II
LE PREDICHE INUTILI1
Perché sia utile una meditazione, una predica, si richiede che il tempo dei riflessi2 sia tanto lungo quanto è lunga la predica: se la predica è di mezz’ora, allora mezz’ora di riflessi. Diversamente il frutto sarà molto scarso e le prediche si riducono ad avere un risultato mediocre. Questo per le istruzioni, ma particolarmente per le meditazioni. Quando uno poi si mette a parlare con il Signore delle cose sentite, mette la sua anima davanti a Dio, e si domanda: Signore, come sto io? Come mi vedi? La mia anima ti piace? Che cosa ti piace della mia anima? Che cosa non ti piace nella mia anima, nella mia vita? Ecco allora, che si intavola la conversazione con Dio. La vera Visita comincia da quando si entra in colloquio con Dio, non da quando si entra in chiesa. Come quando uno va in parlatorio per parlare con una persona e non parla3. E quando uno viene in chiesa e non parla con il Signore, allora la Visita non è incominciata. Così in particolare nelle meditazioni, nelle istruzioni durante gli Esercizi spirituali.
Vi manca forse del tempo nell’orario. Questo bisogna che sia corretto subito, altrimenti il risultato sarà minore, e giacché si fanno tanti sacrifici perché gli Esercizi diano buon risultato, fare anche questa correzione. Il risultato è la conversazione con il Signore che porta ai propositi, porta a metterci davanti a Dio, come se ci presentassimo al tribunale di Dio per essere
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giudicati, oppure come se noi, diventati figliuoli prodighi, ritorniamo al Padre dopo che abbiamo mancato. Oppure quando vogliamo entrare nell’intimità con il Signore, come quando Maria, la sorella di Marta, si trattenne in un locale un po’ appartato, con il Salvatore, con il Maestro Divino.
Imparare a parlare con Dio vuol dire imparare a pregare. Allora, anche nella meditazione, pochi pensieri, ma molto intrattenersi con il Signore, perché non si cambi la meditazione in lettura spirituale o in studio. E non si pensi che l’istruzione religiosa sia già virtù. L’istruzione religiosa serve a noi per ampliare l’oggetto della fede. Ma la fede ha bisogno della grazia di Dio. Uno può avere tutta l’istruzione... Rousseau4 diceva che la parola del Vangelo lo conquideva5, ammirava il Vangelo, però non ebbe la fede. Parlare bene con il Signore.
Adesso veniamo all’argomento dell’istruzione, cioè: Fare la professione intera. Per chi entra in noviziato: prepararsi a fare, un giorno, la professione intera, se tale è il volere di Dio. Per fare la professione per intiero, per fare il dono totale di noi a Dio, si intende dargli la mente, perché i pensieri siano santi; dargli il cuore, perché vogliamo amare solo lui, cercare solo lui, la sua gloria, il suo amore, il suo paradiso; e intanto confermare la nostra volontà nella volontà di Dio, servire il Signore osservando i comandamenti, le virtù religiose e le altre virtù cardinali e morali. Dare totalmente il nostro essere a Dio.
Ecco, fermiamoci a questo: bisogna dare il cuore a Dio, escludere simpatie e antipatie. Simpatia vuol dire fare distinzione fra sorella e sorella. Antipatia vuol dire pure far distinzione fra sorella e sorella. Simpatia vuol dire usare preferenze per una; antipatia vuol dire, al contrario, non volere usare, verso una persona o verso alcune persone, benignità, gentilezza e buon tratto che si usa con altre. Se c’è l’antipatia, si è inclinati a pensare male, a interpretare male la persona antipatica; si è inclinati a giudicarla poco bene, poco favorevolmente; si è inclinati quasi a compiacersi del male che ha, e rattristarsi per
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invidia del bene che ha. E poi trattare meno bene, con minor bontà quella persona che ci è antipatica.
