25. ARIDITÀ NELLA PREGHIERA1
Il progresso di un’anima nella perfezione dipende sempre dal progresso nella preghiera. Secondo che si procede nell’orazione, si procede pure nella virtù, specialmente nello spirito di fede e nella carità. Così si procederà anche nel capire e compiere l’apostolato proprio, in sostanza, si capiranno i doveri di stato.
Tutte le anime, particolarmente le anime consacrate a Dio, sono chiamate all’orazione mistica, al grado più elevato, non quello che si intende parlando di stati straordinari, ma di stati che sono veramente secondo le grazie della vocazione alla santità. Anime che devono capire, e che capiranno sempre meglio, la preghiera: dalla preghiera vocale alla preghiera più alta, preghiera che è infusa, preghiera di semplicità e avanti, nei vari gradi che secondo alcuni autori sono otto e secondo altri autori sono nove.
Ma dalla preghiera ascetica alla preghiera mistica vi è in mezzo il grado di unione con Dio. Vi sono anime che fanno consistere totalmente la loro preghiera nel dire una quantità di orazioni, magari fino a dimenticare i doveri del proprio stato. La preghiera fatta così allora è una cosa meccanica. Occorre che si arrivi all’affetto intimo, interiore, di amore di Dio, specialmente alla volontà, perché la persona deve pregare tutta intera, cioè mente, cuore, volontà e lo stesso corpo.
Abbiamo considerato che la preghiera ha, fra l’altro, due nemici, cioè la distrazione e l’aridità di spirito. Vi sono persone superficiali che neppure li avvertono, e invece persone che vivono nel raccoglimento le quali vanno sempre più avanti e arrivano a fare veramente della preghiera, dell’orazione: sono persone di orazione. Si può dire che pregano dappertutto, in quella misura che è conciliabile con l’attenzione che bisogna mettere in altre cose che si devono fare, apostolato o altro.
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Che cosa è l’aridità2? È una certa impotenza, un certo stato dell’anima che non arriva al raccoglimento, ad esercitare la fede e quindi ad avere pensieri santi, ad esempio nella meditazione, dove non capisce o non deduce le conseguenze, ecc. Impotente anche ad arrivare all’affetto, cioè arrivare all’amore a Dio, all’amore di unione, alla preghiera di semplicità, ad esempio, almeno a quella, e non arriva a fare propositi. Ancorché metta buona volontà, non arriva, e quindi ha una certa impossibilità o difficoltà grave a giungere all’affetto, cioè al sentimento e alla volontà per decidere.
L’aridità viene paragonata ad un campo arido, ghiaioso, sabbioso, dove qualunque semente non nasce, perché manca dell’umore; o se nasce, per esempio si è letto il punto della meditazione, ma dopo essere nato, quella pianticella muore per mancanza di umore sufficiente. Anime che si lamentano di questo. Bisogna allora distinguere bene. Ci sono aridità che dipendono da noi e aridità che dipendono invece dal Signore e si chiamano prove che il Signore fa ad un’anima.
Le aridità che dipendono da noi possono essere varie, cioè: tiepidezza, pigrizia spirituale, noia delle cose spirituali; un’eccessiva esteriorità, un eccessivo amore al canto, al suono; un’eccessiva preoccupazione di cose che sono secondarie, ma a lato molto remote: possono essere le varie preoccupazioni. Ci può essere anche qualcosa che non è colpevole, come mancanza di salute, oppure a una certa età, oppure per il carattere molto vivace si sente difficoltà al raccoglimento. Aridità invece che dipendono dalla nostra volontà: preoccupazioni, eccesso di fatica, occasioni di distrazioni, abitudine a pensare più agli altri che a se stessi, discorsi non adatti allo stato religioso e che non facilitano l’unione con il Signore, ecc. Non manca mai il diavolo il quale si serve delle cause seconde per rendere più debole la nostra mente, per impedire il raccoglimento in varie maniere.
Persone che sbagliano, non perché manchi pietà, buona volontà, virtù e amor di Dio. Ce l’hanno, ma c’è una prova di Dio o sono in impossibilità personale o in molta difficoltà
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personale. Tuttavia confondono fra quello che è aridità con quello che invece è pigrizia o insufficienza. Però, quando l’aridità dipende dalla prova di Dio, la buona volontà resta sempre, ancorché quell’anima non riesca a pregare, a tenere la mente fissa, a produrre pensieri, a dedurre conseguenze da quello che ha letto, a fare le applicazioni, e alla fine non arriva a decisioni, tuttavia combatte, si sforza. La virtù allora c’è e la preghiera è fatta bene e gradita a Dio.
