52. L’ORAZIONE NEL GOVERNO
DELLA COMUNITÀ RELIGIOSA1
Il primo pensiero, mentre ci raccogliamo a meditare sull’argomento proposto alla nostra considerazione, è questo: ringraziare Gesù Cristo, che dello stato religioso è autore, e dei religiosi è esemplare, luce, conforto e premio, per avere ispirato ai nostri superiori di formare le Federazioni delle Religiose d’Italia2. Esse costituiscono un’alleanza spirituale di forze, di
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alto ordine, per la santificazione di tutte le suore e per il servizio alla Chiesa di Gesù Cristo ed al suo Vicario il Papa.
Secondo pensiero: riconoscenti pure per la costituzione della Pontificia Opera delle vocazioni religiose3. Abbiamo da portare ad essa il contributo principale, che è appunto la preghiera, secondo il precetto di Gesù Cristo: «Rogate Dominum missis...»4.
Sentire perciò le Federazioni in primo luogo come unione di persone elette, anzi di anime oranti, nello spirito e secondo i fini della Pontificia Opera.
Venendo all’argomento: L’orazione nel governo delle comunità religiose è bene richiamarci ad alcuni principi.
1) Il primo è suggerito dal pensiero del Papa Pio XII, riportato all’inizio del programma di questo V Consiglio Nazionale: La SS.ma Vergine e Madre Maria sia per voi modello, protettrice ed interceditrice. La posizione della suora nella Chiesa e nell’applicazione della redenzione al mondo ed alle anime è relativamente quella di Maria, come la posizione del sacerdote è relativamente quella di Gesù Cristo.
Non a torto in alcune regioni dell’Oriente la suora è chiamata semplicemente ‘Maria’.
Ed allora è chiaro che si ha da considerare e seguire Maria come modello nella vita e nella missione: Vergine Santissima, Madre della prima Vocazione, Corredentrice e Regina degli Apostoli. Ella che piacque a Dio, che divenne il primo Tabernacolo di Gesù Cristo, che poi recò alla casa di Zaccaria ed Elisabetta; che espose all’adorazione di Giuseppe, dei pastori e dei magi; che, come in prima processione eucaristica, lo portò al Tempio; lo fece conoscere a Cana come Messia, lo seguì nella predicazione e nell’imitazione, l’offerse sul Calvario, sollecitò con gli Apostoli la discesa dello Spirito Santo; portò sulle sue braccia la Chiesa appena nata e pur già perseguitata. Divenne un membro eletto del Corpo Mistico di Gesù e Madre
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della Chiesa; dopo aver preparato ed offerto al mondo il Maestro divino, l’Ostia di propiziazione, il Sacerdote eterno.
È in una visione così alta, sublime, purissima, seducente; è in un ideale ed esempio così grande che la suora ha da considerare la sua vita. Penetrata dalla grazia, guidata dalla luce celeste, possedendo ed essendo posseduta da Gesù, ella lo porta, lo offre, lo fa conoscere, lo fa amare. Così, mentre Maria è l’apostola che dà Gesù al mondo, la suora che è una seconda Maria nello spirito, diviene seconda Maria nell’apostolato.
Questo ideale sarà vissuto nella misura dello spirito interiore e dello spirito di grazia e di adorazione: «Effundam spiritum gratiae et precum...: Effonderò uno spirito di grazia e di preghiera»5.
A misura che Cristo vive nel nostro essere, si produrranno frutti di meriti e di apostolato. Maria ha dato al Corpo Mistico di Gesù Cristo, così come al corpo fisico, tanto di sé, quanto aveva ricevuto da Dio e dalla sua comunicazione con Gesù Cristo. Una suora qualsiasi, ma specialmente una superiora, se è di pietà vera si arricchisce ogni momento di meriti e opera, o visibilmente o invisibilmente, ma sempre realmente, un gran bene attorno a sé. Né si dica che forse essa è di vita contemplativa e di clausura, non ha perciò apostolato esterno, nel nostro corpo le membra più vitali sono le più nascoste. Così è del Corpo Mistico la Chiesa, e delle comunità che ne sono una porzione. S. Teresa del Bambino Gesù, pur vivendo dietro la grata, ha compiuto un apostolato di immensa efficacia dentro e fuori del convento ed è stata eletta anche protettrice delle missioni6.