La simpatia è al rovescio, cioè amare solo quella persona e volere piuttosto quella compagnia e non la compagnia delle altre. Vuol dire sempre scusare quella persona anche quando ha sbagliato, pensarne piuttosto in bene; vuol dire sempre compatire quella persona e sempre favorirla, sempre parlarne in bene; esserne, a volte, anche un po’ disturbati nel cuore, in maniera che l’affetto non sale tutto verso il tabernacolo. Il sentimento del cuore non resta più tutto per Gesù: non si cerca che soltanto Gesù domini tutto lo spirito, tutto il cuore.
Di conseguenza, odiare le simpatie, odiare le antipatie. Certamente, vi è chi esteriormente si presenta come persona amabile e vi è chi esteriormente si presenta come persona meno amabile. Il senso non deve giudicare, perché allora che cosa si ha? Si lascia che il cuore guidi verso ciò che è portato a fare, a cercare, e con chi si è portati a intendersi.
Mai toccarsi con le mani: Nec manu, nec corde, nec phantasia, nec verbis, nec operibus è scritto nei propositi di una santa persona che tanti anni fa me li aveva fatti leggere. Né mani, né parole, né fantasia, né pensiero, né cuore, né azioni per simpatia o per antipatia. Rettitudine! Siamo di Gesù e non vogliamo fare il cuore a pezzi per darne un pezzo all’una o un pezzo ad un’altra. Il cuore sia dato per intero a Gesù. Nel noviziato educarsi a questa pienezza di amore verso Gesù. Vivere verginalmente, vivere castamente vuol dire avere un amore solo: Gesù e il suo paradiso, la sua grazia, la sua bontà.
Secondo, faccio un pezzo di predica che è quasi inutile, cioè da cui spero poco frutto. Vediamo. C’è un libretto intitolato: Prediche inutili6. Quali prediche sono inutili? Predicare che le Confessioni siano brevi, è una delle prediche inutili. Non si ascolta! S. Giuseppe Cafasso7 diceva che anche il maggior
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delinquente del mondo poteva confessarsi in quattro minuti. Ma le suore non hanno ucciso tante persone, non hanno rubato a tante persone da non finirla più! Dire i peccati! Il sacerdote, adesso capitemi bene, deve avere la direzione spirituale quanto a giudicare se il peccato è grave o leggero; a indicare, una volta l’anno, durante gli Esercizi, il mezzo di santificarsi, cioè il proposito principale, che si deve mantenere; quanto al fuggire le occasioni del peccato. Quanto alla vocazione, dopo che ha da molto tempo conosciuto una persona, deve poter dire: Nel complesso hai i segni di vocazione.
Non fate però mai direzione spirituale per lettera! Se vi è qualcosa… potete scriverlo alle vostre Maestre. Ma qualche volta una può dire: Non oso. Se non osate a dirlo alla Maestra, c’è anche il Primo Maestro. Per certi casi potete scrivere. Ma non che poi... perché io ho da corrispondere con oltre settemila persone. E guai se tutte scrivessero una lettera al giorno! Dunque, quattro righe mi bastano, perché siete abbastanza chiare, non siete delle persone misteriose che hanno dei grandi problemi. No, siete state formate nella semplicità e vi è in voi tanta buona volontà. Cose brevi. Ma quando si dovesse rispondere, il libro di meditazione che stiamo usando dice: rispondere con monosillabi. Posso così? Sì. Non posso così? No! È tutta la risposta. «Est est, non non»8, dice Gesù. Sì sì, oppure no no, secondo i casi. Brevissime. Ma la direzione spirituale non fatela per lettera. Questa può essere per problemi particolari. Dunque, Confessioni brevi.
In tutte le altre cose, eccetto ciò che ho nominato, la direzione dove dovete prenderla? Da chi dovete prenderla? Per otto o nove decimi dalle vostre Maestre. E perché? Una può pensare: Ma quella figliola dell’Azione cattolica sta al confessionale parecchio e fa la direzione abbastanza abbondante, ecc. Quelle dell’Azione cattolica, le figliuole che devono vivere nel mondo, hanno più bisogno di direzione spirituale. Voi solo la direzione spirituale dal confessore in quei quattro casi. Negli altri casi ci sono le Maestre. Perché? Perché negli istituti religiosi si deve vivere tutta la vita. Allora è necessario che la
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persona, l’aspirante, la novizia, si faccia conoscere bene, e che le Maestre la conoscano bene e che essa conosca bene l’Istituto, perché poi si deve stare tutta la vita insieme nell’Istituto con quelle persone, con quelle regole, conformemente alle Costituzioni, ed è necessario che ci sia un’intimità maggiore.