Dio prova le anime con le aridità. Leggiamo di molti santi e di molte sante che per anni sono rimasti in questo stato, e il direttore spirituale magari non le ha capite; e le confidenze che hanno fatto con altre persone, pur di una certa spiritualità, non le hanno capite. Qualche volta è il metodo stesso della preghiera che dovrebbe essere un poco variato. Qualche volta è il fissarsi in una cosa e volere che la grazia del Signore arrivi a modo nostro. Il Signore priva tante anime delle consolazioni spirituali intime, e d’altra parte nell’Oremus allo Spirito Santo3 domandiamo sempre che siamo consolati anche sensibilmente, e tuttavia questa consolazione sensibile il Signore la dà a suo tempo. Bisogna pensare che lo Spirito Santo è nell’anima e la conduce per via di sapienza e per via di amore. L’anima deve mettere la buona volontà di corrispondere alla grazia di Dio, ma anche un certo abbandono nel Signore: Finché mi dai questa prova. Tuttavia ci sia l’insistenza continua di volere amare solo il Signore e di compiere la sua volontà.
Le prove sono a volte, primo: perché dobbiamo umiliarci della nostra incapacità. Qualche volta siamo orgogliosi. Vi sono anime orgogliose della loro pietà. Secondo: il Signore a volte permette queste aridità per provare ed esercitare l’anima perché si fortifichi nella volontà, non vada a cercare consolazioni sensibili, ma cerchi il volere di Dio in cui sta tutta la perfezione, tutta la santità. Altre volte il Signore permette questo affinché l’anima si distacchi dalle cose sensibili, si elevi e ricorra a quei mezzi indicati dalla Teologia della perfezione4
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e dalla buona ascetica che viene dai santi. I libri di ascetica migliori sono sempre quelli che sono preceduti dalla parola santo: S. Francesco di Sales, S. Alfonso de’ Liguori e altri santi. L’alimento spirituale principale di cui si nutriva il can. Chiesa erano: la Bibbia, l’Imitazione di Cristo, le opere di S. Francesco di Sales. Possiamo aggiungere S. Alfonso, S. Giovanni della Croce5 e altri santi anche più recenti.
L’aridità può essere un richiamo di Dio: bisogna cercare Dio solo, non questo o quello. Neppure questo o quel bene, ma cercare di più il Dio delle consolazioni che non le consolazioni di Dio. Cercare il Dio delle consolazioni, amare lui. Chi va in cerca dei ‘dolci spirituali’ sbaglia, e nei tempi di aridità abbandona, e magari lascia le pratiche di pietà. È allora una prova di Dio, ma la prova occorre affrontarla, superarla. Come? Primo, togliere le cause in quanto dipendono da noi, cioè il donarci troppo esteriormente, fosse pure nelle opere di zelo. Le opere di zelo debbono nascere dall’amore di Dio. Tutto deve nascere dalle tre virtù cardinali. Quindi spirito di fede, la speranza forte e costante. Specialmente dal risultato della fede e della speranza procede la virtù della carità verso Dio e verso le anime. Lo zelo deve procedere dall’amore di Dio. Non c’è da fare prima l’apostolato. Gesù prima ha fatto trent’anni di vita privata. Quando abbiamo fatto la nostra pietà, quando l’anima si è formata alla virtù, allora deve compiere la sua missione, e per voi l’apostolato che avete. Con dedizione, ma sempre la giornata deve dipendere dalla Messa, dalla meditazione, dalla Comunione, dall’esame preventivo del mattino: nutrirsi prima di dare.
Gli apostoli sono stati nutriti da Gesù, poi hanno magnificato il loro apostolato nel mondo: «In omnem terram exivit sonus eorum: In tutta la terra è uscita e fu sentita la loro voce santa6. Quindi, prima vivere in noi stessi, come dicevano alcuni che cadevano nell’eresia dell’azione, cosiddetta e indicata
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già tanti anni fa da Leone XIII7. Sempre prima la pietà: nutrirsi e poi dare, dare quel che si possiede. La mamma bisogna che si nutra anche per il bambino che deve allattare: quindi dare il primo posto alla pietà. Allora l’aridità può esser soltanto una prova di Dio e la si sopporta in umiltà, si offre quella mancanza di consolazione al Signore e si aumenta così il merito. Intanto l’anima continua il suo cammino, il suo amore al Signore andrà aumentando e aumenterà contemporaneamente l’amore verso le anime.
