Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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51. UNIONE CON DIO1

Nell’ultimo San Paolo2 si è spiegato che cosa siano gli Esercizi spirituali e che cosa essi non siano. Gli Esercizi spirituali non sono una semplice lettura o una semplice preghiera, oppure tempo in cui ci togliamo dalle occupazioni comuni. Gli Esercizi spirituali sono veri esercizi, cioè lavoro. Esercitarsi in atti di fede, di amore, di carità, di speranza, di desiderio, di proposito, di dolore, specialmente poi stabilirsi nell’unione con Dio. In sostanza gli Esercizi spirituali sono da farsi secondo Gesù Maestro Via e Verità e Vita.
Generalmente gli Esercizi spirituali si dividono in tre parti. La prima parte è per la santificazione della mente, la seconda parte per la santificazione della volontà e la terza per la santificazione del cuore. Queste tre parti non vanno separate, perché si tratta sempre di santificare l’anima, santificare tutta la nostra persona. Tuttavia nella prima parte abbiamo da ravvivare più la fede, e le meditazioni e le istruzioni devono essere specialmente sulle verità della fede, sulle principali verità della fede che sono contenute nel Credo. Io credo in Dio Padre onnipotente... fino all’ultimo articolo: Credo la vita eterna. Nella seconda parte poi, vi è la santificazione della volontà, quindi i comandamenti, i consigli evangelici, l’abbandono in Dio, la volontà di Dio in tutto quello che ci conduce ad imitare il Maestro divino, a vivere secondo il suo insegnamento. La terza parte è per stabilire l’unione nostra, del nostro cuore a Dio, quindi la terza parte tende più alla carità.
Ora siamo nella terza parte. Certamente si dovrebbero fare meditazioni e istruzioni sulla Confessione per distaccarci dal peccato, e sulla Comunione che ci unisce a Dio; sulla Messa, sul merito, sulla liturgia, sulla lettura del Vangelo e della sacra
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Bibbia, e sulla fedeltà alla Chiesa e al Papa, ma non abbiamo molto tempo e gli Esercizi finiscono presto.
Ciò che è più importante però è stabilirsi nell’unione di cuore con Dio. Considerando i comandamenti, i consigli evangelici, la volontà di Dio, le disposizioni dei superiori, noi abbiamo fatto la Confessione e detestato ciò che c’era di male. Ma nella terza parte è proprio da ricordare l’unione con Dio. Da una parte il distacco dal peccato e da tutto ciò che dispiace a Dio, e dall’altra l’unione con Dio e tutto ciò che gli piace. Non si tratta quindi di continuare a fare gli esami di coscienza, ma venire a detestare i difetti, venire a considerare ciò che ci allontana da Dio, specialmente la passione predominante, o tutte quelle occasioni che ci distaccano da Dio o ci rendono la vita meno felice e più tiepida. Detestare il peccato, non in quanto abbiamo ancora da ottenere il perdono del passato, ma per il futuro: Detesto il mio orgoglio che mi impedisce di unirmi a Dio, e si fanno tanti atti di detestazione e di contrizione e più di tutto pregare il Miserere3, che non riguarda soltanto la vita passata, ma riguarda il desiderio di stabilirsi nell’umiltà per l’avvenire.
L’unione con Dio è impedita dai difetti volontari, e possono essere molti questi difetti volontari, poiché noi abbiamo più difetti che virtù. Però fermarci su quelli che maggiormente impediscono la nostra unione con Dio, pensare con Dio nell’unione con il Maestro; ci impediscono di volere con Dio, ci impediscono di sentire con Gesù Maestro; ci impediscono la pietà e lo spirito di pietà, lo spirito di dedizione, quel sentire Gesù in noi. Chi è preoccupato di sé è impedito di essere preoccupato delle cose di Dio, è impedito di sentire ciò che dice Gesù al suo cuore. Alle volte noi siamo impediti dalle preoccupazioni dell’io, c’è l’orgoglio, c’è l’amor proprio, c’è l’invidia. Detestiamo tutto questo e facciamo tanti atti di desiderio di non voler più lasciarci trascinare da queste cose.
Altre volte invece non sentiamo tanto Gesù in noi, l’unione stabile con Gesù, perché siamo preoccupati delle cose che dobbiamo fare, dell’apostolato, o da quello che dobbiamo dire.