2) Secondo principio. Parlando di preghiera, specialmente per il governo, si intende non solo la pratica di pietà, non solo lo spirito e la vita di pietà, ma una preghiera totale, di tutta la persona: mente, cuore, volontà, corpo. Una mente illuminata e fissa nella contemplazione del nostro Padre celeste, che ci sta aspettando in cielo; un cuore che ama Gesù Ostia, vivente
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come nostro Maestro e conforto nella casa, e superiore della casa; una volontà disposta al divino volere sempre nello spirito dell’«Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum»7 e del «Non sicut ego volo, sed sicut tu, Pater»8; in una fiducia serena di lavorare con Dio e per Dio; nell’offerta lieta e completa del nostro essere: Tutta mi dono, offro e consacro. Ricordare quanto scrivono autori di teologia ascetica e mistica: Tutti i fedeli, e a maggior ragione le anime consacrate a Dio, hanno diritto e dovere di chiedere a Dio il dono mistico della contemplazione infusa (non dei doni straordinari); pochi la ricevono, perché pochi la chiedono, mentre lo sviluppo di una buona vita religiosa la prepara ed è cosa normale.
3) Terzo principio. La superiora di una famiglia religiosa non è mai così utile alla sua comunità come quando prega o per se stessa o per le sue suddite. Perciò alla preghiera darà il suo primo, più calmo e più lungo spazio di tempo. Inoltre la sua prima e massima azione e preoccupazione di governo sarà che in tutte regni lo spirito di pietà.
Le prime ore della giornata sono le più indicate per la preghiera. La superiora sarà la prima, precederà invitando con l’esempio le altre. Quando la superiora non fosse superiore alle altre nella preghiera, già perderebbe tanto della sua efficacia e comprometterebbe irrimediabilmente il suo ufficio. Diviene allora un’inferiore in realtà. Noi vecchi, secondo tutti i competenti, abbiamo meno bisogno di dormire, allora precederemo i giovani, eccettuati i casi di vera malattia; ed ai giovani diremo: Seguiteci, come si esprime S. Paolo: «Rogo autem vos, imitatores mei estote»9.
Grave inconveniente è tramandare l’orazione al termine della giornata. Le grazie sono necessarie per compiere bene gli uffici della giornata; ora tramandando l’orazione nelle ore più tardive, come si avrebbero grazie per gli uffici e azione da compiere? Già sono compiuti e con minor frutto.
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Nel governo della comunità entrano tre uffici:
a) Interpretare il volere del Signore riguardo alle suore.
b) Conoscere le singole suore da guidare.
c) Assicurarsi il raggiungimento del governo.
a) Per ben capire il volere divino è necessario meditare davanti al Signore, al Tabernacolo, lo spirito e il fine dell’Istituto, le Costituzioni o Regole, gli usi, le tradizioni, le circostanze di tempo e di luogo, le disposizioni della Santa Sede.
La superiora è una cooperatrice, una collaboratrice di Dio, non è la principale agente. E Dio ha i suoi sapientissimi disegni ed insieme è colui che dà i santi pensieri, il buon volere, il compimento delle opere sue. Egli interviene quando si opera nella sua volontà, mai contro questa sua volontà e quando la sua volontà è ben compresa, amata, seguita con tutte le forze. Il successo apparente o non apparente, sarà conseguito per la virtù divina: «Non ego autem, sed gratia Dei mecum»10. Può formarsi l’illusione di credere volontà di Dio quello che invece è volontà o capriccio proprio; allora il governo è condannato a un fallimento. Dunque, nella preghiera, per avere luce da colui che è «lux mundi», si offrirà al Signore un sacrificio dei nostri modi di vedere; si farà l’atto di umiltà di chiedere consiglio e di radunare il Consiglio per le cose di maggiore importanza. «Accedite ad eum et illuminamini!»11.
Una vita di grande fede occorre: se il giusto vive di fede, la buona superiora governa con la fede. Essa fissa l’anima in Dio, in Dio vede tutto; essa opera in Dio, lo segue, gli presta mani, parola, forza: è cooperatrice di Dio. Un esempio che spiega: nella consacrazione della Messa il consecrante è Gesù Cristo, il sacerdote gli presta la voce, le mani, l’atto. Chieda dunque una fede proporzionata alle sue responsabilità, bisogni, difficoltà.