Altre persone non si donano troppo all’esterno in opere, invece prendono troppe cose dall’esterno, per cui è difficile allora l’azione dello Spirito Santo, anzi tante volte è impedita. Vivono distrattamente e si occupano di ciò di cui non devono occuparsi. Togliere sempre lo scoraggiamento, resistere al demonio nei suoi suggerimenti, togliere le cause che dipendono da noi. Ci sia il riposo e il nutrimento sufficiente, senza diventare schiavi del nostro corpo. Bisogna sempre che lo spirito domini il corpo, domini la materia, che si speri in Dio e sempre si condanni in noi l’orgoglio che è il grande nemico della devozione vera.
Quando poi l’aridità è prova, sopportarla pazientemente. Sarebbe molto importante che venisse data un po’ di istruzione sui vari gradi dell’orazione, e dell’orazione non soltanto ascetica, che comprende tre gradi, ma anche dell’orazione mistica che ne comprende cinque o quattro secondo gli autori. C’è poi il grado di mezzo che è come un passaggio e non si prova mai praticamente la distinzione veramente decisa e chiara fra la preghiera ascetica e la preghiera mistica.
Persuadersi che bisogna che aspiriamo all’orazione di intimità, di semplicità, ecc., e anche ai più alti gradi non straordinari, ma come vocazione di tutti alla santità, e a una santità particolare per il religioso e la religiosa. Quante grazie cadono per terra e non sono corrisposte! A questo riguardo bisogna dire che il numero delle grazie non corrisposto è proprio tanto. Allora umiliarsi e pensare: Dio ha ancora tante cose da darmi,
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ma io rendo inutili molte grazie che ho già attualmente, quindi il Signore non può darmi le successive, come non si può costruire il quarto piano della casa senza aver messo prima la base e poi il primo piano e il secondo piano, ecc.
Uscire da questa meditazione in santa umiltà, in profondo raccoglimento e dire al Signore: Datemi anche ciò che non conosco, anche quello che io non ho mai desiderato!. Nel giudizio di Dio vedremo quante volte avremo posto resistenza allo Spirito Santo, e invece le anime che lo assecondano vedranno come hanno lasciato libero il campo, libero lo Spirito di occupare tutta l’anima, occupare tutto l’interno. Quando vi è nell’interno un fiore è fresco, spande il buon odore, ma quando il fiore non è fresco, puzza, anziché spandere il buon odore. Bisogna essere il «bonus odor Christi8. Il fiore fresco, sempre spiritualmente freschi di animo, di spirito, non invecchiare, non accasciarsi, non abbandonarsi altrimenti si diventa deboli. «Cum infirmor, tum potens sum»9, «se il corpo si indebolisce, lo spirito però si rafforza»10, diviene più potente nell’amore di Dio e più potente nei desideri, nel lavoro intimo, nel voler perseguire la santità, la gloria di Dio.
Invochiamo Maria in cui lo Spirito Santo lavorò quanto volle e trovò un’anima perfettamente delicata e disposta alla grazia.
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1 Meditazione tenuta a Roma il 25 ottobre 1960. Trascrizione da nastro: A6/ an 87a = ac 147a.
2 Cf Antonio Royo Marin, o.c., n. 369, pp. 768-770.
3 ... concedici di gustare le cose rette e di godere sempre della sua consolazione. Cf Oremus della Domenica di Pentecoste.
4 Cf Antonio Royo Marin, o.c., n. 202, pp. 402ss.
5 Giovanni della Croce (1542-1591), spagnolo, sacerdote, mistico, monaco carmelitano e Dottore della Chiesa.
6 Cf Sal 19,5.
7 Leone XIII, Epistola Testem benevolentiae, all’Arcivescovo di Baltimora, 22 gennaio 1899.
8 Cf 2Cor 2,15: «Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo».
9 Cf 2Cor 12,10: «Quando sono debole, è allora che sono forte».
10 Cf 2Cor 4,16.