28. LA PREGHIERA DI TRASFORMAZIONE1
Abbiamo considerato come la nostra vita di orazione deve progredire sino al grado di unione trasformante2, come sommo grado che prepara l’anima al cielo, come supremo grado di vita contemplativa. Ora vi è una contemplazione naturale, ma qui si parla di una contemplazione di natura soprannaturale, cioè sopra la natura umana. Contemplazione naturale è contemplare un bel panorama, per esempio quella persona, quell’artista andava sulla terrazza a contemplare un bel tramonto. Questa è contemplazione umana. Ma chi ha fede, speranza e carità vuole elevarsi a una contemplazione soprannaturale, fino al grado di trasformazione: «Vivit vero in me Christus3. Tutti sono chiamati a questo grado di preghiera, tutti, perché è la preparazione al cielo. A meno che si voglia dire, così si esprime la Teologia di perfezione [cristiana], che ci sono anime che il Signore vuole che vadano in purgatorio, poiché non c’è un’altra preparazione al cielo che quella di arrivare alla preghiera trasformante. E la preparazione allora è di qua o è di là.
Esempio di preghiera, di unione trasformante. Nei quaderni spirituali del can. Chiesa si legge ciò che egli aveva scritto dopo essere diventato parroco in San Damiano: Ricordati, diceva a se stesso, della grazia che hai ricevuto nel 1895 quando, ricorrendo la festa della Sacra Famiglia, tu hai ascoltato la predica del vescovo sulla Sacra Famiglia e poi hai fatto la Comunione a onore della Sacra Famiglia. Dopo la Comunione, Maria ti ha invitato ad entrare nella Sacra Famiglia e ad essere un membro della Sacra Famiglia come loro tre, cioè, Maria, Giuseppe, Gesù. Maria ti ha sollecitato ad entrare, e sei entrato. E Maria si è mostrata gioiosa e sei stato assicurato che Gesù sarebbe vissuto con te come un fratello e che Maria
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ti avrebbe sempre tenuto come un figlio particolare, particolarmente amato, e Giuseppe ti avrebbe fatto da padre. Poi ti è venuto il dubbio se saresti stato perseverante nella devozione alla Sacra Famiglia o se ti saresti raffreddato. Allora ti hanno promesso che ti avrebbero assistito così da non perdere mai di vista il pensiero, l’affetto alla Sacra Famiglia e di vivere come un membro aggiunto alla Sacra Famiglia. E tu mi hai assicurato, dice la Madonna, che avresti conservato questo fervore, questa disposizione. Ti venne risposto di sì, ma tu hai chiesto un segno4. E quale sia stato il segno non sappiamo.
Elevarsi alla preghiera trasformante. Già abbiamo veduto alcune condizioni di questa preghiera. Vediamone qualche altra. La preghiera trasformante, cioè che trasforma l’anima, trasforma la persona in Gesù Cristo e lascia vivere Gesù Cristo in se stessa, richiede molta orazione, specialmente di meditazione, cioè preghiera vocale e preghiera soprattutto mentale, sforzo per raggiungere lo spirito di raccoglimento. Raccoglimento meritato con lo sforzo e il raccoglimento infuso dalla grazia.
Dice l’autore della Teologia [della perfezione cristiana] che bisognerebbe abituarsi a due ore di orazione al giorno5 e in continuità per anni ed anni. Vi sono però anime a cui il Signore si comunica prima. Le due ore di adorazione, se utilizzate bene, le avete: un’ora l’avete al mattino e un’ora di Visita al SS.mo Sacramento. Ma utilizzate bene. Tuttavia giova tantissimo l’abitudine alle giaculatorie nel corso della giornata, l’abitudine alla comunione spirituale. Quanto più si può di preghiera, e poi trasformare anche il lavoro in preghiera vitale.
Perciò la conclusione è questa: intensificare la preghiera. Non solo curarsi della quantità, ma della qualità. Preghiera fatta veramente in senso completo, cioè che innesta l’anima in Gesù Cristo: mente, cuore, volontà. Se non si arriva a questa preghiera completa, non si arriverà mai all’ultimo grado, al grado di orazione trasformante, perché non si considera Gesù com’è. Quindi non ci trasformiamo in lui e non portiamo tutto il nostro essere a Gesù Cristo, perciò il nostro essere non si
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trasforma, ci resta sempre qualche provincia, qualche parte che è ancora dell’amor proprio, ancora terrena.
