Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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23. QUALITÀ DELLA PREGHIERA1


Il Signore nel Vangelo dice: «Domandate e vi sarà dato2. «Qualunque cosa chiederete al Padre in nome mio, egli ve la darà3. La nostra preghiera ha effetto infallibile quando vi sono le debite condizioni, e su questo è utile fermarsi almeno in qualche maniera, cioè anche brevemente.
Che la preghiera sia ascoltata da Dio è di fede, non bisogna dubitare, ma occorrono le condizioni. Le condizioni, secondo la dottrina della Chiesa e i santi Padri, riassunte fino ai suoi tempi anche da S. Tommaso, sono: Affinché si chieda per sé, si chiedano cose necessarie per la salute eterna, si chieda piamente e con perseveranza.
Mettere queste quattro condizioni. Primo: Che si chieda per sé, cioè colui che si mette a pregare, chieda le grazie per la sua salute eterna, per la sua santificazione. Viene dato a voi quello che chiedete. In che senso? Nel senso che dovendo domandare grazie spirituali, domandare la gloria di Dio, domandare che il Vangelo sia conosciuto, ecc. Chiedere questo, in quanto noi siamo disposti a ricevere queste grazie, ad esempio: chi deve confessarsi deve ottenere prima il dolore dei peccati.
[Secondo]: Quando si chiede il dolore dei peccati, l’animo nostro è disposto, ma se lo chiediamo per un altro, supponiamo per un peccatore che si converta, tante volte l’animo suo non è disposto, cioè egli rifiuta la grazia. La preghiera però non cade a terra in quanto noi facciamo un atto di religione e, se non serve per lui serve per noi. In ogni modo è sempre preghiera impetratoria, soddisfattoria, meritoria. Quindi continuiamo pure a pregare, ma non siamo sicuri che quel peccatore si disponga. A volte la volontà è proprio contraria, c’è l’ostinazione. Ma quando chi chiede è ben disposto riceverà il dono
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del pentimento dei suoi peccati, il dono della buona volontà, e quindi tutte le condizioni necessarie per progredire nella virtù, nell’osservanza dei doveri di stato, nella santificazione. Noi subordiniamo sempre, tutto a ciò che piace al Signore, e quando chiediamo la sua gloria e la nostra salvezza, la nostra santificazione, certamente si entra nella volontà di Dio.
In terzo luogo: Si domandi piamente. Questa condizione ne comprende diverse, per esempio: lo spirito di fede, che si creda alla bontà di Dio, alla sua potenza, al suo amore, cioè lo spirito di fede. Poi lo spirito di umiltà, riconosciamo la nostra debolezza, le nostre necessità. Si vuole disporre bene l’animo al raccoglimento, affinché la nostra preghiera sia degna di salire a Dio. Quindi la disposizione di fede, di umiltà e disposizione interiore è preparazione alla preghiera e mettersi in stato di raccoglimento alla presenza di Dio, in modo particolare quando si è in chiesa, innanzi al SS.mo Sacramento.
Quarto: Ci sia la perseveranza. La salute eterna bisogna chiederla fino alla morte, anche quando si è già malati gravi. Ci sia la perseveranza fino alla morte: vivere in grazia e morire in grazia, nell’amicizia di Dio. Questa grazia verrà concessa quotidianamente a chi quotidianamente la chiede; chi chiede di evitare il peccato, di continuare la sua vita nell’amicizia di Dio o di mettersi nell’amicizia di Dio, ogni giorno l’ottiene con la preghiera quotidiana. È necessario pregare sempre e non tralasciare mai. Pregare sempre, cioè: ogni giorno le pratiche di pietà ben fatte, e non alcuni giorni bene e alcuni giorni non bene, non pregare un mese e poi abbandonarsi alla svogliatezza. Pregare bene ogni giorno e nelle dovute condizioni. Ogni giorno perseverare nel bene e così si conclude la vita nella intimità, nell’amicizia di Dio. Perseveranza! Quando si chiede aumento di fede, speranza, carità, delle virtù cardinali, dei doni dello Spirito Santo, sempre si chiedono cose che piacciono a Dio. La nostra preghiera piace a Dio, e veramente allora si chiedono le cose necessarie per la nostra santificazione.
Venendo più al pratico: Chiedere la grazia di osservare le Costituzioni, la grazia di vivere nell’obbedienza, in quella che veramente vuole il Signore, che è conforme alla dottrina della Chiesa e che noi vogliamo compiere aiutandoci anche con il
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voto, obbligandoci più strettamente. Chiedere lo spirito di povertà, nel senso che è descritto nelle Costituzioni, e chiedere la castità verginale secondo i voti. Il voto è un mezzo di cui ci serviamo non solo per non peccare, ma particolarmente per crescere nell’amore di Dio, poiché è chiaro che la povertà è la maggior ricchezza che possiamo avere, perché ci assicura le ricchezze eterne, quanto più ci spogliamo altrettanto acquistiamo.
È una carità interessare a fare opere di carità anche i benefattori e le persone che sono in condizione di farle: «Quod superest date pauperibus4. Si aiutano ad acquistare le ricchezze eterne, mentre quelle che sono della terra, con il sepolcro tutto è chiuso: non ci sono più proprietà, né comunità, né denari, né ville, né lusso.
