Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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IV
LA PREGHIERA1

La buona volontà è il primo passo che abbiamo da muovere per raggiungere la santificazione. La santità è come un monte che si ha da salire. Tantum proficies quantum tibi ipsi vim intuleris: Progredirai tanto quanto ti fai forza2, dice l’Imitazione di Cristo, cioè lavorerai con coraggio, con perseveranza. Certo la forza richiede che noi rinneghiamo noi stessi: «Qui vult venire post me abneget semetipsum, tollat crucem suam, et sequatur me»3; «Violenti rapiunt illud»4. Il paradiso costa fatica e sono quelli che si fanno violenza, cioè i coraggiosi che conquistano il cielo. Farsi violenza, ma anche sopportare con fortezza i mali della vita presente, nonostante che il demonio sempre torni all’assalto, nonostante che le passioni chiedano, nonostante che noi stessi siamo circondati dal male. Ecco, sempre innanzi: sopportare e camminare. Si vorrebbe essere liberi dalle tentazioni, non è possibile. Quindi può essere che le tentazioni durino anche sul letto di morte, anzi certamente, e tuttavia noi, sempre combattendo, acquistiamo meriti.
Con le dottrine che si spargono oggi, anche in parecchi libri di ascetica, libri che corrono per le mani di persone che vorrebbero essere buone, pie, non si fa più conto del combattimento. Eppure la lotta contro le nostre passioni è la buona battaglia: «Bonum certamen certavi»5.
S. Francesco di Sales, che è l’uomo più mite, portò sempre con sé il libro intitolato: Il combattimento spirituale dell’autore
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Scupoli6, e la sua lotta durò con tutta forza fino al termine e, da uomo irascibile che era, divenne l’uomo più mite, più dolce che si conoscesse.
In secondo luogo l’altro passo che dobbiamo muovere è la preghiera. Abbiamo quindi da esaminare se c’è stata la preghiera e se la nostra preghiera è stata buona, se è stata di quelle preghiere che il Signore ascolta. La preghiera si divide principalmente in quattro parti: l’adorazione, il ringraziamento, la riparazione e la domanda o petizione. Ecco, per progredire avanti, camminare avanti soprattutto ci vuole la petizione, la domanda: domandare le grazie. Ma le altre tre parti non sono escluse, anzi le anime man mano che si vanno unendo a Dio e vanno stabilendo fra loro e il Signore una comunicazione di intimità, danno sempre più importanza all’adorazione, alla riconoscenza amorosa e alla riparazione, un po’ meno alla petizione, cioè alla domanda di grazie. Si occupano cioè più di Dio che di sé. Procurarne la gloria, soddisfare la divina giustizia offesa, e amorosamente mostrarsi riconoscenti al Signore, desiderosi di essere a lui uniti nei sentimenti, nei pensieri e nell’attività.
Quando il Signore comunica queste grazie alle anime, le anime assecondino, assecondino l’invito e il lavoro della grazia di Dio. Quando difatti c’è lo Spirito Santo in un’anima che è attenta, che è docile, lo Spirito Santo non sta ozioso; opera, opera nella mente e accresce la fede, opera sulla volontà e comunica la forza, opera sul cuore e produce l’amore a Dio e l’amore alle anime. E tuttavia, mentre si sente quest’unione, si ha il desiderio che questa divenga sempre più stretta, più intima. Perché restiamo sempre a litigare col Signore: questo non vogliamo darglielo, quello ci ripugna... Chiedi troppo da me, o Signore... fino a lì pazienza, ma quello!... Eh, anime piccole! Piccoli passi! Coraggio! Generosità! Il Signore ama coloro che danno generosamente e volentieri.
Voi vi preparate a darvi generosamente, volentieri al Signore. Che però il dono sia completo; ma il dono non deve
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essere quello di una bella funzione, no! deve essere il dono che si consuma, che si perpetua ogni giorno, quando magari la luce diminuisce nell’anima, quando si trovano difficoltà a destra e a sinistra, quando dentro si sentono altre tendenze, altre passioni, quando il diavolo viene a tentare le suore. Oh, con le suore il demonio usa delle arti speciali, particolarmente contro la vita comune, allorché sono professe. Del resto è sicuro, facendo la professione avrete più tentazioni, troverete più difficoltà, più inclinazioni al male. Avrete anche più grazia, però, più grazia! Appunto perché fate i voti e volete santificarvi con la pratica dei voti nella vita comune, il demonio su che cosa ha da tentare? Tenta sempre contro i doveri. I doveri principali della religiosa sono appunto questi: povertà, castità, obbedienza, apostolato, vita comune. Tenta su questi punti. Non crediamo che essersi donati a Dio voglia significare non aver più lotte, non sentire più le passioni. Il demonio tentò anche nostro Signore Gesù Cristo e lo tentò dopo i quaranta giorni di digiuno. Lo tentò quando aveva già ricevuto il Battesimo di penitenza e aveva condotto una vita di trent’anni ritirata, raccolta, di lavoro, di pratica di ogni virtù.