Vi sono superiore che si lamentano troppo delle suddite, incolpandole degli insuccessi; ma esse nella preghiera e negli Esercizi spirituali troveranno forse che non ebbero sufficiente
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fede e non perseguirono il volere di Dio. Chi si avvicina al Tabernacolo accasciato, smarrito, indeciso, per gravi difficoltà, anche materiali, ne riparte illuminato, fortificato, consapevole di ciò che deve e può fare. In ogni intrapresa, disposizione di importanza, preceda un rosario. Una superiora tanto vale, quanto sa pregare.
b) Conoscere le suore, come Gesù conosce le sue pecorelle. La superiora dovendo cooperare al lavoro sublime che Dio vuol compiere in un’anima, deve conoscere l’anima stessa: le sue qualità spirituali, la fede, la speranza, la carità; le qualità di mente, di cuore e di volontà, di salute; la sua psicologia, la sua osservanza religiosa, l’amore all’Istituto; a tutte si deve la stessa carità, ma non la stessa medicina o lo stesso peso.
La comunità è una fabbrica di sante, ma è anche un piccolo ospedale, poiché si tratta di sradicare molti difetti importati dalla famiglia o dal mondo. Poi verrà la vera costruzione, edificando il Cristo nelle singole.
Conoscere il bene e il male di ognuna.
Prendere ognuna per il suo verso.
Dare a ciascuna le correzioni necessarie.
Assegnare a ciascuna ufficio e posto secondo le attitudini.
Scoprire le malattie morali e fisiche.
Intervenire nel momento opportuno.
Togliere ognuna dalle occasioni pericolose.
Offrire con sapienza i mezzi di santificazione.
Tutto questo è necessario, tuttavia non bastano lo studio, la saggezza naturale, le relazioni, la perspicacia. È assolutamente necessaria la preghiera che ottenga i lumi divini. S. Ignazio mette per primo ed essenziale requisito di un superiore che sia un uomo di preghiera12.
La superiora farà come Salomone. Era sapientissimo, divenuto re di Israele fece al Signore questa preghiera:
«Io sono un piccolo fanciullo... sono in mezzo al tuo popolo, popolo numerosissimo... Donami dunque un cuore docile, affinché possa giudicare il tuo popolo e discernere il bene dal
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male. E chi potrebbe giudicare questo tuo popolo, così immenso?. E il Signore rispose: Chiedi la sapienza per discernere il giusto... ecco, ho fatto secondo la tua domanda. Ti ho fatto un cuore così saggio ed intelligente che uno simile a te non vi è mai stato, né mai sarà dopo di te»13.
Conoscere le pecorelle è il secondo dovere del governo di Dio, per un sapiente ed utile governo, onde applicare i principi alla pratica, la dottrina speculativa alla vita di ogni suora. Vi sono innumerevoli errori pratici quando non si conoscono bene le suddite. Quanto utile è la consuetudine di sentire spesso, per esempio ad ogni mese, tutte le suore.
c) Occorre poi che le disposizioni, gli uffici, gli avvisi, le correzioni, siano preceduti da molta preghiera: 1) per comunicare santamente il volere di Dio; 2) perché venga santamente accettato; 3) perché sia santamente eseguito. Che le suore capiscano che è la volontà divina, che è il loro bene, che è il vantaggio dell’Istituto, che ne avranno grandi meriti e premi, che il Signore, come è con la superiora che dispone così, sarà la luce, la consolazione, la fortezza di chi docilmente esegue. Non venga a mancare, per nostra colpa, la grazia di Dio ad alcuna anima!
I modi rudi, le imposizioni irragionevoli, i pesi eccessivi, i momenti non ben scelti, creano delle scontente, daranno occasione a fallimenti e un disagio crescente nella comunità.
Io non so più come fare, tutto va male, vi è da disperarsi in questa comunità... diceva una superiora. No, vi è ancora da pregare di più, vi è ancora da migliorare; è sempre sicura risorsa la preghiera. Vi è ancora, sempre là nel tabernacolo, Gesù che è Via, Verità e Vita. Lo fu per gli Apostoli, lo è per ogni anima, lo sarà anche per te.
La vita religiosa è vita del tutto soprannaturale, vita di grazia tale che molto si allontana dall’idea del mondo, dalle ricompense umane, dalle soddisfazioni dell’amor proprio. Occorre che l’ambiente sia saturo di pietà, prima per chi dirige, perché viva sempre più lucente l’ideale vagheggiato e perché la superiora parli con parola convincente così da far accettare il sacrificio e la correzione con animo lieto.