La castità è il maggior amore, perché l’amore si concentra in Dio. Oggi dobbiamo ricordare nella Messa, le belle cose, le santissime cose che abbiamo letto nella celebrazione della festa di S. Margherita M. Alacoque5, la frase o la invocazione Gesù è con noi e noi siamo con Gesù: «Dilectus meus mihi et ego illi6. E poi l’amore che si estende a tutte le anime; suore che portano tutto il mondo nel loro cuore. L’ultima statistica ci dice che gli uomini sono arrivati a due miliardi e novecento milioni e vanno crescendo ogni anno di quarantatré milioni. Comprendere tutti, la salute di tutte le anime.
L’obbedienza è la maggior libertà, perché ci assicura di non camminare secondo i nostri voleri, i nostri capricci. L’obbedienza invece ci porta ad assoggettarci a Dio, il cui volere è sapientissimo ed è pieno di carità, di amore per noi. Chiedere quindi l’osservanza delle Costituzioni, aiutandoci con i santi voti. Queste domande sono sempre utili e sono necessarie appunto per la perseveranza, per il progresso nella vita religiosa e per la purificazione dell’interno e dell’esterno, cioè di ciò che riguarda la mente, il cuore e la vita esteriore, nelle relazioni,
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nei doveri che abbiamo in comunità e nei doveri che abbiamo riguardo agli altri per l’apostolato. Queste grazie si possono e si devono sempre chiedere necessaria ad salutem: le cose necessarie per la nostra salvezza eterna, per la corrispondenza alla vocazione i cui doveri sono essenzialmente il progresso e il miglioramento della vita.
Il dovere riassuntivo nella vita religiosa, che comprende tutto, il maggiore impegno questo: dobbiamo sempre temere il peccato. Quindi quando si chiede la grazia di evitare il peccato e si fa il proposito di evitarlo è necessario chiedere la grazia di fuggire le occasioni e tutto quello che può portarci al male. Per noi religiosi è necessario chiedere la grazia di evitare anche le imperfezioni volontarie e di perfezionare la nostra vita, attendendo anche alle cose piccole, cioè ai piccoli atti di virtù e guardarsi dall’indifferenza, dalle venialità, o incorrispondenza alla grazia. Perfezionarsi quanto alla fede, alla carità, alla speranza, ecc. Quando cresciamo in una virtù di queste virtù che si chiamano infuse, le teologali, le cardinali, e per i doni dello Spirito Santo, ci perfezioniamo in una di queste e progrediamo anche nelle altre che sono connesse, perché costituiscono tutte assieme l’organismo spirituale. Nella teologia si porta l’esempio: Quando uno ha uno sviluppo normale, se un dito cresce anche gli altri crescono assieme. Se per esempio, si cresce nella fede, si cresce anche nella speranza, carità, nelle virtù cardinali e nell’infusione, nell’abbondanza dei doni dello Spirito Santo.
Perciò quattro condizioni: che uno chieda per sé; secondo, che uno chieda le grazie necessarie alla salute eterna, in cui è pure compresa la gloria di Dio; che uno chieda piamente e metta quindi le disposizioni nel pregare; e che chieda con perseveranza: «Numquam deficere7. Il giorno in cui lasciamo la preghiera è il giorno più disgraziato della vita. Si ricorre a destra e a sinistra, si dicono tante cose, ma non si ricorre a Dio. E allora comincia a mancare la luce nell’anima, comincia a mancare il coraggio. Perché? Perché la preghiera è sempre nutrimento dello spirito. E se una non si nutre? La preghiera è
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il respiro dell’anima. Pensiamo chi non può più respirare, perché ha l’asma, o perché l’asma si aggrava, oppure chi si trova troppo in alto dove l’aria è troppo rarefatta, ecc. Allora come fa a vivere? È così quando viene a mancare un po’ la preghiera. Vi sono persone che danno importanza solamente alle cose principali, ma le anime che amano star bene spiritualmente, respirano bene, ricorrono anche a frequenti giaculatorie, a comunioni spirituali e si raccomandano al Signore nelle varie azioni che devono compiere, e si può dire che il loro cuore conserva l’unione con Dio che si è stretta al mattino nella Comunione. Allora si evitano gli impedimenti a quella santità a cui siamo chiamati; allora si respira bene spiritualmente e quindi c’è il progresso nella virtù, nella santità.
Ora l’esame di coscienza. Credo all’infallibile effetto della preghiera? Metto le condizioni necessarie perché la mia preghiera sia buona, quindi accetta a Dio e ottenga il suo frutto? Prego per me e per la gloria di Dio? Domando le cose necessarie per la santificazione? Prego piamente, cioè con perseveranza, umiltà, fede? Continuo ogni giorno e sono fedele alle pratiche di pietà? Nella Congregazione sono raccolti non solamente i doveri che dobbiamo compiere, ma anche l’aiuto e le pratiche di pietà che sono abbondanti. La forza nel nostro spirito sarà necessaria perché possiamo compiere tutto il santo volere di Dio. La preghiera deve sempre accompagnare il volere di Dio, e il volere di Dio è la sua gloria e la nostra santificazione.
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1 Meditazione tenuta a Roma il 17 ottobre 1960. Trascrizione da nastro: A6/ an 86b = ac 146a.

2 Cf Lc 11,9.

3 Cf Gv 14,13.

4 Cf Lc 11,41: «Date piuttosto in elemosina quel che c’è dentro».

5 Margherita Maria Alacoque (1647-1690) monaca Visitandina a Paray le Monial. Apostola della devozione al Sacro Cuore di Gesù, ne promosse la festa e divulgò la pratica dei primi nove venerdì del mese.

6 Cf Ct 6,3: «Io sono del mio amato e il mio amato è mio».

7 Cf Lc 18,1: «…senza stancarsi».