Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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32. TRASFORMARE LA VITA IN PREGHIERA1


Prima di tutto, l’augurio di buona novena in preparazione al Natale, poi l’augurio che il Natale sia lieto, santo e porti frutti. Ora, il frutto che auguro questa mattina è di trasformare tutta la vita in preghiera, adempiere il comandamento di Gesù: «Oportet semper orare et numquam deficere: Bisogna sempre pregare, mai cessare2.
Come possiamo rendere veramente pratico, tradurre in pratica questo precetto del Signore? Si può intendere che per tutta la vita bisogna fare le pratiche di pietà, ma può intendersi anche in un altro modo, cioè non soltanto fare le pratiche di pietà, ma realizzare completamente il precetto di Gesù: Tutta la vita di pietà, tutta la vita di azione trasformata in preghiera.
Secondo, S. Agostino dice: Sia che tu canti le lodi in chiesa e sia che tu canti il volere di Dio quando fai questo o quello; vai, vieni, attendi a un’occupazione o a un’altra, prendi il cibo, riposi, ecc.3, e S. Tommaso spiega così questo pensiero: L’uomo prega tanto in quanto ordina la sua vita a Dio4. Ordinando la vita a Dio, cioè tutte le occupazioni minime, qualche volta anche quelle credute molto ordinarie, quasi vili, tutto può essere trasformato non soltanto in servizio di Dio, ma in continua orazione.
Per esempio, Maria e Giuseppe si portano a Betlemme per obbedire al decreto di Augusto che voleva il censimento5: non fanno obiezioni, partono in obbedienza, camminano in silenzio, il cuore unito a Dio. Là compiono il loro dovere di dare il nome secondo il censimento, senza discutere. Poi trovano le porte chiuse, pur volendo e avendo bisogno di un ricovero
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per la notte. Non sono accolti, non mormorano, in silenzio si portano alla periferia, cercano una grotta, si adattano com’è possibile, nasce il divin Salvatore6. Sono là il Bambino, Maria, Giuseppe, silenzio: «Dum medium silentium tenerent omnia»7, silenzio della notte, silenzio in quella grotta. Lo interrompono gli angeli, ma quelli sono angeli, noi dobbiamo guardare gli esempi, la vita di preghiera. Vengono i pastori, Maria e Giuseppe non fanno commenti, presentano il Bambino8. Viene l’avviso di fuggire in Egitto9, nessuna obiezione, si parte, si fa il lungo viaggio, ciascuno raccolto in preghiera.
Che cosa fa Gesù sulla paglia nel presepio? Che cosa fa nel lungo viaggio verso l’Egitto e nel ritorno dall’Egitto? Che cosa fa il Bambino negli anni in cui si trova in questa condizione? La sua vita era tutta preghiera, è lo stato di continua preghiera. Sia che Maria andasse all’orto, sia che Maria andasse ad attingere l’acqua, sia che accomodasse e riordinasse la casa, ecc.: tutta preghiera. Preghiera era il lavoro di Giuseppe al banco; preghiera il lavoro di Maria che attendeva a fare, ad esempio, la tunica per il suo figliuolo. E preghiera di Gesù che compiva il volere di Dio giorno per giorno, crescendo in sapienza, età e grazia10. È la vita di preghiera.
Quando Gesù apparve, incominciò quella preghiera che il Padre prima non aveva mai sentito. Mai una preghiera è stata così degna riguardo a Dio, mai Iddio aveva ricevuto un culto così conforme, così degno, così proporzionato alla dignità di Dio, poiché la preghiera nel cuore, nell’attività, nell’obbedienza, nell’opera di Gesù aveva il suo valore, perché in lui c’erano due nature, ma c’era un’unica persona. La preghiera di azione! Noi non possiamo onorare Dio degnamente e completamente se non compiamo momento per momento la sua volontà. E tutto è glorificarlo, è ringraziarlo, utilizzando i doni che ci ha dato, è soddisfare ai nostri peccati, è supplicare la divina misericordia. Però che cosa ci deve essere perché la vita intera,
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anche l’andare e il venire e tutto quello che appartiene all’occupazione più umile, sia preghiera?
Primo: bisogna che la giornata, ogni giornata, sia occupata in primo luogo nelle pratiche di pietà, cioè che si facciano le pratiche di pietà. Bene la Messa, la meditazione, quando si può la Comunione, l’esame preventivo e poi i propositi. Nella giornata ci sia l’uso delle giaculatorie, e poi si compiano ancora le altre pratiche di pietà: l’adorazione al SS.mo Sacramento, le orazioni della sera e le piccole orazioni prima dell’apostolato, prima della scuola, prima della tavola, ecc. Allora, che cosa facciamo? In quel momento noi serviamo Dio con l’orazione, con il cuore e la mente rivolte a Dio; e poi facciamo la sua volontà, cioè serviamo Dio con le forze fisiche, con il nostro corpo e serviamo Dio anche con lo spirito. Non facciamo le cose materialmente, ma le facciamo sempre da persone ragionevoli, da cristiani, da fedeli se si è in grazia di Dio, e allora si ha la retta intenzione. Qualche volta si guarda al cielo, si guarda Gesù, qualche pensiero che ricordi la meditazione, qualche comunione spirituale è preghiera continuata ed ha anche le indulgenze, perché ogni opera di apostolato che si fa ha le indulgenze quando è intramezzata almeno da qualche giaculatoria.
