Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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I
IL FERVORE1

È conveniente cominciare questo corso di Esercizi nel mese dedicato a S. Paolo, corso di Esercizi che si pratica proprio nella novena ad onore dell’Apostolo. E allora invochiamolo perché egli ci assista ed interceda presso la Regina Apostolorum e presso il Maestro divino, affinché possiamo avere molta luce interiore, possiamo scandagliare il nostro cuore, arrivare a buone risoluzioni e soprattutto praticare poi i propositi che nel corso di Esercizi si faranno.
Come prima meditazione una domanda: In che stato si trova l’anima nostra? In stato di fervore, in stato di tiepidezza, in stato di indifferenza, oppure in stato cattivo? Mirare al fervore. Quando l’anima si trova in stato di fervore è chiaro che può avere dei difetti e qualche volta anche delle ricadute, ma mira in alto, progredisce, non si mette in uno stato di pace con i suoi difetti, ma continuamente e con la preghiera, e con la buona volontà, e con gli aiuti che ha dall’esterno, dalle Maestre, e con l’aiuto del buon esempio delle sorelle, cammina avanti nella vita paolina. Quando c’è lo stato di fervore?
Parliamo subito di questo fervore, perché per la Confessione è più necessario dire lo stato dell’anima che non proprio minutamente le singole mancanze. Far conoscere al confessore come si è, affinché il confessore abbia una idea alquanto esatta della nostra anima, in quale posizione si trova davanti a Dio, se lo stato suo è stato cattivo, di tiepidezza o di fervore.
Lo stato di fervore risulta da due elementi, da due segni. È costituito prima di tutto dalla buona volontà e in secondo luogo dalla preghiera buona. Primo dalla buona volontà, cioè da una volontà risoluta di volersi fare santa, da una volontà risoluta di
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combattere contro questo o quel difetto. Si sa bene che non si entra perfetti in religione, ma per attendere a perfezionarsi, per lavorare per la santificazione. Quindi si portano tanti difetti. L’anima nostra rassomiglia ad una vigna in cui le erbacce si sono radicate e forse sono un po’ cresciute. Con la buona volontà, con lo sforzo quotidiano si vanno estirpando le erbe cattive una dopo l’altra e si sostituiscono con le erbe buone. E se la vigna è intaccata da qualche malattia, allora si cura e si tolgono le malattie e la vigna prospera e porta i suoi frutti.
La buona volontà si conosce dal fare i propositi. Forse qualcuna potrà dire: Io faccio dei propositi che so già di non mantenere. Non importa: fare i propositi con calore, perché sono già atti di amore di Dio. Se una desidera l’umiltà e fa il proposito sull’umiltà è già umile. Se una ha volontà cattiva di fare dei peccati, per esempio di essere bugiardo, fa già peccato. La volontà buona propone fermamente, la volontà buona si conosce dal rinnovare i propositi al mattino e alla sera, e poi vigilare sopra noi medesimi nella giornata. Vigilare sugli occhi, vigilare sull’udito, vigilare sulla lingua, vigilare sul tatto, vigilare costantemente sui pensieri, sui sentimenti, sulla fantasia e sul cuore. Vigilare! Come se uno ha un bambino irrequieto da educare e sa che è molto vivace e che da lui ogni momento si può temere qualche birichinata, lo si tiene d’occhio, si sorveglia, lo si vigila. Noi nelle vie di Dio siamo come altrettanti bambini. Il demonio continuamente tenta e il mondo ci spinge più verso il male che verso il bene. Allora, bisogna vigilare. «Fratres, sobrii estote et vigilate»2, dice S. Pietro, perché il demonio gira cercando la rovina delle anime.
La volontà buona ci porta ad assistere sempre noi medesimi, assistere alle nostre facoltà interne e facoltà esterne. Con la volontà buona si viene ad esaminarsi su che cosa dispiace al Signore, su che cosa piace al Signore, e questo lo si conferma: Voglio continuare a togliere quello che dispiace al Signore. L’esame di coscienza fa scoprire i difetti, fa scoprire il bene, le virtù. Chi ha volontà buona sente il pentimento dei peccati; fa degli atti di dolore che gli escono dal cuore. Mi
