Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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14. DECENNIO DELLA CASA DI CURA REGINA APOSTOLORUM1


Domenica scorsa, e più volte nella settimana, abbiamo recitato l’Oremus: Signore, tu ci mostri la tua onnipotenza specialmente con la misericordia e col perdono2... Ecco, noi quest’oggi ricordiamo S. Bernardo3. È la data in cui nel 1914 si è dato inizio alla Famiglia Paolina4, molto modestamente e secondo il suo spirito. Siccome tutto è proceduto dal Tabernacolo, così si è fatta un’ora di adorazione solenne, la prima adorazione solenne come comunità nella nostra minima famiglia. D’altra parte qui [ad Albano] è ricordata un’altra data, cioè l’inizio di questa casa, come Casa di cura Regina Apostolorum per le suore5. Nello stesso tempo la preghiera, non solo di ringraziamento, ma anche di supplica per l’inizio dei lavori di ingrandimento di questa clinica affinché possa ampliare la sua funzione, la sua missione e presentare, particolarmente alle suore che volessero approfittarne, un luogo di riposo spirituale e di ristoro materiale e fisico.
Quattro pensieri. Primo: adorare il Signore il quale nella sua onnipotenza e misericordia ha fatto quel che ha fatto. Tutto è suo, tutto viene da lui, noi tutt’al più gli abbiamo prestato un
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po’ la mano, voglio dire l’opera intellettuale, l’opera materiale e fisica. Ci siamo prestati come strumenti, ma tante volte lo strumento è stato veramente impari alle forze e alle necessità. Tutto ha fatto il Signore, tutto quello che egli ha voluto! Adorare lui come principio di tutto: Deus a quo bona cuncta procedunt: Signore, da cui procede ogni bene6. Dieci anni fa, si è dato principio, e si può dire che ogni giorno il Signore ha portato [avanti la casa con] la sua grazia e la sua benedizione in tante forme. Adorare il Signore come principio di tutto, affinché nessuno si glori. Qualche volta noi mettiamo i bastoni nelle ruote del carro della provvidenza, poi il Signore raddrizza le nostre vie storte e, raddrizzandole, ci porta di nuovo sul cammino giusto. Adorare il Signore.
Secondo: ringraziarlo, perché è intervenuto con la sua luce a illuminare chi guida, chi cura; è intervenuto con la sua luce specialmente a illuminare chi predica, chi confessa, chi in sostanza fa la parte principale. È intervenuto con la sua luce a dare tante ispirazioni e a orientare meglio tante anime, poiché il Signore, quando ci manda o permette qualche avversità, contrarietà, ha i suoi fini altissimi che sono la sua gloria, in primo luogo, e soprattutto la nostra santificazione. Quante ispirazioni e come ha giovato questo «requiescite pusillum»7, non solo fisicamente, ma anche spiritualmente! Nella pace e nella serenità, in una clinica composta tutta al raccoglimento, alla bontà, alla carità, quanto è più facile sentire la voce di Dio. Quanto è più facile accettare i nostri mali dalla bontà e dalla misericordia di Dio, e da questi mali ricavare il maggior frutto di grazia a Dio, di soddisfazione per i nostri peccati, e di orientamento per la vita in quanto il Signore vorrà ancora darcela, e particolarmente di orientamento all’eternità. Quindi Casa di cura in doppio senso: in particolare la cura spirituale, che procede in primo luogo da coloro che predicano e da coloro che confessano, amministrano i sacramenti, celebrano la Messa e le funzioni varie. Sì, ringraziare il Signore.
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In terzo luogo: domandare perdono delle nostre colpe. Qualche volta i malanni ci vengono, perché siamo stati cattivi, e allora facciamo la penitenza. Siamo felici di fare la penitenza quaggiù, anzi è bene che ognuno faccia questo patto con Dio: Non purgatorio, ma fare quaggiù tutta la penitenza, affinché l’anima, uscendo dal corpo, sia subito illuminata dalla luce eterna: Lux aeterna luceat eis...8, cioè dallo splendore del cielo, dallo splendore della sua divina maestà, il paradiso!
Poi domandare perdono se ci sono state anche cose imperfette. Per quanto lo spirito sia buono, tuttavia finché siamo sulla terra, e in qualunque luogo dove siamo, qualche imperfezione c’è sempre, siamo sempre povere creature inclinate al male. Quindi domandare perdono di tutte le imperfezioni e, caso mai ci fosse stata qualche mancanza, qualche peccato, che il Signore usi misericordia, non guardi alla nostra miseria e non tenga conto della nostra indegnità. Questa è anche una giornata, oltre che di ringraziamento, di riparazione.
Finalmente, una giornata di supplica. Perché di supplica? Perché questa casa corrisponda a tutta la vocazione che ha, cioè a tutta la missione che ha e che finora ha compiuto con gioia, con sacrificio e con soddisfazione anche umana di coloro che sono venuti qui ed hanno avuto le cure. Supplica! Siano offerte le mortificazioni e i dolori al Signore perché la casa continui a compiere la sua missione, anche perché si ingrandisca e possa compiere maggiormente, più largamente [la sua missione]. Offrire le vostre mortificazioni, i dolori, il vostro lavoro, i vostri sacrifici e le fatiche delle persone che compiono un servizio, il servizio umile, quotidiano. Offrire questo, e nello stesso tempo pensare che anche da qui sono partite anime per volare al cielo e mettere l’intercessione per queste anime affinché presso il Signore ottengano grazie sempre più abbondanti, perché questa sia una casa in primo luogo di salute spirituale, una casa di santificazione.