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Queste non sono vere preoccupazioni, perché noi siamo preoccupati di cose che riguardano l’apostolato e allora le raccomandiamo a Gesù. Non sono distrazioni. Distrarsi vuol dire distaccarsi da Gesù. Ora distrarsi da Dio vuol dire distaccarsi per qualcosa di amor proprio, però quando non pensiamo direttamente a Dio, ma siamo preoccupati per le cose di Dio e abbiamo quelle nella mente, di fare cioè il nostro apostolato secondo il volere di Dio, siamo sulla via giusta e buona. Queste non si chiamano distrazioni, ma si possono dire ispirazioni. Tuttavia c’è un grado più perfetto che è quello di sentire Gesù nel nostro cuore. Sentire che Gesù pensa nella nostra mente, sentire che Gesù è nella nostra volontà, perché noi vogliamo il suo volere, sentire che Gesù è nel nostro cuore, perché i sentimenti nostri sono i suoi sentimenti: sentimenti di umiltà, di carità, di fede, di bontà e poi tutti gli altri sentimenti buoni. Allora noi siamo nel grado più perfetto.
In quest’ultimo periodo degli Esercizi, detestare quindi tutto quello che impedisce che Gesù occupi tutta la nostra anima e che noi siamo totalmente di Gesù. Tutto mi dono, offro e consacro, che realmente siamo totalmente offerte e consacrate a Dio. Perciò in questi ultimi giorni pensare a distaccarci dal peccato.
Secondo: unirci a Gesù. Distaccarci dal male detestando il nostro difetto predominante e per mezzo di Gesù facciamo il proposito sui punti che riconosciamo particolarmente utili per noi. Forse c’è da praticare l’umiltà, forse l’unione con Dio, forse la bontà con tutti, forse sarà il formarsi un cuore pieno di generosità, un cuore che sente con Gesù. Come è bello quel quadro dove si rappresenta, l’uno accanto all’altro, il cuore di Gesù e il cuore di Maria! Il cuore di Maria è stato il più simile a quello di Gesù. Il nostro cuore dobbiamo metterlo in mezzo ai loro, perché possiamo avere un cuore a somiglianza di Maria, conformato al cuore di Gesù. Che il cuore di Gesù e di Maria operino nel nostro cuore e ci comunichino i loro sentimenti di amore a Dio e alle anime. Il cuore di Gesù è in continua preghiera. Preghiera particolarmente fatta nel senso liturgico, specialmente in ciò che si riferisce alla lettura del Vangelo, all’Eucaristia, alla Messa, alla Comunione, alla Visita al santissimo Sacramento, affinchè il cuore di Gesù venga
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a vivere proprio nel nostro cuore. Il nostro cuore venga quasi sostituito in questi atti di amore, in desiderio di essere santi, di sacrificarci per le anime, in desiderio di piacere a Gesù, di aumentare i meriti, nel desiderio di arrivare a possedere un bel posto in paradiso. Farmi santa, presto santa, grande santa onde possa già nella vita fare il meglio e dare maggior gloria a Dio e poi in paradiso avere un posto più elevato e glorificare di più il Signore e la santissima Trinità.
Particolarmente l’anima alla fine degli Esercizi si eleva verso Dio attraverso l’Eucaristia e il Vangelo. Leggere i più bei tratti di Vangelo, quei tratti in cui Gesù ha manifestato di più il suo cuore. Supponiamo il discorso della montagna che è il discorso quasi più lungo. Lì Gesù espose il programma della sua predicazione.
Poi vi è il discorso che Gesù ha tenuto agli apostoli nell’ultima settimana di sua vita quando da Betania entrò trionfalmente in Gerusalemme, e poi si ritirò di nuovo a Betania dove passò i primi giorni della settimana santa. In quei giorni, sapendo egli che era venuta l’ora di lasciare il mondo e di tornare al Padre, aprì il suo cuore agli Apostoli e tenne di nuovo un discorso che non è presentato di seguito nel Vangelo, ma a tratti, dove sono descritte le varie cose che Gesù disse e fece in quei giorni. «Ecce ascendimus Hierosolymam et Filius hominis tradetur»4, e «andate e preparate la Pasqua»5. In quest’ultimo discorso sono riassunte le parole dette nella Settimana Santa, in cui Gesù aprì nuovamente il suo cuore agli Apostoli e mostrò che egli compiva ciò che aveva annunziato come programma.
Poi prendere quei punti che ci stabiliscono più nell’unione con Dio, ad esempio: «In principio erat Verbum»6, le otto Beatitudini penetrandole finché ci viene l’amore alla povertà, il desiderio di essere miti mentre si è nervosi. E andando avanti in questi desideri, volere essere come ha detto Gesù: miti, delicati, assetati e affamati di giustizia e di santità. Poi tra questi
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discorsi bellissimo il «Pater venit hora»7 che è la preghiera sacerdotale divisa in tre punti. Nella prima parte Gesù prega per sé, nella seconda per gli apostoli e nella terza per tutti i fedeli. Poi vi sono dei brani di discorsi registrati da S. Giovanni. Gesù ha manifestato tutto il suo cuore e tutto il suo amore, e Giovanni, che capiva il cuore di Gesù, ha tenuto tutto a mente e poi lo ha scritto nel suo Vangelo.
