Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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III
CONFIDENZA CON LE MAESTRE, DIREZIONE SPIRITUALE1


Mi hanno regalato un libro che ha questo titolo: Prediche inutili2. Certamente non sono state inutili le prediche che avete sentito in questi giorni. Avete buona volontà e allora avete cercato di farne profitto. Tuttavia vi è qualche punto sul quale bisogna che ritorni, nonostante che sia già stato ripetuto parecchie volte e che è tanto utile.
La Congregazione andrà sempre bene quando ognuna è osservante, come sta bene il nostro corpo e la nostra salute va bene quando tutte le membra: gli occhi, l’udito, le mani e il cuore, ecc., stanno bene. Tutto il corpo allora sta bene. Fra le cose necessarie perché si mantenga il fervore, perché lo spirito paolino sia sempre più vivo e vissuto, ci sono queste: una l’ho già accennata ieri, ma temo di non essermi spiegato abbastanza bene: Confessioni brevissime e confidenza con le Maestre, specialmente quelle che sono preposte al Governo centrale, perché la direzione che dovete prendere per tutto quel che è l’esterno e che confina anche con l’interno, viene dalle Maestre. È molto diverso, ma vi è qualcosa che, per spiegarmi, bisognerà paragonarlo ai seminari dove vi è chi tiene la disciplina, il prefetto di disciplina, e vi è il direttore spirituale. Sono due uffici, ognuno fa la sua parte: uno la disciplina e l’altro la parte spirituale. Negli Istituti religiosi chi dirige la disciplina è anche direttore spirituale, una persona sola.
È diverso essere in un Istituto religioso e essere invece persone libere, per esempio i membri degli Istituti secolari oppure i Cooperatori, gli iscritti all’Azione cattolica e i cristiani
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in generale. Perché è diverso? Perché l’Istituto deve formare le persone che vivono poi in famiglia e deve dare lo spirito della Famiglia religiosa, allora c’è la Maestra. Ecco, comprendere la diversità, perché l’Istituto religioso deve conservare i membri: in vita quando stanno bene, quando sono infermi, quando sono vecchi, e poi deve occuparsene quando passano all’eternità, cioè suffragare i defunti. Mentre, supponete che ci sia un collegio di signorine le quali vogliono diventare maestre. Stanno in collegio, ma non con il cuore di stare sempre lì, ci stanno per prendere la formazione intellettuale, poi se ne vanno.
Quindi la diversità è questa: altro è quando si va in un posto per poi uscirne, e altro quando si va in un posto per starci per sempre, perché colei che pensa di starci sia preparato. Bisogna che le Maestre conoscano meglio quella persona, diversamente non daranno un giudizio completo, del tutto cosciente, perché mancherebbero degli elementi di conoscenza. Invece l’aspirante, la novizia e la suora giovane, ecc., hanno bisogno di formarsi a quello spirito, di prendere quell’andamento, di imparare la vita comune. La vita comune non è solo osservare l’orario, ma in primo luogo è formazione del pensiero, del sentimento e delle abitudini: Io devo essere una buona paolina, dice colei che entra a colei che attende alla formazione. La formazione va completandosi dopo la professione, e a volte il tempo che segue la professione è più delicato ancora del tempo della preparazione. Tempo delicato, importantissimo. Allora la vostra direzione non totale, ma per otto decimi, è affidata alle vostre Maestre.
Certo, il confessore, se conosce la persona, dovrà dare il suo giudizio sulla vocazione, e dovrà indicarle i mezzi per evitare il peccato, per salire nella virtù, confermando i propositi che la persona fa, e non dirigendola come crede. La persona che agli Esercizi fa i suoi propositi ha bisogno che le siano confermati in ogni ritiro mensile, e si può dire più volte nell’anno, per mantenersi nella stessa via, altrimenti avviene il disorientamento: Qui c’è un consiglio, poi ce n’è un altro, poi viene una predica su una virtù o su un mezzo, e la suora non progredisce più. Allora dire quello che bisogna dire al confessore: i peccati. Domandare al confessore quel che bisogna domandare: i mezzi per espiare il peccato, la conferma dei propositi, i mezzi di osservarli e poi il giudizio sulla vocazione. Il resto è da trattare