E se il demonio non risparmiò Gesù Cristo, risparmierà noi? Notare, però, che il demonio è uno spirito più forte di noi. Noi possiamo vincerlo sicuramente quando Dio è con noi: Da me nulla posso, con Dio posso tutto. Allora ci vuole preghiera. «De profundis clamavi ad Te, Domine, Domine exaudi vocem meam»7, dal profondo del male e dal profondo magari del fango, dal profondo dello scoraggiamento e del buio, «De profundis clamavi ad Te, Domine», alzo la mia voce al Signore. «Deus in adiutorium meum intende! Domine ad adiuvandum me festina: Signore, vieni in mio aiuto, vieni presto»8. Un santo Padre9, dice che questa è la più bella preghiera: «Deus in adiutorium meum intende! Domine ad adiuvandum me festina». E nello scoraggiamento, e quando tutto ci sembra che sia tenebre e incomprensione, magari nel buio della notte: «Deus in adiutorium
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meum intende! Domine ad adiuvandum me festina». San Paolo apostolo pregate per noi e per l’apostolato delle edizioni; L’eterno riposo…; chiamare gli angeli, S. Giuseppe, il Maestro divino, la nostra bella Regina, che ci vengano in aiuto! Preghiera dunque di supplica, di domanda per vincerci e per acquistare le virtù.
Le preghiere quali sono? Le preghiere sono quelle prescritte nelle Costituzioni. Vi è l’esame di coscienza, vi è la meditazione, vi è la Visita, vi è la Messa, vi è il rosario, la Comunione, la Confessione, le funzioni domenicali, le funzioni mensili, per esempio, il ritiro, la Confessione e gli Esercizi spirituali ogni anno. Queste sono le preghiere a cui poi ogni anima può aggiungere qualcosa di suo. Praticare le cose comuni vuol dire pregare insieme alle altre, e dove sono due o tre radunati, ‘congregati’, uniti nella stessa preghiera il Signore è con loro. Quindi dire le orazioni comuni, fare la preghiera secondo il modo che vi è stato insegnato: la meditazione, l’esame, la Confessione, la Comunione, la Visita! Ma in modo non comune, con spirito più profondo, perché le pratiche come sono prescritte e insegnate, sono come le rotaie del treno. Su queste rotaie si può correre quanto si vuole. Le rotaie non è che ci fermino, non lasciano andare a destra e a sinistra cioè ai capricci della pietà, non lasciano andare fuori dall’indirizzo proprio; quindi le rotaie tengono il treno sulla sua strada, sul cammino che deve fare. Poi quanto più le rotaie sono ferme, tanto più il treno può lanciarsi, mentre se le rotaie non sono ben solide, ben ferme il treno lanciandosi, potrebbe smuoverle e perciò arrivare alla rovina.
Oh! Vi è poi un complesso di cose che ogni anima ha proprie, perché la vita di comunità non vuol dire che dobbiamo essere uguali nello spirito, no! [perché] vi è un complesso di grazie che è proprio di ciascuna. Vedete, la vocazione è comune a tutte.
Quindi quella è una grazia ed è un dovere di corrispondenza, quindi comune a tutte. Le pratiche di pietà poi, prescritte nelle Costituzioni, sono comuni a tutte, ma ogni anima, pur religiosa, pur paolina, pur professa perpetua, ogni anima ha delle grazie particolari. Può avere una luce speciale, può avere
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dei richiami, può avere delle spinte, luce che, alle volte, in un quarto d’ora di meditazione, sembra che l’anima sia tutta rischiarata. E allora godere di quella luce e usarne per domandare ancor di più fede, più amore al Signore.
Alle volte il Signore fa un richiamo, desta un rimorso nell’anima. Nessuna anima è precisamente uguale alle altre nel suo stato spirituale. E chi è più tentato così, e chi più così; e chi ha fatto una vita tutta innocente, la sua preghiera avrà un colore particolare; e chi ha fatto una vita un po’ di disordine, la sua preghiera sarà una preghiera speciale, particolare; chi ha più un’inclinazione al male e chi ne ha un’altra; chi nell’apostolato ha una tendenza particolare e chi ne ha un’altra. Sì!
