Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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47. GESÙ MAESTRO1

1. Siamo alla presenza del Maestro divino che ha fatto una prima rivelazione di se stesso nella creazione, una rivelazione successiva nella sacra Scrittura per mezzo dei Profeti, e quindi ha parlato egli stesso all’umanità comunicandoci la sua sapienza celeste. Siamo alla presenza di lui che continua a parlare all’umanità per mezzo della Chiesa, la quale interpreta la sua rivelazione e la propone agli uomini, di lui che sarà la luce per cui godremo la visione beatifica in cielo, l’ultima sua suprema rivelazione.
Adorarlo quindi con tutto il nostro essere. Ha detto bene il Maestro divino: «Io sono la luce del mondo»2. «La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato»3. «Uno solo è il vostro Maestro, Cristo»4. E Gesù nella sua infinita bontà e misericordia si è degnato di aggiungere: «Vos estis lux mundi: Voi siete la luce del mondo»5, poiché la missione che egli ha compiuto l’ha partecipata a noi, chiamandoci a continuare la sua predicazione, attraverso i secoli, e mettendo a disposizione del suo Vangelo i mezzi più moderni e più efficaci. Egli è la luce che illumina ogni uomo; e illumina anche noi a trovare i mezzi più efficaci, e nello stesso tempo ci dà la materia da comunicare, cioè la sua dottrina. Consociati quindi alla sua
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missione, continuatori della stessa, siamo elevati a una dignità che mai sapremo stimare abbastanza sulla terra e che apprezzeremo degnamente solo in cielo. Mirabile vocazione! E obbligo della nostra corrispondenza ad essa!
Adoriamo perciò Gesù Maestro Verità, per la nostra vocazione e proponiamo di compiere tutti gli uffici che essa ci impone, preparandoci convenientemente ad essi con la pietà, con lo studio, con l’esercizio dell’apostolato e con la formazione umana e religiosa.
Intratteniamoci intimamente con lui per alcuni momenti... qualche cosa deve uscire dal nostro cuore... perché se c’è abbondanza di riconoscenza e se vi è fiducia nella vocazione, certamente noi formuleremo propositi e suppliche, e gli consacreremo l’apostolato e noi stessi.
Nell’ultima Costituzione apostolica emanata dalla Santa Sede6, si raccomanda a un certo punto di affezionare e di mettere in qualche maniera i giovani, gli aspiranti, i chierici a contatto con la futura missione, col futuro ministero, nella misura loro possibile. Per alcuni sarà fare il catechismo, per altri, come per noi, compiere l’apostolato quotidiano.
Ora, questa è la grazia da chiedere: affezionarsi all’apostolato. Pensare che si deve ripetere ciò che Gesù ha predicato e in questa maniera farci suoi strumenti, strumenti della Chiesa, strumenti degni per quanto è possibile.
Recita della Preghiera prima della redazione, dell’apostolato tecnico, della propaganda7. Canto: Dolce Gesù, la santa tua parola...
2. Il divino Maestro ha predicato la sua dottrina, ma qual è stata la reazione degli uomini? Gli uomini dovevano accogliere la parola del cielo secondo l’invito del Padre celeste: «Questi è il mio Figlio diletto, ascoltatelo»8. Ma si verificò il contrario: «Sui eum non receperunt»9. E quanti non lo hanno accolto, non soltanto quando egli parlava visibilmente sulla terra, ma
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nei secoli seguenti! L’opposizione con la voce e con lo scritto alla dottrina predicata dagli Apostoli, dai missionari è stata continua e non cessa. Gesù è diventato un centro di contraddizione e noi sentiamo tanti maestri che alzano la loro voce e cercano di farsi udire con tutti i mezzi a loro disposizione, per contraddire la Chiesa che è il corpo mistico di Gesù. Così facendo, essi contraddicono Gesù Cristo stesso.