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L’ascendente della superiora è in proporzione della sua pietà; e la suora eseguirà in proporzione che capisce che la superiora è anima di Dio e vive la vita di unione con Dio.
La parte spirituale e quella materiale delle case devono camminare di pari passo, dice S. Teresa [d’Avila], ma questa non deve nuocere a quella, poiché lo spirito è la forza reggitrice di ogni studio, interesse, opera.
La pietà è la corda più sensibile e delicata dell’animo di una suddita: la sola che davvero conquista. La linfa della pietà porta abbondanti frutti di spirito e di apostolato. La pietà è la fiamma, è creatrice di anime generose, è forza per salire. Intelligenza, istruzione, educazione, buon tratto, sono coefficienti del governo, ma l’orazione è del tutto essenziale.
La Beata Maddalena di Canossa14 diceva: Otterrà maggior frutto nel governo della direzione delle anime, una sorella di poco talento, ma che ben se la intende con Dio, che un’altra che avrà molto studiato e saprà ben esporre le sue lezioni. Non sono le belle parole che penetrano i cuori, ma la divina grazia. Altra massima: Le parole che partono dalla bocca arrivano gradite fino all’orecchio; le parole che partono dal cuore arrivano fino al cuore; le parole che partono dalla vita, creano e nutrono una vita.
S. Teresa [d’Avila] scrisse ad una superiora: Il Signore mi ha fatto comprendere che a voi manca ciò che è più importante nel vostro ufficio, cioè la pietà e lo spirito di orazione.
La superiora che ha profonda pietà, al mattino entra in comunicazione con Gesù, presentandogli la comunità e lo prega in confidenza: Queste anime sono tue; su di esse tu hai disegni di sapienza e di amore per ognuna in particolare; fammeli conoscere, perché io li comunichi e le guidi nel tuo santo volere.
Queste persone consacrate a Dio gli appartengono per il titolo della creazione, del Battesimo, della professione: saranno allora trattate con grande rispetto e carità. Le suddite sentiranno che non è una imposizione personale che capita loro addosso,
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ma nel modo e nella sostanza del comando vi è qualcosa di soprannaturale, che è l’amore vero che fa parlare.
La superiora sa di guidare la famiglia di Dio, nelle vie di Dio, con la grazia di Dio. Taceranno le simpatie e le antipatie, le maniere dure, le pretese orgogliose, le vedute troppo personali. Si fonderanno insieme la volontà di Dio, della superiora, della suddita. Allora sta bene dire: «Chi ascolta voi, ascolta me»15.
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La Regola per un Istituto è tutto un insieme armonico: diventare professa di un Istituto significa accettare un tenore di vita preciso, organizzato in vista della perfezione evangelica e all’apostolato. Superiore e suddite vi sono tenute, con l’aggiunta per le superiore di farla vivere da tutte. Le osservanze hanno la loro ragione d’essere nella loro relazione, diretta o indiretta, con i fini dell’Istituto. Si possono tuttavia distinguere due gruppi di osservanze. Primo: sarà l’abito, l’orario, le relazioni tra religiose e con gli esterni, gli uffici, l’apostolato, ecc. Secondo gruppo: tutte le pratiche ascetiche personali, le pratiche di pietà, i ritiri, le meditazioni, vita liturgica, divozioni, ecc. Ora, questo secondo gruppo ha la prima e massima importanza. Ed è su questo che la superiora non può transigere, specialmente sull’orazione e la vita liturgica.
Orazione e vita liturgica non possono essere messe solo nel numero delle osservanze, esse sono invece due aspetti della vita cristiana stessa, sorpassano il quadro di una Regola religiosa, e questa deve accoglierle ed esigerle. La Regola sanziona le necessità e il modo, e assegna il posto nella vita quotidiana per attuarle. L’orazione, o preghiera privata, è la fede in atto, il movimento del nostro essere verso Dio, fa entrare in contatto con lui per dargli gloria e chiedergli pace e santità. Per l’orazione e pratiche di pietà ogni suora ha il diritto di avere il tempo necessario, oltre che il dovere. Esigerle perciò e concederle. Aiutarle, illuminarle, regolarle.
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La preghiera è individualmente necessaria a tutte le religiose. Per la superiora è necessaria anche per due motivi di governo: per l’aiuto spirituale alle suore e per l’esempio da imprimere in esse: La superiora ha bisogno di doppio nutrimento spirituale.