Sia poi casa di cura, affinché allungando la vita a tante persone consacrate a Dio, queste possano acquistare altri meriti, farsi più sante, lavorare ancora nella Chiesa di Dio. Ci sono
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poi persone che hanno potuto rimettersi al lavoro, al loro apostolato e quindi glorificare il Signore, aiutare l’Istituto da cui provengono e santificarsi, raccogliere maggiori meriti ancora per la vita e per la vita eterna.
Pregare per questo! Pregare perché i lavori che si iniziano, che sono anzi già in parte iniziati, dopo lunga preparazione anche laboriosa, possano procedere alacremente e produrre una costruzione che sia più adatta spiritualmente, perché il primo intento è sempre il problema morale, affinché tutto possa procedere in ordine, sia facile la sorveglianza, sia più facile darsi a Dio, più facile andare al tabernacolo, avvicinarsi alla chiesa. Che tutto proceda nel volere santo di Dio. Diciamo al Signore che non guardi la nostra indegnità e per le nostre miserie non castighi coloro che un giorno dovranno operare qui e che nella mente di Dio sono già qui, perché il Signore nulla ha di futuro, ha solo e sempre il presente. E poi pregare perché tutte le persone che vengono qui possano veramente ricevere ristoro spirituale, ristoro fisico e materiale.
Allora uno sguardo al passato e uno sguardo al futuro: al passato, per adorare, ringraziare, riparare e supplicare; per il futuro proporre e supplicare. Proporre di santificare i giorni che si passeranno qui. Questi muri, questi luoghi un giorno, al giudizio di Dio, parlino e siano testimoni della pazienza che avete avuto, delle sofferenze sopportate, del lavoro fatto, dell’apostolato esercitato notte e giorno. Siano questi muri che parlino in favore vostro nel giorno del giudizio e, nello stesso tempo, perché chi viene qui venga con buone disposizioni; chi ha la sua degenza santifichi la sua camera, il suo letto e tutta la sua giornata. E chi serve faccia tutto con spirito soprannaturale, sempre con spirito soprannaturale. A tutti quelli che hanno cooperato e che cooperano in qualunque maniera il Signore dia la grazia di farsi santi.
Che cosa volete ancora desiderare su questa terra? Avete rinunciato a tutto, e allora siete private di tutti e di tutto? Siete forse le figliuole che sono diseredate perché cattive? No, siete figliuole di Dio il quale vi ha cambiato l’eredità: «Haeredes Dei, cohaeredes Christi: L’eredità di Dio, coeredi di Gesù
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Cristo»9! Che bell’eredità è stata promessa! E non può mancare, perché la promessa di Dio non è come le promesse degli uomini, piuttosto Dio è fedelissimo e noi diciamo sempre di cuore: Ut digni efficiamur promissionibus Christi: Che noi siamo degni di ricevere quanto Dio ci ha promesso10! Diciamo delle cose così belle nella Messa, specialmente quando la Messa si avvicina alla consacrazione e poi nell’offerta che subito dopo si fa a Dio: l’offerta dell’ostia divina, per la gloria della Trinità, per tutto il paradiso, per tutti coloro che son passati all’eternità, che possono essere in purgatorio, e poi nobis quoque peccatoribus11, per noi tutti che siamo peccatori. Deus veniae largitor et humanae salutis amator, Signore, che sei pronto a dare il perdono, non aestimator meriti, sed veniae quaesumus largitor12, tu che non guardi i meriti, perché non ne abbiamo o ne abbiamo così pochi. Ma tu sei colui che dà il perdono, quindi non veniamo a te per gloriarci dei nostri meriti o a domandarti le grazie perché le meritiamo, ma perché tu sei il Signore che perdona. E allora tu guarda alla tua misericordia, non ai nostri demeriti.
Avanti dunque, in serenità! Da questo colle, Albano è una specie di monte, rispetto alla pianura verso Roma; da qui guardare il cielo. Si vuole che la Casa di cura sia in un bel posto, un po’ alto, che ci sia aria buona, ma voglio aggiungere, che si veda bene il cielo, il paradiso! Sia pure in alto e guardi su, ma i cuori si alzino su: Sursum corda13! Immaginate che dietro a quelle stelle ci stanno già delle stelle che sono le vostre sorelle. «Stella differt a stella in claritate»14, una più splendida dell’altra, secondo i meriti. Là è il nostro posto, là c’è già la nostra stella: «Stella a stella differt in claritate».
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Dunque, gara per crescere nei meriti, per essere una più santa dell’altra, una più caritatevole dell’altra, una più paziente dell’altra, una più servizievole dell’altra, una santa gara. «Aemulamini: Emularsi»15 dice S. Paolo: emularsi nel bene, nel santificarsi.