Ecco lo spettacolo che presenta l’umanità. Chi crede sarà salvo e chi non crede è già condannato. Ci fanno pena tanti uomini che si ostinano contro la verità e chiudono gli occhi alla luce. Oh, queste anime quanta pena devono recare a Gesù, al suo cuore sensibile, con l’ostinazione che porta tanti alla perdizione! Sono anime per cui egli ha dato il suo sangue e la sua vita, anime che egli ama tanto. Gesù aspetta da noi che gli presentiamo riparazione. Quando Gesù saliva il Calvario, la Veronica, vedendolo sudato e col volto imbrattato di sputi e di sangue, gli si accostò e gli asciugò il volto. La nostra riparazione deve essere viva e sentita. In primo luogo offrire i sacrifici del nostro apostolato. L’apostolato fatto con diligenza, con spirito soprannaturale, certamente richiede applicazione della mente e delle forze fisiche e morali. Offrire a Gesù queste fatiche in riparazione. Farsi suoi altoparlanti, cioè ripetere la sua parola, la parola stessa che egli ha insegnato a noi: «Come il Padre celeste ha mandato me, così io mando voi; andate dunque e insegnate»10.
Seconda riparazione: essere docili alla sua parola nella nostra vita. Conosciamo i precetti della carità? Conosciamo le Beatitudini, conosciamo i consigli evangelici? Docilità alla sua parola, corrispondenza. Alle volte vi è interesse per cose senza valore e non vi è interesse per la parola di Dio, quando pure non ci si trova a disagio a sentirla. Ma è sempre stato così. Il seme non è caduto tutto su terreno buono. Parte è caduto sopra la strada, parte fra le spine, parte su terreno ghiaioso. Allora umiliamoci se anche noi siamo stati fra coloro che si sono mostrati indifferenti. Quando Paolo parlò all’areopago,
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alcuni gli dissero: «Su questo ti ascolteremo un’altra volta»11, e lo derisero; altri invece lo seguirono e diventarono santi. Ecco, in quell’episodio si conosce la corrispondenza di tre generi di persone che ascoltano la parola di Dio. Alcuni deridono, altri si annoiano, altri corrispondono. Sono ora felici in cielo coloro che hanno corrisposto e sono avviati bene al cielo coloro che corrispondono ancora.
Perciò presentiamo a Gesù una triplice riparazione: per l’apostolato tecnico, per la redazione e per la propaganda12. Inoltre presentiamo al divino Maestro un cuore docile alla sua parola e proponiamo di essere continuatori fervorosi (zelanti come gli apostoli, specialmente come S. Paolo), della predicazione che ha avuto inizio con la buona novella.
Invocazioni a Gesù Maestro13: Gesù Maestro, santificate la mia mente... e canto: Cor dulce, Cor amabile14....
3. In terzo luogo presentiamo le nostre suppliche a Gesù Maestro per la formazione all’apostolato di redazione e anche all’apostolato tecnico e di propaganda. Se l’apostolato è partecipazione alla predicazione di Gesù, occorre che noi vi portiamo le sue medesime disposizioni e in primo luogo la retta intenzione.
Nel quinto mistero gaudioso si contempla il fatto di Gesù rimasto a Gerusalemme, a dodici anni, mentre Maria e Giuseppe già avevano preso la via del ritorno a Nazaret. Egli si fermò là per udire i dottori della legge: li ascoltava e li interrogava ed essi erano ammirati della sua dottrina e della sapienza delle sue risposte.
Egli diede allora un segno della sua missione futura, un segno della corrispondenza alla vocazione. Le parole dette da Gesù a sua Madre sono chiare: «Nesciebatis quia in his quae Patris mei sunt oportet me esse?»15. Questo deve dire un giovane
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chiamato alla vita apostolica: Non sapete, miei cari, che io devo occuparmi delle cose che riguardano il Padre mio celeste? Ecco la retta intenzione. Avvicinarsi alla Ordinazione, avvicinarsi alla professione con questi intendimenti: occuparsi delle cose che sono a gloria del Padre celeste e delle cose che sono di salvezza per gli uomini.