La minaccia che ora fa più temere riguardo le superiore per tante anime è questa: un certo spirito di pelagianesimo16, cioè fare assegnamento su di sé, sull’abilità, l’attività, l’esperienza, e insinuare nel modo di operare alle suddite, più l’azione che l’orazione.
Il governo di una comunità religiosa è la più difficile delle arti, mentre è la più delicata delle missioni, ed insieme la più copiosa sorgente di meriti. Ogni superiora ha maggior bisogno dell’aiuto divino, perciò maggior bisogno di preghiera. Ella ha diritto e dovere di dedicarvi più ampio spazio di tempo.
Che cosa possiamo rispondere a suore che dicono: Vi è tanto lavoro che non possiamo più pregare. Pregavo di più quando non ero suora che adesso. Ero entrata per unirmi più a Dio, ed ora non ho più tempo da raccogliermi ed entrare in intimità di conversazione con lui. La giornata è tutta una febbre di lavoro, mi sento vuota e lontana da Dio. Allora anche l’amore alla vita religiosa svanisce. L’orazione ha da essere più abbondante quando l’apostolato è più assillante e le comunicazioni con i secolari sono più frequenti e pericolose. Perciò si ha da sorvegliare che tutte le suore intervengano alle pratiche di pietà comuni, e suppliscano quando ne furono impedite. Tuttavia le pratiche di pietà, anche supplite, quando abitualmente non sono in comune, sebbene abbiano ugual merito, perdono parte del loro frutto; la vita comune ha grande valore, è un dovere, fortifica la religiosa.
La vita liturgica è l’insieme di preghiera e riti con cui la Chiesa, Corpo Mistico di Gesù Cristo, esprime, attraverso la voce dei suoi membri, la preghiera propria dei figli. Diretta
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al Padre, fa discendere lo Spirito santificatore sulle anime. Nessuna preghiera, nessuna pratica, può sostituirsi a questa. Ha il centro nella Messa, da cui sgorgano i sette canali di grazia, i sacramenti. È la vita dello Spirito di Cristo: essa è prima di tutto la preghiera del Cristo, Capo e Mediatore, non è solo una sorgente di emozioni ascetiche o di pie sensazioni. La superiora curerà la cognizione della Messa, dell’Anno liturgico, dei sacramenti, l’uso dei libri che manifestano come la Chiesa nella liturgia ci è maestra di fede, di santità e di preghiera.
Di passaggio si può notare come gioverebbe che i confessori delle suore fossero scelti tra i sacerdoti che conoscono, o si procurano di conoscere, lo spirito dell’Istituto, o almeno tra i religiosi che sempre possiedono i principi e la pratica della vita religiosa.
Cito un brano che può servire da direttorio delle superiore: Che importanza ha che la cuffia abbia quella debita forma, che alla superiora si usino quei determinati titoli e inchini, che la clausura abbia quelle precise difese... rispetto ad assicurarsi che tutte le suddite siano suore di orazione, che vivano la liturgia, che coltivino l’unione con Dio e che sentano la responsabilità di dover contribuire nel modo proprio alla Chiesa?. Si ha da formarsi membra vive ed operanti del Corpo Mistico di Gesù Cristo secondo i propri apostolati: vita interiore, sofferenza, preghiera, opere sociali, educative, caritative, missionarie, ecc. Vita contemplativa, attiva o mista: tutte tenute a contribuire alla edificazione del Corpo Mistico di Cristo. Orazione e liturgia si completano in sé e completano pure la formazione e santificazione delle suore.
Una delle pratiche che è maggiormente da promuoversi è la visita al SS.mo Sacramento. Essa non è liturgia, ma è strettamente unita ad essa e assicura una più sentita partecipazione alla liturgia. Gesù Ostia è il Mediatore. Il Recluso del Tabernacolo ha una forza grande per attirare le anime al suo amore, comunicare luce speciale, richiamare a vita più perfetta, eccitare a sentimenti di fede, speranza, carità e dolore. Gesù Ostia è l’amico, lo sposo dell’anima. Egli sostituisce ogni conforto umano: riempie di sé la religiosa. Vi sono anime che si elevano
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a pensieri e sentimenti che ricordano il Cantico dei Cantici. La suora sentirà il «Vivit in me Christus»17.
