Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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35. GESÙ NELLA VITA DOLOROSA
Per chi sono le sofferenze delle Apostoline?
I misteri dolorosi nello spirito vocazionale
Esercizi Spirituali, 5° giorno, I Istruzione, Castel Gandolfo, 10 agosto 19611

[…] E scontava già in sé nelle sue pene intime, nelle pene intime del suo cuoricino, nel presepio; e quando già si scatenavano le persecuzioni contro di lui, che erano come preannunzio di quelle che avrebbe sofferto l’umanità, la Chiesa… Sofferenza quotidiana. Però quell’ultima settimana in modo particolare. Gli dava tanto pena che non accettassero la sua dottrina, che non lo riconoscessero, e come rifiutassero il suo insegnamento; e quindi quel piccolo episodio dice tanto: manifesta una vita continua, un pensiero continuo, un sentimento continuo di Gesù. Quel mattino - pensiamo al levar del sole -, arrivato presso Gerusalemme, dall’alto della collina che sovrasta la città, si fermò a contemplare il tempio che emergeva fra le abitazioni, e poi tutte le costruzioni: la grandezza della città di Gerusalemme. E qualche apostolo gli faceva notare, gli faceva rilevare quasi, pretendeva almeno di fargli rilevare, la bellezza, la solidità, la grandiosità della città. Ed egli pianse, ecco. Pianse: Ah, se sapessi qual è la grazia che passa attraverso a te, e tu resisti… tu resisti!, ecco. E allora prevedeva il castigo: Di te non rimarrà pietra su pietra [cf Lc 19,41-44; Mt 23,37-38; 24,1-2]. E così avvenne quando la città fu distrutta dai Romani e i cittadini furono venduti schiavi2. Oh! Le sofferenze di Gesù per l’umanità!
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Quali sono le sofferenze delle suore Regina Apostolorum? A che cosa si indirizzano le sofferenze che s’incontrano, il lavoro che si fa, la fatica, le applicazioni, l’osservanza religiosa… tutto ciò che importa un po’ di sacrificio? Tutto l’accettar la piccola croce che ognuno ha?
Primo: in riparazione delle vocazioni non assecondate, in riparazione delle vocazioni tradite, in riparazione di tutto quello che avviene attorno a questi chiamati, a queste chiamate: difficoltà di genitori, opposizioni… opposizioni nell’ambiente sociale, opposizioni anche dall’interno: la paura di dover sacrificarsi… cercare invece il mondo, eccetera.
Riparazione, ma non solo… Ma ottenere le grazie che i chiamati superino e che abbiano la luce, e abbiano la forza, il coraggio per seguire. In sostanza, devono immolarsi per le vocazioni. Così, se Gesù si immolava per l’umanità, a voi è data una parte, una parte di un settore per cui riparare, per cui pregare… un settore.
Pensare, ad esempio, quando quel giovane ricco rifiutò la vocazione. Che esclamazione venne dal cuore di Gesù: Come è difficile che un ricco entri nel regno dei cieli!. E siccome Pietro si stupiva, allora: È più facile che passi un cammello per il buco di un ago, che non un ricco entrare nel regno dei cieli [cf Mc 10,17-25]. Le comodità della vita, gli ambienti troppo mondani, le famiglie in cui poco si vive il cristianesimo, le attrattive varie, specialmente quelle che ci sono oggi: quante vocazioni fan deviare! Pregare per chi non prega! Chiedere la luce per chi non la chiede!
Il canonico Allamano3, quando facevano domande per l’Istituto suo missionario, o che fossero domande da parte delle figliole o da parte dei figlioli, la risposta conteneva
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sempre queste parole: «Confortare, et esto robustus in Deo» [cf Dt 31,7.23; Gs 1,6-7], rafforzati e sii robusto nella tua vocazione, cioè forte4. In Dio: cioè non con una forza che viene dalla natura - che la natura tende sempre a quello che non richiede sacrificio -, ma pregare perché ci sia la forza divina… in Dio, quindi, la forza!
Gesù sofferse tanto, ma quello che, diciamo, fece spremere il sangue del suo cuore è proprio stata l’indifferenza dei chiamati e tutto ciò che prevedeva: Questa notte tutti mi abbandonerete. Pietro protestava… E tu, prima che canti il gallo, mi avrai rinnegato tre volte [cf Mt 26,30-34].
Nell’Ultima Cena richiamò cinque volte Giuda a rientrare in sé [cf Mt 26,20-25; Mc 14,17-21; Gv 13,2.10-11.18-19.21-30]… vocazione chiara. E poi, l’ostinazione di Giuda il quale nel cuore della notte guidava il drappello di persone, soldati e sgherri, che venivano a imprigionare Gesù. Ecco, si avvicina chi mi tradisce - disse -: svegliatevi [cf Mt 26,46]. E dormivano! Mentre che Gesù pregava e aveva loro raccomandato tanto di pregare… «Relicto eo, fugerunt»5 [Mt 26,56], quando Giuda indicò chi era Gesù - perché molti non conoscevano fra gli apostoli, il gruppetto degli apostoli non [lo] conoscevano molti, perché [era] gente che non aveva conosciuto anche Gesù… soldati, eccetera -: Colui che bacerò [cf Mt 26,48]. E «relicto eo, fugerunt», e tutti gli apostoli fuggirono.
