Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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49. RICONOSCENZA A DIO PER LA VOCAZIONE
e corrispondenza totale alla consacrazione
Ritiro Mensile, 3a Meditazione, Torino (SAIE), 24 settembre 19611

Gesù Maestro ci ha insegnato con la parola e con l’esempio a mostrarci continuamente riconoscenti al Signore per tutte le grazie, beni, privilegi, affetti. E allora, secondo la riconoscenza che sentiamo nel nostro cuore, si accende maggiormente l’amore verso Dio. Gesù, prima di operare prodigi, prima di dare a noi la Santissima Eucarestia, prima di consecrare il pane, prima di consecrare il vino, «gratias agens»2, [in] primo luogo ringraziava il Signore, il Padre celeste.
Vi adoro, mio Dio, e vi ringrazio. Adorarlo è la prima cosa riconoscendolo nostro creatore, Signore, premio. E secondo, la riconoscenza: Vi ringrazio di avermi creato, fatto cristiano, conservato in vita e chiamato ad una vita poi più perfetta3. La nostra riconoscenza… perché, quando non è sentita la riconoscenza, la vita spirituale va avanti più per timore che non per amore.
Ora, il timor di Dio è buono, certamente, e può esser tuttavia un timore più perfetto e un timore meno perfetto: chi teme solamente l’inferno ha un timore imperfetto; chi invece teme di disgustar Gesù con le sue offese, con le imperfezioni,
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e con il non corrispondere sempre a tutte le grazie e perdere dei meriti… questo è un dolore più perfetto. Il timor di Dio.
Ma se noi passiamo alla via dell’amore, allora ecco che la vita spirituale diviene lieta, serena, una gioia continua. Il mondo pensa che sotto quel velo della suora, che dopo la consecrazione a Dio, la persona debba sempre camminare in tristezza, come se fosse come in lutto e come compiangesse sempre i beni perduti, i beni che il mondo offriva. Oh, ma il mondo ha una bilancia falsa4, non sa mica pesar le cose spirituali! Il mondo non ha gustato le delizie che sono con Dio: «Quoniam suavis est» [Sal 34(33),9], perché è soave il Signore; e non avendolo assaporato, è come uno che ha mai gustato un cibo: non sa dire se è buono o cattivo. E invece il mondo sa gustare le cose mondane, le sue cose proprie, e si ferma lì: cose che finiscono, soddisfazioni che hanno un termine molto presto. Il giorno in cui l’anima si consacra a Dio, in cui al luogo di uno sposo terreno acquista uno Sposo celeste, uno Sposo che non verrà mai brutto, uno Sposo eterno, uno Sposo felice, uno Sposo che conferisce la beatitudine eterna… che gioia il giorno in cui l’anima si unisce con Dio definitivamente! La morte non separerà affatto, perché, anzi, con la morte si stabilisce l’unione più perfetta e beatificante con Dio! Donne che piangono sulla tomba del marito, mariti che sono rimasti vedovi e si addolorano perché non hanno più l’aiuto che prima avevano… ma non è così di chi è qui consecrato a Dio.
Prima cosa: la vocazione, ringraziare della vocazione, perché tutti [coloro] che esistono, sono creati da Dio. Quindi lì è una riconoscenza per un motivo comune. Poi possiamo dire in generale di quelli che ci circondano: …di avermi fatto cristiano… e fino a lì è un motivo di riconoscenza comune a tutti i fedeli; e …di avermi conservato…, e quello, finché si dice il Vi adoro, è segno che viviamo! Ma …e di avermi condotto in questo Istituto, in questa Congregazione [è ciò] che è proprio, quello che dimostra una preferenza del Signore per quest’anima! Quella preferenza la quale è stata disposta
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da Dio in eterno, perché la vocazione è la volontà di Dio ab aeterno: e perché il Signore creando e perché il Signore conferendo la grazia nel Battesimo, ha dato le inclinazioni e ha predisposto le virtù per quell’anima, perché si consacri al Signore a suo tempo. E poi le chiamate che susseguiranno: riconoscenza della vocazione, la quale è il seguito di una catena di grazie e forse di vittorie, perché ci sono stati tanti tentennamenti, dubbi, tardività, cioè non immediatamente corrisposta la volontà di Dio; non c’è stata la generosità di Paolo, il quale arrivò subito appena convertito alla perfezione: Signore, cosa tu vuoi che faccia? [cf At 22,10]. Quando uno si abbandona alla volontà di Dio, è già nella strada, è già nello stato di perfezione. Allora, sì, la continuità delle grazie che hanno servito a condurre l’anima fino alla consecrazione a Dio: riconoscenza.