Una collegiale oppure una dell’Azione cattolica o una donna ordinaria, come una madre di famiglia, che va a confessarsi, non deve convivere in comunità tutta la vita. Allora la direzione può essere più esterna. Invece negli istituiti religiosi deve essere molto più interna, quindi dalle Maestre. Del resto avete persone così competenti, così desiderose della vostra santità, e anche così premurose per il bene vostro, che potete confidare. Le Costituzioni dicono: Non è però necessario manifestare la coscienza9, cioè i peccati. E questo generalmente non conviene, eccetto se si dovesse dire qualcosa in generale per avere un giudizio sulla vita futura, in quanto dal passato si può conoscere se la persona è fatta per questa vita determinata.
Sarà una predica inutile? Non state mai al confessionale più di quattro minuti. Tempo fa in una comunità ho domandato: Quante siete?. Cinquanta. Ma quanto tempo ci vuole per confessarvi?. Un’ora e mezza, per cinquanta. Un’ora e mezza fanno novanta minuti, per cinquanta persone, e allora quanto ci mettono? Meno di due minuti ciascuna. A volte però non dipende da voi, senza aggiungere altro.
Adesso facciamo ancora un’altra predica inutile? Le relazioni con i parenti. Bisogna che pensiate che entrate in una nuova famiglia e che il vostro cuore deve essere messo lì. «Chi non rinuncia a suo padre e a sua madre e ai fratelli, alle sorelle e a tutto quel che possiede, non è degno di me10. Allora non si può fare la professione. La regola delle Costituzioni deve essere osservata: Quando vi è malato gravemente il padre o la mamma... ma non per tutti i cugini, i nipoti e i nipoti dei nipoti e tutti coloro che sono parenti in Adamo. È necessario che vi affliggiate, che andiate a trovarli? Pregate. Questo è volere tanto facilmente ancora vivere nella famiglia! Se si rinunzia
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alla famiglia, allora bisogna proprio che l’amore si soprannaturalizzi. Soprannaturalizzarsi vuol dire non trovare ancora lì le consolazioni. La troppa frequenza a scrivere, a voler sapere tutti i particolari e a voler dare tutte le minime notizie, ecc., disturbano, distraggono dalla vita religiosa. Poi è necessario che non si facciano certe preferenze, non si facciano doni e regali e non si partecipi così alle loro feste. E vogliono andare anche quando si sposano i fratelli, quando c’è la Prima Comunione della nipotina… Aiutateli con la preghiera, questo è il vero amore!
È necessario che si lasci da parte l’impegno a voler cercare l’impiego all’uno, l’impiego per l’altro, e seguire cosa succede a una nipotina o all’altra. Le Costituzioni dicono che non può fare la professione chi ha a carico genitori ai quali sia obbligata a provvedere. Ma una volta che sono provveduti, basta. E se poi vengono necessità, in qualche caso estremo, potete parlarne alla Prima Maestra. Ma in generale voi non avete il carico. Quindi tenersi nella via giusta. Chiedere troppo frequentemente di andare in famiglia e poi prolungare la dimora in famiglia è un errore, si finisce con l’essere un po’ distratti e non dare tutte le forze all’Istituto. Invece, quando si fa la professione, si intende dare i pensieri, le premure, le preoccupazioni, le preghiere, le attività, le giornate e tutto il tempo all’Istituto: è un dono della vita a Dio. Allora si pensa che dalla famiglia naturale si passa alla famiglia dei figli di Dio, e gli interessi sono quelli di Dio e delle anime, cioè la santificazione e l’apostolato.
