II
VOLERSI BENE1
Questa casa2 non è ancora terminata. Tra le altre cose [nel parco] manca il rosario, cioè dalla parte rispettivamente a me a destra c’è la Via Crucis, e a sinistra, nel bosco, devono venire i quindici misteri del rosario. Sono già preparati i quadri scolpiti, manca ancora la strada e la serie dei piloni che si dovrebbero mettere in primavera, appena sarà diminuito un po’ il freddo. Pregate anche per questo, affinché, specialmente quando il tempo è buono, mentre si prega, si può fare come una pia passeggiata, e allora il ritiro, il corso di Esercizi resta più soddisfacente, e resta anche meglio occupato il tempo e i tempi liberi. Vedevo che gli uomini andavano volentieri a far la Via Crucis, perché qui vi sono corsi di Esercizi in continuità; per quest’anno 1960, si può dire che tutto il tempo è già occupato per corsi prenotati fino a quasi tutto settembre. Che questa casa possa fare tanto bene e che tante anime che sono un po’ inferme guariscano, e tante che sono sfiduciate si confortino e si incoraggino, così che questo altare divenga benedetto e questo sia il luogo dove Gesù spande la sua luce, la sua grazia, il suo conforto, la sua misericordia, la forza, l’energia, la buona volontà, lo spirito di apostolato.
L’argomento della esortazione è questo: volersi bene. Le Figlie di San Paolo, in generale, si vogliono bene. È cosa molto buona che si vogliano bene, tuttavia non ce ne sta proprio di più? E non vi sono ancora particolari mancanze contro la carità? Parlo praticamente subito. Primo: la carità è sempre soprannaturale? Il bene che vi volete viene, nasce dall’amore a
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Dio? Voglio dire: ci si ama proprio perché si tratta di amare il Signore amando le sorelle, e cioè amarle per amore di Dio? Che sia soprannaturale la carità! Che cosa significa soprannaturale? Vuol dire che dipende dalla fede e dall’amore al Signore. Dipende dalla fede, cioè si vede in ogni sorella l’immagine di Dio. E non importa che possa avere dei difetti: è sempre immagine di Dio. Se voi avete un crocifisso impolverato, lo amate ugualmente, amate ugualmente Gesù. E quello che farete, come un ossequio, sarà di ripulirlo, di togliere la polvere. Una sorella può avere dei difetti, tuttavia è sempre l’immagine di Dio, sarà un po’ da ripulire, ci sarà un po’ di polvere su quel cuore, e specialmente de mundano pulvere3. È tanto da temere che un po’ di polvere mondana entri nei cuori, entri nelle anime, ma si deve amare per Gesù.
«Noi sappiamo che siamo amati da Dio, perché amiamo i fratelli»4, dice la Scrittura. Cioè l’amore a tutte le persone, ma particolarmente a quelle con cui si vive, è segno che amiamo il Signore. Non può dire di amare il Signore colui che non ama i figli del Signore, i figli di Dio. Se uno dicesse che ama il padre e intanto odiasse i figli di costui, non si può dire che ami allora quell’uomo.
Quindi amare le sorelle, perché sono immagine di Dio: questo significa amore soprannaturale. Non perché è gradita, non perché è molto gentile, non perché la sua compagnia ci piace di più, non perché è simpatica, non perché si va d’accordo nelle idee, non perché si ha abitudini di certi discorsi, magari abitudine di mormorazione, non perché è del partito... Partito vuol dire partire; cosa vuol dire partire? Vuol dire, spartire vuol dire dividere la famiglia; partito è una parte. Noi dobbiamo amare tutti, perché tutti sono immagine di Dio. Lasciamo stare i partiti politici. Questi possono essere anche loro ispirati da Dio nel loro programma, e vi sono i partiti buoni.
Ma in Congregazione non ci sono che suore, e hanno tutte sottoscritto un partito solo, perché professano le medesime
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Costituzioni e hanno fatto la firma, quando hanno emesso la professione. Fate la firma, no? Quello è il partito e il programma: le Costituzioni. Quanto al partito politico, non è adesso il caso che noi ci fermiamo su tale argomento. Dunque, odiare come la peste le divisioni. Soprannaturali! Chi ama per [amore di] Dio, ama sempre e guadagna sempre meriti per la vita eterna.