Riconoscenza per questo: l’anima consecrata a Dio ha dei diritti per questo, acquista dei diritti. I cristiani chiedono, la anima consecrata a Dio in tante cose basta che dica [che] vuole… perché la sposa vuole dallo sposo quello che è necessario per la sua vita, ed è una legge naturale; diventata sposa di Gesù Cristo, tu hai i diritti rispetto a Gesù Cristo. Chi si dà totalmente, acquista il diritto di ricevere quanto è necessario per conservarsi degna di Gesù: quindi, le grazie per vivere la povertà, le grazie per vivere la castità, le grazie per vivere l’obbedienza, le grazie di perfezionamento, cioè di continuare a lavorare per la santità. Perché questo, essendo il dovere fondamentale della vita religiosa, ecco… il Signore dà certamente la grazia alle anime consecrate a lui di attendere alla perfezione, la quale non è una parola vuota: è veramente il vivere la consecrazione! Niente senza la dipendenza, tutto in dipendenza; niente libertà, libertà mondane, mortificazione del cuore. Il Signore dà le grazie per vivere la vita di perfezionamento e di compiere quell’apostolato che si è eletto, si è scelto o che c’è nell’Istituto come assegnato. Riconoscenza per questo: acquista la sposa dei diritti rispetto allo Sposo Gesù, perché è anima consecrata a Gesù, che potrà viver la sua vita quindi di perfezionamento fino alla morte.
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E terzo: è già in stato di perfezionamento - se non trasgredisce e se non abbandona la sua vocazione, si capisce -, è in uno stato in cui non c’è altro che da camminare, di esser fedele allo Sposo: faccio i voti per un anno, per due, per tutta la vita, ecco, è talmente5 e totalmente di Dio… e allora diritto al paradiso. Mi avete seguito, avete lasciato tutto. Avrete il centuplo per uno - il centuplo sulla terra di grazie - e il paradiso eterno [cf Mt 19,29]. È lo Sposo che ricompensa così la sua sposa perché è sua, e perché essa ha acquistato dei diritti verso di lui.
Che cosa avrà? Avrà tutti i beni che sono promessi nel santo Vangelo… e Dio è fedele! «Ut digni efficiamur promissionibus Christi»6, vuol dire: Maria, prega per noi, perché siamo degni delle promesse di Gesù Cristo… cioè, perché noi ci manteniamo fedeli. Quindi, grazie particolari.
Poi, grazie particolari, perché? Le attrattive del mondo si fanno sempre meno sentire, le attrattive di Gesù si fan sempre più sentire: «Nemo venit ad me nisi Pater meus traxerit eum» [cf Gv 6,44], nessuno viene a me se non c’è la grazia del Padre celeste. E allora, traxerit, dice: cioè è Dio che ti attira, è Dio che attira l’anima a sé; e quindi fa sentire sempre più le sue voci d’invito e anche i rimproveri intimi alla figliola sua, di Dio Padre. E perciò è un’insistenza continua a camminare nella via della santità: a togliere ciò che non piace al Signore, a mettere ciò che piace al Signore.
Certo, allora ci vuole la corrispondenza. Persone che corrispondono e persone che corrispondono poco, e persone che corrispondono mediocremente… vi sono vari gradi. Ma chi vorrà stare tutto [con] Gesù, risponde totalmente, generosamente. Quella persona che non ha ritenuto niente di suo ma tutto ha dato a Gesù, se vuole ancora un po’ di ambizione, se vuole ancora un poco di stima dagli uomini, se vuole ancora prendersi libertà e soddisfazioncelle - che non saranno peccati ma non sono certamente segni di perfezione -… Quando
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si tengono già a freno i sensi, quando si stabilisce il muro spirituale tra mondo e l’anima, allora, ecco il Signore aumenta ogni giorno le grazie e fa arrivare a quel punto di santità a cui ci ha chiamato.
Quando Gesù s’incontrò con la samaritana, la convertì e le comunicò tanta grazia che essa divenne un’apostola; quando la Maddalena s’incontrò con Gesù, pianse i suoi peccati… Gesù la perdonò e ne fece un’apostola, una santa che noi abbiamo nel calendario, [di] cui celebriamo la festa; e così della sorella Marta… e così avvenne. C’è quel bel libro: La donna nel Vangelo7, ecco, Gesù e le donne come sono ricordate nel Vangelo… l’opera di Gesù verso la donna.
Oh! Ma Maria Maddalena, quando si è convertita, ha rilevato niente per sé, tutta si è data! Quindi uno stato felice quello della vita religiosa, stato felice perché ci sono le regole… c’è il modo di aumentare ogni momento il merito perché una non fa mai ciò che vuole, perché quando fa quel che lei vuole, si fa l’orario da sé, eccetera… allora non è più in quello stato di perfezione, è in uno stato di un’ambizione spirituale ma non di consecrazione. Perché solamente far la consecrazione e [continuare a] fare quello che già ci piace, allora vuol dire non fare il passo donandoci totalmente a Dio. Ma quando ci si dona totalmente a Dio, si seguono bene gli orari, si seguono bene le Costituzioni, si fanno le cose con fedeltà, con amore, con generosità, si occupa il tempo bene, non si fanno discorsi estranei… i discorsi sono sempre buoni, sani e, quando si può, anche discorsi spirituali. Allora, giorno per giorno l’anima acquista meriti: quali tesori! Quello lì è il centuplo! Guadagnerà cento volte i meriti del buon cristiano. Non è un privilegio della vita religiosa la santità; possono farsi santi anche dei cristiani, ma occorre che vivano con le virtù proprie del cristiano, e virtù in un grado distinto. Ma - a parte
