21. FEDE NELLA SOFFERENZA1
Avete preparato la cappella per la funzione di domani: l’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme. Gesù, il giorno dopo la cena di Betania, fatta in casa di Lazzaro da lui risuscitato, fa il suo trionfale ingresso a Gerusalemme. Entusiasta, prodigiosa la risurrezione di Lazzaro. È probabile che Lazzaro risuscitato accompagnasse Gesù in quel trionfale ingresso. A questo ingresso corrispondeva una uscita assai penosa per Gesù: la domenica entrava trionfalmente, il venerdì santo usciva portando la croce, avviato al Calvario. Ciò significa che delle lodi degli uomini non bisogna mai far conto. Vedere se Dio è contento di noi, perché le lodi degli uomini sono veri inganni e c’è pericolo di compiacersi vanamente. Ricordarsi che dobbiamo far contento Dio solo: solo la lode di Dio vale. Se diamo gusto a Dio, il Signore il giorno del giudizio ci accoglierà e ci dirà: «Euge, serve bone: Vieni, servo buono e fedele»2.
Un altro insegnamento: dobbiamo pensare al paradiso, a quell’ingresso trionfale in cielo, quando ci verranno incontro gli apostoli, i vergini, i martiri, i confessori, gli angeli. Quello sarà un ingresso veramente trionfale che concluderà bene la vita, ma prima vi è da passare per la strada del Calvario. Occorre prendere la via stretta e difficile, poiché la via larga mette capo all’inferno e molti entrano per questa strada, ma la via stretta porta al paradiso. Si dice che le corone dei santi sono fatte di croci.
Ecco la grazia che dobbiamo chiedere: amare la mortificazione. Non ci riferiamo a penitenze straordinarie: cilici, battiture, ecc., ma a quelle mortificazioni che la divina Provvidenza mette sul nostro cammino. Il Padre celeste se chiama alla santità dà tutte le occasioni per arrivare alla santità, al
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paradiso, e non solo, ma anche tutte le occasioni per evitare il purgatorio. Noi dobbiamo essere figliuoli docili nelle mani del Padre celeste. Chi ci ama più di lui? Egli ci ha fatti per la felicità; usciti dalle sue mani, creati, dobbiamo tornare a lui. Ci attende lassù, ma dopo che avremo dato una triplice prova: prova di fede, prova di amore, prova di fedeltà.
Il Padre celeste ci vuole salvi: «Haec est voluntas Dei, sanctificatio vestra: Questa è la volontà di Dio, che vi facciate santi»3. Ebbene il Padre celeste, mentre ci vuole lassù, ha disposto tutto con sapienza e amore come ha disposto per il Figlio suo unigenito incarnato, fatto uomo. Ha disposto che avesse tanto da soffrire da arrivare ad essere il re dei martiri, da arrivare in paradiso al posto più bello, in modo che ogni creatura sia sottomessa a lui. Fede ci vuole! Crediamo che la mano di Dio è sopra di noi e che il Padre celeste è gentilissimo, delicatissimo, provvidentissimo e tutto dispone per la santificazione nostra. Non andiamo a ricercare tante cause: dietro alle cose umane vediamo la mano di Dio. Anche quando il diavolo ci tenta, Dio lo permette. Gesù fu tentato e dopo aver vinto la triplice tentazione vennero gli angeli a portargli il pane dopo quaranta giorni di digiuno. Il Signore può permettere che i mali, le sofferenze ci vengano da tante parti, ma noi non dobbiamo pensare a questa o a quella causa: no, è il Signore, il Padre celeste che lo permette, perché vuole la nostra santificazione.
Ecco le nostre penitenze: Costituzioni, vita comune, piccole malevolenze, incomprensioni, lavoro, fatica, mortificazione degli occhi, della lingua, ecc. Il Signore minutamente ci osserva, ci guida istante per istante con sapienza. Abbiamo fede e vedremo sempre Dio: il Signore ha voluto così; io non devo vedere la persona da cui questa sofferenza può venirmi, devo guardare in su; il Signore guida tutti. Come provvede agli uccelli dell’aria e ai gigli del campo, così tanto più provvede a noi.
Abbiamo fede oppure ragioniamo umanamente? Alle volte si sentono tanti ragionamenti umani, cerchiamo tante cause umane; no, dobbiamo vedere la mano di Dio. Noi dobbiamo
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fare come Gesù, il quale fece sempre ciò che piaceva al Padre. Quando gli mandò il calice della passione da bere, accettò il calice e per tre volte fece la stessa preghiera finché si sentì pieno di forza: «Padre, non come voglio io, ma come vuoi tu»4.