Ma questa carità, questa unione ha due fondamenti. Primo, il fondamento dell’obbedienza che unisce le forze. Con l’obbedienza tutte si fa la stessa vita, cioè tutte hanno lo stesso orario, non una più presto e l’altra più tardi. L’orario comporta una mortificazione continua nella giornata: tutte vanno alla pietà alla medesima ora; alla medesima ora all’apostolato; tutte hanno la stessa mensa, tutte godono della medesima casa. Tutte le persone hanno il medesimo cibo, il medesimo vestito, nell’obbedienza; perché anche il vestito è prescritto dalle Costituzioni, e quindi nel portare tale vestito si fa l’obbedienza. L’unione, in primo luogo, dipende dall’obbedienza, cioè fare tutte insieme quanto viene detto, quanto viene disposto. Se vi è questa obbedienza, vi è subito ordine e nell’ordine tutto procede assai meglio, con più merito, con maggior pace.
Secondo, l’unione viene dal volersi bene, dalla carità, e cioè dall’essere pazienti: «Caritas patiens est, benigna est5. Non solo dobbiamo pretendere che gli altri ci sopportino, ma che non facciamo esercitare la pazienza agli altri, piuttosto sopportiamo con pazienza gli altri. Quando una persona si rende molto pesante in comunità, in una casa, per cui si può dire che tutte devono un po’ adattarsi e sopportarla, come si troverà la comunità? Vedere di modificare i caratteri, se c’è bisogno. Eh, ma io sono così!. Se sei così e va bene, continua, ma se sei così e non va bene, cambia, correggiti. Ma quest’oggi non ho voglia di parlare!. Un’altra volta farai una mortificazione per tacere, ma oggi, se devi parlare, parla. Qualche volta la lingua si mortifica tacendo, e qualche volta parlando.
Ecco, quindi, saper evitare di essere pesanti con le altre, con le sorelle, per amore di Dio. Evitare questo, per quanto è possibile. E vi sono sempre tante cose nella giornata: «Alter
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alterius onera portare: Sopportare una i difetti, i pesi dell’altra6. Sì, affinché evitiamo il purgatorio, e cioè facciamo un po’ di penitenza per i peccati commessi, oppure per mandare il suffragio ai nostri cari defunti, o per aumentare i meriti per la vita eterna. Pazienza! La pazienza è una persona a cui bisogna dare ospitalità in tutte le case, anche se gli alloggi sono piccoli e stretti. Bisogna sempre alloggiare la santa pazienza, perché è santa. Dove non si alloggia la pazienza, vive l’impazienza. Allora, sempre dare ospitalità alla santa pazienza e farle buon viso, viso accogliente, se si vuole farsi sante, se si vuole imitare Gesù. Ma Gesù ci si mostra più frequentemente crocifisso. Come è stato paziente! E noi non ci hanno ancora messi proprio sulla croce, non ci hanno ancora piantato i chiodi!
Dicono: La vita religiosa è una vita di conformazione a Gesù Cristo e i tre voti sono i tre chiodi con cui la religiosa resta confitta in croce, se osserva bene i suoi voti. Però, non piantare noi il chiodo con la nostra testa dura! La carità deve essere soprannaturale, la benevolenza è volersi bene.
In secondo luogo, la carità deve essere imparziale. Non distinguere tra l’una e l’altra, non le simpatie, non le antipatie: imparziale la carità, uguale per tutti! Diciamo: il trattamento è uguale per tutti, tanto più coloro che sono superiore o che sono a capo di un reparto. Voler ugualmente bene a tutti! Tuttavia non è che si debba osservare uguale confidenza con tutti, perché a volte c’è una che è di molto buon esempio, che prega molto, e quando parla, parla sempre bene e ci edifica. Allora certamente vogliamo e trattiamo bene tutte, ma non è che si debba avere la stessa confidenza con tutte le persone con cui abbiamo da trattare. Perciò la carità deve essere imparziale.
Imparziale vuol dire ancora questo: neppure nelle preghiere bisogna fare troppa parzialità. Non dobbiamo sottrarre le preghiere che dobbiamo fare per la comunità. Le preghiere che si devono fare per il progresso della Congregazione, farle sempre. Non ci sia mai un cuore ristretto, si ami veramente con il cuore! Per questo dicevo: amare quelle che sono già in paradiso;
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amare le sorelle che eventualmente fossero in purgatorio; amare quelle che sono ancora viventi; amare le superiore e le inferiori, le aspiranti ad esempio, amare le vocazioni e cercarle. Carità!