Quanto abbia sofferto Gesù? Nel Salmo profetico si dice così: Se chi mi tradisce fosse un nemico, quasi mi guarderei
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e non mi aspetterei altro da un nemico che cose non buone; ma tu che mangiavi il pane con me e con cui ho passato del tempo familiarmente… io mostravo a te tutta quell’affezione e quel privilegio di grazie, e proprio tu mi hai tradito [cf Sal 55(54),13-15; 41(40),10]. È così il Salmo. Esser tradito da una persona cara, da una persona magari di famiglia, forse… Oh! E Gesù: «Et vos fugam capietis, et ego vadam immolari pro vobis»6, [disse] agli apostoli… voi fuggirete e io andrò a morire per voi. Capaci a vivere e morire per le vocazioni? È quello che ha fatto Gesù: Io vado a immolarmi per voi, a sacrificarmi per voi.
Oh! Allora, quale pena nel Getsemani: e quindi meditare quanto ha sofferto Gesù per i chiamati: nel primo mistero doloroso, quando si viene a questo mistero doloroso… questo.
E non tutti i chiamati poi vivono innocentemente: mescolano ancora preghiere e magari Messe e cose buone a peccati: peccati di soddisfazione umana, carnale anche, quei peccati i quali portano l’anima in uno stato… quello che dice Il religioso nella vita moderna7, ecco, può essere applicato: quelle persone che arrivano a peccare e confessarsi, confessarsi e peccare… e mai correggersi: la flagellazione di Gesù alla colonna [cf Mt 27,26; Mc 15,15; Gv 19,1; Is 50,6]. E allora se può entrare la sensualità come golosità, come lussuria, come pigrizia, ecco Gesù flagellato fino a trentanove colpi - la legge romana permetteva8 -. Pensare Gesù legato alla colonna, curvo un po’ verso di essa, e 39 colpi con quei flagelli maneggiati da braccia robuste e da gente che veniva aizzata dai
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farisei che odiavano Gesù, aizzata a colpire più fortemente. «Dinumeraverunt omnia ossa mea»9 [Sal 22(21),18], così le carni si sono aperte… hanno veduto le mie ossa.
Quello poi che impedisce di seguire la vocazione, generalmente è l’orgoglio interno, perché occorrono umiliazioni, solo l’umile… Oppure trova, chi è chiamato, troppo difficile la vita comune, l’obbedienza, la sottomissione: Gesù incoronato di spine [cf Mt 27,29; Mc 15,17; Gv 19,2.5]. Pensare, dopo la flagellazione, ancora a questa suprema invenzione di odio, ispirata dall’odio. E dove mai si legge nella storia che si arrivi a questo: di intrecciare una corona di spine per metterla sul capo? Spine quali erano allo[ra]… quali crescono ancora adesso in queste regioni, che sono lunghe e dure. E, poi, dopo averla intrecciata, messa sul capo, percuotevano con le canne, perché le spine penetrassero nella testa. Questo è proprio un supplizio eccezionale, che non si vede nella storia che abbiano applicato ad altri. Ma tanto è: Gesù doveva soffrire più di tutti! E quindi l’orgoglio e l’ingegno umano, la ragione, a cosa è servita? A inventare supplizi eccezionali!
Religiosi e religiose che stentano a obbedire - orgoglio -, stentano a uniformarsi a quello che è da farsi. L’orgoglio impedisce tanto la fedeltà alla vocazione; non solo, ma anche poi la pratica della vita, la pratica dell’apostolato… l’orgoglio. E il terzo mistero doloroso10 ci può portare a riflettere su questo. Oh! Bisogna un poco pensare che allora per orgoglio si tradisce la vocazione.
Gesù viene condannato a morte e prende la sua croce per portarla al Calvario, perché era così la legge: che quando si voleva abbandonare uno all’ira del popolo, il giudice si lavava le mani - lavarsi le mani voleva dire: Pensateci voi, fatene quel che volete…. Volevano che fosse crocifisso -. Oh!, poi la legge voleva che il condannato portasse, se era in forze, al
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luogo del supplizio la croce, quando veniva condannato alla crocifissione [cf Mt 27,24; Gv 19,17-18]. E poi accettar la croce, il portarla con costanza rialzandosi dopo le cadute, fino al luogo del supplizio. Se Gesù ama le anime chiamate - come le ama di fatto - e se vede che queste anime corrispondono, le prende compagne del viaggio al Calvario, come ha preso Maria. Ha preso Maria compagna del viaggio, e a un certo punto le pie donne che si incontrarono sulla via del Calvario con lui [cf Mc 15,40; Lc 23,27.49; Gv 19,25], ecco. Maria: «Tuam ipsius animam pertransibit gladius» [Lc 2,35], anche la tua anima sarà trapassata da una spada di dolore, aveva annunziato Simeone quando si è incontrato ed avuto fra le sue braccia il Bambino Gesù al Tempio.