Iesu Magister, Via, Veritas et Vita...
Regina Apostolorum...

Sancte Paule apostole...
Benedictio Dei omnipotentis...
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1 Meditazione tenuta ad Albano Laziale (RM) il 20 agosto 1960. Trascrizione da nastro: A6/an 84b = ac 142a. Stampato in trentaduesimo con il titolo: Prediche del Rev.mo Primo Maestro tenute alle Suore della Clinica «Regina Apostolorum» di Albano”, Figlie di San Paolo, Roma [s.d.], pp. 26-32.

2 Cf Colletta X Domenica dopo Pentecoste (dopo la riforma liturgica del Concilio Vaticano II: XXVI Domenica del Tempo Ordinario). Questa colletta appare già, nell’VIII secolo, tra i testi eucologici del Sacramentario Gelasiano (1198).

3 Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) abate e teologo francese, fondatore dell’abbazia cistercense di Clairvaux e di altri monasteri, Dottore della Chiesa. Scrisse opere di teologia e omelie in onore della Vergine Maria.

4 Il 20 agosto 1914, nella memoria liturgica di S. Bernardo abate, Don Giacomo Alberione fonda la “Scuola piccolo operaio”, primo nucleo della Società San Paolo, la cellula madre dell’intera Famiglia Paolina. Cf Giuseppe Barbero, o.c., pp. 230-232.

5 La casa di Albano Laziale (RM) è stata aperta il 2 settembre 1948 con la finalità di diventare Casa di cura per le Figlie di S. Paolo ammalate e degenti in vari sanatori. In seguito sono state accolte anche religiose di altri istituti (cf Martini C. A., Le Figlie di San Paolo…, o.c., p. 253).

6 Cf Colletta V domenica di Pasqua.

7 Cf Mc 6,31: «Riposatevi un po’».

8 La luce eterna risplenda ad essi.

9 Cf Rm 8,17.

10 Cf Preghiera dell’Angelus.

11 Anche a noi peccatori. Cf Canone Romano della Messa, dopo l’intercessione per i defunti.

12 Non per i nostri meriti, ma per la ricchezza del tuo perdono. Cf ibid.

13 In alto i cuori. Espressione che fa parte del dialogo introduttivo del Prefazio.

14 Cf 1Cor 15,41: «Ogni stella differisce da un’altra nello splendore».

15 Cf 1Cor 14,1.