Alle sorelle che sono già in paradiso, possiamo dare un aumento di gioia nella Messa, per mezzo di Gesù che si immola, durante la consacrazione, e nello stesso tempo aver fiducia nella loro intercessione: Oh voi che siete già in cielo, pensate a tutte noi che siamo ancora sulla terra!. Sempre invocare le sorelle! Quell’elenco delle sorelle defunte che avete nelle vostre case, non deve solamente ricordare il bisogno di suffragi, ma anche che noi passiamo, e che fra non molto, potrà essere messo lì, in quel medesimo quadro, il nostro ritratto. Si deve poi anche pensare che, se già sono in paradiso, lavorano e pregano per noi che le raggiungeremo. Preghino per noi! Invocarle, oltre che ricordare la nostra morte, ricordare il bisogno di suffragi per i defunti e ricordare anche quelle persone che, se già sono in cielo, pregano per noi e invocarle particolarmente quando le cose sono un po’ più difficili.
Inoltre, amare le anime purganti, amarle tutte, tanto più se ci fosse qualche sorella che avesse ancora bisogno di suffragi. Non dico a tutte di fare l’Atto eroico di carità7. Quell’atto non si faccia se non c’è una preparazione spirituale adeguata, perché potrebbe essere che, non avendo abbastanza fede, chi lo fa dopo si pente, perché bisogna avere talmente fede da essere convinti, profondamente persuasi che chi fa carità trova carità, chi suffraga le anime purganti ottiene da loro preghiere. Il Signore poi non lascerà soffrire chi ha invece liberato gli altri dal soffrire. Il Signore ci tratterà con carità più abbondante.
Amare poi tutte le persone viventi, specialmente dimostrare che non solo si sta volentieri in una casa, ma che si porta il contributo di gioia affinché la convivenza sia buona, lieta, e inoltre ci sia l’edificazione vicendevole, la collaborazione sia nelle faccende di casa e sia nell’apostolato. Può essere che, qualche volta, il lavoro pesante si lasci da tutti a una o due. Questo credo che non vorrete mai farlo e che quando c’è da
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portare un peso, se si è in due lo si porta in due, e se si è in quattro, in quattro. Condividere il peso!
Pregare poi ed edificare le aspiranti, specialmente quelle che hanno fatto i voti da poco tempo o che vanno nelle case dopo la vestizione. Tutte trovino un ambiente caldo, pieno di carità, un ambiente dove tutto è edificazione e che incoraggi. Edificare le più giovani, mostrando come sarà la loro vita religiosa futura. Tuttavia non portare delle consolazioni soltanto umane, ma portare le consolazioni spirituali, animare anche al sacrificio.
Leggevo in questi giorni, in un libro che parla delle vocazioni, questa riflessione: Vi sono, a volte, persone che coltivano le vocazioni, e per attirarle mostrano tutto il bene che c’è in Congregazione, e tutti i motivi naturali che ci sono per attirarle, come se la vita religiosa fosse tutta una vita senza sacrifici. Questo, diceva il libro, è pervertire l’idea della vocazione. È proprio un errore, non dico che è peccato, perché il più delle volte non si fa con malizia. Ma Gesù quando ha chiamato, ha detto: «Se uno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua8. Cioè se vuoi amare il Signore, se vuoi essere perfetto, vieni a osservare povertà, castità e obbedienza, e questo in vita comune, in un amore intenso, sempre più intenso a Gesù, un amore che si dilata sino all’apostolato, che arriva all’apostolato. Vi sono a volte delle persone a cui non bisogna parlare di apostolato, ma bisogna far sentire loro l’amore a Gesù e a se stesse.
Qualche tempo fa, leggevamo un libro in refettorio: una mamma aveva un bambino di sei, sette anni. Il medico aveva ordinato le punture, le iniezioni. La mamma, perché il bambino le accettasse volentieri, faceva un po’ di meditazione su Gesù incoronato di spine o Gesù inchiodato sulla croce. Il bambino si commuoveva e: Mamma, e perché non mi fai la puntura?. È sempre così, bisogna che tutto nasca nell’anima dall’amore a Gesù, dal desiderio di premio, di paradiso, invece a volte partiamo proprio dal contrario.