Retta intenzione! Retta intenzione che è un duplice amore: amore verso Dio e amore verso le anime. Poi la pietà, il lavoro interiore, l’aumento di fede, la fermezza nella speranza, il lavorìo per correggere le passioni e per guidare le nostre forze verso Dio, la formazione della propria personalità in Cristo... Spesso questo, se non viene dimenticato, è però compiuto con freddezza. E tuttavia ringraziamo il Signore per le molte anime che ne hanno compreso l’importanza e vi attendono con tutto l’impegno e con tutte le forze fisiche e morali.
In secondo luogo consacriamo al Maestro divino lo studio, l’attività intellettuale, la scuola, l’insegnamento, il tempo che si passa per compiere i lavori di scuola e per imparare le lezioni. Consacrare a Maria, e per mezzo di lei a Gesù, tutto il nostro ingegno; che la nostra mente mai sia adoperata in cose non buone, che mai segua l’errore o la bugia, ma che sempre risplenda nella nostra mente la verità.
In terzo luogo offriamo al Maestro divino, per mezzo di Maria, l’apostolato tecnico che andiamo compiendo. Sì, questa parte è utile e necessaria e bisogna esercitarla nella maniera che ci è possibile. L’apostolato fatto con dedizione, libera da molte tentazioni e l’amore all’apostolato è un segno della vocazione, perché è il lavoro della vita. Ora, la vocazione è l’affezione ad un lavoro che dovrà continuarsi nella vita, affezione che si mostra appunto con l’applicazione.
Infine offriamo al Maestro divino, per mezzo della Regina degli Apostoli il lavoro morale: formazione umana e formazione religiosa. Formazione umana, e cioè: persone rette, amanti della verità, sincere, rispettose, delicate di coscienza. E formazione religiosa: prepararsi a consacrarsi a Dio nella osservanza temporanea dei consigli evangelici, finché verrà il tempo di osservarli per tutta la vita; nella pratica dell’obbedienza, della carità, della vita comune. Chiediamo a Gesù la grazia di essere
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guidati sempre da retta intenzione e di compiere santamente questa preparazione alla vita: lavoro spirituale, lavoro intellettuale, lavoro di apostolato e lavoro di formazione umana e religiosa.
Canto a Gesù Maestro: Fons, Christe, vitae perpetis...16.
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1 Ora di adorazione tenuta alla Famiglia Paolina, Roma, 7 ottobre 1956, prima domenica del mese. Stampata in Spiritualità paolina, Edizioni Paoline, Roma 1962, pp. 493-498. Dal Diario curato da don Speciale si ricavano informazioni interessanti: «Alle ore 16 il Primo Maestro predica in cripta l’ora di adorazione su Gesù Maestro. Per questa occasione è stata allestita lungo il deambulatorio una mostra di libri, riviste, pellicole nostre con scritte e al centro è stata posta, aperta, la Bibbia illustrata. Al termine dell’ora di adorazione si fa la consacrazione dell’apostolato a Gesù Maestro per mezzo di Maria. Uscendo il Primo Maestro esprime la sua compiacenza per la mostra» (p. 1345).

2 Cf Gv 8,12.

3 Cf Gv 7,16.

4 Cf Mt 23,10.

5 Cf Mt 5,14.

6 Pio XII, Costituzione Apostolica Sedes sapientiae, 31 maggio 1956, cf AAS 48 (1956).

7 Cf Le preghiere della Famiglia Paolina, Alba 1985, pp. 224-225

8 Cf Mt 3,17.

9 Gv 1,11: «… ma i suoi non l’hanno accolto».

10 Cf Gv 20,21.

11 Cf At 17,32.

12 Propaganda o diffusione a domicilio iniziata nel 1929 con la biografia di S. Giovanni Bosco. In seguito la “propaganda” ha assunto altre modalità adatte ai tempi (collettiva, ‘razionale’,…). Cf Martini C. A., Le Figlie di San Paolo note per una storia 1915-1984, Casa generalizia Figlie di San Paolo, Roma 1994, pp. 168-171.

13 Cf Le preghiere della Famiglia Paolina, Alba 1985, p. 196.

14 Ibid. p. 304.

15 Cf Lc 2,49: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?».

16 Cf Le preghiere della Famiglia Paolina, Alba 1985, p. 324.