Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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6. DETESTARE IL PECCATO E PROGREDIRE
DI GIORNO IN GIORNO IN SANTITÀ
Venerdì delle Quattro Tempora di Quaresima, Meditazione, Torino (SAIE), 24 febbraio 19611

Oggi, venerdì delle Quattro Tempora, noi abbiamo questo insegnamento: di detestare il peccato e di proporre in avvenire di evitarlo; evitare anche le offese minime al Signore.
E la lezione viene dal profeta Ezechiele, quanto all’Epistola, e viene dal Vangelo di san Giovanni per il Nuovo Testamento2. Detestare il peccato ed evitarlo.
«Queste cose dice il Signore: L’anima che ha peccato, quella morrà, e il figlio non porterà l’iniquità del padre, né il padre quella del figlio: sul capo del giusto sarà la giustizia e su quello dell’empio l’empietà».

Che vuol dire: chi ha peccato si perde, se non si converte; e chi fa il bene trova il bene. Continua l’insegnamento già avuto ieri, pure dal profeta Ezechiele3, che vuol dire: ciascheduno il bene lo fa e lo fa per sé, se lo fa; e ciascheduno
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il male lo fa per sé, se lo fa. Quindi il padre quando ha fatto il suo dovere per educare i figli bene, non è responsabile se i figli si portano male; e i figli, se faranno bene ancorché il padre abbia fatto male, essi non avranno il castigo: ciascheduno fa il bene per sé, ciascheduno fa il male per sé. Chi trascura il bene, non va, e chi invece fa il bene, se lo ritrova.
Però, due cose da notare: chi pecca anche dopo una vita molto buona, cosa commette? Un grande errore, perché [per] chi pecca gravemente, tutto il bene fatto prima non verrà più premiato; avesse anche fatto i meriti, supponiamo, di santa Teresina […] e poi un giorno peccasse gravemente, il bene non è più ricordato, in quanto che se morisse nel suo peccato è condannato all’inferno, e quindi il bene non gli gioverà più. Se però uno, dopo che ha fatto bene, per disgrazia commette un peccato ma se ne confessa, ebbene, tutto il bene fatto revivisce4, e cioè ritorna, e quindi avrà il premio del bene che aveva fatto e avrà anche il premio della conversione: cioè di quella buona Confessione fatta, dei buoni propositi e della correzione della Confessione… sì, anche il premio che corrisponde5. Allora noi ricordiamo questo: non perdere nulla dei meriti passati, mai; anzi, conservarli e aumentarli, continuando nel bene, nella via buona; anzi, migliorando giorno per giorno. E perciò questo è ciò che insegna l’Epistola, la quale è piuttosto lunga.
E «infatti, quando un giusto - cioè colui che è buono -, allontanandosi dalla sua giustizia, peccherà e morrà nel peccato, morrà a causa dell’ingiustizia da lui commessa; così, quando l’empio, allontanatosi dall’empietà e dal peccato da lui commesso, praticherà l’equità e la giustizia, egli renderà la vita all’anima sua».

Temere perciò il peccato… E uno dei frutti della Quaresima e il mezzo per ricavare il frutto della Quaresima è quello di bene confessarsi: buone Confessioni con atto di dolore, con il proposito, con la sincerità, con la soddisfazione.
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Il Vangelo, sebbene anch’esso alquanto lungo, ci dice la stessa cosa: evitare il peccato, togliere il peccato.
«In quel tempo, essendo una festa dei Giudei, Gesù andò a Gerusalemme - i Giudei avevano specialmente tre grandi solennità nell’anno; allora andavano a Gerusalemme -. Ora in Gerusalemme vi era una piscina probatica (in lingua ebraica si dice Betsaida), la quale aveva cinque portici. In questi portici giaceva gran quantità di infermi, ciechi, zoppi, paralitici ad aspettare il moto dell’acqua, perché di tanto in tanto veniva dal cielo un angelo, muoveva l’acqua e il primo infermo che si fosse buttato nell’acqua restava risanato. Un angelo del Signore, infatti, scendeva ogni tanto nella piscina e l’acqua ne veniva agitata; e chi per primo vi si tuffava, dopo il moto dell’acqua, guariva all’istante da qualunque malattia fosse oppresso. Fra quei malati, vi stava un uomo che era infermo da trentotto anni. Gesù, vistolo giacere e sapendo che da molto tempo si trovava in quella condizione, gli disse: Vuoi essere guarito? Signore, rispose l’infermo, io non ho nessuno che mi metta nella vasca quando l’acqua è agitata; perciò quando mi accosto io, un altro vi è già disceso prima di me - il poveretto non poteva muoversi e non aveva chi lo aiutasse e gli altri lo precedevano -. Gesù gli disse: Alzati, prendi il tuo letto, il tuo letticciolo, e cammina. Nell’istante l’uomo guarì e, preso il letticciolo, cominciò a camminare.
Ora quello era un giorno di sabato. E quindi i Giudei - farisei ipocriti - dicevano al risanato: È sabato, non ti è lecito portare il tuo letticciolo - come [se] di sabato non si potessero fare le cose necessarie: in giorno di festa si fa ben sempre il pranzo, si fa ben sempre la pulizia […]! -. Ma quell’uomo rispose a loro: Colui che mi ha guarito, mi ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina. Gli domandarono allora: Chi è quell’uomo che ti ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina? Ma il guarito non sapeva chi fosse, perché intanto Gesù si era allontanato dalla folla che era in quel luogo. Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: Ecco, sei guarito; non peccare più, perché non ti accada di peggio. E colui andò a riferire ai Giudei che era Gesù colui che lo aveva guarito».