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questo che richiede una spiegazione lunga - la religiosa ogni momento può aumentare i suoi meriti. Ringraziare il Signore perché ai meriti corrisponde poi la gloria. Ciascheduno riceverà il premio secondo le sue opere [cf Sal 62(61),13; Ez 18,30; Rm 2,6; Ap 2,23; 22,12], secondo [ciò] che ha fatto in vita, non secondo dei sospiri o dei desideri vuoti. Di volontà buone è lastricato l’inferno8, dice santa Teresa, in quanto che essa [l’anima] ha un desiderio vago di essere di Dio, ma di non renderla9 con l’io e con il mondo. Allora, mettere l’io e Dio insieme, cosa produce? Cosa produce? Si finisce con l’essere schiavi delle proprie tendenze, e allora… ma chi veramente si consacra a Dio, una vera [consacrazione]… e dice: Tutto mi dono, mi consacro e offro… tutto!10. La forza sta lì, nel tutto, la forza della consecrazione: non solamente di qualche cosa ma del tutto! E se la rinuncia è fatta spontaneamente: «Qui potuit transgredi, et non est transgressus»11 [Sir 31,10], chi era libero di scegliersi una strada e si è scelta la migliore, e la vuole percorrere perfettamente, e ha messo veramente un muro morale tra essa e il mondo… allora una continuità, una catena ininterrotta di meriti. Perché, stabiliti in uno stato di perfezione, le stesse cose acquistano maggior merito. Quando l’anima è consecrata a Dio e segue un’obbedienza, supponiamo: fissato l’orario, si segue, della Messa: ma è diversa la Messa da chi è consecrata a Dio e da chi non è consecrata a Dio… perché? Perché c’è uno stato gradito a Dio, l’anima è piaciuta al Signore, è più amata, è sua, totalmente. Non c’è più un amore indiretto - amare per esempio i figlioli, un amore indiretto a Dio: attraverso i figlioli, amare il Signore -, ma c’è l’amore diretto il quale è di merito molto più grande.
La conclusione: siete riconoscenti al Signore? San Paolo dice: «Grati estote» [Col 3,15], siate riconoscenti. C’è questa riconoscenza per tutte le grazie? Si dice bene il Vi adoro?
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Si sente la gioia di essere di Dio? La gioia di essere di Dio si sente quando si svuota il cuore di altre cose, perché Dio non può occupare tutto il cuore quando il nostro io lo tiene un po’ chiuso ancora, gli impedisce, impedisce a Gesù di prenderne possesso totale. Vi offro tutto il cuore: ma bisogna fargli il posto perché egli possa abitare in tutto il cuore! E se l’ambizione se ne va e hai solamente più l’ambizione di essere bella davanti a Dio, di piacere a lui, allora sì che occupa tutto il cuore! L’ambizione che quando vai a Gesù la veste è tutta candida e non ha neppure una macchietta, il desiderio di piacere allo Sposo…
Oh, allora la vita religiosa è sempre accompagnata da grande letizia, e si va avanti giorno per giorno… man mano che si avvicina la visione di Dio, il momento di entrare lassù a incontrarsi con Gesù, la vita diviene sempre più lieta. Il distacco è già fatto… non c’è più altro che la morte spinga la porta per entrare in cielo, quindi apra la via dell’eternità.
Riconoscenza e letizia nella vita religiosa.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 111/61 (Nastro archivio 101b. Cassetta 101, lato 2. File audio AP 101b). Titolo Cassetta: “Il timore di Dio. Riconoscenza e amore”.
2 «Rendendo grazie». Dalla formula della consacrazione eucaristica. Missale Romanum, Ordo Missae, Canon Missae.
3 Cf Le Preghiere del Cristiano, Vi adoro, mio Dio. Vedi Preghiere, ed. 1957, p. 13; ed. 1985, pp. 19; 30. Più avanti, il PM cita ancora espressioni di questa preghiera.

4 Il PM dice: sfalsa.

5 Parola incerta.
6 Dalla preghiera dell’Angelus Domini.

7 Con questo preciso titolo, segnaliamo un testo dell’Unione Donne Cattoliche d’Italia: GIUSEPPE NOGARA, La donna nel Vangelo: profili e massime, a cura del Consiglio Superiore U.D.C.I., Roma 1928, pp. 68. Con titoli simili e più vicini rispetto alla meditazione del PM: LUIGI NICOLETTI, Le donne del Vangelo, Torino 1946, pp. 121; SALVATORE GAROFALO, Le donne del Vangelo, Assisi 1958, pp. 109.

8 Vedi p. 160, nota 9.
9 “Non renderla” sta per: chiudere, finire…
10 Vedi p. 23, nota 8.
11 «Chi poteva trasgredire e non ha trasgredito».