Allora si opera in Gesù Cristo, offrendo tutto con le intenzioni con cui Gesù s’immola sugli altari. Se sei in cucina, se stai facendo la pulizia, se sei alla scuola o all’apostolato con le intenzioni che Gesù ha sugli altari, le intenzioni di Gesù di adorazione, di ringraziamento, di soddisfazione, di supplica, di amore al Padre, allora facciamo le cose in Gesù Cristo. Se Gesù stava tagliando del legno o adoperando la sega o il martello… voi fate cose anche più belle. Anche Gesù faceva tutte le altre cose ordinarie e anche quelle che sono di necessità per la vita presente, ma le sue intenzioni rendevano tutta l’attività a gloria di Dio, tutta l’attività per Dio. Redimeva il mondo, e meritava per il mondo, tanto quando andava a prendere l’acqua alla fonte, come quando sanguinava nell’orto del Getsemani oppure quando veniva crocifisso, e sulla croce pregava per i peccatori, offriva la sua vita e domandava per loro perdono11.
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Tutto era una preghiera unica, sempre continuata.
Naturalmente ci vogliono le disposizioni, cioè lo stato di grazia, la retta intenzione e poi, le cose farle bene, non fare meno bene supponiamo l’apostolato, il tratto con le sorelle, ecc., far meno bene la genuflessione in chiesa, la recita delle orazioni del mattino e della sera. Sempre mettendoci l’impegno, per quanto è possibile l’attenzione della mente, le forze fisiche e interiori, il cuore unito al cuore di Gesù con le intenzioni con cui vi immolate sugli altari12. La vita allora si eleva, non rumorosamente, non abbiamo bisogno di farci sentire, ma la silenziosità, l’unione intima, le intenzioni unite con Gesù Cristo: Tamdiu homo orat quamdiu vitam suam ordinat ad Deum: In quanto ordina la sua vita a Dio13.
Questa trasformazione di tutta la vita in orazione quanto aumenta i meriti, quanto rende serena l’anima e contento lo spirito! Allora si fa il volere di Dio, senza neppure dire: Sì lo faccio per obbedienza, mi costa ma mi adatto, ecc., ... «Sia che viviamo e sia che moriamo»14 senza neppure dire una giaculatoria, ma lo spirito è unito al Signore: è tutta orazione. Sia che viviamo, è come Gesù viveva, e sia che moriamo, quando Gesù fece silenzio: «Inclinato capite emisit spiritum15. Tutto, ogni azione ha il suo valore, e l’ultima azione, l’accettazione della morte, l’unione del cuore nostro con il volere di Dio, con Gesù agonizzante e con Gesù morente, tutto è trasformato in preghiera. Dare una grande importanza a questo: In Cristo sempre e per ipsum, cum ipso et in ipso est Deo Patri omnipotenti in unitate Spiritus Sancti omnis honor et gloria16. Il programma di Gesù: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà17. Gloria a Dio, e con il cuore apostolico portare la pace a tutti gli uomini, portando la
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luce, portando quello che è necessario che sappiano per operare in ordine a Dio e per santificarsi.
Vi è da una parte il fine della vita: «Gloria a Dio», e dall’altra parte vi è il fine dell’apostolato: «Pace agli uomini di buona volontà». Queste due intenzioni si uniscono nel cuore, anche se non diciamo queste parole precise, ma diciamo il senso che queste parole esprimono, contengono. Abbiamo questi sentimenti nell’animo? Allora la preghiera è in Cristo. Quale maggiore efficacia! Quanto più di onore e di gloria al cielo e quanto più si può dare di sollievo alle anime purganti, e quanto più di grazie otteniamo per la umanità, per la Chiesa, per quelli che ancora non conoscono il Vangelo, non conoscono Gesù Cristo, per i peccatori, per gli scismatici, per quelli che sono lontani da Dio, e per le anime che dovrebbero progredire di più.
Questo Dio, questo Gesù che si è fatto come un gruppo scelto, un’élite di pietà, di anime devote, totalmente sue, che sono le religiose, si aspetta che si viva così. Una élite messa a parte, segregata, come si esprime la Scrittura, separata dagli interessi del mondo, ma non tolta dal mondo18, perché deve compiere quello che Gesù ha compiuto, cioè l’apostolato «a quo accepimus gratiam et apostolatum»19: santità e apostolato.
Un’élite scelta. Che cosa fare? Continuamente purificare la mente, il cuore, la lingua, i discorsi, l’attività. Candore, purezza, e continuamente: Orare in Christo20, con lui, come quando passava le notti, quando ci insegnava il Padre nostro, quando pregava là nella casa di Nazaret e quando lavorava e quando portava i lavori di falegname ai clienti e quando gemeva nell’orto del Getsemani e quando pregava sopra la croce. In Cristo! Le sue intenzioni! Allora il lavoro riesce, e bene. Come uno non vorrebbe entrare in chiesa senza fare la genuflessione, così il lavoro che fa, sia in cucina, sia la pulizia, sia una redazione, sia una propaganda o una cosa umilissima, se si fa bene, tutto diventa orazione e si compie il desiderio di Gesù:
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«Oportet semper orare, numquam deficere». Vita trasformata in continua orazione.
Considerando il silenzio di Gesù nel presepio, penso che noi possiamo imparare e proporre questo per il santo Natale. Il silenzio: «Dum silentium tenerent omnia» e la notte era a metà del suo corso, mezzanotte: «Omnipotens sermo tuus»21, colui che è Verità, che è la Parola del Padre è venuto. Allora, abituale raccoglimento, pensare che dobbiamo fare una cosa di più che fare soltanto ricreazione, che dobbiamo fare una cosa di più che non soltanto la spedizione dei pacchi, ... C’è un’orazione che noi stiamo facendo all’interno del nostro spirito e che prende il suo valore dall’essere uniti alle intenzioni di Gesù. Propositi.
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1 Meditazione tenuta a Roma il 21 dicembre 1960. Trascrizione da nastro: A6/ an 89a = ac 150b.