Questo considerarlo bene. Anche nelle istruzioni durante il noviziato, chiarire bene quale sia lo spirito della Chiesa, perché può avvenire che, arrivate alla professione, si è giunti sopra un certo piano di perfezione, di santità, di virtù, di osservanza religiosa. Le buone suore, arrivate su questo piano, prendono la strada che sale verso la perfezione e decise, lavorano per la loro perfezione. Altre invece da lì, cominciano a prendere la via che discende, e così: meno perfezione, cioè meno osservanza, meno delicatezza, meno attenzione alla povertà, all’obbedienza; giudicano, condannano, vogliono sapere perché questa fu cambiata, perché quella è andata nel tal ufficio, e perché questa è ancora superiora dopo tre anni, e tutte le
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cose che costituiscono i pettegolezzi di una comunità… Guardarle tutte le cose in Dio, e qui è Dio che guida!
Siamo ancora lontani dalla santità. Il terzo grado di santità, disse S. Ignazio11, è questo: Per quanto sta da noi e che non va contro la gloria di Dio, desiderare più la povertà che la ricchezza, vivere più in angustie e strettezze che non in abbondanza, in lusso12. Non cominciare ad avere delle camere tanto comode e qualche sala un po’ più adornata, ecc. Amare il culto di Dio, e per Dio non c’è mai basta, per noi ce n’è sempre d’avanzo. Poi, quando si vuol salire in santità, per quanto sta da noi: desiderare più di essere dimenticati e magari disprezzati; che nessuno tenga conto di noi e non essere stimati, messi in vista, giudicati in bene. E per quanto sta da noi, essere più amanti della sofferenza, delle umiliazioni che non di ciò che fa piacere, di ciò che porta consolazione. In sostanza, piuttosto inclinati ad amare la povertà del presepio, la vita comune di Nazaret fino a trent’anni, e la predicazione, cioè l’apostolato nostro in conformità all’apostolato di Gesù, al suo ministero pubblico, e alla sofferenza che Gesù ha incontrato e con cui ha chiuso la sua vita terrena.
Siamo lontani dalla perfezione, e allora salire. Farsi santi, presto! Il Signore benedica le vostre volontà, e se siete intime con Gesù nei riflessi, avrete molta luce, perché i riflessi sono più utili della predica. Si può fare benissimo gli Esercizi senza nessuna predica, per lo più io preferisco, ma non si possono fare [gli Esercizi] senza i riflessi e senza la preghiera. Questo deve segnare l’essenza, l’anima degli Esercizi: i riflessi con la preghiera. I riflessi che portano all’esame, ai propositi, agli atti di amore di Dio, e la preghiera che ottiene le grazie.
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1 Meditazione tenuta ad Ariccia (RM) il 18 giugno 1960 in occasione di un corso di Esercizi spirituali alle novizie in preparazione alla professione religiosa e alle candidate al noviziato. Trascrizione da nastro: A6/an 82a = ac 137b. Stampata in un trentaduesimo.
2 Ossia: riflessione, meditazione.
3 Questa frase è stata riformulata per renderla comprensibile. Riportiamo in calce le parole testuali della trascrizione da nastro: “Quando si va a parlare a una persona, finché sta in parlatorio, non parla”.
4 Cf Jean-Jacques Rousseau, (1712-1778) filosofo, scrittore e musicista svizzero di lingua francese.
5 Conquistava.
6 Cf ES, 13 giugno 1960, nota 2.
7 Giuseppe Cafasso (1811-1860), sacerdote torinese. Si dedicò all’insegnamento, specialmente della morale alfonsiana, ma soprattutto fu instancabile nel ministero della Confessione, della direzione spirituale, dell’assistenza dei carcerati e condannati a morte. Fu uno degli autori più letti e seguiti da Don Alberione (cf AD 133).
8 Cf Mt 5,37: «Ma il vostro parlare sia ‘sì sì, no, no’…».
9 Cf Cost’53, art. 189.
10 Cf Mt 10,37.
11 S. Ignazio di Loyola (1491-1556), spagnolo. Nel 1534 fondò la Compagnia di Gesù (Gesuiti) per la maggior gloria di Dio e a servizio della Chiesa, in obbedienza totale al successore di Pietro. La sua proposta di spiritualità si basa sul libro da lui scritto Esercizi spirituali.
12 Si tratta del “terzo grado di umiltà”. Cf Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, n. 167.