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con le Maestre. Ognuno ha la sua parte. Quindi le Confessioni devono essere sempre brevissime. Quando non sono fatte nel modo che ho insegnato e che avete appreso dalle vostre Maestre non soltanto per le parole, ma anche per gli esempi, viene danno al confessore, danno alle penitenti e danno all’Istituto.
Finché state in quello che vi ho detto, ci sarà sempre l’unione, e gli sbandamenti e le deviazioni saranno in una percentuale bassissima. Quando vi sono altre direzioni, quando si va a prendere il pane dal vicino e si vogliono manifestare tutte le difficoltà e tutta la storia, in sostanza fare conversazione e non conversione, allora lo spirito della Congregazione si disorienta e lo spirito delle suore si divide. Non date questo danno all’Istituto. Il confessore non deve fare questo, lo si mette a rischio di sbagliare, perché la persona dice solo ciò che le conviene e quello che vede. Invece tante volte la persona si lamenta che magari non è trattata bene, ma è lei che non fa bene, e questo non lo dice. Allora il confessore può essere tratto in inganno e dà un consiglio che non giova. Così la persona si disorienta e allora entrano varie tendenze, vario modo di pensare e di giudicare le cose. Pregate che si conservi l’unità e che si seguano le norme che avete sentito. Quando si fa una Confessione più lunga di quattro minuti, da lì in poi, non per me, ma per voi, è già un errore.
Secondo, vi è anche qualche tendenza ad allargare troppo riguardo ai parenti. Allora la suora divide il cuore un po’ a Dio e un po’ alla famiglia. Invece deve essere tutta donata a Dio, tutta! «Exi de cognatione tua et de finibus tuis»3, il Signore aveva intimato ad Abramo: «Esci dalla parentela» e «Chi non lascia suo padre e sua madre e i fratelli e le sorelle, ecc., dice Gesù nel Vangelo, non è degno di me4. Non rendiamoci indegni di Dio, per farci degni e volere ancora avere troppe relazioni con i parenti, e così andare oltre i limiti delle Costituzioni e preoccuparci dell’uno e dell’altro, più che delle sorelle della Congregazione. Il cuore è diviso, non è più tutto del Signore, e anche i pensieri, le premure, le preghiere non sono più incentrate,
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come devono essere, nella Congregazione. Darsi alla Congregazione non vuol dire solamente dare le braccia, portare i pacchi, vuol dire donare le forze, le premure, le preghiere.
Quindi nel domandare queste licenze: Odisse ut pestem dispensationem in regulis: Odiare come peste la dispensa in regulis, nelle regole5. Stare quindi alle regole, perché questa tendenza è una peste, perché a un certo punto non è più solamente il padre o la madre, ma cominciano a venire i fratelli, le sorelle, i nipoti, i cugini, e che cosa? Non dividere il cuore, tenerlo in Congregazione, perché attraverso la Congregazione sia di Dio sempre. Gesù ha negato a quel giovane di andare a seppellire il padre, di andare alla sepoltura del padre. Ho sentito una suora che aveva dato un giudizio, che voleva dire: È crudele non permettere di andare alla sepoltura. Io credo che sia santo il consiglio di Gesù. Più santo che quello di una persona che ha la sua mentalità corta e non capisce del tutto la vita religiosa. Si dirà che qualche volta occorrono delle vacanze.
State a quanto dispone la Prima Maestra.
È diversa da voi la condizione degli studenti e dei sacerdoti che sono nella Società San Paolo, perché la necessità della salute per chi è impegnato negli studi ecclesiastici, consuma molto di più le forze. Confrontate, facendo la percentuale: i defunti della Società San Paolo rispetto alle defunte delle suore, particolarmente di quelle che non hanno da fare studi particolari. Il numero dei defunti della Società San Paolo è molto più alto, appunto perché ci sono più sacrifici e c’è più bisogno di un certo tempo di distensione nel corso dell’anno, più distensione ragionata, regolata bene. Quindi vedete di tenervi nella giusta misura. Sentirete tante cose. Ma chi è che deve darvi lo spirito, e chi è che deve tenervi nella via giusta? Io sono obbligato, non solamente ad accogliervi nella Famiglia Paolina, ma a tenervi nella giusta maniera: santificarvi e condurvi per la via della volontà di Dio!
