Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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33. VIGILIA DEL SANTO NATALE1


Maria porta il suo Bambinello nel cuore di ciascuno e desidera che sia posto in un cuore candido, bianco e caldo di amore al Signore. Perciò in questo tempo la purificazione e ornare la culla al Bambino con gigli, rose e viole: gigli di candore, rose di amore e viole di umiltà. Così Maria ha preparato il suo cuore alla nascita del Bambino e così desidera che noi prepariamo il nostro cuore per deporvi il Bambino.
Questa mattina, un pensiero utile per le nostre anime, cioè trasformare, portare tutta la nostra vita in vita di orazione di modo che si preghi per ventiquattro ore nella giornata. Non soltanto quindi preghiera vocale e preghiera mentale, ma preghiera vitale, la preghiera della vita. S. Tommaso dice: Tamdiu homo orat, quamdiu ordinat vitam suam ad Deum: L’uomo prega tanto quanto ordina la sua vita al Signore2. Se in ogni occupazione noi miriamo a compiere il volere di Dio, a operare ogni cosa in Gesù Cristo, con fine retto, intenzioni buone, allora si prega sempre. Non importa che si tratti di azioni più spirituali o più materiali, o anche azioni che si stimano un po’ vili, non importa, tutto e solo è nella volontà di Dio che permette o dispone.
Tutto piace al Signore, e che noi compiamo ciò che il Signore vuole da noi, cioè dispone per noi o permette a noi. Il suo santo volere quindi, in modo tale che l’anima sia tutta guidata dallo Spirito Santo e anche lo stesso operare del corpo, la stessa azione fisica, materiale che noi facciamo. L’autista che si trova sulla macchina muove le diverse parti, i vari dispositivi, apparecchi, e la macchina obbedisce: si ferma, parte, volta a destra, volta a sinistra, accelera il cammino, lo riduce, ecc. secondo la volontà dell’autista. Quando sentiamo Gesù in noi,
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l’azione dello Spirito Santo in noi, ecco, assecondandola, tutto viene mosso e tutto viene compiuto per iniziativa dello Spirito Santo, e l’anima si fa docile all’azione dello Spirito Santo. Allora, sia che uno vada a letto o che si alzi, sia che uno vada a tavola oppure offra le sue sofferenze, e sia che uno preghi o che conversi, tutto in Gesù Cristo, tutto nelle intenzioni di Gesù, tutto sotto l’azione dello Spirito Santo. Allora l’anima resta sempre unita a Dio, perché in certi momenti è unita al Signore non tanto con la preghiera che chiamiamo propriamente preghiera mentale o vocale, ma con la preghiera vitale, ossia la volontà unita al Signore. E se uno si trova e opera in queste disposizioni, allora tutto diventa preghiera. L’uomo prega in quanto ordina le sue cose a Dio, fosse anche le cose che stimiamo più vili, più elementari, più necessarie alla vita, tutto!
Per arrivare a questa trasformazione della vita in continua orazione, vi sono varie condizioni, ma possono essere semplificate. In primo luogo, che si facciano le pratiche ordinarie di pietà con fervore: le preghiere del mattino e tutto l’esercizio del mattino, la Messa, la meditazione, la Comunione, l’esame preventivo, e poi lungo il giorno l’adorazione; vi sono poi le preghiere del rosario, le preghiere della sera, le giaculatorie, le letture spirituali, ecc. Queste opere di pietà, pratiche di pietà, lasciano sempre nell’animo un buon ricordo, una certa impressione spirituale, un sentimento di restare con Dio, e questo si prolunga nella giornata e nelle azioni. Ci sono poi, naturalmente, le nostre azioni e opere, anche le minime, e ho già detto anche quelle che sono considerate come vili, ordinate a Dio e compiute bene nella retta intenzione. Il Cuore divino di Gesù è da vivere: Vi offro tutte le mie azioni, orazioni, patimenti di questa giornata, … con le intenzioni con cui Gesù si immola sugli altari. Così le intenzioni di Gesù sono riprodotte in noi, e allora si vive in Cristo, si opera in Cristo, si parla in Cristo, si riposa in Cristo. Tutta la vita diviene orazione.