Fino a che punto va la pietà? Fino a che punto va l’amor di Dio? Sappiamo soffrire qualche cosa per lui? Sappiamo accompagnare Gesù nel suo viaggio al Calvario? E si sa offrire la vita, offrire la vita per Gesù? Anime assettate di sofferenze… sì, per rassomigliare di più all’amato! Cosa sarebbe11 di una donna sposata, la quale vedesse lo sposo soffrire, aver bisogno di aiuto, di soccorso, di qualche goccia d’acqua, di qualche conforto di medicine, di medico, e la sposa se ne restasse indifferente? Le spose di Gesù cosa devono fare? Proprio lasciarlo solo Gesù? Proprio… neppure fargli conoscere - se non potevano fare di più -, far conoscere che loro lo amavano, che stavano pregando, che soffrivano nel loro cuore al vederlo soffrire? Almeno quella consolazione dare… e Maria ha dato non solo [consolando Gesù], ma immolando se stessa, soffrendo e offrendo il sacrificio di Gesù al Padre celeste per la salvezza dell’umanità, e offrendo le sue pene di Madre che vedeva così trattato, condannato, crocifisso il suo Figlio. Se l’anima consecrata a Dio si sente veramente sposa di Gesù, partecipa alle gioie di Gesù e partecipa anche ai dolori di Gesù: saremo fedeli fino al Calvario? Chi vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce, segua… mi segua [cf Mt 16,24; Mc 8,34]: e si segue al Calvario e si se-
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gue in cielo… l’ultima stazione è quella, ma è una stazione di fermata e fermata eterna, là dove il Figlio di Dio incarnato, Gesù Cristo, «sedet ad dexteram Patris»12, siede glorioso alla destra del Padre.
Il quarto e il quinto mistero doloroso ci fanno considerare questo.
E allora perché offrire queste sofferenze, perché accompagnare Gesù? Mancavano gli apostoli, Giovanni poi è arrivato in ultimo momento quando Gesù era vicino a spirare. Perché, quando fu crocifisso e quando fu innalzata la croce sul Calvario - perché la crocifissione avveniva distendendo la croce per terra, e poi veniva adagiato sulla croce e inchiodato il paziente -, ben narrando questo, gli apostoli nominano solamente che c’era Maria e che c’erano le Marie: qualche pia donna che guardava da lontano, perché non potevano avvicinarsi per disposizioni di legge. L’ultimo momento… Riparazione per le vocazioni tradite, e preghiere perché rientrino in sé e perché vogliano rimettersi sulla strada buona. Oh, tante volte è troppo tardi - si capisce -, perché passata una certa età non possono mica più entrare in convento… ma almeno amare il Signore e riparare la loro vita passata e trovare, quindi, misericordia presso Gesù tanto buono e che conosce tutte le debolezze degli uomini.
La sposa di Cristo si associa a Maria sulla via del Calvario. Dica proprio, senza dirlo con orgoglio: Ma anche se tutti ti abbandonassero e tutti ti bestemmiassero, contraddicessero, io no: io ti amerò e darò la vita per te; e intendo fin d’ora di riparare a quello che ti ha fatto soffr[ire], che fu la causa delle tue sofferenze. Tanta consolazione ti voglio dare! E se avevi sete sulla croce, io con la riparazione intendo di darti un po’ di acqua da bere… «Sitio»13 [Gv 19,28]: gli diedero dell’aceto, inzuppando una spugna nell’aceto, e poi, messa alla cima di una canna, cercar di arrivare alle labbra del Salvatore. E quanto aceto gli hanno dato gli uomini da bere a Gesù!
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Riparare ed amare per chi non ha amato, ma ricordandosi di questo: che i tradimenti, le incorrispondenze alla vocazione e tutto quel che può essere mancanza riguardo alla fedeltà nella vocazione, è proprio quello che sta a voi riparare. Il Signore vi ha chiesto questa porzione, diciamo, spirituale; altri avran da pensare ai selvaggi perché hanno lo spirito missionario: riparano, supponiamo, per i peccati dei maomettani, dei buddisti, eccetera, scintoisti… ma la vostra porzione si riferisce invece a quello che riguarda le vocazioni o non accolte o non perseveranti, oppure vocazioni, sì, corrisposte, ma in quanto che uno sta nel convento o in quanto che ha i voti, ma che non opera: vocazioni che si adagiano in una vita comoda, invece di zelare e di esercitare apostolati. E allora si cerca, dice san Paolo, chi è buon amministratore, cioè chi usa bene dei talenti e delle grazie ricevute [cf 1Cor 4,1-2; Tt 1,7; 1Pt 4,10]. Così il quinto mistero doloroso.
E se si ha lo spirito di fede, di amore a Gesù, offrire proprio la vita e il lavoro, e tutto quel che si incontrerà nella vita, a Gesù per le vocazioni.
Così i misteri dolorosi possono essere recitati nel vostro spirito, nello spirito della vostra vocazione.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 103/61 (Nastro archivio 96b. Cassetta 96, lato 2. File audio AP 096b). Titolo Cassetta: “Vita dolorosa di Gesù. Misteri dolorosi nello spirito vocazionario”.
2 Vedi AP 1958/1, p. 184, nota 5.

