Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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V
LA RETTA INTENZIONE I1

La parte degli Esercizi che si riferisce al passato già l’avete compiuta o state per concluderla. L’esame di coscienza, il dolore dei peccati, l’accusa che facciamo a noi stessi ammettendo gli sbagli e l’accusa che facciamo a Dio presentandogli i nostri difetti e i nostri peccati, perché dia l’assoluzione generale; poi l’accusa schietta, chiara al confessore, onde il ministro di Dio vi dica la parola che tranquillizza l’anima, per cui resta sepolta la colpa e poi anche la pena a misura del pentimento che ha accompagnato la nostra accusa. Non trascinare avanti incertezze, dubbi che poi sono come il freno allo slancio dell’anima verso il Signore.
Quando l’anima invece si sente con Dio trova in se stessa una forza, un’attrattiva. L’attrattiva è da parte di Dio e d’altra parte l’anima si slancia verso il Signore con voli più alti di quelli dell’aquila. Non c’è peccatore, per quanto sia stato infelice, per quanto abbia riportato tante cadute e sconfitte, peccati gravi, peccati numerosi, magari sopra i comandamenti e gli obblighi del proprio stato, non c’è peccatore che non possa farsi santo. Rimane ancora tutta la via libera, e una volta tranquillizzato il passato, lanciarsi, protendersi in avanti decisamente. La santità allora avrà un’altra forma, non sarà la santità dell’innocente, ma sarà la santità del penitente e in paradiso ci sono più penitenti che innocenti. Il Signore, non è venuto per gli infermi? Non hanno forse bisogno gli infermi del medico? Sono forse i sani che hanno bisogno del medico? Non sono venuto a cercare gli innocenti, ma i peccatori a penitenza. Per questo si è lasciato crocifiggere Gesù, per i peccati, e siccome
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il suo sacrificio non è inutile, vale davanti al Padre celeste, vale a soddisfare ogni enormità.
Credo la remissione dei peccati. Ma non credere in genere, per tutti gli uomini soltanto, crederlo per noi in particolare, e non facciamo atti di incredulità dopo la Confessione. Volere sempre ripensare al passato, sempre volere rinnovare la Confessione.
Allora, guardato bene il passato, adesso guardare bene all’avvenire, pensare al futuro, guardare al futuro per lanciarsi avanti. Tutte quelle che siete qui avete la vocazione alla santità, la vocazione chiara per chi fu già ammessa alla professione. Una vocazione che non è soltanto interna, ma anche esterna e che è ornata di tutte le grazie per arrivare alla santità. Lo scoraggiamento è la tentazione diabolica, quella tentazione che il diavolo usa più frequentemente con quelli che sono buoni o di buona volontà. Cacciarlo nell’inferno: In infernum detrude, diciamo alla fine della Messa; qui pervagantur in mundo ad perditionem animarum, in infernum detrude, caccialo giù, nell’inferno2. Niente scoraggiamenti, il Signore mi vuole bene. Gesù è contento che vi facciate sante, è contento di vedervi agli Esercizi, è contento quando fate l’adorazione, vi guarda, perché voi andate a trovarlo, vi accoglie come l’amico più sincero. Non guardarlo di brutto il Signore. Mostrargli un volto sereno e accogliente e così vi accoglierà quando vi presenterete al suo tribunale per essere premiati del bene fatto.
Riguardo al futuro riempire il libro della vita di opere buone. Ogni momento noi scriviamo sul libro della vita, ma come scriviamo? Nella ripresa di un film la macchina prende tutti i movimenti che fa la persona: se la persona è alta è presa come è, se la persona mangia è presa mentre mangia, e se canta è presa così. C’è come una pellicola invisibile nella nostra vita, tutto è scritto. La pellicola dice di più che portare il paragone del libro della vita: le opere buone dalla mezzanotte alla mezzanotte; dal lunedì alla domenica; dal primo del mese all’ultimo del mese; e
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da questo momento al momento in cui lascerete la vita e vi spegnerete per essere accese in cielo per tutta l’eternità.
Amare! Carità! «Caritas manet in aeternum»3. Opere buone! Le opere, perché siano buone, bisogna anzitutto che siano buone, perché se uno dice una bugia è opera cattiva, non può avere un merito. Secondo: che siano fatte in grazia di Dio. Non si può pretendere un frutto da un bastone secco. Terzo: che la cosa sia fatta bene. La preghiera fatta bene, la cucitura farla bene, la piegatura farla bene, la spedizione farla bene, l’apostolato bene. Quarto: retta intenzione, cioè farle per amore di Dio. Dobbiamo fare questa mattina l’esame di coscienza su questo e proporre, volere assolutamente arrivare alla retta intenzione.
Per capire che cosa sia la retta intenzione facciamo qualche esempio. Quella suorina sta spazzando e, siccome vuole fare penitenza dei suoi peccati, spazza proprio bene, fa pulizia proprio dove magari sente ripugnanza, vuole spazzare con le stesse intenzioni con cui Maria spazzava la casetta di Nazaret. C’è retta intenzione? Sì, c’è retta intenzione. Quell’altra ha una bella voce e fa la solista nel Credo per far mostra della sua voce, e guarda poi attorno con soddisfazione se altri hanno gustato il suo canto. Ha retta intenzione? No. Guadagna merito? No. Ma canta il Credo! Non guadagna merito. Un’altra questa mattina non si sentirebbe di far la Comunione, ma si muovono tutte dal banco. Cosa diranno? E lei si muove e fa la Comunione soltanto per quello, se fosse sola in chiesa non la farebbe. Ha fatto bene la Comunione? Peccato. Vedete, la retta intenzione rende meritevole lo spazzare, e l’intenzione storta rende peccato la Comunione. Vedete se è importante! È da lì che dipendono tanti e tanti meriti, perché le cose che vi comandano, che sono distribuite in Congregazione sono tutte buone. I comandamenti sono buoni, i consigli evangelici sono buoni, le Costituzioni buone, gli uffici che vengono assegnati sono buoni, gli orari sono buoni, le varie occupazioni della giornata sono buone.
Vi sono allora suore che nella giornata si arricchiscono di gemme e vi sono suore che pur faticando, pur facendo meglio
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delle altre, perché hanno una bella voce che altre non hanno, forse perdono tanto. E al confessionale ci va, e un po’ dice i suoi difetti, e un po’ li scusa, un po’ li riduce al minimo; ha fatto una Confessione buona davanti a Dio? Può essere che abbia detto l’essenziale pentita delle cose gravi e che avesse fatto il proposito di non commetterne più e di fuggire le occasioni. Ma tutto quell’amor proprio per cui ha coperto, minimizzato, ridotto al minimo le mancanze, fa perdere tanto del frutto della Confessione. Sarà ancora valida, ma davanti a Dio conta assai meno che se l’anima si fosse umiliata, fosse stata chiara, avesse chiamato le cose con il loro nome, non avesse attribuito ad altri le sue mancanze. Mi fanno arrabbiare. Dì semplicemente che ti arrabbi sempre, altrimenti accusi gli altri, non fai la Confessione. Vedete: la retta intenzione è quella mira al fine che noi ci proponiamo e che va diretta a Dio, cioè alla sua gloria: si fanno le cose per suo amore, si fa penitenza dei peccati per guadagnare maggior merito, per progredire nella virtù, per amore della Madonna, per ossequio a S. Paolo nel suo mese, si fa tutto quello che viene detto, perché una vuole diventare buona religiosa, buona paolina; tutto questo è retta intenzione.
Che cosa è la retta intenzione? Supponiamo scrivete una lettera e volete mandare un’offerta al santuario della Consolata4 a Torino. Scritta la lettera al rettore del santuario, voi mettete dentro l’offerta poi scrivete l’indirizzo sulla busta. Ecco, vi può essere una lettera spedita senza indirizzo? Questo rappresenta la persona che non mette nessuna intenzione in ciò che fa materialmente, in quello che deve fare, non offre a Dio. Una lettera senza indirizzo arriverà a Torino? Qui a Roma, alla posta, quando la vedono devono spedirla a Napoli o in alta Italia? Vi sono persone che mettono l’indirizzo alla lettera, ma sbagliato: Al rettore del santuario di Loreto. Volevano mandarla a Torino; ma ora dove va, a Torino o a Loreto? L’indirizzo sbagliato rappresenta coloro che hanno intenzioni false: per farsi vedere, ad esempio, o soltanto per non essere rimproverate.
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Terzo: vi sono persone che fanno l’indirizzo e lo fanno bene e spediscono la lettera proprio là dove hanno intenzione che arrivi. Allora, ecco: fermo posta5 paradiso (c’è anche la pellicola Fermo posta paradiso6). Tutte le intenzioni devono essere: fermo posta paradiso, dirette al paradiso. Tra poco voi metterete: Città della Regina. E quando è fermo posta, chi prende quelle lettere? La persona a cui la lettera è indirizzata. La vostra intenzione era a Dio? Le prende Dio le lettere, le apre lui e prende l’offerta che avete fatto: Vi offro le mie orazioni, azioni e patimenti di questo giorno con quelle intenzioni per le quali Gesù si immola sugli altari e in unione al cuore immacolato di Maria. L’offerta va al Signore, la busta la prenderà il Signore, aprirà la busta, cioè guarderà nel cuore che intenzione c’è. Se questa era proprio un’intenzione buona, l’offerta il Padre celeste la mette lì da parte: e oggi arriva, domani arriva, dopo domani arriva sempre l’offerta. Presentandoci al tribunale di Dio, ecco: Fino ad ora hai mandato tutto questo; dunque le opere sono buone e allora, paradiso, poiché il Signore premia tutto quello che è stato fatto per lui, non quello che facciamo per amor proprio.
Potrebbe anche bastare l’offerta: vi offro le azioni della giornata. Però l’intenzione è una condizione in cui si è maggiormente in pericolo di sbagliare, [perché] o le intenzioni svaniscono un po’ o qualche volta vengono sostituite. Al mattino: vi offro le azioni della giornata, fate che siano tutte secondo la vostra volontà, ma poi comincia ad entrare qualche altra intenzione. Perché? Quello studio si fa soltanto perché bisogna recitare la lezione, altrimenti faccio brutta figura. Studio per non fare brutta figura. Adesso provate un po’ a dire: Faccio una cosa, supponete lo studio, io studio con tutta l’anima, con tutta l’applicazione e poi mi è andato proprio male l’esame, oppure è andato proprio bene l’esame. Quando è andato male, la persona è tranquilla? Ho fatto quello che dovevo? Il mio studio il Signore lo ha
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già contato, è già lassù e riceverà il suo premio? Se la persona non si turba per la disapprovazione della Maestra, ma pensa che Dio è contento ugualmente, c’è retta intenzione. Ma dite un po’, se vi va proprio male e ricevete una sgridata, state tranquille, siete serene o spuntano i lacrimoni? E se va proprio bene, non vi compiacete e magari volete raccontare agli altri come è andata e forse aspettate l’elogio della Maestra? Ciò dimostra che in quello studio non c’era proprio la retta intenzione, c’era una fiamma, ma con molto fumo che saliva in alto, e il fumo sale un po’ e poi cade giù per terra, cioè si perde il merito.
Ma se le opere fatte senza la retta intenzione sono nulle, quanti meriti abbiamo già perduto? Fatica dal mattino alla sera e messo tutto in un sacco vuoto, come dice l’Imitazione di Cristo: «Sacculum pertusum»7, e si arriva alla fine con le mani vuote. «Per totam noctem laboravimus et nihil cepimus: Abbiamo lavorato tutta la notte e non abbiamo preso niente»8, diceva S. Pietro a Gesù. Ma lì non c’era colpa, se i pesci non si erano lasciati prendere. Non si ha il merito se vi sono intenzioni vane, inutili e, se con l’intenzione buona si mescola il fumo della vanità, si perde molta parte del merito. Figuratevi che avete fatto propaganda tutto il giorno di porta in porta con la borsa piena, e che alla sera non avete dato neppure un libro. Venendo la sera a casa, sentite la borsa pesare, e la Maestra, domandandovi notizie della propaganda, senta dirsi: Abbiamo fatto proprio niente. Siete proprio contente ugualmente? Pensate che il Signore ha accettato le vostre fatiche che erano fatte solo per lui e per le anime? Allora si ha ugualmente tutto il frutto per l’eternità. Certo, la propaganda non ha giovato alle anime, perché l’hanno rifiutata; non è giovata alla borsa dei soldi, perché è rimasta vuota ed è invece piena quella dei libri. Scandagliarci sulle intenzioni: nella preghiera, nello studio, nell’apostolato, nell’apprendere la formazione.
L’amor proprio si infiltra nel confessionale: non il tale, ma il tal altro; e si arriva fino a questo punto: la Comunione se è
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distribuita da tre o quattro sacerdoti... si vuole riceverela soltanto da quello là. Dov’è l’amor di Dio? Si vuole ricevere la Comunione o si vuole soddisfare il proprio sentimento? E vi sono forse troppe preferenze anche nel confessarsi. Non voglio dire ciò che potrebbe indurre ad errori: giova tenere il medesimo confessore, perché già conosce l’anima nostra, quindi può darci l’indirizzo, gli avvisi utili proprio per noi, secondo il nostro bisogno, perché il confessore parla proprio di quello che è necessario all’anima nostra. Qui c’è un vantaggio. Ma, qualche volta, non si mescola qualche sentimentalità; e qualche volta non viene anche la voglia di farsi vedere in confessionale che si è spirituali, che si parla già difficile, che si hanno elevazioni? Alle volte sono poi abbassamenti, non elevazioni.
Se quest’oggi voi faceste frutto di questa meditazione, sarei sicuro di avere giovato alla vostra vita più che con cento prediche, perché so benissimo che quello che fate è buono in generale, ma è la retta intenzione che sfugge alla nostra considerazione, perché è nell’interno. D’altra parte se nel nostro operare c’è amore di Dio, si vuole offrire tutto al Signore, solo per il Signore, lo studio, l’apostolato, l’opera vale cento. Ma se l’intenzione è mescolata con fini secondari oppure, se la nostra intenzione è tiepida, non è animata da un profondo amor di Dio, invece di cento si guadagnerà solo venti. Ci saranno delle sorprese nel giorno del giudizio: Credevo di avere accumulato e accumulato, e veramente avevo operato e operato, ma ho messo tutti i tesori che avevo cercato di accumulare in un sacco sfondato, oppure in un sacco che non era proprio forato, ma di una tela rada che la farina usciva.
Vigiliamo sulla retta intenzione, e qui state bene attente a fare l’esame di coscienza sull’interno. Che cosa cerca la mia anima? Che cosa cerca il mio cuore? Perché faccio questo o tralascio quello? C’è voglia di farsi vedere religiose sante, essere ammesse al noviziato, essere ammesse alla professione, essere ammesse alla vestizione? Vediamo di non lasciarci ingannare. Operare per Dio, Dio solo. Quando si opera per Dio siamo graditi a Dio e in generale anche agli uomini che cercano il bene. Rinnovare frequentemente questa retta intenzione: la si mantiene più viva e più efficace.
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1 Predica tenuta a [Roma il 26] giugno 1956. Dattiloscritto, carta vergata, fogli 5 (22x28). Esiste anche un dattiloscritto successivo. Autore e luogo sono aggiunti a mano.

2 “…rinchiudi nell’inferno Satana e gli altri spiriti maligni che girano per il mondo per portare le anime alla dannazione”. Preghiera a S. Michele arcangelo composta da Papa Leone XIII nel 1884 da recitare alla fine della Messa. Questa preghiera continuò ad essere recitata fino al 1964, quando l’istruzione Inter oecumenici n. 48, decretò la soppressione delle preghiere leoniane.

3 Cf 1Cor 13,8: «La carità non verrà mai meno» (Volgata).

4 La basilica della Consolata è uno dei più importanti santuari mariani di Torino. La fondazione risale al secolo XI e l’ultimo restauro fu curato dal Beato Giuseppe Allamano (1851-1926) rettore della basilica dal 1882, fondatore dei Missionari della Consolata, amico e consigliere spirituale di Don Alberione.

5 Un tempo gli uffici postali offrivano il servizio non solo di recapitare la posta a domicilio, ma anche di trattenere, previo pagamento di una tassa, la corrispondenza e consegnarla direttamente solo all’interessato. Questo servizio fu sostituito dalla casella postale.

6 Si allude al film del regista Ignacio F. Iquino, uscito nel 1953 e in distribuzione nelle agenzie della San Paolo Film in 16/mm.

7 Cf Ag 1,6: «Sacco forato». Don Alberione esprime un concetto presente nell’Imitazione di Cristo citando il testo biblico.

8 Cf Lc 5,5.