Come non vi è nessuna anima precisamente uguale, così non vi è la distribuzione della grazia uguale e i bisogni non sono uguali; vi sono i bisogni particolari di ogni anima. Vi è un’anima che è già consolidata, supponiamo, nella carità; vi è un’anima che quanto all’apostolato si dà tutta, e invece manca al raccoglimento, manca a quell’unione con Dio che sarebbe da coltivarsi ancora prima, perché l’apostolato ha da essere un frutto della pietà, ha da essere un frutto della pietà! Tutta l’attività esterna: apostolato, relazioni con le sorelle, relazioni con gli esterni, quello che si dice, quello che si fa deve nascere dall’amore di Dio, dalla pietà. Perciò fatte le cose comuni, ci possono essere poi tante condizioni di spirito. Ecco vi è chi ha l’abitudine, quando sale le scale, di dire certe preghiere10; chi prende l’ascensore dire l’Angelus, l’Angelo di Dio; chi va per strada, domandare a Gesù che è Via, Verità e Vita che guidi nella via della sua santità.
Vi sono preghiere che nascono spontanee contemplando l’altezza dei monti, contemplando il mare. Vi sono preghiere
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che nascono spontanee: In questi giorni quante cose si sono addensate nell’anima mia, cose che mi dispiacciono, cose che mi piacciono. Allora la preghiera prende un colore secondo le nostre circostanze, le nostre condizioni di spirito. Oh, anime che comunicano con Dio più intimamente! Supponiamo che siate duecento a fare la Comunione al mattino: non tutte comunicano allo stesso modo! Anime a cui Gesù parla più largamente, perché sentono; anime invece che trovano qualche cosa in mezzo fra loro e Gesù, che non sanno aprirsi e non sanno confidare. Quindi abbiamo da dire così: molte preghiere devono essere fabbricate, perché devono venire spontanee; dire le nostre cose a Gesù! Se voi aveste una mammina tanto buona, che vi sente e vi comprende fino in fondo, non le direste tutto? E tuttavia alla mammina non si dice mai propriamente tutto: le gherminelle fatte, certe mancanze che si vorrebbe che neppure l’aria le sapesse, neppur l’aria le venisse a contare, perché l’aria poi spinta dal vento debba portar la notizia lontana. Ebbene: Più mi dà pena la Confessione, poi voglio arrivare a quel proposito, poi ho già sentito che il Signore in questi Esercizi da me vuole questo; poi io capisco che mi manda lo spirito di raccoglimento, oppure capisco che Gesù mi attira, mi stringe a sé. Ecco allora, la spontaneità è il treno che si lancia pur camminando sulle rotaie.
E tutte quelle preghiere che si fanno insieme, ancorché una dicesse le orazioni alle 10 del mattino, perché si è alzata alle 10, è andata in chiesa, dice l’Angelus, e poi dice le orazioni comuni, sono sempre in comune, anche che sia sola in chiesa, perché tutta la comunità dice quelle preghiere lì; le ha dette poco prima, le ha dette alcune ore prima, ma sono le stesse domande. Gesù è in mezzo! Quelle preghiere sono maggiormente efficaci. Però lo stesso, Vi adoro per un’anima suona in un senso e per un’altra suona in un altro. L’adveniat regnum tuum: Venga il tuo regno quanto suona diverso in un’anima da un’altra! Gesù ti amo, ma quando il S. Curato d’Ars11 diceva:
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Gesù ti amo, aveva un’espressione di tale affetto che commoveva. Quindi nelle nostre orazioni c’è tutto lo spirito dell’Istituto. Questo perciò ritenerlo e farlo crescere sempre. Ma vi sarebbero degli altri modi. Vedete, in Gesù Maestro siamo già abbastanza partecipi della sua vita, della sua sapienza, del suo amore, della sua virtù. Viviamo già abbastanza Gesù Maestro? Abbiamo già oltrepassato le virtù di Maria che non ci sia più niente da imitare? E nell’apostolato, nella sua virtù, nella sua pietà siamo già uguali a Paolo? Allora prima di cercare altro, mangiate il pane comune!
Piuttosto dovete tirare gli altri nella vostra sfera, non andare a cercare i metodi degli altri. Voi avete questa missione di diffondere queste tre devozioni nel mondo. Non prendere dal mondo, ma dare al mondo: questa è la missione. Dare per mezzo dello scritto, per mezzo dei libri, per mezzo dei periodici, dare con l’esempio, dare con la preghiera. Dare!
Oh, adesso supponiamo che tutte preghino. Certamente tutte pregate. Io non ho trovato nessuna casa in cui mancasse veramente la preghiera, nella casa delle Figlie, in nessuna casa né vicina né lontana, né in Europa, né in Asia, né in America. Pregherete per l’Africa? Sì! Ci sono tante anime bianche sotto quelle facce nere, tante anime belle che aspettano.