Fate posto allo Spirito Santo, e non vogliate contristarlo nel cuore. Che cosa vuol dire fargli un bel posto? Lasciare entrare
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in tutto il cuore, in tutta l’anima Gesù, che comunica, che vi manda lo Spirito Santo: «Et nolite locum dare diabolo: Non fate posto al diavolo»6, mai. Qualche volta il diavolo fa come i ragazzi nei banchi. Il banco è già pieno, e ci viene un altro che vuol entrarci e spinge un po’ e spinge, finché fa uscire qualcuno di là, e poi si colloca lì e tiene il posto tutto per lui. Il diavolo comincia a spingere qualcosa, poi entra nel cuore e ci si stabilisce. Eh, sono entrato di nuovo nella sede che avevo prima, cioè trova la sede, cioè l’anima mondata, pulita e ci si mette dentro7. Oh, il pensiero del Vangelo può anche essere applicato così. Dunque, cuore veramente di Dio, e perché sia veramente di Dio e sempre e tutto, vedete di odiare, fuggire, e far in maniera che si fuggano amicizie particolari o simpatie.
Le suore non devono fare la direzione spirituale per lettera. È lo strascico che a volte segue gli Esercizi o le Confessioni. Bisogna che sia tolto lo strascico. Perché? Perché è difficilissima per chi la fa e per chi vuol farla. Ci sono dei casi, ma sono così rari che non si possono applicare in generale a voi. Prima bisognerebbe conoscere la persona per relazioni avute abbastanza lungamente, poi perché ci sono modi, e perché la suora non si abitui a sfuggire la direzione della sua Maestra per andare in un’altra direzione. E poi, ciò che è scritto è sempre da guardarsi con una certa diffidenza.
D’altra parte ho spiegato tempo fa, applicate: «Est est, non non8. Non lettere lunghe, quanto si deve dire ci sta tutto su un’immaginetta: Prega di più, oppure, Fuggi l’occasione. Ma anche questi devono essere casi rari. E questo ci viene dalla teologia pratica che ho spiegato ai sacerdoti. Ma qualche volta la suora talmente insiste, ecc. che si finisce con l’andare là dove è meglio non arrivare. È proprio pericolosissima la corrispondenza, anche spirituale, in un senso più profondo, ma anche nel senso meno profondo, quasi direi superficiale. Se ci hanno insegnato così i nostri maestri, e ci hanno insegnato così i libri… Leggete, per esempio, il libro uscito adesso in seconda
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edizione Teologia della perfezione, e vi spiegherà bene a un certo punto quel che ho detto9. Ora, bisogna tener presente che l’acqua santa, se è versata sulla terra fa fango come l’acqua non santa. Del resto non ci sono grandi problemi straordinari che dobbiate confidare: visioni che avete avuto, e apparizioni e problemi che riguardano progetti in avvenire! La Congregazione è fatta bene e provvede, e allora si sta alle Costituzioni.
Queste amicizie, però, e simpatie possono introdursi in una casa, a volte non nel senso essenziale che qualche volta pure c’è, ma hanno un senso di preferenza, di vedere sempre bene una, e quella lì perché ha un certo carattere o sa lodare la superiora oppure perché opera in maniera che si fa preferire e prediligere. Guardare le anime, non i corpi, non i fatti, non le esteriorità, non i complimenti. Guardare le anime! Sono tutte anime le sorelle, sono anime figlie di Dio che dobbiamo amare indistintamente, e se noi amiamo indistintamente, allora siamo sulla via retta.
Naturalmente non è che sia prescritto di fare le stesse confidenze a una che è buona o a un’altra che non è osservante. Certe cose bisogna che siano dette soltanto a chi è capace di capirle, non si possono avere amicizie o frequentare più sorelle che non sono osservanti, no, ci vuole la distinzione. Guardarsi dalle simpatie! Le mani stiano a posto, la fantasia stia a posto, le parole stiano a posto, e poi il rispetto vicendevole anche nella vita quotidiana esteriore.