Il silenzio del presepio ci insegna questa organizzazione spirituale e cioè questa nostra continua orazione, quando la vita, la giornata passa in abituale raccoglimento, in applicazione a quello che piace al Signore. Il Bambino dormiva là nella povera greppia, ma non pensiamo che dormisse al modo
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nostro, sì materialmente, fisicamente, ma il suo cuore e il suo spirito, come Dio, viveva nel Padre. Stando sopra quella paglia e facendo il volere di Dio, silenziosamente adorava, ringraziava, propiziava per i peccati e supplicava per le necessità degli uomini.
Maria era silenziosa, ma tutta delicata nel servire il Bambinello, così è la vita che si trasforma in preghiera. Quando la famiglia, il Bambino, Maria e Giuseppe partono per andare in esilio in Egitto: silenziosità. Non era necessario che pregassero ad alta voce tutti assieme, era invece il compimento silenzioso del volere di Dio che si trasformava ed era tutta una continua orazione. Ciò che importa è che tutto il nostro essere sia sempre nel santo volere di Dio, con le intenzioni di Gesù, le intenzioni più belle, perché noi mettiamo le intenzioni che ha Gesù nella Messa nel momento della consacrazione. E allora quanto divengono meritorie le opere comuni, le opere più comuni!
Allora si prega ventiquattro ore della giornata, e non si fa distinzione tra cosa e cosa, fra un’occupazione e l’altra; non si fanno distinzioni neppure tra il lavoro di lotta interiore e il lavoro di perfezionamento esteriore. Tutto viene ad essere una continua orazione. Così parla S. Agostino: Se fai questo per Dio, ecco l’anima canta a Dio; se mangi e se parli e se vai e se vieni, tutta la vita è un canto a Dio, essendo ordinato tutto al Signore3. È tutto un canto al Signore, in continuità. E passando così la nostra vita, si termina poi con il canto gaudioso in cielo. Così la nostra vita previene l’occupazione che avremo in cielo e ci si prepara direttamente al cielo.
Sia questo il dono del presepio: contemplare Gesù in silenzio. Maria attentissima e silenziosa attorno al Bambino; Giuseppe che fa le sue cose, e cioè fa la sua parte in quella occasione: «Dum medium silentium tenerent omnia: Mentre la notte passava nel silenzio, omnipotens sermo tuus: l’onnipotente Parola di Dio»4, cioè ecco il Verbo, nel corso della notte, nel silenzio!
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Avere l’abitudine al raccoglimento, non effondersi troppo, sempre dominare noi stessi e guidare noi stessi. Se l’autista lascia scappare il volante, guai! Sempre dominando noi stessi, non effondersi troppo né nel parlare né nell’operare. È necessaria l’unione con Dio, da questa unione derivano poi tutte le azioni, tutti i movimenti, tutto quello che troviamo e quello che lasciamo. Sempre presenti a noi stessi, cioè uniti a Gesù Cristo, nelle sue intenzioni e nel fare il meglio. Non suggerisco il voto del ‘migliore’, di fare sempre il ‘migliore’, raramente questo voto si può fare, molto raramente, ma si può intanto proporre senza voto. E così facendo si arriva veramente a compiere ciò che è meglio momento per momento. Coraggio dunque, e sia questo il dono del Bambino per ognuno di noi.
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1 Meditazione tenuta ad Albano Laziale (RM) il 24 dicembre 1960. Trascrizione da nastro: A6/an 89a = ac 151a.

2 Cf med. 32, nota 4.

3 Cf S. Agostino, In Psalmum 146,2.

4 Cf Sap 18,14-15: «Mentre il silenzio avvolgeva ogni cosa e la notte era a metà del suo corso, la tua Parola onnipotente, o Signore venne dal tuo trono regale».