3 Giuseppe Allamano (1851-1926), sacerdote piemontese e nipote di san Giuseppe Cafasso, del quale contribuì anche a portare a termine il processo di beatificazione. Dal 1880 fu rettore del Santuario della Consolata, luogo di riferimento del culto mariano nella città di Torino, e agli inizi del 1900 fondò i Missionari e le Missionarie della Consolata. Fu beatificato da Giovanni Paolo II il 7 ottobre 1990.
Per i rapporti tra Don Alberione e il canonico Allamano, vedi per esempio: CANDIDO BONA, La fede e le opere, spigolature e ricerche su Giuseppe Allamano, Roma 1989, pp. 393-400.

4 In una lettera scritta all’Allamano dai suoi missionari in Kenia, datata 5 giugno 1925, si legge: «Siamo usciti or ora dai S[anti] Spirit[uali] Esercizi e ci compiacciamo di ricordare il motto che V[ostra] S[ignoria] Rev.[m]a soleva riportare in simile occasione: “Confortare et esto robustus”» (CANDIDO BONA, Quasi una vita… Lettere scritte e ricevute dal beato Giuseppe Allamano con testi e documenti coevi, X [1924-1926], Torino 2002, p. 317). I missionari citati parlano di “motto”, e ci lasciano quindi ritenere che il beato Allamano fosse solito utilizzarlo… Da altre fonti si evince quanto egli insistesse sulla necessità di rispondere alla vocazione con rettitudine, energia, fortezza, volontà decisa, e come fosse interessato più alla qualità e al “buono spirito” dei chiamati che al numero… Cf ad esempio LORENZO SALES, Il canonico Giuseppe Allamano, Torino 1936, pp. 225-244.
5 «[Tutti i discepoli] lo abbandonarono e fuggirono».

6 Breviarium Romanum, Feria V in Coena Domini, In I Nocturno, Lectio II, Responsorium: «Tristis est anima mea usque ad mortem: sustinete hic, et vigilate mecum: nunc videbitis turbam, quae circumdabit me: Vos fugam capietis, et ego vadam immolari pro vobis», «La mia anima è triste fino alla morte: restate qui, e vegliate con me: ora vedrete la folla che mi circonda: voi fuggirete e io vado ad essere sacrificato per voi. [Ecco è giunta l’ora, e il Figlio dell’uomo è consegnato nelle mani dei peccatori]».
7 Cf GIUSEPPE BERTANI, L’anima religiosa nella vita moderna, op. cit., pp. 247-248; 250-252.
8 La legge romana non prevedeva un numero specifico di colpi ma era quella giudaica che prevedeva 39 colpi (Dt 25,3 ne stabiliva un massimo di 40).

9 «Posso contare tutte le mie ossa», Il verbo nella Vulgata è in terza persona plurale.
10 Il PM dice: glorioso.

11 Il PM dice: è.

12 Dalla formula del Credo (Simbolo niceno-costantinopolitano).
13 «Ho sete».