Quindi l’Eucaristia e il Vangelo stabiliscono questa unione con Gesù, che non è solo il meditare come si deve fare, ma farla. Uscire dagli Esercizi con questa unione con Gesù. Non c’è da fare molto: guardare il Tabernacolo, pregare, e se la mente non si raccoglie subito, dire dei buoni rosari e altre preghiere che sappiamo, o pregare in qualche modo che ci conquista di più e ci concentra maggiormente, ad esempio il Pater noster. E si medita che cosa è questa parola: Padre, noi siamo figli di Dio; quante cose possono venir fuori da questo. Figli di Dio, perché siamo stati proprio creati da lui. Se chiamiamo papà e mamma i nostri genitori, quanto più Dio che è l’autore dell’anima e del corpo! Che sei nei cieli dove ci aspetti: fermarci un po’. Sia santificato il tuo nome , cioè che gli uomini santifichino il nome tuo. Non vuol dire che non sia santo il nome di Gesù, ma vuol dire che gli uomini riconoscano questo Dio santo, che rispettino il nome di Dio da cui dipendono, gli prestino il culto e cantino le sue lodi. Venga il tuo regno, il regno di Gesù Cristo nel mondo e nei cuori. Che regni in tutti i sentimenti, che siano tutti suoi, che vengano da lui e vadano a lui. E così andare avanti adagio, adagio.
Ci sono delle maniere di pregare che favoriscono il raccoglimento. Vi sono anime che reciterebbero una Salve Regina in una settimana, cioè ci impiegherebbero una settimana a meditarla parola per parola, e quando una parola è esaurita passano ad un’altra. Salve, e si pensa con quale rispetto l’arcangelo Gabriele abbia detto questa parola pareva Gabriel che dicesse Ave8. E con quale rispetto ci presentiamo a Maria noi indegni? Noi dobbiamo tante volte dire: Mater misericordiae.
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Non sono degno di avvicinarmi a te, ma ho bisogno della tua misericordia. E ricordare i nostri peccati, quanto la nostra vita sia diversa dalla sua, la nostra vita distratta, piena di sentimenti e di vanità e di ambizioni. Abbiamo bisogno della misericordia di Maria, e quando non osiamo avvicinarci a Gesù, ci avviciniamo a lei e le diciamo: Abbi pietà di questo che è l’ultimo dei tuoi figli. E dove è stato abbondante il peccato abbonderà la grazia.
Operare questa unione nei giorni in cui si chiudono gli Esercizi. Ho detto che soprattutto deve sovrabbondare la preghiera. Vi sono persone le quali hanno bisogno di ricorrere di più ai rosari, e persone che amano di più meditare, esponendo a Gesù pensieri e sentimenti propri, e questo va ancor meglio. Quando il cuore è pieno, non c’è bisogno di suggerire preghiere. Se sapessimo solamente dire: Io ti amo e lo dicessimo tante volte, queste parole, ogni volta che vengono ripetute, prenderebbero un senso nuovo.
Non avere fastidi9 di moltiplicare le espressioni, ma che nascano dal cuore, che esprimano questa unione nostra con Dio. Allora ricorrere alle nostre divozioni: al Maestro divino, alla Regina Apostolorum, a S. Paolo, alle anime purganti, a S. Giuseppe, agli angeli custodi.
Per mezzo di Maria questa unione a Gesù. La terza parte degli Esercizi è questo. Vi sono anime che non vorrebbero neppure sentire prediche durante gli Esercizi, e si capisce bene il perché. Sentono di poter comunicare direttamente con Gesù, non sentono il bisogno di chi metta loro sulle labbra parole da dire, hanno già l’anima piena e quindi desiderano pensare da sole e parlare da sole con Gesù, senza intermezzi.
Ma in qualunque stato siamo, cerchiamo questa unione che è il fine e lo scopo degli Esercizi: unione di mente, di volontà e di cuore con Gesù, affinché l’abbondanza della grazia di Dio ci ricolmi e faccia sì che non ne dimentichiamo il buon frutto.
Così si conchiuderanno bene e lasceranno a voi una grande pace. Noi siamo tanto infelici quando ci distacchiamo da Dio,
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perché inquietum est cor nostrum donec requiescat in te10. E siamo tanto felici quando siamo abbandonate e unite a Dio, perché Dio è gaudio, Dio è perfezione, letizia, e quando siamo unite a Dio pregustiamo la sua beatitudine che è una partecipazione della eterna beatitudine del cielo.
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1 Predica tenuta a [Roma] il 22 ottobre 1956 durante un corso di Esercizi. Dattiloscritto, una sola battitura, carta vergata, fogli 5 (22x28). Non è indicato il luogo; l’autore è stato aggiunto a mano. C’è un dattiloscritto successivo.

2 Cf San Paolo, Agosto-Settembre 1956; CISP, pp. 704-711.

3 Cf Sal 50.

4 Cf Mt 20,18: «Ecco noi stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato».

5 Cf Lc 22,8.

6 Cf Gv 1,1: «In principio era il Verbo».

7 Cf Gv 17,1: «Padre è giunta l’ora».

8 Alighieri Dante, Divina Commedia, Purgatorio, X, 40.

9 Piemontesismo che indica: preoccupazione.

10 S. Agostino, Le Confessioni, I, 1: “…inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te”.