La ragione principale delle nostre lagnanze sta nella mancanza di fede. Fede profonda è l’abbandono nelle mani di Dio. Fa’ di me ciò che ti piace, sempre e tutto come piace a te. Che non entri la mia volontà, la mia scelta nel fare penitenze. Prendere quelle che mi dà il Signore. Ad esempio la vita comune che esige tanta prontezza e uniformità all’orario, penitenze per le occupazioni, per il cibo, perché abbiamo vicino persone non conformi al nostro carattere, ecc.: un po’ di sofferenze interne e un po’ esterne.
Fede! Se non c’è fede, non c’è cristianesimo, né vita religiosa, né santità. Senza la fede il dolore diventa un mistero, con la fede è tutto spiegato, perché abbiamo davanti la croce, Gesù sofferente che contempliamo nella Via Crucis e nei misteri dolorosi. Ora, è questa la Via, infatti Gesù ci dice: «Io sono la Via»5. Uniamo le sofferenze nostre a quelle di Gesù, poiché le nostre unite alle sue acquistano merito.
Guardare i disegni di Dio sopra il Figlio suo e sopra gli altri suoi figli che siamo noi. La vita dovrà sempre essere sofferenza? No! Gesù disse: «Non piangete sopra di me, ma su voi e sui vostri figli»6. Voleva dire: Se in me che sono innocente sono permesse tante pene, voi che siete peccatori cosa dovete aspettarvi? Fede! Gesù tanto soffrì e tanto fu abbassato, ma fu tanto innalzato sopra tutti i cieli.
I santi hanno seguito Gesù su questa strada e questa è la strada che conduce alla santità. Se vi fosse un’altra strada il Padre celeste l’avrebbe fatta prendere al suo Figlio diletto. Ma questa è la strada: la mortificazione, la penitenza, la fatica, la disciplina degli occhi, della lingua, del tatto. La mortificazione e, in generale, la preghiera, la convivenza, ecc.
«Si quis vult venire...», che legge nuova per coloro che cercano
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solo la soddisfazione, «rinneghi se stesso»7. Rinnegare l’ambizione, e accettare l’umiliazione costa; rinnegare l’invidia, avere benevolenza, ecc. «E prenda poi la sua croce», ciascuno ce l’ha, perché è sempre così, accanto a un bel carattere vi è sempre anche un grosso difetto. Fede nel gran premio che è preparato per noi. Tutto si può riassumere così: un leggero e momentaneo patimento ci acquista la gloria eterna. Il Signore non si diverte a fare soffrire i suoi figli, no, il Signore ama i suoi figli, permette qualche piccola sofferenza e premia, ad esempio, qualche fatica che dobbiamo fare, con un premio eterno. Una gloria incalcolabile anche per una cosa piccola: una parola taciuta, un servizio reso, accettazione di un piccolo male, il sacrificio anche di curarci, tutto.
Fede! Ecco lassù i martiri hanno la loro corona e la loro palma; ma anche i vergini, i confessori le hanno, poiché si può andare soggetti a due martiri: quello violento e quello quotidiano. Violento, ad esempio le persecuzioni; quotidiano, cioè la sofferenza quotidiana. Allora, con il martirio violento si dà la vita in un momento, con quello quotidiano si dà la vita a Dio goccia a goccia. Le nostre sofferenze accettate sono un dare la vita goccia a goccia e questo è il martirio comune, l’altro è un martirio eccezionale, riservato a persone amate dal Signore come lo era il suo Figlio diletto. Quante volte ci svegliamo sotto l’impressione di una difficoltà, quante volte arrivano pene e vien da dire: Ma da dove venite? Non vi aspettavo. Ebbene, bisogna dare il benvenuto. Il martirio quotidiano è un donare la vita a Dio. Il martirio quotidiano che dura anni ed anni, nel fare sempre ciò che piace a Dio rinnegando noi stessi, è un accumulare meriti. Qual è da preferirsi? Ognuno accetti ciò che il Signore gli manda. Dunque, ci vuole fede. Guardare come ha operato Gesù e pensare che dietro ogni sofferenza c’è il Padre celeste che ci aspetta in paradiso.
Coraggio, e domandiamo al Signore di saper accettare tutto ciò che ci manda senza nostra scelta, perché c’è solo la volontà di Dio che conta.
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1 Predica tenuta ad [Albano, 24] marzo. Dattiloscritto, carta vergata, fogli 3 (22x28). Non vi sono altre riproduzioni. Non è indicato il luogo e neppure il giorno. Entrambi si ricavano dal contesto. La meditazione è stata tenuta alla vigilia della domenica delle Palme, probabilmente al pomeriggio.
2 Cf Mt 25,21.
3 Cf 1Ts 4,3.
4 Cf Mt 26,39.
5 Cf Gv 14,6.
6 Cf Lc 23,28.
7 Cf Mt 16,24: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua».