Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

Effettua una ricerca

Ricerca Avanzata

17. OBBLIGHI DELLA PROFESSIONE PERPETUA1

Adesso state preparandovi a ricevere la maggior grazia della vostra vita, dopo quella del Battesimo. La prima grazia ci è stata concessa proprio quando noi non eravamo capaci né di pensarla né di desiderarla. Per il Battesimo siamo stati fatti figli di Dio, non solamente figli dell’uomo, figli dei nostri genitori, ma figli di Dio il quale creò la nostra anima che uscì dalle sue mani. Poi Gesù, il Figlio di Dio incarnato, volle che noi, purificati dalla colpa originale, diventassimo eredi del paradiso, cioè fatti parte di quei beni eterni che nostro Signore vuol dare a tutti i redenti, a tutti gli uomini, quei beni che egli ci portò dal cielo.
Adesso in questa preparazione che cosa soprattutto bisogna fare? La prima è di fare tesoro dei cinque anni passati nella professione temporanea. Fino alla prima professione si è ancora molto inesperti della vita e non si sanno bene applicare alla vita le Costituzioni, i voti. Fino allora fu piuttosto uno studio teorico. Adesso siete arricchite di una esperienza e cioè in questo tempo avete avuto maggior agio di considerare che cosa sia la vita paolina, di conoscere nella pratica la vita paolina, la vita religiosa.
Avete anche conosciuto meglio i mezzi che bisogna adoperare per riuscire nella vita paolina, per riuscire santi, e avete anche veduto le difficoltà che ci sono, i pericoli che importa la vita paolina. Nello stesso tempo avete già adoperato o provato ad adoperare i mezzi che vi garantiscono, che vi ottengono dal Signore misericordia, per portare il peso delle Costituzioni, il peso dei doveri paolini. Nello stesso tempo avete meglio sentito che il lavoro quotidiano non è un lavoro inutile, è un lavoro che purifica l’anima, è un lavoro che vi stabilisce in Cristo, è
~
un lavoro che vi prepara i meriti per l’eternità. Quindi vi siete arricchite di una esperienza preziosissima, per cui meglio di prima potete fare la professione con coscienza, cioè con conoscenza di quello che si fa. Perciò occorre un doppio elemento: maggior umiltà e maggiore fiducia in Dio, maggior umiltà, perché da noi nulla possiamo e maggior fiducia in Dio, perché con Dio possiamo tutto.
Esaminando questi cinque anni potrete trovare delle deficienze e potrete trovare molto progresso o alquanto progresso. Allora ricavare frutto da queste esperienze preziose, preziosissime anzi. Mi sento di portare il peso? Mi pare di poter essere osservante fino alla morte? Osservante delle Costituzioni, dei santi voti, della vita comune?
La Chiesa vuole cinque anni di professione temporanea e ha le sue santissime e sapientissime ragioni, cioè che uno abbia ancora tempo per provare a portare il peso e poi dire: Sì, mi sento. Avete provato a portare il peso non per un piccolo breve entusiasmo, ma per cinque anni, quindi avete avuto tempo a misurare le vostre forze, non le forze che vengono da noi, dalla natura, ma soprattutto le forze che vengono dalla grazia, dalla preghiera, dalle divozioni a Gesù Maestro, alla Regina degli Apostoli e a S. Paolo. Vedere se con questa quantità di mezzi che voi avete a disposizione, vi sentite di vivere da buone paoline per il rimanente della vita. Non sappiamo se sarà breve o lunga la vita, ma sappiamo che, breve o lunga, se noi la santifichiamo siamo santi, sia la vita di un anno, sia la vita di cinquanta anni di professione perpetua. Si dovrà dunque fare ancora un nuovo giudizio sulla vocazione? Sì. Un giudizio che viene dall’interno della coscienza, pronunciato dal confessore e un giudizio che viene dall’esterno pronunciato dalle vostre maestre.
Il giudizio interno è fatto dal confessore sì, ma voi al giudizio fornite gli elementi di giudizio, la materia. Dovete dire: Mi sento, non mi sento, mi sento di fare questo apostolato, mi pare di progredire, di intenderlo bene, di farlo con coscienza e amarlo. Però non vuol dire non sentire la pena nell’apostolato, la fatica, anzi quando si sente un po’ di pena, di fatica e di difficoltà, allora se si fa c’è maggior merito, ma amarlo perché lo si capisce, perché si sa quale bene porta alle anime, amarlo
~
perché si ama di essere associati al ministero pubblico di Gesù, all’apostolato suo, ed essere come l’altoparlante di nostro Signore Gesù Cristo. Amare quindi in primo luogo la diffusione del catechismo, poi la diffusione della Bibbia e di tutti gli altri periodici e libri che le famiglie paoline producono. Vedere dunque se c’è questo amore nel fare questo apostolato in modo sempre più sapiente, generoso, fruttuoso. C’è da vedere anche in questi cinque anni: Come è andato il mio apostolato? Oggi in che disposizioni mi trovo di fronte ad esso?
Poi considerare come si osserva la vita comune. In questi cinque anni ho amato la vita comune? Mi sono trovata bene con chi guidava, sia la Congregazione e sia la casa in particolare? Come mi sono trovata con le sorelle nella vita quotidiana, che esempio ho dato, ho portato letizia in casa? Esaminarci se siamo anche amanti della Congregazione, avere proprio amore alla Congregazione, prima pregando e dando buon esempio, osservando la vita religiosa e poi anche coltivando, zelando le vocazioni in quanto è possibile.
In terzo luogo esaminate poi se vi sentite di portare il peso dei voti. La povertà è stata osservata? Naturalmente nella sostanza, perché delle imperfezioni ce ne sono sempre. Ho l’amore alla povertà e cerco di praticarla nello spirito con cui Gesù è nato povero, è vissuto povero, è morto poverissimo? C’è stato l’amore alla castità, sia quando devo tenere a posto il mio cuore, sia quando devo tenere a posto la mente, gli occhi e tutti i sensi specialmente il tatto: castità da sola e castità rispetto agli altri. Di tanto in tanto si verifica questo: si trova alle volte più pericolo da sole o in casa con le sorelle, che non fuori. Tuttavia o in libreria o andando di casa in casa o nelle varie giornate del Vangelo ecc…, bisogna vigilare. Ma più che la parte negativa direi di considerare la parte positiva della castità: Ho vero amore a Gesù, a Maria Regina degli Apostoli, a S. Paolo, alle mie devozioni, ho spirito soprannaturale? Ho amore quindi a tutto ciò che riguarda, a tutto ciò che è la Congregazione?
Inoltre l’obbedienza. L’obbedienza assicura tutta la santificazione dell’anima, perché nell’obbedienza si osservano le Costituzioni e nell’obbedienza si fa quello che è disposto da chi guida la Congregazione. Nell’obbedienza uno cerca di compiere
~
la volontà di Dio come si manifesta, ora con la gioia e ora con qualche sofferenza, qualche pena, qualche difficoltà che dobbiamo accogliere e superare nell’amore intenso a Gesù: «Factus oboediens usque ad mortem, mortem autem crucis»2. Obbediente fino alla morte. Che uno possa dire sul letto di morte: Io non ho mai fatto nulla di mia volontà; di lì la glorificazione.
Perciò avete anche considerato bene quali sono i motivi per abbracciare la vita religiosa: venite per ricevere il centuplo, fare il centuplo cioè di meriti in terra e possedere il paradiso.
Che cosa vi ha mosso e che cosa vi muove adesso alla professione perpetua? Prima alla professione temporanea e adesso alla professione perpetua. È il desiderio di maggior santità, è il desiderio di un maggior bene per le anime, il desiderio di amare di più nostro Signore, di lavorare di più per la sua gloria, di amare di più Maria, di seguire meglio Gesù Maestro Via Verità e Vita. Alla luce che vi viene dall’esperienza di questi cinque anni voi prendete la decisione e dite al confessore: Così mi sento, se continuo a condurre una vita come l’attuale, mi pare che sarò contenta in punto di morte e nell’eternità. E la prova l’ho avuta in questi cinque anni che mi pare di aver vissuto bene, e se pure ho fatto qualcosa che sia dispiaciuta al Signore, mi sono ravveduta e mi sono sentita di correggermi, di fare meglio anzi di procedere con maggiore umiltà.
Da me nulla posso, con Dio posso tutto. Mi appoggerò solo e sempre a Dio. Allora il confessore può dire parole rassicuranti. In questo tempo è bene che vi manifestiate al confessore e manifestiate anche queste cose che sentite dentro a chi vi guida, non per manifestare i peccati ma per manifestare le disposizioni. Perché la professione è come un contratto: l’Istituto ci riceve e si obbliga ad aiutarci nella santificazione, ci assiste corporalmente, anche nelle malattie e anche dopo morte ci manda i suffragi; ma la persona che emette i voti si impegna ad operare per la Congregazione, tutto per la Congregazione.
Primo punto: Utilizzare le esperienze dei cinque anni.
Secondo punto: Si è arrivati ad amare sempre di più le Costituzioni? La vita che si deve condurre quando si è fatta la
~
professione è una vita di perfezionamento. Il vero dovere che vi assumete, e che è il principale nella vita religiosa, è questo: la santificazione. Perché questo è il primo articolo delle Costituzioni. Viene poi il secondo, cioè attendere all’apostolato. Abbiamo ben considerato le varie regole che sono contenute nelle Costituzioni? Ma le abbiamo già studiate prima della professione annuale. Va bene.
Adesso però che avete anche l’esperienza, sapete come si applicano, come si vivono le Costituzioni, come si pratica e si vive il primo e il secondo articolo. Sapete come si amano e si vivono i capitoli che parlano della castità, povertà, obbedienza, che parlano delle case, del loro governo; come si amano e vivono gli articoli che parlano dell’apostolato. Quindi facendo i voti perpetui due cose si fanno: per prima, offriamo a Dio il nostro essere: tutto mi dono, offro e consacro. Mi dono, offro e consacro vuol dire: spendere la vita nella Congregazione ed emettere i voti di povertà, castità e obbedienza e impegnarsi per la vita comune. Prima cosa: l’offerta.
La seconda è questa: abbracciare la vita comune e accettare quello che nella Congregazione troverete: le superiore, le sorelle che avrete, le disposizioni che riceverete, gli impegni, i doveri quotidiani, e poi gli aiuti della Congregazione. Quindi la prima cosa è il dono di sè a Dio e, seconda cosa, è il servizio che fate e quello che ricevete dalla Congregazione. Ciò che fate, per esempio, nell’apostolato, e il servizio che ricevete dalla Congregazione, cioè la predicazione, i sacramenti, le funzioni sacre, le disposizioni date, i buoni esempi, i consigli, le correzioni, gli incoraggiamenti, le divozioni che trovate nella Congregazione e tutti i mezzi per la santificazione e per l’apostolato. L’offerta a Dio di voi e la vita nella Congregazione dove ricevete e date. Ecco, dove ricevete e date. Quanto si dice circa l’offerta di voi: Tutta mi dono, offro e consacro vuol dire: Tutta la mente, tutto il cuore, tutte le forze, tutta la salute, tutto il corpo.
Offro, e non solo offro, ma dono, in maniera che dopo non siete più di voi stesse, né di una creatura, né della famiglia, ma di Dio. È un dono. Come, ad esempio, se voi regalate una penna ad una sorella, se si può... col permesso... non è più vostra. Ma gliel’ho data io.... Va bene, hai fatto un’opera buona, ma
~
adesso non è più tua. Così, non siamo più di noi. Questa voglia di disporre, di pensare, di giudicare e di vivere come se foste quasi ancora in famiglia, è togliere un po’ del dono che si è fatto a Dio. L’essere è di Dio.
E consacro. Il che significa non solamente che si offre la pisside, cioè il corpo e l’essere vostro, ma si intende che la pisside si adopera per mettere Gesù, le particole. Adopererete il vostro essere per mettere Gesù dentro: nella mente, nel cuore, nella volontà. Gesù, mentre voi vi donate, risponde: E io mi dono a te in modo che tu sia mia e io sia tuo. E non è che noi facciamo solamente un’offerta, ma riceviamo immensamente di più di quello che diamo, perché Gesù riempirà di sé le vostre potenze, cioè la mente, il cuore, la volontà, la fantasia, il corpo stesso. Futurae gloriae nobis pignus datur. Mens impletur gratia3. Vuol dire che vi sarà come un sacro sposalizio tra l’anima e Gesù: voi tutte di Gesù, e non potete disporre più niente di voi, neppure di aprire le palpebre, ma tutto è fatto per Gesù. È Gesù poi che vuole stare in voi, che vuole aumentare la fede, vuole aumentare la speranza, la carità, vuol darvi i sette doni dello Spirito Santo, le virtù cardinali, le virtù religiose, la sapienza celeste, vuol riempire la vostra anima. Questa non è solamente un’amicizia che è già uno scambio di doni, ma è come un sacro sposalizio: saranno due in una sola volontà.
Questa è un’intimità e una stabilizzazione che supera immensamente tutti gli stati che si potrebbero vivere sulla terra. È una vita già più celeste che terrena in maniera che uno ama solo i gusti di Gesù, e fa ciò che vuole Gesù. È quindi una vita preceleste, cioè un’anticamera del paradiso, o un paradiso senza godimento. Tuttavia non si ha il godimento del paradiso, perché forse non si è ancora interamente purgate, oppure, anche purgate da ogni difetto, noi dobbiamo ancora accumulare meriti per avere in paradiso una visione più larga, un possesso più profondo di Dio, un gaudio più elevato. Quindi il dono di voi a Gesù e il dono di Gesù a voi.
~
Non dovete più sentirvi sole sulla terra, né che il cuore resti solitario, no, il cuore si espande in un amore più largo, perché la vera castità è l’amore più grande che si possa avere e che utilizza proprio tutto l’essere ad amare e amare chi è degno di amore, cioè colui che si può amare eternamente: Gesù.
Inoltre dall’altra parte avviene questo: nella Congregazione voi siete a servizio e la Congregazione a servizio vostro. Voi siete a servizio in quanto fate tutto quello che vuole la Congregazione, esercitate i vostri uffici, il vostro apostolato, ecc… e la Congregazione dà a voi i mezzi per santificarvi e cioè i sacramenti, la predicazione, le preghiere, la vigilanza, le correzioni, l’istruzione, in sostanza tutto quello che è necessario perché arriviate alla santità. Una professione quindi più profonda: sono di Gesù, ma attraverso la Congregazione. Servendo la Congregazione servo Gesù, e la Congregazione serve me soprattutto in tutti i bisogni spirituali e temporali durante la vita, in morte e dopo morte poiché la Congregazione non si scioglie neppure con la morte ma vive in eterno.
Adesso due cose ho detto: 1. utilizzare bene l’esperienza dei cinque anni; 2. prepararvi bene ad una professione perpetua: tutta mi offro: non un’offerta di qualche cosa di estraneo, un’offerta di noi. E dono, per essere sempre di Gesù. Non posso più ritornare indietro, il voto è perpetuo. E consacro, perché se offro questa pisside, poi viene riempita di Gesù, di ostie.
La professione perpetua comprende ancora il mettersi a servizio della Congregazione e la Congregazione s’impegna a servire voi in perpetuo, tutta la vita.
Adesso preghiamo tanto. Manca un mese. Siamo nel mese che si consacra a S. Giuseppe. Pensate come si è donato a Dio S. Giuseppe: tutto, fino in fondo e per il Signore fino al termine della vita, e allora morì consolato. Egli occupa in paradiso il più bel posto dopo quello riservato a Maria.
Vi benedica tanto Gesù, vi consoli tanto. È un mese preziosissimo in cui voi vi preparate ad essere totalmente di Dio e per sempre, senza nessuno screzio volontario con Dio, nessuno screzio, per non disgustarlo mai più.
~

1 Meditazione tenuta a [Roma,] il 21 febbraio 1956 alle suore che si preparano alla professione perpetua. È stata stampata in sedicesimo, pp. 7-16, a seguito di una conferenza della Prima Maestra del 17 dicembre 1955. Le curatrici del dattiloscritto successivo hanno messo come titolo: “Obblighi della professione perpetua”. Si considera come originale lo stampato.

2 Cf Fil 2,8: «… facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce».

3 Antifona al Magnificat dei secondi Vespri nella solennità del SS.mo Corpo e Sangue di Cristo: “Mistero della cena! Ci nutriamo di Cristo, si fa memoria della sua passione, l’anima è ricolma di grazia, ci è donato il pegno della gloria. Alleluia”. Il testo è stato scritto da S. Tommaso d’Aquino.