La preghiera totale. Arrivare a trasformare le nostre facoltà in Gesù Cristo, di modo che egli abbia il completo dominio e lavori tutte le nostre facoltà. Quante anime non sono preparate alla morte, nonostante fossero di condotta esteriormente buona e magari consacrate a Dio! D’altra parte, noi con la preghiera totale mettiamo tutto il nostro essere, cioè tutta la nostra estensione nelle mani di Gesù Cristo, in Gesù Cristo: «Vita vestra abscondita est cum Christo in Deo6. Bisogna che sia proprio lui il padrone e che domini interamente il nostro essere, anche il corpo. Quando si arriverà al: «Cupio dissolvi et esse cum Christo»7? Occorre arrivare alla trasformazione in Cristo come S. Paolo!
Seconda condizione, da ricordare stamattina, per arrivare alla preghiera trasformante: l’esercizio delle virtù, particolarmente delle virtù teologali, perché le virtù teologali immettono l’anima in Gesù Cristo: «Io in essi8. Sì! E Gesù prega il Padre che noi siamo uniti a lui come egli è unito al Padre celeste. Perché le virtù teologali? Perché senza virtù teologali non si arriva alle cardinali e non si arriva alle morali, quindi non si arriva a trasformare la vita. Le virtù teologali sono sempre la base. L’orazione trasformante è frutto di grande fede: quindi virtù teologale, la prima. La trasformazione avviene in primo luogo per un atto di intelletto, sebbene sotto la volontà. Un atto di intelletto per cui l’anima conosce Dio, la sua grandezza, la sua bontà e si sente nulla, si sente niente: tutto Dio! Questo è anche un frutto molto prezioso: l’umiltà. Ma in sostanza non si può pensare ai gradi superiori di orazione senza la fede, e una fede viva, una fede che è quella di cui parla S. Paolo: «Iustus ex fide vivit»9, vivere di fede. Tutto vedere in Dio, tutto operare per Dio, tutto riferire a Dio. Quindi la necessità di una grande fede. Poi il distacco da noi per mezzo della speranza. Quando cioè si spera la vita eterna e si mira alla vita eterna, si mira
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ad adoperare tutti i mezzi per conseguire la vita eterna. Tutti i mezzi, le opere buone. La speranza del cielo produce il distacco dalle cose della terra. Finché uno ha qualche attaccamento alla terra, fosse pure il più innocente in sé, finisce col non essere distaccato. Vi sono molti attaccamenti che si vogliono difendere sotto l’aspetto spirituale, per ragione spirituale, ma sono veri attaccamenti di amor proprio e alle cose della terra. Questo, a volte, si estende persino al confessionale: anime che non capiscono e hanno bisogno di tanta luce. Se noi non arriviamo a mortificarci, abituarci a dire di no alle curiosità, a certe preferenze, a certi desideri, non arriviamo a dire di no a certe tendenze, preferenze per la persona tale, per la tal altra… Se non arriviamo a togliere l’abitudine di giudicare gli altri e a parlare troppo, ecc., non si aspira totalmente ai beni di cielo. Dove potrà entrare, anzi da che porta potrà entrare la preghiera trasformante in quell’anima? Quanta opposizione allo Spirito Santo si conserva da parte di certe anime, che pure credono già di essere quasi modello. Quanta strada vi è da fare!
In terzo luogo, occorre poi la carità. Una carità ardente, che nasce dalla fede e dalla speranza. Dalla fede che ci mostra chi è Dio, nostro principio e fine, e dalla speranza che lo desidera e ha fiducia di conseguire la beatitudine eterna, cioè di possedere un giorno eternamente il Signore e in lui ogni gaudio. Quindi una carità ardente verso Dio sommo bene ed eterna felicità. Chi è pigro non arriva mai alla carità ardente, mai! La carità ardente è tutto un calore. Chi è tiepido non sente il calore spirituale; chi è pigro è sempre un po’ tardivo nelle sue cose, è sempre un po’ l’ultimo. Né acconsente ai consigli e agli avvisi che sono dati, perché li giudica, pensa che siano fatti per gli altri. Sempre tardivo, e allora carità ardente, no! È una macchina che non si mette in moto se non con grande difficoltà, e poi lungo la giornata vi lascia per strada. Non cammina, non ha forza sufficiente; appena si presenta una salita, c’è un sacrificio, si arresta, perché c’è da salire, ci vuole più forza e non ha preso forza abbastanza dalla Comunione, dalla Messa, dalla meditazione.
