7. CUORE MIO, DOVE SEI?
Alla presenza di Dio con tutto il proprio essere
Domenica II di Quaresima, Meditazione, Castel Gandolfo, 26 febbraio 19611 Il Vangelo della II domenica di Quaresima è ricavato da san Matteo.
«In quel tempo: Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, e li condusse in disparte sopra un alto monte. Là si trasfigurò davanti a loro. Il suo viso risplendeva come il sole e le sue vesti erano candide come la neve. Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia che parlavano con Gesù. Pietro prese a dire a Gesù: Signore, quanto è bello per noi restare qui! Se vuoi, facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia. Mentre egli stava ancora parlando, furono avvolti da una nube luminosa e dalla nube udirono una voce: Questo è il mio figlio diletto nel quale mi sono compiaciuto: ascoltatelo! Udendo la voce i discepoli caddero bocconi per terra ed ebbero gran timore, ma Gesù, accostatosi, li toccò e disse: Alzatevi, non temete. Ed essi, alzando gli occhi, non videro altri che Gesù. Mentre scendeva dal monte, Gesù disse loro: Non parlate ad alcuno della visione, finché il figlio dell’uomo non sia risuscitato da morte»2.
Si avvicinava il tempo della passione per Gesù Cristo, passione e morte. Egli prevedeva - come difatti avvenne - che gli apostoli, vedendo Gesù accusato e condannato a morte e
~
poi crocifisso, si sarebbero scoraggiati, come se tutte le cose che egli aveva promesso non fossero state vere - egli aveva predetto quello che sarebbe avvenuto, cioè la diffusione del suo regno, la diffusione del Vangelo -, e quindi un certo dubbio sarebbe nato nel loro cuore. Possiamo pure noi sperare in quello che egli ci ha predetto? La salvezza eterna?
E allora Gesù per prevenire lo scoraggiamento dei discepoli, diede loro un saggio più chiaro della divinità sua con la trasfigurazione. Volle che assistessero tre discepoli prediletti: Pietro, Giacomo e Giovanni. Certamente Gesù amava tutti gli apostoli, ma questi forse corrispondevano di più alle sue cure e poi egli aveva dei disegni particolari sopra di loro.
Giunto sulla cima del monte si trasfigurò: quindi il suo volto apparve come un sole lucente e le sue vesti candide come la neve; e comparvero d’accanto a lui Mosè ed Elia. Oh! La scena era così bella che Pietro, pieno di entusiasmo: Quanto è buono, quanto è bello stare qui! Se vuoi, Gesù, facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia. Ma mentre che parlavano li avvolse una nube e si fece sentire dal cielo la voce del Padre celeste: Questo è il mio Figlio diletto in cui mi sono compiaciuto: ascoltatelo. E gli apostoli, i tre apostoli, rimasero come atterriti e caddero a terra bocconi, e pregando, gemendo. Ma di lì a un momento, Gesù si avvicinò loro e li toccò: Non temete!, e si rialzarono di nuovo più sereni. Discendendo dal monte Gesù disse: Non dite questo che avete veduto finché io non sia risuscitato dai morti.
Oh! Pietro, Giacomo e Giovanni indicavano il Nuovo Testamento. Pietro indicava la fede, Giacomo indicava specialmente la morale, le opere buone3, e Giovanni la carità; e la fede e la carità e la speranza sono le virtù teologali fondamenti della Chiesa e di tutta la nostra speranza nel Signore. Oh! Allora Pietro indicava la fede, Giacomo specialmente le opere buone e Giovanni la carità: fede, speranza e carità.
Oh! Ora, ecco: come possiamo noi piacere a Dio, piacere a Dio. Fede… sì! Credere fermamente a quanto il Vangelo ci
~
ha insegnato, e cioè: la predicazione di Gesù e gli esempi di Gesù e la grazia che ha portato Gesù al mondo mediante la sua passione e morte.
Ma tuttavia non basta aver la fede, bisogna operare: senza le opere, la nostra fede è morta [cf Gc 2,26]; perché si vede il bene da fare, il premio che ci aspetta; e, se non si opera, come si mostra il nostro amore a Dio se non con la generosità, con la confidenza nella luce di Dio? Le parole sono buone quando partono dal cuore, ma, perché siano perfettamente buone, bisogna anche metterle in pratica: quando il Signore chiede qualche sacrificio della nostra volontà, del nostro stesso cuore e dei nostri sensi, degli occhi, della lingua, del tatto, del gusto… il nostro amore, la nostra fede si mostra con i fatti.