Riassumendo, la superiora ha tre uffici: istruire, dirigere, pregare. Il principale è la preghiera, che è fatta di orazione, di servizio, di sofferenza, di liturgia, di lavoro interiore. Come si salvano e si santificano le anime? Guardiamo a Gesù che propter nos homines et propter nostram salutem descendit de coelis; et incarnatus est de Spiritu Sancto, ex Maria Virgine, et homo factus est; passus, crucifixus18. Offrì se stesso in sacrificio sulla croce, la prima e più grande preghiera.
Guardiamo a Maria: ne condivise la missione e la passione. L’essenza della redenzione è là sul Calvario: là dove Gesù offre se stesso. Maria offre se stessa ed il Figlio che amava più di se stessa. Gesù Redentore, Maria Corredentrice. La vocazione a superiora è vocazione non ad onore, ma soprattutto a pregare e a soffrire. Richiamiamoci al primo principio: la suora è una seconda Maria, questo ha da dirsi specialmente della superiora. Essa farà perciò una preghiera collettiva: nella sua preghiera rappresenta la comunità e prega per la comunità.
La superiora va alla preghiera per compiere un dovere collettivo, ha presente le sue suore, le porta nel suo cuore, sente di rappresentarle. Essa adora il Signore come il principio e il fine del suo Istituto, delle varie vocazioni, di tutte le sante iniziative. A lui tutto offre in atto di fede e di adorazione. Sente di dover avere un programma semplice, quello di Gesù Cristo: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli, pace in terra agli uomini di buona volontà»19.
Essa ringrazia per la vocazione sua e delle sue consorelle, per la santità della Regola e per i beni dell’Istituto, per le opere che esso compie ed offre in riconoscenza l’Ostia divina al Padre celeste.
Essa ripara per sé e per l’Istituto, per quanto è mancato di gloria a Dio e di bene alle anime a causa delle deficienze.
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Essa supplica intendendo che il Signore stesso conduca lei e le singole suore nella via della perfezione e apostolato.
L’Istituto è un corpo morale: la superiora è il capo che sta fra Dio e la comunità e si fa voce di intercessione e ostia di espiazione.
Ultimo pensiero. Ottima la pratica di un buon superiore generale: Ogni giorno darò un’ora all’esame-preghiera sul mio ufficio, sulle opere, case, persone dell’Istituto, specialmente sulla formazione del personale e i superiori subalterni.
Tutte pensa, tutte ama, per tutte opera e prega.
È consiglio seguito da altri superiori.
Infine il doppio premio, perché ha fatto bene e perché ha insegnato il bene.
Riepilogo
Considerando:
1) che la missione della suora è in relazione a Maria SS.ma Corredentrice, Regina degli Apostoli e Mediatrice di grazia;
2) che la preghiera deve essere totale, abbracciando tutte le facoltà umane e tutte le attività;
3) che il contributo principale che la superiora deve portare alla comunità è l’orazione...
Si fanno voti:
a) che la superiora preghi per conoscere il volere di Dio, le suore, e per saper disporre di esse in conformità alla vita religiosa e al proprio Istituto;
b) che la superiora preceda ed abbondi in preghiera rispetto alle suore;
c) che consideri come uno dei suoi principali doveri il pregare per il suo Istituto, il dare esempi di pietà ed esigerla da tutte le suore;
d) che il tempo dedicato alla preghiera sia in proporzione alle difficoltà degli apostolati e delle occupazioni delle suore;
e) che siano promosse di pari passo l’orazione e la vita liturgica;
f) che ogni superiora si riservi nella giornata uno spazio di tempo per esaminarsi e pregare per il proprio ufficio, per le suore, le aspiranti, le superiore subalterne, le case.
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1 Relazione tenuta al V Consiglio Nazionale delle Madri Generali, [Roma] il 16 novembre 1956. Il Primo Maestro è stato invitato dal Sottosegretario della Sacra Congregazione dei Religiosi attraverso la lettera che riportiamo:
“Roma, 3 ottobre 1956.
Rev. Padre,
Nei giorni 12-17 del prossimo novembre si terrà in Roma, presso il Palazzo della Cancelleria Apostolica, il 5° Consiglio Nazionale delle RR. Madri Generali.
Ho il piacere di invitare la P. V. Rev.ma a tenere alle Convenute una conferenza per il giorno 16 novembre alle ore 9 sul tema: “L’Orazione nel governo delle Comunità religiose”. Nel ringraziare anticipatamente la P.V. per il prezioso apporto che vorrà dare all’annunziato raduno, mi do premure di compiegarLe, per Sua comodità il relativo programma.