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pento e mi dolgo, non sono parole che escono dalle labbra, ma parole che vengono dal profondo del cuore. Propongo di non commetterne mai più e di fuggire le occasioni prossime del peccato. Quando si ha la volontà buona ci si confessa tutte le settimane e con la buona volontà si ripetono quei difetti finchè si sono sradicati, non temendo l’umiliazione di sentirsi sempre colpevoli davanti al confessore. Il confessore non si stupisce mai dei difetti, dei peccati, ma esige la volontà buona. Si può stupire quando non c’è lo sforzo, perché allora c’è anche dolorosamente da dubitare che ci sia il pentimento sufficiente per l’assoluzione. Quindi con la buona volontà si ricava profitto dalle confessioni, si ricava maggior profitto dal ritiro mensile, perché nel ritiro le meditazioni, i buoni esami, la Confessione, la preghiera più abbondante di nuovo incoraggia. Si esce dal ritiro mensile rinnovati nello spirito, rinnovati come si è usciti dagli Esercizi spirituali.
Se volete domandarvi se la vostra volontà è buona, domandate a voi stesse con quali disposizioni siete arrivate oggi agli Esercizi. Siete arrivate già con un programma fatto, già con il desiderio di fermarvi su un punto più determinato, sul maggior bisogno dell’anima vostra? Già si vuol arrivare a quel punto, a quella risoluzione, per esempio, di fare bene il noviziato, e il mio proposito sarà questo: Prendere bene in noviziato tutto quello che mi verrà insegnato. Quando si cominciano gli Esercizi, coloro che vengono volentieri sanno già su quali difetti e virtù vogliono riflettere, su quali difetti e virtù vogliono esaminarsi e proporre. Voi lo sentite adesso se c’è buona volontà o meno.
Oltre la buona volontà, il fervore richiede anche la preghiera: la preghiera costante, la preghiera con tutte le disposizioni di umiltà, di fede e di perseveranza, la preghiera con la quale ci presentiamo a Gesù con il capo chino e umiliato per i nostri difetti, sotto il peso delle nostre necessità e con la coscienza di tante debolezze che abbiamo subìto e che portiamo con noi. Umiltà: come un povero davanti a un ricco, un povero affamato, come un cieco che ha bisogno della vista: «Ut videam: che ci veda»3 nello spirito. Ci presentiamo davanti a un Padre
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buono, noi peccatori, noi figli ingrati e prodighi che abbiamo disgustato questo Padre, che lo abbiamo allontanato da noi, o meglio, ci siamo noi allontanati da lui. E finalmente abbiamo capito che lontano dal Signore non si sta bene e veniamo a questo Padre: «Padre non sono degno di essere chiamato figlio»4, e ci si inginocchia e si chiede perdono con la speranza, la sicurezza nella bontà del Padre. Preghiera umile, non basta dire, dire, dire delle orazioni, ma avere il sentimento dell’umiltà, del bisogno di Dio.
Preghiera fiduciosa: quella fiducia che aveva la cananea quando domandava a Gesù la guarigione della figlia5; quella fiducia che aveva l’emorroissa quando diceva: «Se riesco a farmi largo tra la gente che circonda Gesù e gli tocco almeno il lembo del vestito, io sarò sanata»6. Quella fede con cui il centurione diceva: «Non sono degno che tu entri nella mia casa, ma dì ora una sola parola e la malattia scomparirà»7. La fede si dice che trasporta i monti. I nostri difetti e i nostri vizi sono più difficili da trasportare che i monti. La parola monte non si riferisce soltanto in modo materiale a un monte di terra o di pietra, ma si riferisce ai monti che sono nella nostra anima: i difetti, gli attaccamenti, l’orgoglio, la pigrizia, l’invidia.
Ecco, presentarci a Gesù con fede e più ancora con preghiera perseverante. In questi giorni metterci davanti a Dio e dire tante volte: Vergine Maria, madre di Gesù, fateci santi. Metterci davanti all’Ostia santa e dire: O Gesù Maestro, abbi pietà di noi. Metterci davanti alla nostra Regina e sempre supplicare, metterci davanti a S. Paolo e sempre insistere con quella preghiera che ci sta più a cuore, voglio dire su quelle tre o quattro cose. Già al mattino svegliandosi e poi entrando in chiesa, nella Comunione, nella Messa e poi nella Visita, nei rosari, nelle lodi che si cantano, negli esami di coscienza, sempre insistere sui medesimi punti: Signore, guardate che sono orgoglioso, fate il mio cuore, o Gesù, come siete voi mansueto ed umile. Gesù ci infonderà sentimenti di umiltà, pensieri di umiltà, ci farà amare
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la virtù dell’umiltà. Ce la farà desiderare così da farci sentire che Gesù ama i piccoli e allora bisogna farci piccoli, crederci deboli, ignoranti, insufficienti in tutto. La preghiera del Patto che è un segreto di riuscita, sentirla; siamo mancanti in tutto, eppure abbiamo bisogno di arrivare a grande santità, a un largo apostolato, ad acquistare la scienza sufficiente per formare in noi la vera religiosa e per corrispondere alle istruzioni, alla formazione che viene data. Siamo insufficienti in tutto, ma voi, o Gesù siete il tutto, la Via, la Verità e la Vita, siete l’onnipotenza, potete anche dalle pietre fare sorgere dei figli di Abramo e da un peccatore ricavare un santo e un apostolo.