E poi amare Gesù: la carità. Amare Gesù in che consiste? Togliere ciò che dispiace a Gesù, sì, togliere quel che dispiace a Gesù; e, secondo, fare quel che piace a Gesù. Ecco la carità, il vero amor di Dio.
Sì, tutto questo però richiede la preghiera: quando ci son delle belle Confessioni, delle belle Comunioni, quando ci son delle belle adorazioni, delle belle Visite, quando si pratica l’uso delle giaculatorie, eccetera…, allora la grazia che cresce in noi, l’amore a Gesù, il nostro cuore sempre più rivolto a lui. Nell’esame di coscienza noi facciamo bene ad annotare le nostre vittorie e le nostre sconfitte, o che le registriamo così materialmente in un taccuino, specialmente in principio della vita religiosa, o che noi invece senza registrarle le teniamo presenti, questo è buono: vittorie e sconfitte che ci siano presenti. Però, il Signore nell’esame di coscienza vuole che specialmente ci fermiamo sopra il fondo dell’anima, lo stato dell’anima: se cioè c’è lo spirito di preghiera, c’è il vero amor di Dio, la vera buona volontà; se quando si vede il volere di Dio si abbraccia con letizia, oppure la volontà di Dio si vede e non la si sente; vedere lo stato, le disposizioni interne.
Quindi, nel bellissimo libro [riguardo] la pietà, la perfezione, il lavoro di perfezione semplificato… l’ascetica è semplificata al fine di fare meno fatica e far più cammino… Dice il libro: ogni tanto nella giornata interrogatevi: Cuore mio,
~
dove sei? Ecco, stai con Gesù? Vuoi o non vuoi ciò che vuole Gesù?. Sapere dov’è il nostro cuore, che cosa desideriamo: se c’è l’amor proprio che ci domina, l’egoismo, eccetera, allora… subito ci mettiamo a posto; se invece sentiamo in quel momento dov’è la volontà del Signore, che c’è la buona volontà, che c’è l’unione con Dio, ecco, il cuore è volto verso il Signore e il cuore è a posto4.
Vi sono anche persone che arrivano a fare tutte le somme delle loro vittorie e delle loro sconfitte, e sta bene - ripeto, specialmente in principio del lavoro di perfezionamento, di santificazione -, ma soprattutto dovete veder la disposizione del cuore: ciò che cerchiamo nella vita, quello che vogliamo ottenere, supponiamo nel fare questo lavoro, quell’altro ufficio, eccetera: il nostro cuore è rivolto verso il Signore? Con quello vogliamo fare dei meriti? E c’è in noi la volontà, oppure c’è solamente un vorrei esserlo? Vedere il fondo dell’anima come sta. Perciò sempre si dice e si dice bene: Io prego, io ho buona volontà…?, che equivale a dire: qual è il fondo della mia anima? Come sto veramente con il Signore? E ci sto veramente con tutto il cuore, con tutte le mie forze? C’è la mente unita a lui? La mia volontà è unita alla sua? Questo è uno sguardo sereno all’anima, quasi un’occhiata, chiarissima5: si scopre subito come stiamo con Dio.
~
Allora poi naturalmente non basta un’occhiata… se il cuore non è a posto, lo si mette a posto: O Gesù mio, misericordia e Mio buon Gesù, io ti amo… fa’ che ti ami sempre di più, e cioè che abbiamo questo desiderio di amarti, questa volontà generosa di fare quel che vuoi tu.
Questo porta anche al raccoglimento, questa interrogazione su di noi. E nella giornata far sì che noi siamo sempre presenti a noi stessi, non che ci scappino parole che non devono scappare, senza aver riflettuto, non che in quel momento seguiamo più il capriccio o la nostra volontà che quella di Dio, no! Allora viviamo sempre con un controllo continuato sopra di noi, e dominiamo: la mente, che non pensi a quel che non deve pensare; il cuore, che non vada dove non deve andare; che la volontà sia docile alla volontà di Dio; che gli occhi, l’udito e la lingua, eccetera, tutto sia controllato e veduto… [che] siam sempre presenti a noi. Troppe volte nella giornata si è assenti da noi: quante sciocchezze non ci passano per la testa a volte! Quante volte si vede anche a rifiutare un po’ la grazia: Signore, fino a lì sì, più in là no!. E allora, mancando questa generosità, le settimane non rendono granché, non segnano un gran progresso; ma quando c’è questa volontà, quando c’è questo controllo, questa presenza sempre di noi, su noi…! Alle volte le fantasie giocano, e si sta dei minuti, si sta anche più che minuti, e magari anche in chiesa la fantasia se ne va e la mente se ne va e resta lì solo il corpo; lo spirito bisogna che sia presente: che noi stiamo alla presenza di Dio.