La preghiera però deve avere cinque caratteri, due li accenno solo. Prima condizione: Deve essere sempre più intelligente, più sapiente la preghiera, più illuminata. Man mano che si va avanti negli anni più illuminata, perché si sanno sempre più cose. Poi affettiva: sentimento. Amarlo proprio Gesù, con il cuore. Il cuore non deve diventare arido. Perché la suora prende per suo sposo Gesù, deve sentire meno affetto di quello che una giovane, sposandosi, sente per colui che diviene il compagno di sua vita? Ma no! Gesù merita un amore molto più intenso. E Gesù è geloso del vostro cuore e lo vuole tutto. Non sopporta che gliene togliate neppure una fibra. Quindi ho detto l’altro giorno: Non solo anime intellettuali, preghiere intellettuali, ma anime amanti. Forse in questo tempo c’è più da spingere sopra questo punto.
Ma le tre condizioni che bisogna più ricordare e cercare se sono nelle nostre preghiere, sono: umiltà, fede e perseveranza.
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Tre condizioni! Pregare con umiltà. Che quel Da me nulla posso sia sentito. Ecco, ma: Con Dio posso tutto è la fiducia, e il ripeterlo sempre fa la perseveranza.
Con umiltà! Sappiamo che siamo orgogliosi, che siamo attaccati a questo e a quello, che siamo inclinati all’ira, al nervoso, che siamo inclinati all’invidia, che siamo inclinati alla lussuria, che siamo inclinati alla pigrizia, alla tiepidezza, alle curiosità, alla golosità. Dirlo a Gesù! Dirlo a Gesù! Vedete come sono, di che terra sono impastata, di che fango io sono composta! Ma con te posso diventare come un dio.
Factus est Deus homo ut homo fieret Deus12. Quando vive Cristo in noi, siamo come in Dio. Ora quindi, l’umiltà. Umiliarci di essere orgogliosi, umiliarci di essere poco riconoscenti con Dio, umiliarci di non corrispondere ancora abbastanza alla grazia; umiliarci, perché siamo ignoranti, ignoranti molto, più di quel che pensiamo; umiliarci, perché siamo assediati dai nemici, dal demonio, dal mondo, dalla carne. Umiliarci per tutto e in tutto.
Secondo, ci vuole fiducia. Con Dio posso tutto! Vedete la cananea, Gesù sembra rigettarla e trattarla male: «Le mie grazie non sono per i cani». Alcuni sarebbero andati via subito e mormorando: Ci tratta come cagnolini! E voleva esercitare la fede e l’altra l’ha esercitata: «Va bene, Signore, avete ragione, voleva dire, ma anche i cagnolini, io sono così come dite, ma anche i cagnolini hanno questo di poter mangiare le briciole che cadono dalla mensa del padrone». E la fede vinse: «Va’, la tua fede ti ha fatta salva»13.
Questa fede! La fede vivissima che cosa riguarda? Tutto? No. Non perché la vostra mamma è malata il Signore, perché chiedete la sua guarigione, non la lascia più morire! No. Ci vuole in paradiso il Signore, e se non si muore non si va. Ma fede che quella preghiera giovi di sicuro e gioverà alla mamma ancor meglio che se guarisse, le darà buoni sentimenti di fede, di speranza, di carità, di pentimento dei peccati, le aprirà più
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largamente il paradiso. E quella vostra preghiera cade ancora su voi, a vantaggio vostro, non cade per terra, anche se sembra che non sia esaudita: ma, mai più! È più che esaudita allora. Serve per la mamma e per voi. Fede che il Signore vuol darvi in primo luogo le grazie spirituali; che se vogliamo, ci possiamo far santi. Fede qui, qui! Queste sono le grazie che dà sicuramente, le altre grazie le dà in quanto sono utili per l’anima.
Terzo, ci vuole perseveranza. Abbiamo pregato con perseveranza oppure siamo andati un po’ a sbalzi? Un giorno perché liete, le lodi si cantano forte e si cercano quelle festive; un altro giorno invece il livello si è abbassato, le parole sembra che non vogliano uscire e allora cantiamo il Miserere. Si finirà con la letizia nell’anima e le nuvole scompariranno, saranno spazzate via.
Ci sono state queste condizioni? Specialmente le ultime tre che costituiscono la bella preghiera, la preghiera bella: umiltà, confidenza, perseveranza. Fino a quando? L’ultima parola deve essere una preghiera, quindi fino all’ultimo.
Non volete spirare con una preghiera? Per esempio: Maria e poi morir14.
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1 Predica tenuta a Roma il 10 marzo 1956. Trascrizione da registrazione su nastro magnetico: A6/an 22a = ac 39b.

