolina (Edizioni Paoline, Roma 1962), raccolta di prediche varie di Don Alberione sulle devozioni della prima settimana del mese. L’antologia è stata curata da sr M. Carmela Biolchini, FSP (1914-2004) che descrive l’origine del volume e presenta i criteri seguiti per la compilazione (cf Spiritualità paolina, pp. 5-7).
13. Se l’originale è trascrizione di una registrazione, in nota è riportata la segnatura archivistica di riferimento al nastro, ad esempio: A6/an 1a 1b, nel caso che si volesse risalire alla registrazione.
14. Per le note bibliche e traduzione italiana dei testi latini, si fa riferimento alla Bibbia di Gerusalemme, trad. CEI, (anno 1971) talvolta, per il senso, alla Volgata, traduzioni di Tintori E., editrice S.A.I.E., Torino 1957. Per la traduzione dell’Imitazione di Cristo si fa riferimento all’edizione Figlie di San Paolo 1992. Per la citazione di altre fonti si è ricorso il più possibile alle Edizioni Paoline, essendo queste più conosciute dal Fondatore.

A cura del Segretariato Internazionale di Spiritualità
Figlie di San Paolo

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1 Cf Gv 8,12.

2 Cf Mt 5,14.

3 “Mistero della cena! Ci nutriamo di Cristo, si fa memoria della sua passione, l’anima è ricolma di grazia, ci è donato il pegno della gloria. Alleluia”. Cf Solennità del SS.mo Corpo e Sangue di Cristo, antifona al Magnificat dei secondi Vespri. Il testo è stato scritto da S. Tommaso d’Aquino.