Quindi una carità ardente, un amore puro verso Gesù, non verso le consolazioni di Gesù, le soddisfazioni di Gesù. Anche
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l’ostinazione di alcune anime nei loro scrupoli, sono segni di mancanza di amor di Dio, come sono segni anche di mancanza di fede. Occorre allora che il distacco sia completo. Finché noi abbiamo qualche filo che ci lega, qualcosa, fosse pure una consolazione spirituale o voler dire quelle preghiere particolari a cui si ha affetto. La preghiera trasformante finisce con l’essere sempre preghiera quasi senza formule. Non diciamo un errore, e non dico l’errore, ma potrebbe anche capirsi diversamente l’espressione. Occorre che si preghi in Gesù Cristo. Le preghiere antecedenti sono mezzo per arrivare alla preghiera trasformante, e come dice S. Teresa, allora l’anima gode la libertà dei figli di Dio, perché Dio la possiede11.
Ora facciamo l’esame. Primo: Si aspira davvero ai gradi più alti di orazione? E parlando di noi si corrisponde alla vocazione in termini più facili?
Secondo: Diamo abbastanza tempo all’orazione? Ci lasciamo condurre dall’azione interiore dello Spirito Santo nell’anima nostra?
Terzo: pratichiamo seriamente le virtù teologali: fede, speranza e carità? Siccome la contemplazione mistica è frutto di fede, di speranza e di carità, allora non si arriva ai doni dello Spirito Santo se non c’è fede, speranza e carità, cioè se non c’è la sapienza, la scienza, l’intelletto, il dono del consiglio, ecc. La preghiera trasformante è frutto dell’azione dello Spirito Santo, ma bisogna che lo Spirito Santo abiti in noi mediante le virtù teologali.
Propositi. Figlie di San Paolo, avete tutte la grazia di poter arrivare [alla preghiera trasformante], tutte. E volete: «Aemulor enim Dei aemulatione»11? Volete arrivare a emularvi nella carità? Volete proprio fare un cenacolo di anime che tendono al più alto grado di orazione? Perché questo più alto grado di orazione trasforma la vita in vita che è tutta preparazione al cielo, e che permette l’ingresso immediato in cielo all’anima appena spirata.
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Unitevi bene in questo santo impegno: «Aemulor enim Dei aemulatione», tutte impegnate in questo: arrivare al più alto grado di orazione. E quante cose allora svanirebbero e quante cose di più si farebbero! Quanti meriti in più e anche quanta più consolazione, più spirito di apostolato, più unione, perché allora vivrebbe uno solo in tutti, cioè vivrebbe Gesù Cristo in tutti. E Gesù non si contraddice fra l’uno e l’altro: vivrebbe in tutte lo stesso Gesù Cristo. Coraggio e fede!
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1 Meditazione tenuta a Roma il 23 novembre 1960. Trascrizione da nastro: A6/ an 88a = ac 148b.
2 Antonio Royo Marin, o.c., nn. 467-472, pp. 897-912.
3 Cf Gal 2,20: «Cristo vive in me».
4 Cf med. 26, nota 12.
5 Cf Antonio Royo Marin, o.c., n. 385, p. 798.
6 Cf Col 3,3: «La vostra vita è nascosta con Cristo in Dio».
7 Cf Fil 1,23: «Ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo».
8 Cf Gv 17,23.
9 Cf Rm 1,17: «Il giusto per fede vivrà».
10 L’unione trasformante è l’ultimo grado di perfezione classificato dai mistici e costituisce la settima mansione del Castello interiore di S. Teresa d’Avila. Cf Antonio Royo Martin, o.c., n. 467, p. 897.
11 Cf 2Cor 11,1-2: «Io provo per voi una specie di gelosia divina».