2 Imitazione di Cristo, I, XXV, 4.

3 Cf Mt 16,24: «Se qualcuno vuole venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua».

4 Cf Mt 11,12: «I violenti se ne impadroniscono».

5 Cf 2Tm 4,7: «Ho combattuto la buona battaglia».

6 Scupoli Lorenzo (1530-1610), nativo di Otranto, religioso teatino, autore di Il combattimento spirituale, uno dei classici della spiritualità cristiana.

7 Cf Sal 130: «Dal profondo a te grido, o Signore; Signore ascolta la mia voce».

8 Cf Sal 70,2: «Vieni a salvarmi, o Dio! Vieni presto in mio aiuto».

9 Cf S. Giovanni Cassiano (ca. 360-435), Conferenze, X.

10 La venerabile Tecla Merlo (20 febbraio 1894- 5 febbraio 1964) prima superiora generale e cofondatrice delle Figlie di San Paolo, fino dagli anni ’30 scriveva nelle sue note spirituali: “La delicatezza positiva: l’anima delicata da tutto sa risalire a Dio, es. salire e scendere le scale” (Taccuini, 15 novembre 1934, inedito). Più tardi, in una conferenza alle superiore delle Figlie di San Paolo di Boston: “Vi insegno un’astuzia. Quando scendete le scale dite: Ecco, Signore, per ogni gradino fatemi scendere nell’umiltà. Quando salite le scale: Signore fatemi salire nella perfezione”. Cf Merlo Tecla, Un cuor solo un’anima sola, Casa Generalizia Figlie di San Paolo, Roma 1993, p. 653.

11 Giovanni Maria Vianney (1786-1859), sacerdote francese chiamato comunemente Curato d’Ars, dove esercitò il suo ministero. Additato come modello per i sacerdoti da Giovanni XXIII nell’Enciclica Sacerdotii nostri primordia del 1 agosto 1959.

12 “Dio si è fatto uomo, perché l’uomo diventasse Dio”. Cf S. Ireneo di Lione, Adversus haereses, III, 19,1.

13 Cf Mc 7,24-30.

14 Maria, che dolci affetti. Lode mariana della devozione popolare.