Allora, perseveranza in tutti i giorni e in ogni ora del giorno, durante gli Esercizi, e poi per tutto il mese e tutto l’anno, sempre sui medesimi punti. «A chi bussa si apre, a chi chiede si dà e chi domanda ottiene»8. Perseveranza fino a renderci importuni con il Signore. Costantemente pregare, pregare, pregare. Allora noi dobbiamo esaminare che grado ha la nostra preghiera; se dovessimo dare il voto alla nostra preghiera che voto daremmo? Nove, otto, cinque? Non bisogna mai che ci sia lo zero. Ciascuno di noi sa un po’ come è la sua preghiera, se c’è buona volontà e preghiera, si progredisce di sicuro. Se l’autista è buona e la macchina è buona si cammina e si corre. Ma se la macchina è buona e l’autista non è buona o viceversa, non si va avanti. La macchina è la volontà e l’autista indica lo stato di preghiera.
Se ci domandassimo: In me c’è fervore? Potremmo rispondere sì? C’è il fervore se ci sono i due elementi: buona volontà e preghiera. Se invece la volontà è fiacca, se invece la volontà è volubile, cosicché la mattina si fanno i propositi e alle otto o alle dieci si sono già dimenticati; al sabato ci si confessa e si fanno i propositi, e al martedì o al mercoledì siamo di nuovo allo stato di prima; se dopo il ritiro mensile si fa bene per alcuni giorni e poi di nuovo da capo negli stessi difetti: se c’è l’incostanza non siamo fervorosi. Ci può essere la tiepidezza, una qualche volontà, ma non la volontà buona. Se poi si cade sempre in difetti maggiori, allora c’è la cattiva volontà, cattiva volontà quando
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poi non ce n’è nessuna, perché manca proprio la volontà. Si ha cattiva volontà quando si vuole nascondere il male per non correggersi, coprire il male perché non si vuole perdere la stima e, invece di sradicarlo, nascondere il serpe nel seno.
Possiamo farci una seconda domanda: Se la nostra preghiera manca di umiltà, di perseveranza o di fede non abbiamo certamente il dieci, non meritiamo neppure l’otto come votazione, forse il quattro, il tre. Allora manca il fervore, mancando questa buona volontà si vive nella tiepidezza e può essere anche che si viva in uno stato cattivo. Se vi sentite migliorate adesso, alla conclusione dell’anno spirituale, cioè dagli ultimi Esercizi ad oggi, è segno che un po’ di buona volontà e preghiera c’è stata. Se vi sentite migliorate molto, è segno che c’è stato il vero fervore, la volontà buona e la preghiera.
Ma se una trovasse che quest’anno ha più peccati che l’anno precedente, e trovasse che si è sfiduciata e quasi non ha più volontà di mettersi, allora bisogna dire che lo stato non è buono, ma non dico subito che è cattivo. Se aumentano però i difetti, e quei difetti si ingrandiscono, se i difetti sono maggiori in entità, in gravità e maggiori di numero, manca la buona volontà e sono davvero molto numerosi, o forse meno numerosi ma più gravi, lo stato è cattivo. Bisogna subito allora confessarlo a noi stessi: Mi trovo in uno stato di fervore, di tiepidezza o mi trovo in uno stato cattivo? E allora: «Surgam!»9. Alzarsi, fare bene gli Esercizi. Prima osservare bene l’orario; secondo, eccitare in noi la buona volontà e, almeno in questi giorni, avere una preghiera molto buona; terzo, scegliere un libro da leggere nei momenti in cui siete libere, in cui potete o pregare o leggere o esaminarvi o fare qualche cosa di utile all’anima vostra, per esempio consigliarsi in direzione [spirituale]. Iniziare subito questa sera l’esame di coscienza: si devono passare i comandamenti e i consigli evangelici o i voti per chi li ha già fatti, i doveri del proprio stato, specialmente l’apostolato, poi le virtù principali e i propositi.
Gesù vi benedica tanto affinché concludiate gli Esercizi con un Te Deum gioioso che vi esca dall’anima.
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1 Predica tenuta a [Roma] il 20 giugno 1956. Dattiloscritto, carta vergata, fogli 5 (22x28). A mano è stato aggiunto: “Introduzione agli Esercizi”. C’è un altro dattiloscritto successivo. Autore e luogo sono aggiunti a mano.

2 Cf 1Pt 5,8: «Fratelli, siate temperanti, vigilate».

3 Cf Lc 18,41.

4 Cf Lc 15,19.

5 Cf Mt 15,21-28.

6 Cf Mt 9,21.

7 Cf Mt 8,8.

8 Cf Mt 7,8.

9 Cf Lc 15,18: «Mi alzerò».