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Vogliamo fare delle persone consacrate che amino il Signore e che veramente la loro vita sia tutta consumata per Gesù? Bisogna parlare chiaro! Il Maestro Divino è nostro maestro nella ricerca delle vocazioni. Cercarle bene, con spirito soprannaturale. Dico questo, perché in questi ultimi mesi ho sentito varie osservazioni su un modo a volte proprio opposto a quello che direbbe, farebbe e userebbe Gesù. No! Allora il libro concludeva: Questo rende pericolosa anche la formazione. Entrate illuse, quando è che si adatteranno alla disciplina, alle mortificazioni, alla povertà veramente praticata, alla castità veramente vissuta, all’obbedienza continuata, all’apostolato generoso? Piuttosto qualcuna di meno, che molta gente che non ha il vero concetto della vita religiosa, della consacrazione totale al Signore. Amare le vocazioni. D’altra parte questo non vuol dire rallentare nella ricerca delle vocazioni.
Il vostro numero va sempre crescendo, la Congregazione è benedetta, cammina bene, ma non vuol dire che non ci siano dei sacrifici da fare e delle spine che qualche volta pungono. Essere totalmente di Dio vuol dire volere solo dare gusto a Dio, non a noi: ecco cos’è la vita religiosa. Non lo dico e non lo consiglio certamente a tutte. Ci vogliono delle anime già un po’ avanzate! Il voto di perfezione, il voto di scegliere il meglio... Ma il voto di perfezione c’è già, perché tutta la vita religiosa è per il perfezionamento, quindi c’è già con il primo articolo delle Costituzioni. Tuttavia anche nella vita di perfezione ci può essere il più e il meno, e ci può essere chi sceglie il meglio e chi sceglie solo il bene. Quindi, a volte è più comodo fare soltanto il bene. Il male nessuno vuol farlo, non è vero?
Siete tutte fervorose, ma non dico di fare il voto di scegliere tra due beni quello che è migliore: non obbligarsi con voto. Questo può essere per qualche anima, ma raramente. Bisogna magari già prima fare la promessa o il proposito che se viene trasgredito non c’è il peccato; ma il voto è un’altra cosa. Tuttavia dobbiamo sempre ispirare alle persone che l’amor proprio è il nemico dell’amor di Dio. Quindi, non entrare [in Congregazione] per amor proprio, venire per amor di Dio.
Nella nostra vita pensiamo sempre che l’egoismo, l’amor proprio sono i nemici della perfezione, della santità, del vero amor
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di Dio. Quante volte mille lamentele, mille lagnanze, perché si vuole la consolazione, ma bisogna dire due cose: O non hai volontà o non ami il Signore. Ecco tutto. Esamina se ti manca la volontà, o se ti manca l’amor di Dio. Allora le lagnanze, lo star male, le crisi, gli scoraggiamenti, le delusioni saranno come scancellate, ridotte al minimo, perché qualcosa nel corso della vita succede sempre, però sono tutte cose che si supereranno quando c’è il vero amore al Signore. Dunque, carità verso tutti. Vi benedica il Signore tanto, tanto. Spero ancora di ritornare. Tuttavia il vostro proposito lo preparate, anzi preparate i propositi. Come vi vuol bene Gesù! Un segno del suo amore sono questi Esercizi. Voi li avete ricevuti come una grazia e li
fate tanto volentieri, e allora porterete un grande frutto.
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1 Meditazione tenuta ad Ariccia (RM) il 24 gennaio 1960. Trascrizione da nastro: A6/an 74a = ac 127a.
2 Casa Divin Maestro, voluta da Don Alberione per gli Esercizi spirituali dei membri della Famiglia Paolina. Situata ad Ariccia sul lago di Albano Laziale (RM), fu inaugurata nel luglio del 1959.
3 “È necessario togliere la polvere mondana dal cuore religioso”. Cf S. Leone
Magno, Sermo 4, De Quadragesima.
4 Cf 1Gv 3,14.
5 Cf 1Cor 13,4: «La carità è magnanima, benevola è la carità».
6 Cf Gal 6,2.
7 Cf LP, ed. 2011, p. 129.
8 Cf Mt 16,24.