Qui l’insegnamento. Anzitutto Gesù precede quell’infermo, il quale non aveva chiesto lui la guarigione. Quante sono
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le grazie che riceviamo… e non le abbiam chieste! Qualche volta ci lamentiamo che non otteniamo quello che domandiamo, ma il più delle volte il Signore ci previene e, per le preghiere che si fanno, ci dà anche le grazie migliori! Se conoscessimo quanto è buono il Signore! Noi non glielo abbiamo chiesto, ad esempio, il Battesimo… piccoli che eravamo: e Gesù ci ha allora lavati con il suo sangue e ci ha dato la vita della grazia. La vita della vocazione, la grazia della vocazione generalmente non si chiede: nasce e si svolge nell’intimo del cuore, della coscienza; e ce ne accorgiamo e la capiamo dopo che già è arrivata a un certo punto di sviluppo. Ecco, non l’avevamo chiesto d’ordinario.
Quanto è buono il Signore! Ora non conosciamo tutte le finezze, le delicatezze, le premure di Gesù per noi: oh, se le conoscessimo, se conoscessimo i doni di Dio! Ma quando entreremo in paradiso, vedremo tutta la storia della misericordia di Dio verso di noi, entreremo di meraviglia in meraviglia: e allora sì che ameremo il Signore, sì che gli saremo riconoscenti, sì che capiremo quanto egli abbia fatto per noi non solamente morendo [sul] legno, sulla croce, ma proprio per me, per ogni anima. E allora saremo felici e quanto ameremo il Signore! Ma amiamolo anche già adesso per riconosc[enza]… e siamo riconoscenti, in attesa di quando6 poi capiremo meglio.
Ma l’insegnamento che ci preme stamattina è quello con cui si conclude il Vangelo: Ecco, sei guarito. Non peccare più perché non ti avvenga di peggio. È segno che quell’uomo aveva peccato e per il peccato gli era venuto quel male; e se egli per caso fosse tornato al peccato, gli sarebbe successo qualcosa di peggio. Temiamo così [il peccato]. Gesù ce lo dice dal tabernacolo: Non peccare più, ché non ti avvenga di peggio, e cioè: che io diminuisca le grazie e che il cuore tuo si indurisca e che non senta più tutti quegli inviti che io ti faccio discendere nell’anima, tutte quelle comunicazioni, quindi, nel tuo essere… Non peccar più per non perdere le
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grazie, ecco. Anzi, cerchiamo d’ora in poi questo: sempre Confessioni ben fatte e volontà risoluta di non offendere avvertitamente mai più il Signore7; e quindi rispondere a tutte le sue grazie e progredire di giorno in giorno. Temere la incorrispondenza, temere di perdere le grazie, ed essere sempre più assetati di grazia, di misericordia e di santità.
Così si progredisce, così i giorni segnano un cambiamento, e ogni giorno si fan dei piccoli passi sempre verso la via della santità.
Dunque, come pratica particolare di Quaresima: buone Confessioni. Non scrupoli, ma pentimento sì, anche delle minime offese fatte al Signore; e desiderio sì di evitarle e, anzi, di ripagare il male con tanto bene, con tanto fervore, con tanto amore. Eh quanto ci vuole bene il Signore! Vogliamogli sempre più bene, diamogli tutto il cuore: non solo non piantargli delle spine nel cuore con le venialità, ma portargli conforto, consolarlo nella sua passione, riconsolarlo per quei dispiaceri che gli abbiamo dato, e consolarlo rimediando e convertendoci pienamente e conducendo da ora [in] avanti una vita di progresso tenace8, continuo.
Durante il tempo della Messa e delle Comunioni chiedere queste grazie: mai più offendere Gesù, consolarlo di tutte le pene che gli abbiamo dato, consolarlo di tutte le pene che ha sofferto nella sua passione e morte.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 89/61 (Nastro archivio 84c. Cassetta 84bis, lato 1. File audio AP 084c). Titolo Cassetta: “Il paralitico guarito”. Le Quattro Tempora cadevano sempre nei giorni di mercoledì, venerdì e sabato in quattro momenti dell’anno: la III settimana del Tempo di Avvento, la I di Quaresima; la settimana di Pentecoste; e dopo la festa dell’Esaltazione della Santa Croce (il 14 settembre). Vedi AP 1958/2, p. 150, nota 8.
2 Epistola: Ez 18,20-28; Vangelo: Gv 5,1-15. Dell’Epistola, il PM legge e commenta di seguito i primi versetti e più avanti gli ultimi. Il Vangelo lo proclama per intero più avanti e lo commenta.
3 Il giorno precedente, Giovedì della I settimana di Quaresima, il brano dell’Epistola era: Ez 18,1-9.

4 Dal verbo latino reviviscere: rivivere, rinascere.
5 Parola incerta.

6 Il PM dice: in attesa che.

7 Il PM dice: non offendere più avvertitamente mai il Signore.
8 Parola incerta.