Con sensi di profondo religioso ossequio, mi confermo Suo dev.mo G. Battista Scapinelli. Sottosegretario”.
Alla lettera è allegata la minuta della risposta di Don Alberione:
“Roma, 7.10.1956
Ecc.za, Rev. Mons. Scapinelli, Congregazione dei Religiosi, A Sua del 3.10.1956
Non sono proprio la persona indicata per le Conferenze; ma obbedisco. Mi dia una buona Benedizione. Ossequi. Devot. Don Alberione” (fotocopia in Archivio).
Stampato in opuscolo di pagine 16, ristampato in Aiuti fraterni, n. 2, 1964, p. 16. Con probabilità si tratta di un manoscritto, di cui non abbiamo l’originale. Dal Diario curato da don Speciale si ricavano alcune informazioni sulla genesi di questo testo: “Dopo cena [il Primo Maestro] rivede quanto scritto sulla conferenza che dovrà tenere alle Madri generali. La relazione fu tenuta il giorno 16 alle ore 9, presenti trecento Superiore maggiori. Alla fine della conferenza il Primo Maestro ricevette un forte applauso e fu chiesto almeno un sunto, se non si poteva averla stampata per intero. In seguito uscì il sedicesimo di cui sopra” (cf p. 1372). L’originale è presso l’archivio della Società San Paolo, n. 2220. Si ritiene come originale lo stampato.
2 Le Federazioni italiane delle religiose agli inizi degli anni ‘50 avevano varie denominazioni secondo i vari tipi di apostolato: FIRO (Federazione delle religiose ospedaliere, 1948); FIRAS (Federazione delle religiose addette all’assistenza sociale, 1951); FIRE (Federazione delle religiose educatrici, 1951). Il 15 novembre 1956 venne eretto il CIS (Comitato italiano delle superiore maggiori), che corrisponde all’attuale USMI (Unione superiore maggiori d’Italia). A questo faceva capo il movimento di aggiornamento della vita religiosa femminile, comprese le nuove federazioni sorte nel frattempo. Cf Dizionario degli istituti di perfezione, diretto da Giancarlo Rocca SSP, Vol. IX, Edizioni Paoline, Roma 1997, p.1585.
3 Con il Motu Proprio Cum supremae, l’11 febbraio 1955, Pio XII approva l’«Opera Pontificia primaria delle vocazioni religiose», in AAS 47 (1955, p. 266). La Congregazione dei religiosi, ne pubblicò gli statuti e le norme in AAS 47 (1955, pp. 298-301).
4 Cf Lc 10,2: «Pregate dunque il padrone della messe…».
5 Cf Zac 12,10.
6 Pio XI il 14 dicembre 1927 proclama S. Teresa di Gesù Bambino copatrona delle missioni, inseme a S. Francesco Saverio (1506-1552), gesuita e missionario in Asia.
7 Cf Lc 1,38: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto».
8 Cf Mc 14,36: «Non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu».
9 Cf 1Cor 4,16: «Vi esorto dunque, fatevi miei imitatori».
10 Cf 1Cor 15,10: «Non io però, ma la grazia di Dio che è con me».
11 Cf Sal 34,6: «Guardate a lui e sarete raggianti».
12 Ignazio di Loyola; Costituzioni, II, n. 723, in Gli scritti di Ignazio di Loyola, Edizioni AdP, Roma 2008, p. 877.
13 Cf 1Re 3,7-9.11-12.
14 S. Maddalena di Canossa (1774-1835) appartenente ad una nobile famiglia veronese. Fondatrice dell’Istituto dei Figli e delle Figlie della carità per promuovere la formazione cristiana della gioventù. Canonizzata il 2 ottobre 1988.
15 Cf Lc 10,16.
16 Il pelagianesimo è un movimento ereticale che fa capo al monaco Pelagio (ca. 354-ca. 427). Secondo la sua dottrina l’uomo può, solo con le sue forze, osservare i comandamenti di Dio e salvarsi; la grazia gli fu data solo per facilitare l’azione. Questa dottrina fu condannata dal Concilio di Cartagine (411). Il pelagianesimo fu combattuto da S. Agostino.
17 Cf Gal 2,20.
18 Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo; patì, fu crocifisso… Cf Credo Niceno-costantinopolitano.
19 Cf Lc 2,14.