Questo mettersi alla presenza di Dio non vuol dire solamente andare in chiesa e inginocchiarsi… vuol dire portargli la mente: che pensi a lui; vuol dire portargli il cuore: che sia rivolto a lui; vuol dire dargli la volontà: che sia uniformata, conforme a lui. Se no, non siam presenti, non siamo umilmente alla presenza di Dio; che sia detto con la voce, sta molto bene, ma soprattutto che si senta: lo spirito interiore è con lui. Non che siamo dei fantasiosi, o che siamo dei distratti, ordinariamente: perché ci vengono tante distrazioni, ma quando non son volontarie… e allora, se ci si mette la buona
~
volontà, non son volontarie e quindi non disgustano Dio! Però… sempre meglio, sempre meglio! Cioè, la perfezione poi è che il nostro essere arrivi ad essere presente a Gesù, unito a Gesù il nostro essere: la mente, la fantasia, la memoria, l’immaginazione, l’interno in Cristo viva6.
Perché portare il corpo in chiesa: basta che si dia il segnale e tutti vanno in chiesa… oppure, uno si decide di andarsene. Ma andare con tutto l’essere: tanto si sta bene allora con Gesù! Quando allora si intravede Gesù lì dietro la porticina nel tabernacolo, e gli si comincia a parlare, a dirgli delle cose che escano dalla nostra anima, e domandargli delle cose che… Signore, riconosciamo necessarie!; fargli delle promesse, molti atti di amore e di fede, sì. Presenza a Gesù, alla presenza, sì: Credo che mi vedete, credo che mi sentite, credo che mi esaudite, credo che aspettate il mio cuore.
Dunque, se noi prendiamo questa abitudine di veder non solamente le vittorie o le sconfitte… che sono poi, per lo più, conseguenza di questa disposizione interiore: Cuore mio, dove vai? Cosa cerchi? Come stai adesso con Dio?; sono poi i frutti buoni e gli atti buoni e le vittorie di questo dominio, di questa presenza su noi stessi, presenza dinanzi al Signore!
Coraggio, neh!, che una grande grazia si otterrà a poco a poco, con la buona volontà… e il Signore la dà sicuramente: buona volontà e preghiera il Signore ce la dà7.
Santi che, quando pregavano, sentivano un’unione profonda con Dio. Anime che fanno anche delle pratiche ma così, superficiali, in distrazione. Otteniamo lo spirito di orazione dei santi!
Sia lodato Gesù Cristo.
~
1 Nastro originale 90/61 (Nastro archivio 85a. Cassetta 85, lato 1. File audio AP 085a). Titolo Cassetta: “Trasfigurazione di Gesù”.
2 Vangelo: Mt 17,1-9. Il brano viene citato liberamente dal PM all’inizio della meditazione.
3 Cf AP 1958/1, p. 134, nota 6; AP 1958/2, p. 184, nota 6.
4 Si tratta del libro dell’abate certosino Dom François di Sales Pollien (1853-1936), La vie intérieure simplifiée et ramenée a son fondement. Il testo, uscito in Francia nel 1894, fu pubblicato da Joseph Tissot a cui fu attribuita la paternità, anche in Italia, dove uscì negli anni ’20 (edizioni Marietti). Venne poi tradotto da una Figlia di San Paolo, Farci M. Dolores (1909-1988), e pubblicato nel 1947 dalla San Paolo (Società Apostolato Stampa) sulla XVII edizione francese, riveduta dall’autore: P.F. POLLIEN, La vita interiore semplificata e ricondotta al suo fondamento, Roma 1947, pp. 557. Nel 1961, le Edizioni Paoline ne stampavano la 5a edizione. IL PM sta qui richiamando soprattutto la parte del libro che tratta gli esercizi di pietà e l’esame di coscienza, dove è ben sottolineato di non fermare l’attenzione solo ai “particolari e alle esteriorità”, ma di puntare alla sostanza dell’esame stesso - “dov’è il mio cuore?” - per “avere la fisionomia del proprio interno e la chiave della propria anima”. Più avanti il PM parla di “un’occhiata” sulla propria anima, citando un’espressione usata proprio dall’Autore in questo paragrafo. FRANÇOIS POLLIEN, Vita interiore semplificata e ricondotta al suo fondamento, Cinisello Balsamo 199610, 467-470; 485; 490; 492. Sul senso della “semplificazione” nel cammino spirituale, vedi anche 6; 367-372.
5 Parola incerta.
6 Espressione incerta.
7 Espressione incerta.