2 Cf Lc 18,1.

3 Cf S. Agostino, In Psalmum 146,2.

4 Cf S. Tommaso, Comment. in Rom. c. I, lect. 5, in Adolfo Tanquerey, Compendio di teologia ascetica e mistica, Désclée, Roma 1928, n. 527, p. 332.

5 Cf Lc 2,1-5.

6 Cf Lc 2,6-7.

7 Cf Sap 18,14: «Mentre un profondo silenzio avvolgeva ogni cosa».

8 Cf Lc 2,1-18.

9 Cf Mt 2,13-14.

10 Cf Lc 2,51-52.

11 Cf Lc 23,34.

12 Cf Cuore divino di Gesù, Le preghiere della Pia Società San Paolo, ed. 1944, p. 17.

13 “L’uomo prega tanto in quanto ordina la sua vita a Dio”. Cf nota 4.

14 Cf Rm 14,8.

15 Cf Gv 19,30: «E chinato il capo, consegnò lo spirito».

16 Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria. Cf dossologia trinitaria a conclusione del Canone della Messa.

17 Cf Lc 2,14.

18 Cf Gv 15,19.

19 Cf Rm 1,5: «Per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli».

20 “Pregare in Cristo”.

21 Cf Sap 18,15: «La tua parola onnipotente …».