Vedere che il diavolo non ci metta neppure un filo che possa legare due persone e due cuori, poiché il cuore dovete tenerlo, tutto e sempre nelle mani di Dio a cui l’avete consegnato. Se entra un filo, dopo il filo senza accorgersi si ingrossa: prima il filo è sottile, sottile, poi tirandolo diviene un po’ più grosso, poi magari può diventare una fune che lega, e non solo una fune, ma una catena. Vigilare! Questo dentro, perché dentro ci sono pericoli a volte, ed è un pericolo speciale per la suora, perché non esprimendo la sua esuberante sensibilità, la tentazione viene in un altro modo. Quindi, dono totale del cuore a Dio, non prendergli neppure una fibra del cuore per darlo a
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qualcuno o a qualcuna. Niente, tutto a Dio. Non attaccarsi né al posto né all’ufficio. Ci sono simpatie, legami a volte che finiscono con il portare non al compimento della volontà di Dio, ma al compimento dell’amor proprio, della volontà nostra.
Quando viene dato un altro ufficio, quando c’è un trasferimento, questa è la volontà di Dio, basta. Si va senza rammarichi. E le altre non facciano così facilmente commenti, poiché c’è stato questo o quello. Tante volte si sbaglia! Lasciate un po’ le cose con fiducia nelle mani delle Maestre che dirigono, specialmente della Prima Maestra. E poi si faccia tutto il merito che si può fare in quell’occasione, perché a volte poi si perdono i meriti. Quando c’è simpatia per un posto, e si vuole, anche con astuzia, ottenere quel posto, quella destinazione o per vivere con quella persona, allora quello che viene fatto lì, non era ciò che voleva Dio. Anche se farai delle cose buone, non è quel buono, quel bene che voleva il Signore da te, perché ti sei scelto il bene. Non bisogna neppure scegliersi il bene nella vita religiosa, bisogna prendere quello che è detto e che è disposto, e perciò diventa meritorio per chi lo fa. Non c’è né il velle né il nolle nell’Istituto religioso, non c’è né il volere né il non volere. Essere di Dio, gelose di essere totalmente di Dio, dalle unghie dei piedi fino al vertice del capo, a tutti i capelli della testa, solo e sempre in tutto di Dio.
Ora che vi siete incentrate bene in Dio per mezzo di questi santi giorni, incentrate in voi, incentrato l’apostolato, vi benedica il Signore. Andate avanti con serenità, state su quei propositi, e seguite tanto, tanto quello che vi viene detto direttamente o indirettamente dalla Prima Maestra che ha le grazie di ufficio e compie i doveri di ufficio e ha le grazie per compierli. E allora ne guadagna sempre in questo senso l’Istituto e ne guadagna ogni suora.
Ci sia sempre la pace, la serenità, la gioia. Ci si guardi sempre dall’esagerare nel raccontare le cose, dal credere a tutto, e guardarsi sempre dal giudicare! Abbiate pazienza, questa mattina è stata una meditazione di avvisi. Volevo spiegare il Padre nostro, ma poi lo Spirito Santo è andato dove ha voluto: è segno che è venuto a me ed è venuto a voi.
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1 Meditazione tenuta ad Ariccia (RM) il 13 giugno 1960. Trascrizione da nastro: A6/an 81b = ac 136b.

2 Cf Luigi Einaudi, Prediche inutili, Einaudi, Torino 1959. Luigi Einaudi (1874-1961) economista, pubblicista, uomo politico e secondo Presidente della Repubblica Italiana.

3 Cf Gen 12,1: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre».

4 Cf Mt 10,37-39.

5 Frase attribuita a S. Giovanni Berchmans (1599-1621). Cf Celestino Testore, La perfezione della virtù nella vita comune, Edizioni Paoline, Alba 1933, p. 67. Il volume fu ristampato nel 1960 dalle Edizioni Paoline di Bari.

6 Cf Ef 4,27.

7 Cf Lc 11,24-26.

8 Cf Mt 5,37: «Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”, “No, no”. Il di più viene dal maligno».

9 Cf Antonio Royo Marin, o.c., “La direzione spirituale”: Inconvenienti. n. 529, pp. 1007-1008.